Uomo al cellulare (in un campo di battaglia)

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-=Introduzione=-

 

Data di creazione : 09 agosto 2005

Ultima modifica : 18 febbraio 2006

 

Il testo nasce da un'idea del 2 luglio 2005. L'intento è quello di descrivere il paradosso rendendo esplicito e in qualche modo comico il collegamento tra guerra ed economia, mettendo in luce il fatto che molte guerre nascono e vengono stabilite a tavolino.

Nelle mie intenzioni il protagonista della vicenda si rifa all' uomo con la valigetta che compare nei videogame Half Life e Half Life 2, con una strizzatine d'occhio all'agente Smith di Matrix.

 

 

 

-= Uomo al cellulare (in un campo di battaglia) =-

 

Sul campo di battaglia da qualche ora si combatte furiosamente.

Giacciono a terra corpi dilaniati, mutilati dall'insensata violenza umana.

Gli edifici abbandonati e i veicoli disseminati qua e là divengono ripari, nascondigli, postazioni per cecchini e artiglieri.

La maggior parte dei soldati invece si scontra in campo aperto, sparando all'impazzata e muovendosi secondo l'esperienza acquisita in accademia o in altre guerre combattute. Entrambe le fazioni, nemiche da tempi ignoti, lottano con ferocia, cercando di abbattere il maggior numero di avversari, cercando la morte di chi non è loro alleato.

Nella confusione i sergenti gridano ordini ai propri soldati: la strategia e la disciplina possono fare la differenza in quella grottesca situazione umana.

Senza ferrea disciplina e ordini impartiti con tempismo e decisa fermezza, i soldati agirebbero senza controllo, senza una completa visione d'insieme, perdendo di vista gli obbiettivi della battaglia oppure cedendo in preda alle umane emozioni che inevitabilmente sconvolgono l'animo umano in situazioni estreme come questa. E' facile, in un simile orrore di barbarie e violenza, in un inferno di sanguinose uccisioni e atroci boati al seguito di improvvise deflagrazioni, perdere lucidità e agire unicamente mossi dalla disperazione nata dal terrore alla ricerca di un'introvabile salvezza.

Ma questo non deve accadere: gli uomini non devono cedere. Per questo saper impartire il giusto ordine, saper comprendere come agire e comandare di conseguenza può fare la differenza tra la vittoria e la disfatta, tra la vita e la morte. Ironicamente nel campo di battaglia dove su tutto regna il caos, l'ordine e la ragione rappresentano l'unica salvezza per gli uomini.

E i soldati questo lo sanno e seguono gli ordini dei loro superiori, seguono i comandi impartiti mentre ovunque piovono proiettili e di tanto in tanto esplodono bombe cadute dai cieli, il dono crudele dei velivoli bombardano la zona.

E a seguito dell'ennesima esplosione, un gran polverone si solleva: una nebbia terrestre avvolge ogni cosa.

Ma non si smette di sparare, anzi, approfittando della confusione i soldati avanzano contro il nemico per coglierlo di sorpresa, incitati da sergenti e capitano cercano di trarre vantaggio dalla scarsa visibilità.

Ovunque sono esplosioni, urla e sofferenza umane.

Attraverso una nuvola di polvere si scorge una figura assai strana, la sagoma di un uomo avanza nella guerra.

Veste un completo gessato di colore scuro, una camicia bianca ineluttabilmente immacolata, destinata a rimanere incontaminata.

Nella destra tiene saldamente una valigetta scura.

I capelli ben pettinati sono appena mossi dallo spostamento d'aria che le esplosioni inevitabilmente creano.

Si muove tra i combattenti, nel bel mezzo del campo di battaglia, eppure non porta armi e nemmeno indossa protezioni di sorta.

Appare totalmente indifferente e a proprio agio; si muove tranquillo senza provare timore o paura di sorta, senza nemmeno provare compassione per la morte di numerosi combattenti. Avanza non curandosi di nulla, né dei proiettili né delle urla dei soldati umani che si ammazzano e muoiono tutt'attorno.

Nella sinistra ha un cellulare ultimo modello e, urlando per farsi sentire al di sopra dell'osceno suono della devastazione, cerca di parlare con il suo misterioso interlocutore dall'altra parte del mondo e del telefono.

