Suicidarsi Oggi

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Data di creazione : 06 Agosto 2004

Ultima modifica : 05Gennaio 2005

 

Quanto segue nasce da un'idea del 26 luglio scorso (2004).

L'argomento non è dei più felici, me ne rendo conto, né posso parlarne con le parole di uno che ha vissuto l'esperienza da vicino.

Ma quanto ho scritto nasce dal fatto che negli ultimi tempi è aumentato il numero dei suicidi tra i giovani. Tra questi, verso la fine di luglio, due ragazzi della provincia di Padova.

Uno, suicidatosi a Limena (PD) dopo che gli erano stati trovati addosso 3 grammi di hascisc (non suoi tra l'altro) e uno qualche giorno dopo, nella stessa zona.

Quest'ultimo era amico di un mio amico. Uno di famigli quasi, per lui. Uno che sembrava sereno, felice, senza problemi. E poi, improvvisa, la notizia del suicidio.

Quello che segue vuole essere una riflessione sul suicidio, sul perché si arrivi a tanto, soprattutto per un giovane del mio tempo.

E' chiaro che nella nostra società manchi qualcosa. Ma cosa? Qual è la molla che fa saltare il meccanismo, che porta all'autodistruzione?

Si sente spesso parlare di male di vivere: ma cos'è questo male di vivere?

Ecco: da questi spunti e dai discorsi fatti una sera con il mio amico di prima è nato quanto segue.

Inizialmente quello che avevo scritto era sotto forma di poesia: ma risultava troppo lunga e pesante. L'ho reso quindi in prosa. A modo mio, s'intende.

Prima di lasciarvi alle lettura voglio precisare che la mia è solo una riflessione: non ho la presunzione di comprendere i sentimenti di una persona che arrivi a suicidarsi, né il dolore dei suoi cari e dei suoi amici, non avendo mai sperimentato sulla mia pelle un simile dolore.

Non voglio essere cinico, nelle mie parole e nella mia riflessione, solo cercare di capire nel modo più asettico possibile le ragioni di un simile gesto.

 

 

 

-= Suicidarsi Oggi=-

 

“I never thought I'd die alone
I laughed the loudest whod have known?”

“Non avrei mai pensato di morire da solo
Ridevo forte, chi poteva saperlo? “

Adam' s Song – Blink 182 (1)

 

 

Mi hanno detto che si è ucciso gettandosi da un ponte.

Aveva 19 anni.

Io non lo conoscevo.

Per te invece era un amico, uno di famiglia.

Ho visto come soffrivi.

Nelle tue parole il dubbio: sulla persona che credevi di conoscere, su te stesso, sulla vita, sulla fede, su tutto questo mondo cui stiamo contribuendo.

Se Dio esiste, perché permette questo? – dicevi.

Non è questo il modo, credimi, di vivere la cosa.

Fatti forza.

Hai detto che aveva scritto una lettera: quasi tutti, prima del gesto disperato scrivono. Scrivere non è come parlare.

Il foglio bianco non è come le persone: non chiede niente, non giudica: ascolta e tace. Soprattutto tace, quando avresti invece bisogno d'altro.

Prima di morire, nella sua ultima lettera, aveva scritto di essere stanco, stanco di vivere.

Questo non lo comprendo: cosa significa?

Tanti, tra coloro che si uccidono, sono stanchi di vivere.

Ma cosa significa essere stanchi della vita?

Quando sono stanco a causa del lavoro, è perché ho lavorato molto, ho faticato e ho sudato.

Quando sono stanco di dormire e di restare a letto, è perché ho riposato troppo a lungo e sento il bisogno di alzarmi.

Quando sono stanco di stare seduto a tavola e di mangiare, è perché ho mangiato troppo.

Se sarò stanco della vita sarà perché ho vissuto troppo e le esperienze da me vissute non hanno dato risposte a ciò che cercavo.

Forse è così?

Oppure no?

Di sicuro, a 19 anni, non hai vissuto troppo.

Allora cosa significa essere stanchi della vita, a quell' età?

A portarti al suicidio sono allora l'insofferenza per la vita, la frustrazione, la noia e il dolore.

Forse è così.

Forse non è così.

Il suicidio, mi spiace ammetterlo, è però il fallimento dell'individuo.

Il fallimento di un individuo, disperato e lacerato dal dolore d'accordo, che porta alla creazione di nuovo dolore nelle case dei suoi cari e dei suoi amici.

Il fallimento di un individuo, però, non è un fatto slegato da tutto il resto: probabilmente è un sintomo, la punta di un iceberg ben più grande.

