I 23: la compravendita è il processo più importante nella circolazione
I 23 seg.: il prezzo è un importante concetto economico
I 24: oscillazioni del prezzo
I 24: la rendita assorbita dallo Stato
I 23-36: scienza economica
I 25 seg.: insufficienza della scienza economica convenzionale
I 27: concetti mobili e non definizioni
I 32: la speculazione devia il lavoro in certe direzioni
I: 28-36: il valore nasce trasformando col lavoro un prodotto naturale
I 33-36: il prezzo si forma nello scambio di valori
I 33-36: scambio di valori e non di merci nella compravendita
35: insufficienza della scienza economica convenzionale
I 35-36: analogie con lo spettro fisico
I 35-36: nella formazione della rendita si manifestano valori naturali
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I primi concetti e le prime vedute che dovremo sviluppare nel campo economico
saranno per forza alquanto complicati, e per una ragione pratica. L'economia, pure considerata come economia
mondiale, è in continuo movimento. Direi che come il sangue scorre attraverso il
corpo umano, così i beni, quali merci, scorrono per tutte le vie possibili
attraverso l'organismo economico [il grassetto è mio -
ndc]. Nel processo economico, almeno per quanto
riguarda l'economia d'oggi, dobbiamo considerare come fatto principale ciò che
si svolge tra acquisto e vendita. Qualunque altra cosa possa essere in gioco
(e dovremo certo parlare degli impulsi più svariati che si manifestano
nell'economia), il problema economico sorge per l'uomo non appena egli abbia
qualcosa da vendere o da comprare. Anche il profano, pensando all'economia, si
preoccupa per istinto di ciò che avviene tra compratore e venditore; questo
è il
punto nel quale converge tutta l'economia.
Consideriamo dunque ciò che si svolge quando, nell'ambito della circolazione
economica, si presenta il caso di una
compra-vendita. Quello che importa allora è il prezzo di una merce, di un bene.
In ultima analisi la questione del prezzo è quella in cui
devono sfociare i più importanti problemi economici, poiché nel prezzo
culminano tutte le forze, tutti gli impulsi attivi nell'economia. Dovremo perciò
studiare prima di tutto il problema del prezzo; esso però è un problema tutt'altro
che semplice. Basta considerare per ora il caso più elementare: nel paese A
abbiamo una merce qualsiasi che sul posto ha un determinato prezzo. Però, se
quella merce non viene comprata là, ma trasportata altrove, bisogna aggiungere
al prezzo la somma che si è dovuta pagare per il trasporto fino al successivo
punto B. Durante la circolazione, il prezzo subisce dunque un mutamento. Questo
è il caso più semplice, più ovvio; ve ne sono naturalmente di assai più
complicati.
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Supponiamo ad esempio che una casa, in una città importante, costi in un certo
momento una data somma. Dopo 15 anni quella stessa casa costerà forse 6 o 8
volte tanto; e non è necessario supporre che la causa principale di tale aumento
sia la svalutazione del denaro. Non è necessario presumerlo. L'aumento del
prezzo può dipendere semplicemente dal fatto che nel frattempo molte altre case
siano state costruite tutt'intorno alla prima, o che vi siano in vicinanza
altri edifici che accrescano particolarmente il valore di quella casa. Il fatto
ch'essa sia aumentata di valore può benissimo esser dovuto a molte diverse
circostanze. Non siamo mai in grado di spiegare un caso speciale con una regola
generale; di dire per esempio che per una casa o per una partita di ferro o di grano, si possa senz'altro determinare il prezzo in base a date condizioni
locali. A tutta prima ben poco possiamo dire all'infuori del fatto che si deve
osservare come il prezzo oscilli a seconda del luogo e del momento; forse si
potranno seguire alcune delle singole condizioni grazie alle quali il prezzo, in
un dato posto, si è fissato proprio al livello al quale noi lo troviamo. Ma
non
si può dare una definizione generale del modo in cui il prezzo si determini; è
veramente impossibile. Perciò sorprende che gli economisti parlino del prezzo
come se si potesse definirlo. Non si può definirlo, perché il prezzo è sempre
un fatto specifico, e tutte le definizioni del prezzo nella scienza economica
sono tentativi che non riescono neppure ad avvicinarsi al loro oggetto.