“Può ripetere, prego!”

Urla, mentre un soldato gli finisce addosso facendolo barcollare e costringendolo ad abbandonare per un istante appena la sua conversazione.

Il militare chiede scusa, in silenzio, con un cenno del capo.

Non conosce l'uomo con il cellulare e la valigetta ma sa che non lo si deve mai disturbare mentre compie il suo strano lavoro.

Che cosa faccia esattamente, da chi venga inviato e pagato, con chi sia realmente al telefono a nessuno dei soldati è dato di conoscere. E nemmeno deve interessare: l'ordine è di non interferire in alcun modo, di non colpirlo e di non intralciarlo.

L'uomo con il cellulare sembra accettare le scuse: seccato, alzando leggermente la testa congeda il militare e torna a volgere la propria attenzione alla conversazione. Contemporaneamente controlla di non essersi macchiato nel contatto con quel sozzo esemplare di essere umano.

Eppure lo sanno benissimo che non devono interferire con il suo intervento. Anzi, per loro dovrebbe essere praticamente invisibile: una presenza intoccabile ed assoluta!

E invece quello stupido soldato per poco non gli faceva perdere il segnale con il suo interlocutore. Sarebbe stato a dir poco seccante e fastidioso dover ripristinare la comunicazione. Sarebbe stato intollerabile!

Non gli importa nulla dei soldati e della guerra in generale. Ne aveva viste così tante che oramai ci aveva fatto l'abitudine e se ne era reso, per così dire, impermeabile.

E poi, a dirla tutta, la guerra è alla base del suo lavoro. Un lavoro invisibile, certo, di cui quasi nessuno conosce i dettagli, ma comunque un lavoro critico e di fondamentale importanza.

Ovviamente, come per tutti i lavori “importanti” decisi dagli uomini, la sua presenza ed il suo operato sono e resteranno ignoti al mondo intero.

La sua conversazione quindi, dopo questo spiacevole incidente, riprende dal punto in cui era stata interrotta. L'uomo con il cellulare si scusa con il suo interlocutore e torna ad ascoltarlo.

Nel frattempo le due fazioni nemiche, venutesi a trovare molto vicine a causa dei precedenti bombardamenti aerei, effettuano l'ennesimo assalto all'arma bianca e si azzuffano proprio dove se ne stava l'unico civile della zona, proprio dove camminava lui, l'uomo con la valigetta ed il cellulare satellitare di ultima generazione!

I soldati si azzuffano, picchiandosi ferocemente, colpendosi e ferendosi fino alla morte: molti cadono a terra feriti, arti amputati e sangue tutt'attorno mentre grida di furore e dolore si confondono nell'atroce suono della violenza e della guerra. E in quel caotico scambio di vite umane, nessuno colpisce l'uomo con la valigetta il quale, con fatica ma senza mai smettere di parlare con l'oscuro interlocutore, esce dalla zuffa completamente illeso, misteriosamente ancora pulito e senza macchie di sangue altrui.

Ancora cinicamente indifferente.

Irritato e seccato, si sposta velocemente per evitare di essere nuovamente coinvolto in simili animalesche vicende, inutili complicazioni per l'esecuzione dei suoi incarichi.

Perplesso si guarda intorno mentre i soldati sparano e si ammazzano, mentre gli aerei continuano a seminare odio e distruzione, mentre ovunque regnano la confusione della guerra e della violenza: nulla lo distrae o lo interessa, unicamente teso all'ascolto di quella voce al telefono cerca di verificare quanto gli stanno comunicando.

Si tratta certamente di qualcosa di importante, sconcertanti rivelazioni che potrebbero mutare l'evolversi della guerra.

L'uomo con la valigetta ascolta preoccupato e si fa scuro in volto.

Colto da atroci dubbi appoggia la ventiquattrore al suolo e, bloccando il telefono tra la guancia e la spalla, senza smettere di ascoltare la voce al telefono, la apre estraendone una cartina topografica.

Sempre più preoccupato, annuisce al suo misterioso interlocutore e dispiega la mappa dell'intera zona.