Il fallimento di un individuo è il fallimento di un sistema.

La vita è complessa, è un caleidoscopio di situazioni, di esperienze e di scelte. Impossibile descriverla, impossibile comprenderla a fondo.

Semplicemente va vissuta.

Inevitabilmente saprà sorprenderci, nel bene e nel male.

Le domande e i dubbi che sorgono spontanei pensando alla vita in generale sono davvero inimmaginabili.

Sai, mi viene in mente Pamplona, quando liberano i tori e la gente corre per le strade della città cercando di non farsi travolgere.

Tutta quella gente inseguita dai tori: perché corre?

Potrebbero semplicemente fermarsi.

Potrebbero restare in casa e non uscire affatto.

Potrebbero starsene a guardare gli altri, rimanendo discosti.

Potrebbero mettersi in salvo entrando in qualche casa, o cercando riparo tra gli edifici.

Ma non lo fanno: semplicemente sono sulla strada e corrono.

Ecco, quei tori forse sono la vita, con le sue contraddizioni e i suoi quesiti, le sue scelte e i suoi impegni.

Sono davvero troppi gli interrogativi: allora basterebbe non porseli, e per non porseli esistono le scappatoie.

Ma non è questa la strada.

Infatti, non ho mai visto i tori restarsene fermi, per le strade di Pamplona, né quei pazzi – che a vederli da distante si direbbero pazzi, la stessa prospettiva che avremmo osservando una qualsiasi usanza di un popolo differente dal nostro – smettere di correre.

No, quella corsa va fatta.

Io non conoscevo il ragazzo che si è suicidato, e non conoscevo nessuno che si sia tolto la vita. Le mie, forse, sono parole presuntuose, che non hanno sapore, ma so che il suicidio non è mai la scelta giusta.

Il dolore e la frustrazione sono insopportabili e per ognuno esiste un limite: oltre quella soglia non lo so cosa accada dentro al cuore di una persona.

Oltre la soglia di sopportazione, qualcosa si rompe, qualcosa si infrange.

E allora subentra il desiderio di rinunciare.

Ma il suicidio non è la strada: un suicida è una persona che rinuncia alla vita unicamente basandosi sulla strada percorsa. E nessuno, nessuno sa cosa riserva il futuro, nessuno sa qual è la strada che dovrai ancora percorrere, nessuno sa come andrà a finire la storia. La storia con la S maiuscola, e la storia che invece ti appartiene.

Con il suicidio, ci si preclude la possibilità di vedere quello che c'è oltre la ripida salita.

Il suicidio è la rinuncia a lottare, a credere, a vivere.

E' la rinuncia a se stessi.

E' arrendersi al vuoto e a una crisi impalpabile che sembra vivere ovunque, celata alla vista, silenziosa e letale.

Gli animi sensibili la sentono prima degli altri, percepiscono la brezza che sussurra la crisi..

Gli animi sensibili sono capaci di grandi voli eppure hanno il cuore di un bambino.

La loro sensibilità è la loro condanna: la loro anima è di cristallo, superba e fiera, eppure così fragile e delicata.

Sono le persone cui prestare maggiore attenzione.

Sono le persone che meglio sanno comprendere gli altri.

Sono le persone che vivono a fondo il dolore.

Il dolore: ecco un grande mistero.

Forse è questa la chiave di tutta la mia riflessione.

Forse è il dolore, nelle sue innumerevoli forme, a portare alla morte volontaria.

Cosa sia il dolore, grosso modo, ognuno lo sa.

Ma perché esista è un mistero.

Ma d'altronde…non conosco il senso nemmeno della vita.

Forse è il cubo. (2)

Forse è un errore.

Forse è una bugia.

Non lo so, ora non lo so.

Ma se il dolore esiste, un motivo ci dev'essere senz'altro. Questo, questo io credo. Magari mi sbaglio, ma credo che ogni cosa, dalle stelle alla polvere, abbia un ruolo ben preciso.

Forse è solo un memento, un modo per rammentarci la nostra fragilità.

Per rammentarci che gli altri necessitano del nostro aiuto.

Per rammentarci che dobbiamo appoggiarci agli altri nei momenti di difficoltà.

Un'immagine del dolore che conservo è il primo pianto di un bambino, il pianto che annuncia la nascita mentre l'aria brucia nei polmoni del piccolo neonato.

Ecco: questo è il dolore.

E subito dopo giunge l'abbraccio, il materno calore dell'amore.

E spesso accade questo nella vita.

Siamo soli, ad urlare il nostro dolore. Almeno in apparenza: vicino c'è qualcuno pronto a consolarci. Solo, alle volte, non riusciamo ad accorgercene.

