Unità abitative

Arredi urbani

Centro sperimentale

Orti urbani

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Arredi urbani

 

K-Bench (Charles Kaisin)

 

Brillo (Adriano Design)

 

 

3080 (Zo'_loft)

 

 

Dado urbano (Ugis Senbergs)

La cultura architettonica ha affrontato più volte il tema dello “spazio minimo” come matrice di sistemi di abitazione complessi. Il problema dell’abitare è stato centrale nel Movimento Moderno che, già dal CIAM del ’29, raccolse i primi appunti dai quali, successivamente, si formerà quella cultura del "vivere moderno" che, orientata verso la ricerca di un’unità minima d’abitazione, porterà, mediante l’organizzazione industriale e la messa a punto dell’arredamento domestico, alla crescita di una città di tipo non tradizionale le cui tracce e strutture sono ovunque riconoscibili:

“Compito di un congresso - dicono Le Corbusier e Jeanneret - come il nostro, con lo sforzo individuale di tutti noi, sarà di provare a codificare, con una convenzione internazionale, le diverse misure tipo della casa”.

In epoche recenti il tema è stato affrontato in modi diversi, assumendo ovviamente connotazioni nuove ed innescando dibattiti che oggi sembrano orientati verso le questioni che legano la densità urbana alle aree dismesse e rigenerate. Nell'ambito dell'ottava Biennale di architettura del 2002, proprio sul tema degli spazi abitativi minimi, fu allestito (in collaborazione con Aid'A / Agenzia Italiana d'Architettura) una sezione dal titolo Lonely Living.

L'architettura dello spazio primario. L’operazione portò alla realizzazione (in un’area protetta dei Giardini) di un padiglione collettivo autogestito da un gruppo di 20 architetti italiani che, misurandosi sul difficile tema dello spazio primario, costruirono (sulla base di un masterplan disegnato da uno studio incaricato da La Biennale) un isolato di 19 abitacoli tutti realizzati con pannelli di legno truciolare (fornito da una ditta italiana del settore) e dimensionati entro una base di circa 20 mq. per un’altezza di 4m.

Una sorta di “cittadella ideale” dei single ispirata da un committente immaginario ma reale e finalizzata a far “ … riflettere sui bisogni primari delle categorie più deboli (homeless, portatori di handicap, membri di etnie o confessioni minoritarie, bambini, anziani….) e sui bisogni dettati dai nuovi modi di vivere la città e territori cangianti che ridefiniscono in continuazione il concetto di comunità”. La lonely-community (made in italy) di quella EXPO ha in modo superficiale - perché sostanzialmente  formale – affrontato il difficile confronto tra singolo e collettività, tra valori individuali e valori comunitari, tra individuo e massa, tra permanente e provvisorio.

Infatti, non c’era bisogno di edificare un “abaco della solitudine” per affrontare le questioni inerenti le dinamiche innescate da una città contemporanea (non necessariamente metropolitana) che genera sì forme di convivenza anche temporanee, al di fuori degli schemi coesivi della cultura unica, ma che non necessariamente fa di queste dinamiche delle emergenze mediante le quali monumentalizzare il tema del “vivere-solo”, o porre l’accento sui disagi e sui possibili conflitti della convivenza contemporanea. Questo, forse, è uno dei grandi limiti dell’architettura oggi: credere con la mera/bella soluzione progettuale di poter risolvere questioni ben più grandi del disegno.

 

Esempi vari