Colpa del referendum

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-=Introduzione=-

 

Data di creazione : 26 maggio 2005

Ultima modifica : 06 ottobre 2008

 

Quella che segue è una mia personale riflessione sul senso della religione e del credo cristiano nella vita di tutti i giorni. Il titolo si riferisce al referendum del 12 giugno sulla fecondazione assistita…cioè, mi spiego meglio, partendo da una chiacchierata in merito ai quesiti referendari mi son costretto ad effettuare ricerche in internet al fine di meglio comprendere l'argomento centrale del referendum. E in queste ricerche, quello che soprattutto ho constatato è lo slancio di molti a portare avanti utopiche crociate verso la libertà mettendo in primo piano l'impegno di svincolarsi dal volere e dal pensiero della chiesa. Da questo son partito per scrivere quanto segue.

Naturalmente, quelle che seguiranno sono mie personali riflessioni e idee, opinabili e contestabili: non hanno valore assoluto, ci mancherebbe!

Buona lettura!

 

 

 

-= Colpa del referendum =-

 

Il 12 e il 13 2005 giugno si terrà un referendum, 4 referendum in realtà, sulla fecondazione artificiale.

Non voglio entrare in merito alla questione: non è questo lo scopo del mio testo.

Ognuno è libero di credere quello che vuole, di avere una propria convinzione ed è libero di portarla avanti votando (o astenendosi) di conseguenza.

Io, in tutti questi giorni di “preparazione” al referendum, mi ero interessato relativamente poco alla faccenda. Ma, a causa di una chiacchierata con i miei amici, mi son accorto di aver sottovalutato la questione e, soprattutto, mi son reso conto di non aver completa chiarezza su tutta la faccenda.

Allora ho sfruttato la grande rete e ho cercato informazioni (..ed è sempre un piacere notare che, oltre al porno, in internet si riesca a reperire anche qualcosa di utile!). Ho quindi letto la legge che siamo chiamati a modificare, ho confrontato le posizioni dei sostenitori del sì e quelle di coloro che propendono per il no.

E spesso ho notato come, nelle opinioni delle persone, fossero ricorrenti parole legate al concetto di “libertà”, libertà dalle istituzioni e dalla chiesa soprattutto.

E questo mi ha colpito e turbato.

Non tanto perché sono (abbastanza) cristiano e credente, ma per il senso che ha questo volersi “liberare”.

Da cosa, mi domando?

Da un certo modo di pensare?

Da un certo modo di vivere?

Da un certo modo di rapportarci con gli altri, con noi stessi e la vita?

Da un certo insieme di valori?

Probabilmente, il fatto che io mi professi cristiano implica che tutto quello che dirò in merito a questa faccenda sia parziale.

D'altra parte, il fatto di aver frequentato un liceo e una facoltà scientifica, ha influenzato il mio modo di pensare così che non riesco a essere una persona che si limita ad osservare le cose da un solo unico punto di vista.

Vedetela come volete, comunque io proseguo nella mia riflessione.

Io credo che portare avanti una crociata verso una fantomatica libertà assoluta sia fondamentalmente un suicidio.

Di fronte ad un referendum come quello del 12 giugno, ad esempio, io credo che, al di là della legge e di quello che possono dire i politici, la chiesa o i vip di turno, sia necessario porsi le giuste domande e interrogarci in merito.

In questo caso, votare in merito alla fecondazione artificiale, in merito ai diritti degli embrioni, in merito al permesso di usarli per la ricerca, in merito al “bisogno” di maternità, significa esprimere la nostra concezione della vita, manifestare quello che è il senso moderno della famiglia e dei diritti umani.

Io non credo che si possa votare se non ci si sia mai interrogati in merito a tali quesiti, confrontandoci con i valori in cui crediamo.

Ecco, i valori: quali sono quelli in cui credere?

O, meglio, chi può indicarci quali siano?

La mia riflessione vuole riflettere su questo aspetto perché, a mio avviso, chiarito questo punto, viene definito un insieme di concetti e pensieri su cui basare la propria esperienza di vita.