Una volta osservai ad esempio un caso: in una certa regione i terreni erano
molto a buon mercato. Ora una società, che contava tra i suoi aderenti un
personaggio alquanto celebre, un bel giorno acquistò tutti quei terreni a buon
mercato, e indusse quell'uomo celebre a costruirvi una casa. Gli appezzamenti
di terreno messi in vendita salirono a un prezzo molto più alto di quello a cui
erano stati acquistati, per il solo fatto che quell'uomo celebre era stato
indotto a costruirvi la propria casa.
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Sono cose che mostrano da quali indeterminate circostanze dipenda il prezzo di
un oggetto nel processo economico. Si potrà dire che tali ingiustificate
oscillazioni di prezzo vanno guidate. Infatti chi propugna una riforma agraria o
sociale pretende di stabilire in certo modo e con diversi espedienti un prezzo
equo per diversi beni. Lo si può fare, ma economicamente considerato, il prezzo
non ne viene modificato. Quando un fatto simile si produca, e i terreni vengano
quindi venduti a prezzi più alti, si può ad esempio riprendere ai venditori il
loro denaro sotto forma di elevate tasse fondiarie; in tal caso lo Stato intasca
il sovraprezzo, ma con questo la realtà non è stata modificata. In realtà quei
beni diventano ancora più cari. I provvedimenti adottati per combattere il
fenomeno non fanno che mascherarlo; il prezzo rimane quello che sarebbe stato
senza tali provvedimenti; non si fa che spostare i termini; pensando
economicamente, non è poi giusto dire che quei terreni, dopo dieci anni, non
siano rincarati; in realtà si son solo mascherati i fatti con dei
provvedimenti. Il fatto è che l'economia deve poggiare saldamente con tutti e
due i piedi nella realtà, e che nel campo economico si può sempre soltanto
parlare delle condizioni precise esistenti nel tempo e nel luogo in questione.
Che le cose possano anche andare in modo diverso risulterà naturalmente in
seguito per chi vuole il progresso dell'umanità, ma in un primo tempo esse
devono essere osservate nella loro realtà immediata. Da tutto ciò si rileverà
come sia veramente impossibile avvicinarci a quello che è il concetto più
importante dell'economia, il prezzo, e volerlo afferrare in modo rigidamente
delimitato. Così non è possibile arrivare a un risultato nella scienza
economica; bisogna percorrere altre vie: cioè osservare il processo economico
stesso.
Comunque il problema del prezzo è il più importante e dobbiamo considerare il
processo economico, cercando in certo modo di cogliere il punto e il momento in
cui, dai sostrati economici, balza fuori il prezzo di una cosa qualsiasi.
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Seguendo le dottrine economiche correnti, vi si trovano di solito indicati tre
fattori, dalla cui vicendevole azione si svolgerebbe il complesso dell'economia:
la natura, il lavoro umano e il capitale. Certo, si può dire in un primo tempo:
seguendo il processo economico, si trova in esso ciò che proviene dalla natura,
ciò che si ottiene col lavoro umano e ciò che viene intrapreso, oppure ordinato,
dal capitale. Ma osservando semplicemente l'uno accanto all'altro: natura,
lavoro e capitale, non si afferra in modo vivente il processo economico. Proprio
da questo modo di considerare il fenomeno, provengono le vedute unilaterali che
si riscontrano appunto nella storia delle dottrine economiche. Mentre gli uni
ritengono che ogni valore provenga dalla natura, e che il lavoro umano non
aggiunga alcun particolare valore ai prodotti naturali, altri opinano che i beni
e le merci acquistino il loro valore tramite il lavoro che vi è cristallizzato,
come anche si dice. Considerando invece insieme capitale e lavoro, si troverà da
un lato che in realtà è solo il capitale quello che rende possibile il lavoro,
che il salario viene pagato dalla massa del capitale;
dall'altro lato invece si
dirà: "Niente affatto! È il lavoro che produce valori, e ciò che forma il capitale è
solo il plusvalore detratto dal prodotto del lavoro".
