Sul campo di battaglia da qualche ora si combatte furiosamente.
Giacciono a terra corpi dilaniati, mutilati dall'insensata violenza umana.
Gli edifici abbandonati e i veicoli disseminati qua e là divengono ripari, nascondigli, postazioni per cecchini e artiglieri.
La maggior parte dei soldati invece si scontra in campo aperto, sparando all'impazzata e muovendosi secondo l'esperienza acquisita in accademia o in altre guerre combattute. Entrambe le fazioni, nemiche da tempi ignoti, lottano con ferocia, cercando di abbattere il maggior numero di avversari, cercando la morte di chi non è loro alleato.
Nella confusione i sergenti gridano ordini ai propri soldati: la strategia e la disciplina possono fare la differenza in quella grottesca situazione umana.
Senza ferrea disciplina e ordini impartiti con tempismo e decisa fermezza, i soldati agirebbero senza controllo, senza una completa visione d'insieme, perdendo di vista gli obbiettivi della battaglia oppure cedendo in preda alle umane emozioni che inevitabilmente sconvolgono l'animo umano in situazioni estreme come questa. E' facile, in un simile orrore di barbarie e violenza, in un inferno di sanguinose uccisioni e atroci boati al seguito di improvvise deflagrazioni, perdere lucidità e agire unicamente mossi dalla disperazione nata dal terrore alla ricerca di un'introvabile salvezza.
Ma questo non deve accadere: gli uomini non devono cedere. Per questo saper impartire il giusto ordine, saper comprendere come agire e comandare di conseguenza può fare la differenza tra la vittoria e la disfatta, tra la vita e la morte. Ironicamente nel campo di battaglia dove su tutto regna il caos, l'ordine e la ragione rappresentano l'unica salvezza per gli uomini.
E i soldati questo lo sanno e seguono gli ordini dei loro superiori, seguono i comandi impartiti mentre ovunque piovono proiettili e di tanto in tanto esplodono bombe cadute dai cieli, il dono crudele dei velivoli bombardano la zona.
E a seguito dell'ennesima esplosione, un gran polverone si solleva: una nebbia terrestre avvolge ogni cosa.
Ma non si smette di sparare, anzi, approfittando della confusione i soldati avanzano contro il nemico per coglierlo di sorpresa, incitati da sergenti e capitano cercano di trarre vantaggio dalla scarsa visibilità.
Ovunque sono esplosioni, urla e sofferenza umane.
Attraverso una nuvola di polvere si scorge una figura assai strana, la sagoma di un uomo avanza nella guerra.
Veste un completo gessato di colore scuro, una camicia bianca ineluttabilmente immacolata, destinata a rimanere incontaminata.
Nella destra tiene saldamente una valigetta scura.
I capelli ben pettinati sono appena mossi dallo spostamento d'aria che le esplosioni inevitabilmente creano.
Si muove tra i combattenti, nel bel mezzo del campo di battaglia, eppure non porta armi e nemmeno indossa protezioni di sorta.
Appare totalmente indifferente e a proprio agio; si muove tranquillo senza provare timore o paura di sorta, senza nemmeno provare compassione per la morte di numerosi combattenti. Avanza non curandosi di nulla, né dei proiettili né delle urla dei soldati umani che si ammazzano e muoiono tutt'attorno.
Nella sinistra ha un cellulare ultimo modello e, urlando per farsi sentire al di sopra dell'osceno suono della devastazione, cerca di parlare con il suo misterioso interlocutore dall'altra parte del mondo e del telefono.
“Può ripetere, prego!”
Urla, mentre un soldato gli finisce addosso facendolo barcollare e costringendolo ad abbandonare per un istante appena la sua conversazione.
Il militare chiede scusa, in silenzio, con un cenno del capo.
Non conosce l'uomo con il cellulare e la valigetta ma sa che non lo si deve mai disturbare mentre compie il suo strano lavoro.
Che cosa faccia esattamente, da chi venga inviato e pagato, con chi sia realmente al telefono a nessuno dei soldati è dato di conoscere. E nemmeno deve interessare: l'ordine è di non interferire in alcun modo, di non colpirlo e di non intralciarlo.
L'uomo con il cellulare sembra accettare le scuse: seccato, alzando leggermente la testa congeda il militare e torna a volgere la propria attenzione alla conversazione. Contemporaneamente controlla di non essersi macchiato nel contatto con quel sozzo esemplare di essere umano.
Eppure lo sanno benissimo che non devono interferire con il suo intervento. Anzi, per loro dovrebbe essere praticamente invisibile: una presenza intoccabile ed assoluta!
E invece quello stupido soldato per poco non gli faceva perdere il segnale con il suo interlocutore. Sarebbe stato a dir poco seccante e fastidioso dover ripristinare la comunicazione. Sarebbe stato intollerabile!
