| Dopo aver conosciute
le acque del gelido Nord Atlantico durante la nostra ultima spedizione gommonautica,
siamo stati tentati di portare gli Zodiac a latitudini decisamante tropicali:
Michel
scelse l'Indonesia, un arcipelago di 13.000 isole, alcune delle quali,come Giava
e Bali, più conosciute, altre ancora selvagge e totalmente fuori dal mondo. Inoltre,
Michel era nato a Sumatra. Suo padre lavorava in una piantagione di caucciù e
l'itinerario previsto lo riportava veramente "alle origini".
Le culture e
le razze diverse che avremmo incontrato, dai malesi ai daiacchi. dai cinesi ai
papua, avrebbero reso il viaggio interessante anche sotto il profilo etnologico
ed antropologico.
La navigazione sarebbe stata possibile anche con i gommoni, nonostante l'impressionante
lunghezza del percorso, toccando la collana d'isole che quasi congiungono l'Asia
con l'Australia. Il
gommone, infatti, sarebbe stato il mezzo più idoneo per conoscere questo straordinario
paese potendo navigare sottocosta, approdare quasi ovunque, risalire fiumi. | |
Solo l'ultima traversata,
oltre 300 miglia nell'aperto Mar d'Arafura. aveva destato qualche timore e perplessità,
perché avrebbe potuto riservare grossi problemi. E non solo strettamente nautici:
quello del rifornimento di benzina, per esempio, in isole sconosciute da tutti.
Organizzare la spedizione
non fu affare da poco, 1 ritardi si accumularono ai ritardi, i gommoni non arrivavano
mai. Ma finalmente arriva il giorno della partenza Siamo tutti riuniti a Bruxelles
in casa De Hemptinne: conosco per la prima volta John e Bernhard. Michel, per
la tensione e il surmenage, è sull'orlo dell'esaurimento nervoso. Alcuni, giorni
prima, in una crisi furiosa, aveva sfasciato i mobili del suo studio. "Erano
duecent'anni ch'erano lì - mi confida la madre ottuagenaria, ignara e stupita.
- Chissà cos'è successo" . In
breve ci troviamo a volare a 10.000 metri di quota sul Jumbo KLM
Sotto di noi scorrono mari e continenti: le fiammelle dei pozzi di petrolio che
brillano nella notte creano un'atmosfera magica quando iniziamo la discesa su
Dubai. Rileggo alcune preziose informazioni sull'Indonesia che mi erano state
fornite dall'amico Nini Sanna, il quale dirige a Torino una scuola di vela dopo
aver navigato laggiù per otto anni. Altri indirizzi d'appoggio e notizie utili
ci erano state gentilmente fornite da Adriano Zecca, profondo conoscitore della
zona, Beppe Tenti, di Alpinismus International. Lino Pellegrini. Michel, da parte
sua, aveva contattato un numero stragrande di persone, tra cui l'esploratore Gérard
Borg, ed aveva ottenuto il patrocinio del raid da re Leopoldo III del Belgio.
Abbiamo con noi i visti
regolari per il periodo massimo consentito in Indonesia, tre mesi, e il visto
speciale per il cineoperatore. Le vaccinazioni, poi, le abbiano fatte tutte: vaiolo,
colera, febbre gialla, tifo. Per quanto riguarda la prevenzione della malaria,
mi ero munito, al posto della scomoda Paludrina o Nivachina, che dev'essere presa
giornalmente, del più pratico Daraprim: una pillola alla settimana e ci si può
tranquillamente far aggredire da amebe e zanzare malariche. Poche
ore dopo Dubai, scendiamo a Singapore. Umido e caldo! Un giornalista cinese ci
acceca subito con decine di flash Nikon. una sorpresa organizzata dal rappresentante
Zodiac di Singapore, che ci trova un'economica sistemazione ad Mariner's hotel.