La verità è che può aver ragione l'uno e l'altro, a seconda del punto di vista
da cui si considerano le cose. Accade qui come nella contabilità: i risultati
sono diversi a seconda che le scritture siano fatte in una partita o in
un'altra. Si può parlare, con ragioni apparentemente ottime, del plusvalore che
l'imprenditore si appropria e che effettivamente è detratto dal salario. Ma con
ragioni altrettanto buone si può dire che nell'ambito economico tutto spetta al
capitalista il quale appunto paga i propri operai solo con quello che può
destinare ai salari. Sia per l'una, sia per l'altra asserzione, vi sono ottime
ed anche pessime ragioni. Però tutte queste considerazioni non riescono affatto
ad accostarsi. alla realtà economica. Possono servire come base di agitazioni,
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ma sono comunque inadeguate a essere il fondamento di una seria dottrina economica. Bisogna partire da basi
molto più solide volendosi occupare con una certa serietà
dello sviluppo evolutivo dell'organismo economico. Naturalmente tutte le concezioni del genere di quelle menzionate sono giustificate fino ad un certo grado. Così quando
Adam Smith vede per esempio nel lavoro applicato alle cose il vero primo fattore che costituisce il valore, anche per
ciò si possono trovare ottime ragioni. Indubbiamente un
uomo come Adam Smith non pensava da stolto; ma anche a base del suo modo di pensare sta la credenza che si possa
afferrare e definire il processo economico come una cosa immobile, mentre nel
processo economico tutto è sempre in movimento.
Farsi dei concetti intorno ai
fenomeni naturali, anche ai più complessi, è relativamente semplice in
confronto alle concezioni che occorrono per una dottrina economica. I fenomeni
economici sono infinitamente più complicati, più instabili e mutevoli che non
quelli naturali; sono assai più fluttuanti e inafferrabili per mezzo di
concetti definiti.
Dobbiamo valerci perciò di un metodo completamente diverso. Questo metodo
riuscirà difficile solo agli inizi; ma
vedremo che ne scaturirà ciò che si può mettere alla base di una reale dottrina
economica. Possiamo dire: nel processo economico che ci proponiamo di
considerare, concorrono:
natura, lavoro umano e a tutta prima, se guardiamo la parte puramente esteriore
dell'economia, capitale. Ripeto: a tutta prima.
Cominciando ora ad osservare il fattore intermedio, il lavoro umano, proviamo
a farcene un immagine scendendo
(l'ho accennato già ieri) nel regno degli animali, e considerando, anziché
l'economia politica, l'"economia" dei passeri e delle rondini. Qui evidentemente
la base dell'economia è la natura. Anche il passero deve eseguire un tipo di
lavoro; deve per lo meno saltellare qua e là in cerca del suo granello, e deve
saltellare assai in un giorno per trovarlo.
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La rondine che costruisce il proprio nido deve anch'essa eseguire un tipo di lavoro, ed essa pure ha molto da fare. Eppure, in senso economico, non possiamo chiamarlo un lavoro. Non approdiamo a nulla nelle concezioni economiche se chiamiamo questo un lavoro; osservando più attentamente, dobbiamo infatti dire: il passero e la rondine sono organizzati così da essere proprio costretti a fare ciò che fanno per procurarsi il cibo. Non sarebbero sani, se non potessero muoversi in quel modo: è quasi una continuazione del loro organismo, ed è loro proprio come il fatto di avere delle zampe e delle ali; dobbiamo così fare assolutamente astrazione da quel che si potrebbe chiamare un lavoro apparente, se vogliamo formarci dei concetti economici. Dove il prodotto naturale viene colto direttamente e dove il singolo essere vivente non compie che un lavoro apparente per soddisfare sé o i suoi, non si può parlare in senso economico di un valore. Ora per noi si tratta anzitutto di formarci un concetto intorno al valore economico.