Segue le indicazioni che riceve controllando le coordinate spaziali del campo di battaglia.

Una granata rotola con finta indifferenza fino a lui ma l'uomo con il cellulare non si scompone: dopotutto la granata è pur sempre un attrezzo di morte, un attrezzo del mestiere per ogni militare ordinario, un oggetto che non si cura del proprio bersaglio. Rotolando casualmente fino a lui, gli dimostra una vaga e ironica somiglianza: non è l'unico a trovare la propria ragione d'essere nella guerra altrui, non è l'unico a dimostrarsi indifferente a tutta quella sofferenza, a tutta la violenza della devastazione umana a cui, in qualche modo, prende parte. Con finta indifferenza, sono entrambi lì, in quel campo di battaglia: l'uno votato a gestire il massacro, l'altra a realizzarlo.

Ma l'uomo col cellulare, assorto nella consultazione della mappa, afferra la bomba con la destra, momentaneamente strappata al controllo della cartina, e la getta alle sue spalle. Stupidi: un'occhiata di disapprovazione ai militari poco distanti e nuovamente l'uomo torna al suo lavoro.

Delle urla di dolore e di atroci mutilazioni confermano che la granata ha sortito il suo effetto. Non importa chi, non importa quante, l'importante è che abbia stroncato vite umane raggiungendo il suo scopo. Indifferente alla morte, indifferente alla vita l'uomo in giacca e cravatta non si cura di nulla, né delle esplosioni, né delle grida di quei soldati che potrebbero essere suoi fratelli o concittadini. Suoi figli addirittura

Nuovamente scruta la cartina e poi l'orizzonte, si volta ad est e poi ad ovest. Spaziando lo sguardo sul campo di battaglia osserva, senza curarsene, scene di spaventosa violenza, incubi terreni di orrore e dolore, visioni di morte e animalesca trasfigurazione della razza umana.

Stronca sul nascere ogni emozione, o forse non la genera neppure, unicamente teso alla comprensione di quello che è accaduto. La voce del suo interlocutore non mente e la cartina, semplicemente conferma la tesi.

“Ha perfettamente ragione.

Non so proprio come sia potuto accadere…sono mortificato.

Dev'essersi verificato qualche errore di calcolo oppure un'errata interpretazione degli ordini ricevuti.

Mi occuperò personalmente di questa spiacevole situazione: conti su di me.

Risolverò immediatamente il problema e vedrò di fare il possibile per recuperare il tempo perduto.”

E detto questo l'uomo conclude la conversazione al cellulare, si alza in piedi e dalla valigetta estrae quella che a prima vista potrebbe sembrare una grossa pistola.

Alzando un braccio, l'uomo in abiti civili spara un razzo di segnalazione dritto verso l'alto. Un razzo fumoso colore arancione si innalza nel cielo fino a raggiungere vette precluse all'umana stirpe.

Per qualche istante il razzo rimane immobile, sospeso in aria ad osservare dall'alto la massa caotica dei soldati umani che furibonda si accanisce, seminando odio e caos, distruggendo vite e sogni, annientando e devastando. Fluttuando per qualche frazione di secondo sembra quasi contemplare con disprezzo tutta quella scena, il campo di battaglia in cui gli uomini dimostrano tutta la barbarie di cui sono capaci, tutto l'irrazionale stupidità che li porta a fossilizzarsi anziché tentare la strada dell'evoluzione, ambendo a mete ben superiori alle ricchezze materiali.

Tutto dura un istante appena; un attimo dopo il razzo esplode in una nuvola di fumo arancione.

A quel segnale tutto pian piano si ferma.

I soldati smettono quindi di sparare e di uccidere, dubbiosi e sconcertati: cosa sta succedendo?, si domandano l'un l'altro.

Rapidamente i soldati si dirigono verso l'origine del segnale. Alcuni sono sporchi del sangue e delle visceri dei propri compagni defunti o dei nemici uccisi, altri hanno ancora le armi in mano pronti all'ordine di riprendere i combattimenti oppure ne approfittano per ricaricarle. Altri ancora utilizzano quei momenti di pausa per bere qualche sorsata dalle loro borracce termiche o per accendersi una più che guadagnata sigaretta.

