I 160-163: alimentazione
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[...] Finché restiamo nel campo dell'alimentazione, dobbiamo in realtà vedere nelle terre la base più o meno solida di ciò che costituisce il valore intrinseco di una regione economica. Coloro che lavorano la terra, e dunque collegano direttamente col lavoro i prodotti della natura che servono poi all'alimentazione dell'umanità, nutrono infatti col loro lavoro anche tutti gli altri uomini; tutti gli altri dipendono da loro, ricevono da loro la propria alimentazione. Certo, gli altri possono procurarsi i mezzi per pagar cara l'alimentazione, ma in sostanza possiamo afferrare il fenomeno in modo assai primitivo. Rappresentiamoci [il grassetto è mio - ndc]senz'altro un dato numero (A) di bocche che mangiano. In questo numero sono compresi tutti i lavoratori: contadini, operai, prestatori di denaro, commercianti e lavoratori spirituali fin su alla vita spirituale più libera; sono compresi tutti coloro che cercano l'alimentazione. Abbiamo poi coloro che provvedono all'alimentazione (B), cioè coloro che col proprio lavoro offrono qualcosa che fa parte della diretta alimentazione, vale a dire di quella parte del consumo che è il consumo alimentare. Ora se il numero dei consumatori aumenta, e quello dei produttori rimane invariato, quello che si produce si dovrà dividere in più parti; ciò che B produce, dovrà venir maggiormente suddiviso. Se non si riesce con qualche mezzo a rialzare anche l'entità B, bisognerà che altre persone immigrino e che venga aumentata la produttività del suolo.
Non si può dunque, in un territorio economico, aumentare ad arbitrio, per
esempio i lavoratori spirituali, senza aumentare anche quelli che sono
dall'altro lato, ossia il numero di coloro che provvedono essenzialmente alla
produzione degli alimenti. Oppure dovrà venir aumentata la
produttività delle terre, e questo potrà procedere dai lavoratori spirituali.
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In tal caso però i lavoratori spirituali dell'epoca in cui la
produttività deve essere aumentata, dovranno possedere più intelligenza, dovranno
avere attitudini più elevate dei predecessori. Dunque, sotto questo riguardo,
l'aumento del rendimento del lavoro agricolo equivale in un certo senso
all'elevazione delle cognizioni nei riguardi dell'elaborazione ai quanto
proviene dalla natura. Ciò può avvenire nei modi più vari; ad esempio,
organizzando un allevamento razionale degli uccelli si può, in date circostanze,
migliorare l'economia forestale. Lo si può fare nei più diversi modi, e qui ce
ne occupiamo solo come di un principio generale.
Finché si pensa solo in una prospettiva economica nazionale, è evidente che
simili condizioni possono realizzarsi. In un paese di cognizioni più limitate
può immigrare gente di un altro paese, già più avveduta e in grado di sviluppare
meglio la coltivazione dei terreni. Oppure, quando molti si elevino a classi
sociali che non hanno a che fare con la produzione di alimenti, si potranno far
affluire nell'agricoltura nuovi lavoratori. Tutto questo si svolge nelle
economie dei territori che confinano con altri, ed anche oltre i loro confini.
Quello che si può pensare in proposito si può esprimere nella domanda seguente:
come si rimedia quando dal lato A sorga un consumo maggiore di quanto B possa
produrre? Ma questo non è più pensabile economicamente una volta che sia entrata
in gioco l'economia mondiale e che in certo senso si siano affermate le
condizioni ad essa relative. Qui dobbiamo semplicemente pensare quali
modificazioni debbano prodursi quando il campo economico sia chiuso in sé.
In un primo tempo lo si può studiare empiricamente, considerando una piccola
azienda economica (e ve ne sono sempre state) in cui fino a un certo punto si
può prescindere da esportazione e importazione. Vi possiamo studiare
empiricamente le condizioni che si presentano in realtà in una sfera economica
chiusa. Qui abbiamo anzitutto, come
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base, le terre; ciò che le terre danno si sottopone al lavoro; viene elaborato e
così acquista un valore. Poi il lavoro viene organizzato, ed a questo punto
penetriamo già nella classe umana che non è più addetta alla produzione di
alimenti; anzi è consumatrice e non produttrice di alimenti. Se specialmente ci
portiamo su fino ai lavoratori spirituali, riguardo agli alimenti abbiamo dei
semplici consumatori e non più dei produttori. Per gli alimenti dobbiamo dunque
distinguere, nell'economia chiusa, un campo produttore che si limita
strettamente ad essere produttore, e abbiamo inoltre un campo consumatore. Sono
cose naturalmente assai relative, e i trapassi avvengono a poco a poco.
Se ora consideriamo la vita umana complessiva in una tale area economica chiusa,
vedremo che deve appunto svolgervisi ciò che ho spiegato alcuni giorni or sono
[pagare, prestare, donare: I 86-89 -
ndc]. Affinché il capitale non ristagni, non subisca un ingorgo, bisogna che in quel
punto (naturalmente la cosa si estende all'intero campo economico) dove la vita
spirituale è sviluppata al massimo, ossia nella formazione del capitale, le
eccedenze del capitale guadagnato non affluiscano alle terre, dove
ristagnerebbero; bisogna che queste eccedenze, scompaiano, e che nulla del
capitale s'ingolfi nei terreni; bisogna che già prima, mediante donazioni
alle
istituzioni spirituali, venga evitato il prodursi di questo ristagno, di questo
ingorgo, salvo sempre quel tanto che ho definito come semente. Proprio a questo
punto il concetto della donazione ci viene incontro in tutta la sua necessità.
Questo donare è indispensabile.
Studiando i territori economici chiusi che apparvero nella storia, si vede che,
simili donazioni sono sempre esistite, e sono in sostanza quelle da cui dipende
la vita spirituale. In senso economico sono donazioni.
Le riscontriamo ovunque
nella storia; dal semplice fatto di Carlo il Calvo che, con le sue donazioni,
manteneva persino il suo filosofo di corte, Scoto Eriugena (che potrebbe anche
considerarsi, se si vuole, un mobile superfluo!) fino all'obolo di S. Pietro,
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con cui i cattolici del mondo intero porgono alla Chiesa a piccole dosi i loro
doni. Dovunque l'economia costituisca un'area economica chiusa, anche se in
certe zone assuma proporzioni gigantesche, troviamo la trasformazione del
capitale operativo in capitale di donazione là, dove si tratta di sovvenzionare
le istituzioni spirituali.
In altre parole, quando si tratta di un'area economica
forzatamente chiusa quale è l'economia mondiale, si deve pensare che non è
possibile sfuggire alla necessità di far affluire nelle istituzioni spirituali,
in cui deve dileguarsi, tutto ciò che altrimenti va a ingolfarsi nelle terre.
Dovrebbe sparire entro le istituzioni spirituali, dovrebbe operare come
donazione. Vale a dire che
l'attuale scienza economica deve cercare la risposta al problema:
in qual
maniera dobbiamo comprare e vendere, in senso economico, affinché scompaiano
[leggi: confluiscano, vadano a finire, arrivino -
ndc]
nell'ambito del campo spirituale i valori alimentari che vengono creati nel
campo puramente materiale? Ecco il grande problema. Voglio formularlo ancora una
volta: quale sistema, qual genere di pagamento si deve trovare nello scambio
economico, affinché vada sempre a scomparire nelle istituzioni spirituali ciò
che viene creato attraverso la natura elaborata là, dove appunto la produzione è rivolta all'alimentazione dell'umanità?
Questo è il grande problema economico a
cercar di risolvere il quale ci accingeremo domani.