Che l'uomo abbia bisogno di valori in cui credere è, anche se non saprei come dimostrarlo, ovvio. Il nostro modo di scegliere, di pensare e di vivere riflette il nostro modo di percepire cosa sia più o meno importante, ovvero la nostra esistenza è frutto delle scelte che effettuiamo in base al nostro mondo interiore e alla nostra esperienza passata.

Come ogni persona attribuisce una certa importanza ad un'altra, ad un oggetto o ad un evento, così attribuisce importanza ad un certo valore.

Quindi, ognuno crede in alcuni concetti, in alcuni valori e grazie a questo vengono definite l'etica e la morale che regolamentano la vita della società.

Ma, questi valori, chi può indicarceli?

Una possibilità, credo, possa arrivare dalla filosofia. Ma di questa io non sono un esperto e non saprei come avanzare con i discorsi (anzi…forse già mi sto sbagliando). Però, per quanto un pensiero filosofico sia vasto e completo o è frutto del pensiero umano con tutti i suoi limiti e quindi accettabile o meno, oppure non è totalmente dimostrabile. Comunque, la filosofia potrebbe anche essere la soluzione al mio dilemma, non lo escludo solo passo oltre vista la mia ignoranza in merito.

Un'altra possibilità potrebbe essere costituita dallo Stato. In questo caso entrano però in gioco varie incognite legate al fatto che lo Stato è regolamentato da leggi pensate e votate da persone umane e, al contempo, è regolamentato da una serie infinita di leggi economiche e di mercato. E se quest'ultime sono responsabile della definizione dei nostri valori allora stiamo freschi dato che l'economia si basa tutta sull' “inganno” che dei pezzi di carta valgano 10, 20, 50… euro. Comunque, un insieme di valori che nascono da un mondo basato sul lavoro e sull'economia potrebbe benissimo andar bene però, a mio avviso, sarebbe insufficiente e soprattutto non definisce dei limiti ben precisi sui grandi problemi dell'uomo (possiamo fare nuove leggi, ma non sappiamo dire quale sia il senso dell'esistenza, del dolore…).

Infine vi è la religione, qualunque essa sia, che può concorrere a definire i valori in cui credere. Ogni religione del mondo, per quanto presenti delle differenze rispetto alle altre, alla fin fine propone gli stessi principi: Ama te stesso, Ama gli altri, Ama Dio.

Quindi, per tornare al problema iniziale, in cosa consiste la crociata verso al libertà assoluta?

Posso capire che esista una certa sfiducia verso lo Stato, verso quello che viene deciso a Roma…ma non voglio dilungarmi in merito a discorsi sulla democrazia, al controllo dell'operato dei “miei” rappresentanti…

Posso anche capire un certo “dissapore” verso tutto quello che è considerato “chiesa”, però in questo caso avverto un certo pericolo, una sorta di distorsione nel modo di pensare della gente.

Non dico che la chiesa sia perfetta, anzi, esistono prese di posizione discutibili, scelte errate, atti atroci compiuti nei confronti dell'umanità…ma questo riguarda gli uomini, non lo spirito della fede cristiana. Le forme di estremismo sono sempre da evitare, a mio avviso, ma non deve essere la scusa per bollare tutta una realtà come marcia e inadeguata.

E in merito all'accanimento contro la chiesa di questi anni ho come l'impressione che non ci sia la percezione di quello che sia il vero spirito della fede cristiana (ma lo stesso sarebbe se io fossi musulmano, induista, ecc…).

Alla base di ogni credo in fondo vi è lo sforzo di definire il volto dell'umanità, lo sforzo di definire quell'insieme di valori che dovrebbe indicare la rotta verso alcune delle grande problematiche umane.

Il rapporto con noi stessi, con la vita, con gli altri, con la famiglia, con il lavoro, con il denaro, con la malattia, con la morte…

L'impressione è quindi quella di inseguire un'utopica libertà solo per sentirsi al riparo dai grandi quesiti che da sempre accompagnano l'uomo.

Potrei accettare l'idea di fare una scelta del genere per effettuare un personale cammino di ricerca della verità.

Invece, il rischio è quello di inneggiare alla libertà mentre veniamo guidati con mano verso il recinto di un grande allevamento di umani.

Come si può affermare di lottare per la libertà quando noi, per primi, non abbiamo idea di cosa vogliamo e di chi siamo.