E urlare non significa necessariamente farsi comprendere. Certe persone urlano il proprio dolore con gli occhi. Altre con il silenzio.

Altre esternano ciò che sentono in altro modo, a volte isolandosi, a volte bucandosi, a volte ricorrendo alla violenza.

Rimane il fatto che qualcuno è sempre pronto ad abbracciarci, riscaldandoci con una serena e tacita comprensione.

Certo, le mie sono belle parole. Ma la realtà può apparire diversa.

Ecco un altro problema.

Non ho tuttavia accennato al tempo che trascorre dal primo vagito all'abbraccio.

Non ho mai nemmeno detto che quell'abbraccio arrivi da una persona a noi nota.

Può darsi che ad abbracciarci non ci sia nessuno, solo la nostra fede.

Può darsi che ci siano persone che continuamente ci abbracciano, a modo loro, senza che noi ce ne accorgiamo.

Anche Coelho lo diceva: ci sono persone che ci amano, ma che semplicemente non sanno come dimostrarlo.

Io non ho le risposte alle mie domande.

Io non lo so quanto grande possa essere il dolore che una persona può portarsi dentro.

Ma il suicidio non è la strada.

E' la via più semplice, forse, ma non è la soluzione.

E' il porre fine al dolore di qualcuno ponendo le basi per il dolore di qualcun altro.

E poi: il fatto che sappiamo parlare non è forse un modo per combatterlo il nostro dolore?

In teoria.

Nella pratica, ci stanno insegnando a vergognarci dei nostri errori, dei nostri difetti e delle nostre sconfitte.

A tenerci dentro ciò che il gruppo non tollera.

A inseguire obiettivi che non vogliamo.

A confrontarci con gli altri solo nel considerare i nostri successi e le nostre vittorie.

Ma noi siamo molto di più.

Noi siamo anche i nostri difetti e le nostre debolezze. Siamo le persone magnifiche che si pettinano, si truccano e si vestono bene per uscire la sera, e quella specie di subumani nei giorni di influenza che a stento si riconoscono di fronte allo specchio.

Siamo le persone che scherzano e affrontano il mondo con serietà.

Siamo le persone che soffrono e vivono per l'amore.

Siamo al contempo il meglio e il peggio di noi stessi.

Siamo persone che sorridono e che piangono.

E invece ci stiamo ingannando, ci stiamo sminuendo, ci stiamo svendendo.

Tutto questo è la crisi dei nostri giorni.

Una gioventù intelligente, sensibile e generosa, dannatamente generosa, che non sa credere in se stessa.

Ché il futuro siamo noi, e non credere in noi comporta non credere al futuro.

Non credere alla possibilità di cambiamento.

Non credere che il dolore sia solo una stagione, maledettamente lunga e fredda, ma inesorabilmente destinata a finire.

Credere, comporta grande coraggio.

Credere, comporta speranza.

Credere, in noi, negli altri e in Dio, costa molto sacrificio.

Ma questa è la strada.

Questa la via della vita.

Il suicidio, purtroppo è solo una grave tragedia.

Io non ti conoscevo, né conosco persone che si siano tolte la vita.

Tuttavia credo che le loro morti abbiano avuto un senso: forse hanno permesso ad altri di cambiare e di rinnovarsi attraverso il dolore.

Forse, il loro gesto disperato ha posto il seme del dubbio nelle menti di molti. E la strada del dubbio porta solo alla ricerca di risposte.

Io non comprenderò mai ciò che tu provavi, ma mi auguro solo che tu riposi in pace. Sono certo che la tua morte abbia avuto un senso.

Sono certo che la tua vita, seppur breve, abbia avuto un senso.

Di là del fiume che separa l'orizzonte vi è la pace.

Mi dispiace solo che nessuno si accorga di quanti soffrono come tu soffrivi dietro una maschera di ordinaria serenità.

Purtroppo, è dentro il cuore delle persone che albergano gli abissi più oscuri e profondi.

E al contempo, dentro il cuore delle persone trova spazio la luce più calda e intensa.