Tutti sembrano aver dimenticato l'odio e la furia che li animavano fino a poco prima: per qualche minuto tutto è sospeso, dimenticato e perdonato.

Allora giungono i pensieri, i dubbi, il dolore per i compagni caduti. Alcuni dei soldati cercano volti noti tra le fila dell'esercito che si raduna attorno all'uomo con la valigetta, alla ricerca di amici oppure di nemici su cui vendicarsi.

Cosa sta succedendo? Perché ci siamo fermati? Qualcuno si lamenta, qualcuno chiede in giro. Già si creano le prime ipotetiche verità.

I comandanti di entrambe le fazioni si avvicinano preoccupati all'uomo con la valigetta: sperano di comprendere il motivo di una simile, inaspettata, sospensione della guerra.

Lo ascoltano per qualche istante, in silenzio, attenti.

Il loro sguardo volto all'orizzonte segue attentamente i movimenti delle mani dell'uomo con la valigetta: prima osservano ad est e poi ad ovest.

Successivamente tutti si concentrano sulla mappa della zona mentre l'uomo in abiti civili impartisce ordini ed istruzioni precise: i comandanti vengono quindi messi al corrente della situazione e istruiti sul da farsi.

Nessuno ha obiezioni o domande: l'uomo con il cellulare e le autorità che egli rappresenta non avrebbero tollerato ulteriori ritardi.

Di conseguenza, terminato l'aggiornamento, i vari comandanti annuiscono e si ritirano presso le proprie truppe pronti a impartire i nuovi ordini e a spiegare quanto accaduto.

I soldati stavano combattendo nel posto sbagliato: ecco il fatto!

Doveva essersi verificato un qualche errore di calcolo nel definire le coordinate del campo di battaglia, un'errata valutazione degli ordini…non è chiaro…

Tuttavia la guerra deve essere combattuta e quindi avrebbero dovuto spostarsi ad est di altri 12 km .

E alla svelta per giunta, per poter recuperare il tempo perduto.

Quel banalissimo errore di calcolo per poco avrebbe potuto compromettere i successivi lavori di sfruttamento delle risorse del luogo.

Fortunatamente la situazione irregolare era stato rilevata e segnalata in tempo: nulla sarebbe andato perduto.

Si sarebbero trasferiti e avrebbero ricominciato a combattere come se nulla fosse accaduto.

E mentre la carovana dei soldati umani lentamente si avvia verso est, un elicottero scende vicino all'uomo con la valigetta.

Non appena sale, porta il cellulare all'orecchio e attende di poter parlare: probabilmente, qualche nuova guerra da gestire attende la sua enigmatica e insospettabile presenza.

 

 

Leonardo Colombi

 

 

 

-=Commenti ricevuti=-

 

Commenti ricevuti sul sito Scrivendo:

da Kyle (07 ott 05) :

Ehi, come allegoria non c'è male! Mi ricorda un fumetto italiano, Jhon Doe, non so se tu lo abbia mai letto (anche perchè non ho idea di quanti anni tu abbia...)!
E' interessante! Hai mantenuto la promessa dell'intro!
Ciao!

da Irene (21 ott 05) :

Un bel pezzo Leonardo. Hai creato una situazione assurda per denunciare l'assurdità del mondo in cui oggi viviamo.
Quanto durerà questo"oggi"? Ciao. Irene.

 

Commenti ricevuti sul sito Scrivi :

da due calzini (08 dic 05):

Decisamente surreale, ma ne capisco bene il senso. Starebbe bene nella sceneggiatura di un film sul tema...