Se dunque guardiamo all'economia animale, possiamo dire soltanto che per essa la sola natura è formatrice di valori. Solo la natura forma i valori per l'economia animale. Se invece consideriamo l'economia umana, vediamo che i prodotti forniti dalla natura sono soltanto un punto di partenza per formare valori naturali. Ma dal momento che l'uomo non prende più semplicemente per sé e per i suoi quello che la natura gli offre, ma, provvede anche in senso più largo per altri uomini, entra in gioco un nuovo fattore: il lavoro umano. Anche se la fatica dell'uomo si limita semplicemente a scambiare in qualche modo con altri uomini i prodotti naturali, abbiamo un lavoro umano che si aggiunge a ciò che la natura fornisce. Ed è questo uno dei lati del concetto di valore nell'economia. Sotto questo aspetto il valore si forma per il fatto che prodotti naturali vengono trasformati dal lavoro umano e che poi, così trasformati, circolano nell'economia.
Questa è la fonte del valore economico, da un lato. Fintanto che il prodotto di natura
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rimane intatto nel suo luogo di origine, esso non ha valore diverso da quello che ha, per esempio, anche per l'animale.
Ma nel momento in cui si fa il primo passo per inserire il prodotto di natura nel processo della circolazione economica, col trasformato prodotto di natura nasce il valore economico. In questo caso possiamo dire: il valore economico è da questo lato un prodotto di natura trasformato dal lavoro umano. Non importa che tale lavoro consista nello scavare, nello zappare, o nel trasportare il prodotto di natura da un luogo all'altro. Se vogliamo avere una determinazione del valore in generale, dobbiamo dire: formatore di valore è il lavoro umano che trasforma un prodotto di natura così che esso possa inserirsi nel processo della circolazione economica.
Tenendo presente tutto ciò, si vedrà subito il carattere del tutto fluttuante del valore di un bene circolante nel processo economico, poiché vi è continuamente del lavoro che si applica alla massa dei beni economici. Di conseguenza non si può veramente dire che cosa sia valore, ma si può soltanto constatare che il valore appare in un determinato luogo e in un determinato momento, in quanto il lavoro umano trasforma un prodotto di natura. Qui appare il valore.
Non possiamo né vogliamo affatto, per il momento, definire il valore, ma solo indicare il punto nel quale esso appare. Vorrei mostrarlo con uno schema (vedi il disegno). Qui nello sfondo abbiamo in certo modo la natura (a sinistra: blu); abbiamo inoltre il lavoro umano (rosso) che si aggiunge alla natura; ciò che appare, per così dire attraverso l'azione reciproca di natura e lavoro umano, ciò che qui si manifesta, è uno degli aspetti del valore (valore¹).
Non sarebbe affatto un immagine errata, se si dicesse, per esempio: osservando una qualunque superficie nera attraverso qualcosa di chiaro, la si vede blu. Il blu è però diverso a seconda della maggiore o minore densità del mezzo chiaro; a seconda di come è spostato, tale densità risulta diversa;
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dunque è variabile, fluttuante. Così nell'economia il valore, che in realtà non è altro che l'apparire della natura attraverso il lavoro umano, è dovunque variabile.
Con tali considerazioni non otteniamo in un primo tempo se non qualche accenno astratto che ci servirà tuttavia di orientamento per cercare i fatti concreti. Ma siamo già abituati, in tutte le scienze, a cominciare appunto da quello che è della massima semplicità.