 

 

 

Leonardo Colombi

 

Note:

(1) : mi riferisco al film CUBE del 1999

 

-=Commenti ricevuti=-

 

Commenti ricevuti su ewriters:

da poesiedalcielo(03 ago 05):

Io non so quanti anni hai, ma questo non importa. Quello che credo fortemente, è che in queste parole si racchiuda la sobrietà e, perché no, la saggezza di chi ha capito i fondamenti essenziali della vita. Nell'introduzione chiarisci la tua “non presunzione”; ebbene, io vorrei avere invece la presunzione di scrivere in modo pacato, corretto e coinvolgente come sai fare tu. Ho votato questo scritto con un 8 solo perché 10 sarebbe stato “il traguardo” che mi prefiggo di attribuire ad un tuo prossimo lavoro. Ciao

da Giuseppe (03 ago 05) :

Io, che sono presuntuoso, ho la presunzione, appunto, di credere che coloro che pensano al suicidio o sono troppo egoisti o, al contrario, hanno "riversato" il proprio io in altre persone o idee e, con il venir meno di queste, hanno visto dissolto anche se stessi. Complimenti per il tuo scritto e stai attento per la sua notevole profondità: potrebbe essere indice di un potenziale suicida! (scherzo, ovviamente!). Un saluto.

da joey(11 ott 05) :

... ... senza parole..questa è la situazione in cui mi trovo dopo aver letto questo ed altri tuoi lavori..credo che tu,a priori dalla tua età ed esperienza, abbia capito davvero tanto! condivido tutto quello che hai scritto e ammiro il tuo modo di scrivere! leggerò tutti i tuoi lavori..è una promessa..joey** (laura)

da The bad bastard (19 ott 05) :

Mi complimento con te. Credo che tu abbia inquadrato perfettamente la situazione:il suicidio non è una soluzione,è la via più semplice;una persona che si toglie la vita non potrà mai dire o vedere cosa si è perso e credo che questo sia il fatto più grave,non avere la forza di andare avanti.To ho dato un 10 per la profondità e le bellezza del racconto e spero che anche gli altri tuoi testi siano all'altezza.

principessa (25 mar 2006) :

concordo con giuseppe il suicidio lo commette una persona egoista...ma al tempo stesso una persona che ha dato tutto se stesso ad un'altro io e con il presunto venir meno di questo non riescono a venirne fuori e rinunciano consapevoli di fare del male...ma che importa l'importante e che loro non soffrano...(moglie di un suicida)

da Silvio Rizzaro (13 giugno 2006):

Leggendo il tema riguardante il suicidio, da un lato sono d_accordo con il sig.Leonardo Colombi ma dall_altra parte devo aggiungere una mia modesta opinione che è la seguente: Io sono un contemplatore di me stesso. Il suicidio non è per i falliti della vita. Io stesso che posso ritenermi fortunato visto che sto bene in tutti i sensi, mi è venuta la "voglia" o meglio la "curiosità"(pensiero) di suicidarmi, per sapere cosa mi aspetta dopo la vita. La mia è semplice curiosità. Sarei curioso di suicidarmi. Ma cerco di non farmi venire questi tipi di curiosità. In passato le persone che si suicidavano erano viste come eroi. Oggi noi pensiamo che siano dei pazzi! C_è la canzone dei Nomadi ovvero quella intitolata "canzone ad una amica" che dice che l_autore non capisce cosa è dovuto servire vivere, amare e soffrire se poi saresti dovuta morire. Mi ha colpito molto questa frase. Io non ho paura di morire, ma ho paura della solitudine, quindi non ci vedo niente di male ad una persona che è convita del fatto che si vuole suicidare. Mi devo scusare perchè con le parole scritte non sono bravo e di conseguenza non so se ho reso l_idea del mio pensiero. Grazie della cortese attenzione.

da sTrutto (06 settembre 2006):

Mi piace questa tua riflessione,il modo in cui ti poni la domanda e la tua coerenza nel darti una risposta. sicuramente il suicidio e sintomo di debolezza di esasperazione interiore e sicuramente non è una buona soluzione,ma al giorno d'oggi credo che un ragazzo che compie un simile gesto non sia spinto solo dal sentirsi inadeguato al mondo chel'avvolge ,penso che in parte sia colpa anche dei media,che con la continua e superficiale rappresentazione della morte sminuiscono e rendono spettacolare un gesto che un tempo veniva fatto solo da chi non aveva più vere speranze di vivere , ma oggi, un ragazzo, come puo dirsi senza speranza?? o sbaglio? comunque complimenti continua cosi

 

Commenti ricevuti su liberodiscrivere :

da sirenetta:

"Old before I die" diceva Robbie Williams io credo che sia diventata una scorciatoia...le depressioni aumentano e la maggior parte dei suicidi avvengono proprio per non affrontare una realtà a volte troppo dura...! Anna

 

Commenti ricevuti su Scrivendo :

da Martha (10 luglio 2006):