 

Commenti ricevuti sul sito OzBlogOz :

Link alla pubblicazione

da tumnus (23 gen 06):

Mi è piaciuto molto!
Il significato è chiaro e non è trasmesso in modo pesante o scontato: c'è quella sottile ironia che rende la lettura più piacevole.
Ho apprezzato anche la presenza di periodi brevi, che sono quelli che uso anche io e che preferisco!

da Sanchez (23 gen 06):

il tuo racconto sembra quello di un ragazzino delle elementari che scrive un temino sulla guerra.
inoltre usi espressioni fuori luogo come "L'uomo della valigetta" invece di L'uomo con la valigetta. guarda che l'uomo del monte e' una pubblicita'.
consiglio: leggi il dottor stranamore di peter george.
rispettosamente

da dotterel (23 gen 06):

Soliti problemi, temo: altamente improbabile che un uomo, a meno che non sia un alieno, rimanga impassibile di fronte ad una carneficina; soldati, ma anche il protagonista, come macchiette più che come personaggi ben delineati; luogo e tempo della battaglia neanche supponibili. Del resto lo dici tu stesso che l'ispirazione ti è venuta da un videogame e non dalla lettura approfondita di giornali e libri sulla guerra.
Se ti solletica l'idea di una persona che rimane impassibile, visto che il leit-motiv del racconto sembra essere questo, potresti costruire la trama intorno ad una realtà che conosci a fondo.

da Sphinx (23 gen 06):

Non riesco a capire alcune critiche che ti sono state fatte. Tu stesso hai scritto da dove proviene l'ispirazione per questo racconto.
Non è che mi sia piaciuto tantissimo, questo te lo devo dire, ma non capisco le critiche alla surrealità della scena.
E' vero, i personaggi sono solo delle macchiette, ma a me sembra ovvio che tu lo abbia fatto sapendolo benissimo.
In definitiva, uno spunto interessante.
Ciao

da AccaLarentia (24 gen 06):

Se posso dire la mia...
Premetto che non ho letto i commenti precedenti per cui mi scuso per eventuali ripetizioni.
L'idea mi pare piuttosto originale, insolita: quest'uomo con la valigetta è davvero un tipo inquietante. Tuttavia, a mio avviso ci sono alcuni particolari che appesantiscono di molto la narrazione e di conseguenza la lettura: l'uso eccessivo di aggettivi
ad esempio:
"la strategia e la disciplina possono fare la differenza in quella grottesca situazione umana." ---> quel grottesca mi pare un pò una forzatura, magari bastava che tu dicessi semplicemente "in situazioni come quelle",
frasi troppo brevi che frammentano un pò troppo lo "scorrimento visivo" (buona questa)
ad esempio:
"E detto questo l'uomo conclude la conversazione al cellulare, si alza in piedi e dalla valigetta estrae quella che a prima vista potrebbe sembrare una grossa pistola.
Alzando un braccio, l'uomo in abiti civili spara un razzo di segnalazione dritto verso l'alto.
Un razzo fumoso colore arancione si innalza nel cielo fino a raggiungere vette precluse all'umana stirpe.
Impossibile non notarlo.
Tutti i soldati smettono quindi di sparare e di uccidere, dubbiosi e sconcertati: cosa sta succedendo?, si domandano l'un l'altro."
e immagini quantomeno curiose
ad esempio:
"Una granata rotola con finta indifferenza fino a lui"---> cosa significa che una granata "rotola con finta indifferenza"??
Per il resto, ho apprezzato l'immagine surreale che dai al protagonista, che avanza indifferente del caos che lo circonda.
Ciao,
Cristiano.

 

Commenti ricevuti su Penna d'Oca:

da Nefti (30 gen 06):

Troppo bello questo racconto con quella figura dell'uomo che si aggira in mezzo al campo di battaglia quasi a controllare "de visu" che i suoi affari vadano per il verso giusto. E' una caricatura forte e potente di quello che in realtà è la guerra: fantocci manovrati che si fanno ammazzare illusi da un ideale creato da una "Mente" che persegue solo i suoi luridi fini! Ottimo Leonardo, ma ormai non sei più una sorpresa, per me sei una certezza. Complimenti anche per l'originalità.