Dunque, il lavoro in sé, entro il nesso economico, non risulta determinato. Infatti, prendiamo un uomo che spacca della legna, e un altro che monta sopra una ruota e coi piedi la fa girare, salendo continuamente da un gradino all'altro (perché è grasso e con questo esercizio vorrebbe dimagrire); ebbene, quest'ultimo potrà produrre la stessa quantità di lavoro di chi spacca la legna. Il lavoro, quale, ad esempio lo considera Marx (si veda in proposito nel "Capitale" di Marx, 1818-1883 il 5° capitolo: I processi del lavoro e del valore), quando dice che il suo equivalente si dovrebbe cercare in ciò che dal lavoro viene consumato nell'organismo umano, è un'enorme assurdità, poiché ciò che viene consumato è lo stesso, tanto se un uomo balla sopra una ruota, quanto se spacca della legna. Ciò
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che avviene nell'uomo non ha nessuna importanza in senso economico. Abbiamo pur visto che l'economia confina con quel che non è economia. Considerando la cosa in modo puramente economico, non è assolutamente giustificato accennare comunque al fatto che il lavoro logora l'uomo; o almeno non è giustificato in un primo tempo, per porre economicamente il concetto di lavoro. Il rilievo ha una ragione d'essere indiretta, perché è compito dell'economia provvedere ai bisogni dell'uomo che ha lavorato, ma è assurdo il modo in cui Marx lo applica.
Ora, cosa occorre per comprendere il lavoro nel processo economico? Occorre prescindere totalmente dall'uomo, e osservare come il lavoro si inserisca nel processo economico. Il lavoro eseguito su quella data ruota non vi si inserisce affatto, e resta legato all'uomo, mentre lo spaccare la legna si inserisce effettivamente nel processo economico. Tutto dipende da come il lavoro si inserisce nel processo economico. Per tutto quanto ci importa ora, è da considerarsi precisamente il fatto che la natura venga ovunque trasformata dal lavoro umano. Solo in quanto la natura viene trasformata dal lavoro umano, si producono valori economici considerati sotto questo primo aspetto. Se ad esempio per la salute del nostro corpo ci sembra giusto lavorare la terra, e di tanto in tanto ballare un po' oppure fare dell'euritmia, si potrà giudicarlo da un altro punto di vista; ma quello che facciamo in quei ritagli di tempo non deve essere considerato come lavoro economico e neppure come generatore di valore economico. Può essere generatore di valori da un altro lato: ma qui dobbiamo formarci anzitutto dei concetti netti e precisi dei valori economici come tali.
Vi è però anche un'altra possibilità, tutta diversa, di produrre un valore economico. Se guardiamo al lavoro come tale, e lo prendiamo come qualcosa di dato, questo lavoro (lo abbiamo visto poc'anzi) è dapprima qualcosa di economicamente del tutto neutrale, insignificante, ma diventa
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economicamente produttore di valore non appena venga diretto dallo spirito, dall'intelligenza dell'uomo, e qui devo parlare in modo alquanto diverso da prima. In certi casi estremi potremmo persino pensare di trasformare in lavoro per mezzo dello spirito umano, qualcosa che altrimenti non lo sarebbe affatto. Se a qualcuno viene in mente di mettere quella tal ruota nella propria camera, e di continuare a muoverla, allo scopo di dimagrire, egli non produrrà nessun valore economico. Ma se applica una cinghia intorno alla ruota e la innesta in qualche luogo per mettere in moto una macchina, allora si vedrà subito utilizzato, mediante lo spirito, quello che di per sé non era un lavoro. Come effetto accessorio, la persona in questione dimagrirà lo stesso, ma qui l'importante è che il lavoro, guidato dallo spirito, dall'intelligenza, dalla riflessione e magari anche dalla speculazione, venga portato in una certa direzione, e che diversi lavori siano diretti a produrre certi vicendevoli effetti. Qui abbiamo dunque il secondo aspetto della formazione del valore nell'economia; qui, dove il lavoro sta nello sfondo, e lo spirito in primo piano dirige il lavoro, vediamo il lavoro trasparire attraverso lo spirito, generando a sua volta valore economico.