Io penso che il diritto al suicidio deve restare tale, da sempre è esistito e non sono d'accordo per esempio a cercare di attenuare questa voglia con i cosidetti farmaci miracolosi, che non fanno altro che reprimere la volontà di vivere, cioè non guariscono il male, tendono a rendere la persona passiva il ché equivale comunque a una morte lenta della psiche. Certo oggi le ragioni di questi atti estremi sono diverse dal passato, la competizione, una società meccanica, la mancanza di dialogo, etc...E quindi è la società odierna che deve essere rimessa in discussione, non il suicidio come piaga sociale o come una sensibilità diversa dalle altre, si tenderebbe così ad escludere
i suicidati facendoli diventare delle persone estranee al nostro modo di vivere, e con un buon argomento per deresponsabilizzare le nostre coscienze.

da Nara (10 luglio 2006):

Volevo anzitutto complimentarmi perchè hai trattato un argomento difficile e delicato - forse il più delicato - in maniera estremamente rispettosa. Per quanto riguarda il suicidio e chi lo commette, credo che è resterà sempre senza risposte precise, perchè anche chi a un suicidio "è sopravvissuto" tende a parlarne sempre pochissimo, se non altro per il timore di rimettere in moto il cortocircuito tra l'istinto di sopravvivenza e la volontà di darsi la morte. Quando spesso, nei casi più eclatanti specialmente, quelli che finiscono nella cronaca, vedo la ricerca di un motivo immediato e unitario, non credo corrisponda alla realtà... posso immaginare una situazione di disagio complessivo, una sofferenza prolungata, un dolore tanto intenso da produrre un coraggio tale da decidere di togliersi la vita. Spesso, mi è capitato di sentire parlare dei suicidi come di vili che hanno deciso di non scegliere, ma credo che per prendere una decisione del genre ci voglia un coraggio estremo, che si è costruito su un dolore altrettanto estremo. Purtroppo, come ha sottolineato anche Martha nel suo intervento precedente, il problema è anche nella società odierna in cui è uso "normale" parlare in tono dipregiativo di "anoressici" piuttosto che di persone che "soffrono di anoressia", di schizofenici piuttosto che di persone che "soffrono di schizofrenia", senza provare a comprendere i motivi del loro disagio, tantopiù questo si verifica nei confronti di chi ha commesso suicidio, a differenza di quanto tu, con molta sensibilità, hai fatto nel tuo scritto.
Ciao

da Daneel (11 luglio 2006):

mi è piaciuta la riflessione. complimenti. soprattutto l'analogia con la corsa dei tori. (ma the cube che c'entra?)
cmq io penso che, per fortuna, siamo liberi. liberi di suicidarci, liberi di uccidere o di lottare per difendere la nostra vita. secondo me la cosa fondamentale è che questa libertà rimanga. c'è dolore, tristezza in queste perdite, e in altre, ma il mondo va così, perchè probabilmente è così che deve andare (secondo me). possiamo anche dare la colpa alla società, ma è comunque fatta da uomini altri uomini!

 

Commenti ricevuti su Francamente:

da daniela (09 settembre 2006):

E' una riflessione bella e profonda, leonardo, colma di osservazioni giuste e di sensibilità, ha solo il limite di essere il punto di vista di chi per sua capacità e per sua fortuna, non ha superato la soglia oltre cui il dolore non è più tollerabile, oltre cui credere in se stessi, in Dio e negli altri non importa più nulla, non serve più a nulla. Certo il suicidio non è la strada, questo lo condividiamo tutti, come condividiamo il fatto che non sappiamo cosa ci porterà il futuro, ma dire a chi sta per uccidersi che deve credere in se stesso sarebbe come scrivere sull'acqua. Tu parli del potere salvifico dell'amore ma chi è disperato quell'amore non lo sa più dare e non lo riceve più o non lo ha mai ricevuto. Forse avremmo dovuto saper leggere il dolore nei loro occhi prima che divenisse disperazione, prima che gli argini fossero ormai irrimediabilmente rotti, ma sono così poche le persone che sanno leggere e condividere il dolore degli altri, che sanno farsene carico, forse da qui nasce quella solitudine disperata che spinge sull'orlo dell'abisso e oltre. Il discorso sarebbe lunghissimo e impossibile da fare qui, sono comunque certa che anche quelle morti hanno un senso, ciao e complimenti, daniela

da Franca (12 settembre 2006):

Caro Leonardo, le tue riflessioni sono distaccate ma forse non dovrebberro esserlo. Quando si supera la soglia di sopportabilità la tentazione di farla finita è forte. Allora bisogna aggrapparsi con tutte le forze alla bellezza della vita e alla fede. Comunque è durissima.
Ciao. Franca.

 

 

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