 

Commenti ricevuti su Club Poeti (settembre 2006 - novembre 2006):

da Asia68 :

Mi è difficile fare un commento a questo tuo racconto,che si muove in un campo di battaglia dai risvolti drammatici e imprevidibili.Mi dà però l'occasione di affermare ancor di più ,l'incredibile "stupidità"dell'essere umano,nel risolvere con la guerra i vari problemi.
Spesso mi chiedo a che cosa serve l'uomo?A quale catena esistenziale appartiene?Abbattiamo orsi e gazzelle,per la nostra sicurezza,senza domandarci di aver invaso e deturpato luoghi che non ci appartengono, e che invece dovremmo difendere,per non mettere a rischio la nostra stessa sopravvivenza.Grazie,per avermi dato l'occasione con questo tuo racconto,a esternare il mio pensiero,che cerco di renderlo costruttivo con delle iniziative ambientalistiche.
Per quanto riguarda il racconto è scorrevole e ben strutturato.Un saluto.

da grigio:

No, questo racconto non si presta alle solite, retoriche dissertazioni sulla stupidità delle guerre. Tu molto semplicemente, nel costringerci ad un implicito atteggiamento di distacco da ogni tipo di combattimento ci porti a considerare come alla fine chi stabilisce i tempi ed i luoghi dove debbono svolgersi le guerre se ne sta bello tranquillo col suo doppiopetto gessato a muovere le fila lontano da ogni pericolo. L'uomo con la valigetta infatti, altro non rappresenta che l'immagine metaforica del potere che continuerà sempre a muoversi disinvolto proprio là dove infuria la battaglia che egli stesso riesce a provocare o a spegnere attraverso i suoi ordini che grazie alle moderne tecnologie giungono tempestivi ovunque egli decida di indirizzarli.

da mimma:

Prima ancora di leggere il tuo curriculum, mi ero accorta che eri un giovane. Certo potevo prendere comunque un abbaglio e tu, magari, avevi ottant'anni e la giovinezza dello spirito. A me sembra che l'argomento del tuo racconto sia particolarmente importante, se lo riducessi all'osso diventerebbe straordinario. I giovani tendono alla retorica. Tu ripeti, in tono intensivo, parole che ti sembrano particolarmente significative e tendi ad accumulare i concetti rifacendoli ed aggiungendo. Sintetizza e sarai magnifico. Auguri affettuosi

da nicole47:

Una antitesi molto evidente tra la drammaticita' della guerra in atto, situazioni umane di grande strazio e realisticamente descritte.E' li che si vedono si sentono gli orrori del combattimento,ela freddezza dell'automa che decide le sorti del mondo , dove portare guerra, spostare conflitti, una scelta a tavolino,fredda, razionale. Scritto molto bene il racconto,giusti i toni. Non ho da dire altro caro Amico.Bravo e No, a tutte le guerre._Con stima_Nicole.

da alman:

un bello ed originale racconto. Personifichi nell'uomo con la valigetta il potere economico che gestisce questo mondo e le sue guerre.

da Mitla:

Già...
"Chi ti muove i fili, è Dio o Satana, chi ti muove i fili, è maschio o femmina, chi prega chi ti odia, chi ti aspetterà, qualcuno o qualche cosa i fili certo muoverà.. il manichino si lascia andare si abbandona al Suo volere il manichino spera sempre che la sua sorte cambierà. I manichini crescono ma in loro resterà la voglia di sapere, nella pelle di un uomo .. come si stà"
Ogni guerra mi riporta a queste parole di un testo di una canzone di Renato Zero.
Chi muove i fili?
Mi è piaciuto il tuo racconto, di una lucidità.. tristissima.

da Rose Bazzoli:

"Indifferente alla morte, indifferente alla vita, l'uomo in giacca e cravatta non si cura di nulla". La guerra è un grande business e lo è la ricostruzione. Prima gli si mandano le armi, poi i corpi di pace, poi gli ingegneri. Ma gli "uomini al cellulare", i "signori della guerra", cantati già da Bob Dylan, qualche decennio fa, ci guadagnano sempre. Bello e significativo il tuo racconto. Forse, come dice Mimma, si poteva sintetizzare un poco, ma si legge comunque molto volentieri.

da Cleo:

L'uomo con il completo gessato non deve contaminarsi con il sangue dei soldati, ma che la guerra continui.Un bel racconto, originale e purtroppo realista.

 

 

-=Partecipazioni e pubblicazioni=-

 

Inserito nel numero 39 della rivista letteraria Isola Nera, rivista letteraria internazionale curata da Giovanna Mulas: [:. download .:]

 

 

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