Il giorno seguente ci
precipitiamo di buon'ora al cantiere locale Vosper Thornycroft, dove l'attivissimo
Sonney e la deliziosa Penny, una cinesina segretaria modello, ci organizzano il
breve soggiorno a Singapore. Carichiamo i gommoni, che sono arrivati qui via mare
in container, su due camion e ci trasferiamo armi e bagagli alla Seletar Air Base,
presso lo Yacht Club militare, che gentilmente ha acconsentito ad ospitarci. A
Singapore i grattacieli di cemento stanno soffocando le parti più caratteristiche
della città, il quartiere cinese, i canali pieni di barche. L'amministrazione
dell'isola-stato ha adottato leggi inflessibili per regolamentare ogni cosa "alla
tedesca, forse per contrastare l'andazzo "all'orientale", negativo per l'economia.
Basta dire che elevate multe in ordine crescente sono inflitte a chi getta per
terra un mozzicone di sigaretta e addirittura a chi non lava la propria automobile.
Proprio nel quartiere cinese, in piccole bancarelle-ristorante all'aperto, gustiamo
i piatti più strani: conchiglie "sanguinanti", granchi rossi giganti, zuppe di
tartaruga e germogli di soia. pinne di pescecane. Ci
dividiamo. Ciccio ed io ci preoccupiamo di preparare il Selamat, cosa che non
avevamo avuto tempo di terminare a Bruxelles: inoltre, durante il trasporto, qualcuno
ha rubato l'ancora con 100 metri di cima, ci mancano le carte nautiche, la batteria
è completamente k.o. La radio non funziona e senza successo cambiamo l'antenna
con un'altra dataci da un pilota dell'Air Base. Non sentiremo mai più il flebile
bip bip. Michel, intanto, mette in ordine il suo Berani e sistema il proiettore.
Ci rechiamo poi all'ambasciata
indonesiana per controllate se le carte sono in regola e le perdite di tempo sono
enormi nonostante l'interessamento del gentilissimo attaché Yunahar, che si fa
in quattro per fornirci visti su visti. Il maggior problema è che possiamo teoricamente
sbarcare solo nelle località indicate dal Sailing Permit generale rilasciatoci
in Belgio, che indica solo le quattro o cinque tappe più importanti del percorso.
Vedremo che in pratica le cose saranno meno difficili di quanto previsto e che
potremo sbarcare senza guai un po' dappertutto. Anche all'ambasciata australiana
mi fanno grandi difficoltà per ottenere un visto rapidamente.
| Conosciuti
però i nostri folli propositi di gommonauti, Mrs. Isabell Sharma, segretaria del
console, fa suo il problema e in poche ore mi riconsegna il passaporto superstampigliato:
« Capisco i vostri problemi, mio marito Roland, sponsorizzato dal belga Van Straalen,
ha fatto cose del genere con la sua barca, il Petula. In bocca al lupo! ». |
Ormai conosco Singapore come
le mie tasche. Ogni giorno giriamo per acquistare materiali per la spedizione
All'ambasciata italiana Massimo Pugnenti mi dissuade dal fare immersioni a Sud
di Singapore: « In Malesia è magnifico, l'acqua è di cristallo: laggiù invece,
ci sono troppi pozzi di petrolio e i fondi fangosi rendono l'acqua torbida: l'ultima
volta che ci sono andato uno squalo martello visto troppo tardi mi ha fatto fare
una bella capriola ». Sarà stata una martellata, penso tra me e me. Per
sollevare il nostro spirito, dopo tanto lavoro di burocrazia alla sera scopriamo
la famosa cucina orientale: dall'elegantissimo ristorante girevole in cima al
più alto grattacielo, al tipicissimo Fatty di Albert Road. Il tempo passa velocemente
e siamo ansiosi di partire, ma dobbiamo attendere Bernhard, che arriva solo il
30 luglio sera. Le ultime commissioni: jumpers cables per la batteria, fuochi
di segnalazione, in banca per un'assicurazione furto, lucchetti per la cassa,
carte nautiche e libro dei fari. Lo stare alla Seletar Base ci pone regole di
vita monastica, dovendo rientrare entro le undici di sera con gran tristezza di
tutti. La cosa sarebbe ancora più drammatica se ci rendessimo conto che è a Singapore
che si trovano le più belle ragazze indonesiane e cinesi, roba da intenerire il
più arido dei cuori, fanciulle che fanno avvampare il volto e tremare le ginocchia.