Non gli importa nulla dei soldati e della guerra in generale. Ne aveva viste così tante che oramai ci aveva fatto l'abitudine e se ne era reso, per così dire, impermeabile.
E poi, a dirla tutta, la guerra è alla base del suo lavoro. Un lavoro invisibile, certo, di cui quasi nessuno conosce i dettagli, ma comunque un lavoro critico e di fondamentale importanza.
Ovviamente, come per tutti i lavori “importanti” decisi dagli uomini, la sua presenza ed il suo operato sono e resteranno ignoti al mondo intero.
La sua conversazione quindi, dopo questo spiacevole incidente, riprende dal punto in cui era stata interrotta. L'uomo con il cellulare si scusa con il suo interlocutore e torna ad ascoltarlo.
Nel frattempo le due fazioni nemiche, venutesi a trovare molto vicine a causa dei precedenti bombardamenti aerei, effettuano l'ennesimo assalto all'arma bianca e si azzuffano proprio dove se ne stava l'unico civile della zona, proprio dove camminava lui, l'uomo con la valigetta ed il cellulare satellitare di ultima generazione!
I soldati si azzuffano, picchiandosi ferocemente, colpendosi e ferendosi fino alla morte: molti cadono a terra feriti, arti amputati e sangue tutt'attorno mentre grida di furore e dolore si confondono nell'atroce suono della violenza e della guerra. E in quel caotico scambio di vite umane, nessuno colpisce l'uomo con la valigetta il quale, con fatica ma senza mai smettere di parlare con l'oscuro interlocutore, esce dalla zuffa completamente illeso, misteriosamente ancora pulito e senza macchie di sangue altrui.
Ancora cinicamente indifferente.
Irritato e seccato, si sposta velocemente per evitare di essere nuovamente coinvolto in simili animalesche vicende, inutili complicazioni per l'esecuzione dei suoi incarichi.
Perplesso si guarda intorno mentre i soldati sparano e si ammazzano, mentre gli aerei continuano a seminare odio e distruzione, mentre ovunque regnano la confusione della guerra e della violenza: nulla lo distrae o lo interessa, unicamente teso all'ascolto di quella voce al telefono cerca di verificare quanto gli stanno comunicando.
Si tratta certamente di qualcosa di importante, sconcertanti rivelazioni che potrebbero mutare l'evolversi della guerra.
L'uomo con la valigetta ascolta preoccupato e si fa scuro in volto.
Colto da atroci dubbi appoggia la ventiquattrore al suolo e, bloccando il telefono tra la guancia e la spalla, senza smettere di ascoltare la voce al telefono, la apre estraendone una cartina topografica.
Sempre più preoccupato, annuisce al suo misterioso interlocutore e dispiega la mappa dell'intera zona.
Segue le indicazioni che riceve controllando le coordinate spaziali del campo di battaglia.
Una granata rotola con finta indifferenza fino a lui ma l'uomo con il cellulare non si scompone: dopotutto la granata è pur sempre un attrezzo di morte, un attrezzo del mestiere per ogni militare ordinario, un oggetto che non si cura del proprio bersaglio. Rotolando casualmente fino a lui, gli dimostra una vaga e ironica somiglianza: non è l'unico a trovare la propria ragione d'essere nella guerra altrui, non è l'unico a dimostrarsi indifferente a tutta quella sofferenza, a tutta la violenza della devastazione umana a cui, in qualche modo, prende parte. Con finta indifferenza, sono entrambi lì, in quel campo di battaglia: l'uno votato a gestire il massacro, l'altra a realizzarlo.
Ma l'uomo col cellulare, assorto nella consultazione della mappa, afferra la bomba con la destra, momentaneamente strappata al controllo della cartina, e la getta alle sue spalle. Stupidi: un'occhiata di disapprovazione ai militari poco distanti e nuovamente l'uomo torna al suo lavoro.
Delle urla di dolore e di atroci mutilazioni confermano che la granata ha sortito il suo effetto. Non importa chi, non importa quante, l'importante è che abbia stroncato vite umane raggiungendo il suo scopo. Indifferente alla morte, indifferente alla vita l'uomo in giacca e cravatta non si cura di nulla, né delle esplosioni, né delle grida di quei soldati che potrebbero essere suoi fratelli o concittadini. Suoi figli addirittura
Nuovamente scruta la cartina e poi l'orizzonte, si volta ad est e poi ad ovest. Spaziando lo sguardo sul campo di battaglia osserva, senza curarsene, scene di spaventosa violenza, incubi terreni di orrore e dolore, visioni di morte e animalesca trasfigurazione della razza umana.
Stronca sul nascere ogni emozione, o forse non la genera neppure, unicamente teso alla comprensione di quello che è accaduto. La voce del suo interlocutore non mente e la cartina, semplicemente conferma la tesi.