Vedremo poi che questi due aspetti esistono veramente ovunque. Se prima ho
disegnato lo schema in modo che qui il valore economico si manifesta quando la
natura traspare attraverso il lavoro, quello che ho spiegato ora dovrei disegnarlo in modo da avere nello sfondo il lavoro, e davanti ciò che è spirituale,
che imprime al lavoro una certa modificazione (nel disegno, a destra).
Questi sono in sostanza i due poli del processo economico. Non vi sono altre
vie attraverso le quali vengano generati valori economici. O la natura viene
modificata dal lavoro, o il lavoro viene modificato dallo spirito; e qui spesso
lo spirito si esplica nelle formazioni di capitale, così che, per l'economia, si
deve cercare lo spirito nella configurazione dei capitali (per lo meno ne sono
l'espressione esteriore).
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Ma questo ci risulterà poi, quando osserveremo il capitale come tale, e poi il capitale come denaro.
Si vede dunque che non è possibile parlare di tutto ciò
in
modo da farne scaturire una
definizione
del valore economico. Pensiamo solo da quante cose, da quante persone intelligenti e stupide dipende che il lavoro venga in qualche
luogo
modificato dallo spirito. Sono tutte condizioni fluttuanti; per esse vale però
sempre il fatto che in queste due opposte polarità si devono cercare nel
processo economico i momenti formativi del valore.
Ora, se questo è il caso, in qualsiasi punto ci troviamo posti nel processo
economico, e questo si estrinseca in una compra-vendita, abbiamo in sostanza uno
scambio di valori. Non troviamo altro scambio che quello di valori.
In fondo è un
errore parlare di scambio di beni. Nel processo
economico i beni, siano essi un modificato prodotto
di natura o un modificato lavoro, sono un valore:
quelli che vengono scambiati sono
valori.
L'importante è che ovunque si svolga un
acquisto o una vendita, avviene uno scambio di
valori; e quel che risulta nel processo
economico, quando valore e valore cozzano l'uno contro l'altro per scambiarsi, è
il prezzo. Si vedrà apparire il prezzo soltanto quando nel processo economico
valore urta contro valore. Perciò non possiamo affatto formarci delle idee sul
prezzo, pensando solo a uno scambio di beni. Se per un soldo acquistiamo una
mela, potremo certamente dire di scambiare un bene contro un altro bene, la
mela contro un soldo; ma in questo modo non arriveremo mai a una concezione
economica. Infatti la mela fu colta in qualche luogo, poi spedita e
probabilmente manipolata anche in altro modo. Il lavoro l'ha modificata. Non
abbiamo dunque a che fare con una mela, ma con un prodotto di natura trasformato
dal lavoro umano; questo rappresenta un valore.
E in economia si deve sempre
partire dal valore. Così anche nel soldo si ha a che fare con un
valore e non con un bene, perché il soldo non è che un segno del fatto che
nel compratore è presente un altro valore
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che egli scambia contro la mela.
Dunque quello che m'importa oggi è di arrivare al riconoscimento che in
economia è errato parlare di beni, ma si deve parlare di valori come di principi
elementari, e che è errato voler afferrare il prezzo altrimenti che badando a
gioco dei valori. Valore contro valore da' il prezzo. Se il valore è già
qualcosa di fluttuante, di indefinibile, quel che nasce in certo modo dallo
scambio, quando si scambia valore contro valore, cioè il prezzo, è addirittura
qualcosa fluttuante al quadrato.
Da tutto ciò si può concludere che in economia è vano voler definire comunque
valori e prezzi, se vogliamo sentirci sopra un terreno sicuro, o addirittura
intervenire con l'azione nel processo economico. Quel che qui importa deve essere qualcosa di diverso, qualcosa che sta nello sfondo, che vi sta realmente,
come lo prova una riflessione semplicissima.