Io personalmente credo, credo nel vangelo e nei valori che ha indicato Gesù.

Forse sbaglio, forse è tutto sbagliato, però nella fede ho trovato spesso una chiave di lettura con cui leggere e accettare la realtà.

Non ho tutte le risposte, è vero, e spesso sbaglio.

Però vivo serenamente la mia esistenza ponendomi dei quesiti e cercando di far luce dentro di me.

La vita è un gran casino, lo ammetto, però non credo sia saggio negare una parte di noi stessi solo per garantirci un'esistenza più facile.

Il rischio, quindi, ogni qual volta si accenna alla libertà, è quello di privare noi stessi di quella che è la nostra dimensione umana accettando un mondo basato sulla materialità e regolamentato da fredde leggi di mercato.

Il mondo che abbiamo dinnanzi agli occhi, d'altra parte, dovrebbe aiutarci a capire cosa manca, cosa abbiamo perso, dove risiedono le cause di molti problemi.

E per capire che mancano dei valori, che manca la giusta attenzione ad alcuni aspetti della nostra esistenza umana, che manca un sano rispetto della vita e dell'uomo, occorre avere un metro di confronto, qualcosa che mi indichi una via.

Purtroppo, ogni volta che si avvicinano momenti come quello del 12 giugno, ogni volta che si discute “in televisione”, ogni volta che si parla di qualche tragedia, mi accorgo che l'attenzione di tutti sia sempre sulle conseguenze, non sulle cause.

Così come si parla dell'omicidio senza descrivere a fondo le problematiche e le persone coinvolte in un simile tragico evento, così come si parla di questo o quell'altro intervento bellico, allo stesso modo, di fronte a quesiti referendari che parlano di diritti degli embrioni, fecondazione assistita, diritto alla maternità, non ci si pone il problema di farsi le giuste domande cercando di fornire delle risposte in base a quello che riteniamo giusto.

E' facile, quindi, parlare di dare alla ricerca quella libertà di sperimentare che adesso è negata quando prima non ci si pone il problema di definire se è giusto sacrificare una vita (perché un embrione è vita) per tentare di trovare una cura al fine di salvarne un'altra.

E' facile parlare di offrire la libertà di avere figli a tutte quelle coppie che finora non potevano ricorrere alla procreazione assistita quando, prima di tutto, non ci si pone il problema di capire se la maternità deve essere un diritto o un dono, o di capire se avere un figlio deve essere una scelta matura e pensata oppure un capriccio, una questione di selezione di embrioni.

Mi domando poi che senso ha battersi per offrire una maggior libertà di accedere alla fecondazione assistita al fine di avere figli se la famiglia intesa come valore non esiste più, se le famiglie che possono non fanno figli per colpa della precarietà della vita… o se la salute collettiva è messa a repentaglio da scelte economiche e di mercato, da virus prodotti in laboratorio e contaminazioni mirate…

Mi domando quindi, di fronte alla vita, quali criteri adottiamo per decidere cosa scegliere?

Quali sono i valori che davvero riteniamo di dover tutelare e portare avanti per contribuire ad un mondo migliore?

Quali sono le domande che quotidianamente ci insegnano a non porci?

Al di là del referendum del 12 giugno che mi ha portato a questa riflessione, al di là del voto che ognuno potrà esprimere, al di là di questo evento, spero che lentamente ogni singola persona riesca a trovare un momento per rimanere sola con se stessa e far luce dentro di se, almeno un poco, per capire cosa vuole veramente.

Perché, in fin dei conti, i valori su cui intendiamo puntare sono la massima espressione di quello che siamo.

Lo sforzo quotidiano di ognuno, infatti, è una costante dimostrazione di ciò riteniamo importante, di ciò che abbiamo scelto, di ciò che riteniamo abbia valore.

La libertà, quindi, dev'essere un modo di permettere a ciascuno di lottare per i valori in cui crede, non un modo per limitare o contrastare quello che è il modo di sentire e di pensare degli altri, un modo per contribuire alla crescita di ciascuno, non un modo di negare quella che può essere una strada per il raggiungimento della verità.

 

Leonardo Colombi

 

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