“Ha perfettamente ragione.
Non so proprio come sia potuto accadere…sono mortificato.
Dev'essersi verificato qualche errore di calcolo oppure un'errata interpretazione degli ordini ricevuti.
Mi occuperò personalmente di questa spiacevole situazione: conti su di me.
Risolverò immediatamente il problema e vedrò di fare il possibile per recuperare il tempo perduto.”
E detto questo l'uomo conclude la conversazione al cellulare, si alza in piedi e dalla valigetta estrae quella che a prima vista potrebbe sembrare una grossa pistola.
Alzando un braccio, l'uomo in abiti civili spara un razzo di segnalazione dritto verso l'alto. Un razzo fumoso colore arancione si innalza nel cielo fino a raggiungere vette precluse all'umana stirpe.
Per qualche istante il razzo rimane immobile, sospeso in aria ad osservare dall'alto la massa caotica dei soldati umani che furibonda si accanisce, seminando odio e caos, distruggendo vite e sogni, annientando e devastando. Fluttuando per qualche frazione di secondo sembra quasi contemplare con disprezzo tutta quella scena, il campo di battaglia in cui gli uomini dimostrano tutta la barbarie di cui sono capaci, tutto l'irrazionale stupidità che li porta a fossilizzarsi anziché tentare la strada dell'evoluzione, ambendo a mete ben superiori alle ricchezze materiali.
Tutto dura un istante appena; un attimo dopo il razzo esplode in una nuvola di fumo arancione.
A quel segnale tutto pian piano si ferma.
I soldati smettono quindi di sparare e di uccidere, dubbiosi e sconcertati: cosa sta succedendo?, si domandano l'un l'altro.
Rapidamente i soldati si dirigono verso l'origine del segnale. Alcuni sono sporchi del sangue e delle visceri dei propri compagni defunti o dei nemici uccisi, altri hanno ancora le armi in mano pronti all'ordine di riprendere i combattimenti oppure ne approfittano per ricaricarle. Altri ancora utilizzano quei momenti di pausa per bere qualche sorsata dalle loro borracce termiche o per accendersi una più che guadagnata sigaretta.
Tutti sembrano aver dimenticato l'odio e la furia che li animavano fino a poco prima: per qualche minuto tutto è sospeso, dimenticato e perdonato.
Allora giungono i pensieri, i dubbi, il dolore per i compagni caduti. Alcuni dei soldati cercano volti noti tra le fila dell'esercito che si raduna attorno all'uomo con la valigetta, alla ricerca di amici oppure di nemici su cui vendicarsi.
Cosa sta succedendo? Perché ci siamo fermati? Qualcuno si lamenta, qualcuno chiede in giro. Già si creano le prime ipotetiche verità.
I comandanti di entrambe le fazioni si avvicinano preoccupati all'uomo con la valigetta: sperano di comprendere il motivo di una simile, inaspettata, sospensione della guerra.
Lo ascoltano per qualche istante, in silenzio, attenti.
Il loro sguardo volto all'orizzonte segue attentamente i movimenti delle mani dell'uomo con la valigetta: prima osservano ad est e poi ad ovest.
Successivamente tutti si concentrano sulla mappa della zona mentre l'uomo in abiti civili impartisce ordini ed istruzioni precise: i comandanti vengono quindi messi al corrente della situazione e istruiti sul da farsi.
Nessuno ha obiezioni o domande: l'uomo con il cellulare e le autorità che egli rappresenta non avrebbero tollerato ulteriori ritardi.
Di conseguenza, terminato l'aggiornamento, i vari comandanti annuiscono e si ritirano presso le proprie truppe pronti a impartire i nuovi ordini e a spiegare quanto accaduto.
I soldati stavano combattendo nel posto sbagliato: ecco il fatto!
Doveva essersi verificato un qualche errore di calcolo nel definire le coordinate del campo di battaglia, un'errata valutazione degli ordini…non è chiaro…
Tuttavia la guerra deve essere combattuta e quindi avrebbero dovuto spostarsi ad est di altri 12 km .
E alla svelta per giunta, per poter recuperare il tempo perduto.
Quel banalissimo errore di calcolo per poco avrebbe potuto compromettere i successivi lavori di sfruttamento delle risorse del luogo.
Fortunatamente la situazione irregolare era stato rilevata e segnalata in tempo: nulla sarebbe andato perduto.
Si sarebbero trasferiti e avrebbero ricominciato a combattere come se nulla fosse accaduto.
E mentre la carovana dei soldati umani lentamente si avvia verso est, un elicottero scende vicino all'uomo con la valigetta.
Non appena sale, porta il cellulare all'orecchio e attende di poter parlare: probabilmente, qualche nuova guerra da gestire attende la sua enigmatica e insospettabile presenza.
Leonardo Colombi