Pensiamo dunque: attraverso il lavoro umano ci appare la natura:
se per esempio
otteniamo del ferro in condizioni particolarmente difficili (oggetto naturale
modificato da lavoro umano), ne risulterà un dato valore; se in altri luogo
ricaviamo il ferro in condizioni molto più facili, ne risulterà un valore tutto
diverso. Vediamo dunque che non si deve cominciare dal valore per afferrare la
cosa, ma da ciò che sta dietro al valore. Risalendo ai fattori che formano i
valore troveremo forse degli elementi più stabili, sui qual lo sforzo umano può
avere un'influenza diretta. Dal momento invece che il valore è già formato e
circola nell'economia, bisogna lasciarlo fluttuare secondo le esigenze del
l'organismo economico.
Un confronto chiarirà il mio pensiero. Studiando
l'intima composizione del
sangue si vede che essa può risultare diversa nel cervello o nel cuore o nel
fegato; perciò sarà impossibile dare una definizione unitaria del
sangue. Sarà
invece importante trovare quale sia il sistema di nutrizione più conveniente per
favorire un normale funzionamento
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dell'organismo in ogni singolo caso. Così non è questione di fare una teoria del valore e del prezzo, ma di conoscere i fattori fondamentali che, convenientemente trattati, formano poi da sé il prezzo giusto e utile per l'organismo economico.
Nell'indagine economica è assolutamente impossibile fermarsi alle definizioni
del valore e del prezzo; bisogna sempre risalire ai punti di partenza: dunque
in certo qual modo bisogna sempre risalire a ciò da cui il processo economico
trae, da una parte, il proprio alimento, e tramite la quale, dall'altra, ne è
regolato: cioè, da un lato occorre risalire alla natura e dall'altro allo
spirito.
In tutte le teorie economiche dei tempi moderni le
difficoltà sono sempre sorte dall'aver voluto definire prima ciò che è
fluttuante. In sostanza
chi ha
visto il problema si convince che le definizioni come tali sono quasi tutte
giuste. (Vogliamo prescindere da quell'errore grossissimo
[fatto da Marx
- ndc] secondo il quale il
lavoro corrisponderebbe a ciò che, come materia consumata, deve essere
compensato nell'organismo umano). Ma anche persone di vero ingegno sono
incespicate nel formare le loro teorie economiche, per aver voluto osservare in
uno stato di riposo ciò che invece è in movimento. Si può far questo di fronte
ai fenomeni naturali, anzi spesso bisogna farlo; ma in questo caso basta
osservare in modo tutto diverso gli oggetti che si trovano nello stato di
riposo. Infatti in fisica si studia il movimento scomponendolo in singoli
momenti di quiete. Anche nel calcolo integrale consideriamo il movimento come
risultante da singole posizioni di immobilità.
Il processo economico non si può studiare seguendo tale forma di conoscenza. Si
deve quindi dire: quello che conta è affrontare la scienza economica
preoccupandosi del modo in cui, da una parte, il valore appare come natura
trasformata dal lavoro, cioè la natura è vista attraverso il lavoro; mentre
dall'altra il valore appare come lavoro visto attraverso lo spirito.
Queste due
genesi di valori sono polarmente diverse, come nello spettro il polo luminoso,
giallo, è opposto
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a quello turchino e violetto.
Si potrà dunque benissimo ritenere questa
immagine: come da un lato appaiono nello spettro i colori caldi, così appare da
un lato il valore-natura, che si manifesterà nel ricavo dei prodotti là dove la
natura viene modificata dal lavoro; dall'altro lato, ci apparirà il
valore-capitale là dove vedremo il lavoro modificato dallo spirito. Si formerà
il prezzo quando i valori d'un polo entreranno in rapporto coi valori dell'altro polo, oppure quando i valori entro uno stesso polo entrano fra loro in
relazione scambievole. Comunque nella formazione dei prezzi si tratterà sempre
di reciprocità d'azione tra valore e valore. Dovremo dunque prescindere dalla
materialità dei beni, ed esaminare come, da una parte e dall'altra, si siano
formati i valori. Potremo così giungere al problema del prezzo.