I 77: lo Stato non deve regolare l'impiego del lavoro
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[...] Quali opinioni dominino a volte oggi, data l’attuale preferenza di lavorare coi concetti piuttosto che con le realtà, lo mostrano certi fautori del cosiddetto “denaro libero”.
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Essi vedono il problema molto semplice: quando, mettiamo, in qualche luogo i prezzi sono troppo alti, quando dunque bisogna spendere troppo denaro per un articolo qualsiasi, essi dicono: si faccia in modo che il denaro scarseggi e allora le merci ribasseranno di prezzo, e viceversa. Ma se si riflettesse a fondo, si vedrebbe che in realtà nel processo economico, ciò che ha un significato diverso da quello che avrebbe il provocare nel termometro, con astuta manovra, la salita del mercurio quando ci accorgiamo che fa troppo freddo. Così non si fa che curare i sintomi esterni. Non si produce niente di reale col dare semplicemente al denaro un valore diverso.
Si produce invece qualcosa di reale, regolando il lavoro, cioè la quantità degli
individui addetti al lavoro, poiché i prezzi dipendono appunto dalla quantità
dei lavoratori addetti a un determinato campo. Voler far
regolare tutto dallo Stato
porterebbe alla peggiore tirannia
[il grassetto è mio -
ndc].
Si deve invece tendere a che queste disposizioni siano prese da libere
associazioni, nate nell'ambito dei diversi settori sociali, nelle quali ognuno
possa partecipare, o perché vi siede di persona, o perché vi è rappresentato, o
perché gli viene comunicato che cosa vi avviene, o perché vede direttamente che
cosa vada deciso.
Questo è naturalmente collegato alla necessità di curare a che il lavoratore sappia fare con le sue mani qualcosa di più che non lo stesso gesto per tutta la vita, ma si metta in grado di cambiare, se occorre, la propria attività. Questa è una necessità proprio perché altrimenti affluirebbe nel solito punto indicato nel disegno troppo capitale. Il capitale che qui sovrabbonda potrà essere impiegato per istruire gli operai, per istradarli verso altri rami di attività. Si vede dunque che, pensando razionalmente, il processo economico si corregge; ed è importantissimo che il processo economico possa venir corretto. Ma non si correggerebbe mai, se si dicesse soltanto: mediante questa o quella misura, mediante l'inflazione o l'emanazione di tale o tal altro
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provvedimento, le cose miglioreranno. No, così non miglioreranno mai. Miglioreranno solo se si farà in modo che gli uomini osservino il processo punto per punto e possano poi trarre le relative conseguenze.
Fino a qui volevo oggi arrivare, affinché si veda che quanto è inteso con la
triarticolazione non si riferisce a qualcosa di agitatorio; si vuole invece
offrire al mondo qualcosa che deriva dalla reale osservazione del processo
economico (continua).