Inghiottendo ogni tanto
un calmante, Michel si fa raccontare nei più crudi dettagli le storie dei pericoli
a cui andiamo incontro. Siamo sprofondati nelle poltrone dell'economico ristorante-bar
del club e con noi sono tre istruttori sub della base militare: « Appena fuori
di qui ci sono isolotti di sogno per pescare. Noi ci andiamo talvolta, ma appena
scorgiamo un puntino all'orizzonte tagliamo la cima dell'ancora per guadagnar
tempo e fuggiamo a 25 nodi. Quelli sono pirati, della peggior razza ». «
Ce ne sono di due tipi - continuano -. Ci sono quelli con lunghe canoe con un
200 Hp sullo specchio di poppa: fanno più di 50 nodi, se vi beccano siete fregati,
vi prendono tutto. Raramente uccidono, perché tanto sono irraggiungibili anche
dalle più veloci motovedette. Hanno covi dappertutto, specialmente in isole sparse
tra la Malesia e il Borneo ». Poi il viso si fa serio, quasi scuro: « Se invece
vi fermate di notte. in particolare all'imboccatura dei fiumi, occhi aperti! Arrivano
in silenzio con le vele spiegate i veri predoni, gli assassini del mare. Non hanno
motore, navigano lentamente, non devono lasciare tracce. Dopo il loro passaggio
non rimane né uomo né barca, uccidono e affondano tutto ciò che non è recuperabile.
Navigate al largo delle coste, non arrestatevi mai, anche se qualcuno vi chiede
aiuto. L'estate scorsa una ragazza pirata ha fatto fuori a suon di mitra otto
poliziotti. Una nave inglese le ha dato invano la caccia ». Eccitati
dai loro stessi discorsi, i tre sub iniziano a discutere su quelli che saranno
i poggieri pirati che incontreremo «Quelli di Sumatra mozzano le dita! », dice
uno. « No, sono più crudeli quelli del Mar di Giava, collezionano teste! », continua
un altro. « Peggio, peggio quelli a Ovest del Borneo, tagliano le ... ».
Michel ingoia un altro calmante. «Ma non è tutto - proseguono cinicamente -. Il
mare riserva altre sorprese. Gli squali qui sono abbastanza tranquilli ma verso
l'Australia diventano estremamente aggressivi. Se subite il morso di un serpente
di mare, vi restano due minuti di vita. Ragni e Scorpioni ce ne sono ma diffidate
maggior mente degli infidi pesci-ragno e di una conchiglia, il Bonus Textile,
possiede una specie di proboscide munita di un arpione, che contiene veleno mortale.
State poi alla larga dai piccoli polipi viola super- tossici... A questo punto
Ciccio ed io vuotiamo una bottiglia di whisky come antidoto.
John Hook, un pilota che da 7 anni vola su queste isole, ci intrattiene invece
con storie di tesori e di cimeli. Non è raro trovare reperti interessantissimi,
maschere, spade, bandiere giapponesi su isole deserte. Una volta scopri dall'aereo,
su un fondale di 40 metri d'acqua di cristallo un galeone con un cofano pieno
di monete d'oro. John è una delle poche persone riuscite ad arrivare sull'isola
di Buru, ove vivono segregati circa 10.000 prigionieri politici e le famiglie,
relegate al centro dell'isola. Impossibile fuggire, tutt'intorno ci sono paludi
infestate di coccodrilli e serpenti. Ci
avverte poi dei pericoli che si possono incontrare vicino a Timor, ove imperversa
ancora una sanguinosa guerriglia: « Fate attenzione a non essere scambiati per
trafficanti d'armi, state al largo, oltre le tre miglia. Laggiù sparano a vista
». La chiacchierata ha termine, il morale è a terra. Per dimenticare la paura
lasciamo che il nostro sguardo si perda negli occhi nero. lucenti dell'indianina
seduta di fronte: una gemma, un fiore, un amore. Testo
& foto by Massimo Maggia - 1977 |