“Calmo! Bruce, cerca di stare calmo!”
L'uomo se lo ripeteva mentalmente mentre al contempo stringeva con forza il volante della sua berlina.
Aveva caldo ed il condizionatore, il preziosissimo marchingegno che il rivenditore gli aveva caldamente consigliato al momento dell'acquisto, aveva smesso di funzionare qualche giorno prima.
Giusto con l'arrivo delle prime calde, afosissime, giornate estive…
L'unico refrigerio era quindi dovuto all'aria che entrava ed usciva dai finestrini aperti. Ma di certo non era molto fresca a causa delle innumerevoli auto bloccate sulla strada e che continuavano a sputare smog e fumi all'idrocarburo.
Doveva esserci stato un incidente poco più avanti.
Nessuno si muoveva più da un bel pezzo ormai e la gente dava segni di nervosismo e impazienza.
I più si accanivano sul clacson mentre altri tentavano di avanzare sfruttando le intercapedini e gli spazi che si venivano a creare tra i veicoli nei rari momenti in cui era possibile qualche movimento.
Bruce, come molti altri, non sopportava quelle situazioni.
Si sentiva impotente, incapace di poter fare qualcosa, qualsiasi cosa.
Tanto più che lo stare fermo in macchina di certo non lo aiutava a rilassarsi.
Anzi, aumentava ancora di più lo stress che provava.
Le ultime giornate erano state davvero dure visto che la consegna del progetto era imminente e molto doveva esser sistemato o addirittura fatto da capo.
E in tempi assurdi per di più!!
Come se la ricerca scientifica o il lavoro mentale si potessero misurare!!
E per quanto si sforzasse, ancora non riusciva a smettere di pensare al lavoro. Ma questo gli capitava sovente anche e soprattutto quando era ormai fuori dall'azienda per la quale lavorava. Non che fosse un malato di lavoro o uno stacanovista vero e proprio: semplicemente ci metteva passione nelle cose e una volta cominciato, voleva portare a termine quello su cui stava lavorando
Quel giorno poi, aveva dovuto sorbirsi anche la sfuriata del capo che si era alquanto alterato per la sua richiesta di potersene tornare a casa per il weekend anziché rimanere (segregato) assieme allo staff.
Si era alterato parecchio quando gliel'aveva chiesto…
Ma in ogni caso Bruce non poteva non tornare: era il compleanno di sua figlia.
7 anni, un bel traguardo per la sua adorata principessina dagli occhi azzurri.
La adorava.
Come adorava sua moglie.
Le donne della sua vita, le persone più importanti che aveva ma che purtroppo non poteva vedere così spesso a causa del suo lavoro altamente top secret e sperimentale.
Certo, da questo punto di vista, il lavoro che aveva non gli piaceva affatto: uno scienziato come lui avrebbe dovuto occuparsi di scienza, di ricerca a scopi umanitari…e invece era costretto a collaborare con il governo e con i militari per la creazione di nuove armi e per il potenziamento tecnologico dell'esercito.
Un lavoro particolare, top secret, che lo obbligava a lunghi periodi di “segregazione”, come amava definirla lui.
E di certo era un lavoro non aveva mai desiderato di a fare ma non aveva avuto scelta dopo i disastri che aveva combinato: praticamente l'avevano costretto a lavorare per loro…
Finalmente qualcosa davanti a lui si mosse e le auto poterono avanzare di pochi passi.
Nuovamente Bruce tornò al caos del traffico e alla furia degli umani intrappolati nei loro autoveicoli.
Da destra e sinistra piovevano suoni molesti di automobilisti impazziti, imprecazioni e il suono di clacson furibondi.
Tutto questo lo innervosiva.
E ciò non era bene.
No, non era bene affatto.
Strinse con più forza il volante e cercò di distrarsi.
Poi, allungò la mano verso la bottiglietta d'acqua che teneva sul sedile del passeggero.
Era vuota, dannazione!
“Calmo, Bruce, calmo…non te la prendere…”
Cercò di non dar peso alla cosa e di non arrabbiarsi per la sua sfortuna.
Quindi alzò il volume dell'autoradio e si mise ad osservare fuori.
Gli altri automobilisti erano indaffarati al telefono, a urlarsi l'un l'altro, alcuni a leggere…uno bevevo…
Un camion alla sua destra, forte della sua mole, cercò di avanzare ma si bloccò non appena Bruce segnalò la propria presenza con il clacson: non voleva certo che quell'idiota gli strisciasse l'auto o, peggio ancora, gliela schiacciasse.
Lesse l'ora sull'orologio.
Erano ormai più di trenta minuti che se ne stava fermo, imbottigliato nel traffico a stressarsi e a patire il caldo.
Se pensava a tutto il tempo che stava perdendo…che nervoso…cazzo, se avessero costruito le strade con un minimo di criterio quella volta…che deficienti…e anche ste auto di me…
Qualcosa dentro di lui iniziò ad agitarsi, lo avvertì chiaramente, un po' di sana rabbia che inizia ad agitarsi come la coda di un serpente a sonagli.
Allora tacque e si impose la calma.
No, no, Bruce stai tranquillo…arriverai lo stesso in orario, vedrai..
L'autoradio continuava a trasmettere canzoni e quasi un'ora dopo, lui non ne poteva già più di cambiare stazione radio alla disperata ricerca di qualcosa che gli andasse a genio.
Era stanco e sudato.
Non ne poteva più di starsene seduto in auto.
Di tanto in tanto imprecava contro ignoti o contro il cielo.
Sua moglie già gli aveva mandato un paio di sms pregandolo di sbrigarsi e di arrivare a casa al più presto. La festa della sua bambina era già cominciata e aspettava solo lui per servire la torta e far aprire i regali.
Ma lui era ancora imbottigliato nel traffico, a perdere tempo inutilmente, dannazione!
Nell'ultima ora e mezza aveva percorso qualcosa come trenta metri.
E quel che più lo faceva incazzare era il fatto che ancora non sapeva cos'era successo. Assurdo! Uno perde anni della propria vita imbottigliato in situazioni del cazzo come questa e non ha diritto a nessuna informazione…e invece c'è solo il nulla per noi poveri deficienti!
Tutti imbottigliati nel traffico per nulla!!!
Tutti a sprecare il proprio tempo in nulla!!
Il suo sguardo si abbassò fino a leggere l'ora sul display nel cruscotto.
Sono dannatamente in ritardo: maledizione!!
Guardandosi attorno si rese conto che anche tutti gli altri ormai apparivano provati, isterici e furibondi a causa della situazione.
E anche lui, come loro, aveva i nervi a fil di pelle.
Stava per scoppiare.
E questo non doveva accadere…
No, assolutamente no…
Calma Bruce, calma…
Doveva assolutamente mantenere il controllo e non pensare alle mille e più cose ancora insolute al lavoro.
Non doveva pensare al tempo sprecato a mantenere un posto sull'asfalto mentre invece poteva essere con la sua famiglia.
E soprattutto non doveva pensare a sua figlia, a casa, delusa per la sua assenza.
Avrebbe finito per credere che teneva di più al lavoro che a lei.
“No! Non è vero! Dannazione…” iniziò a cedere e si accanì pure lui sul clacson.
Che cazzo era successo lì davanti?
Perché ancora non si muoveva nessuno?
Tornò ad imprecare.
Inutilmente.
Ansimava quando si osservò sullo specchietto retrovisore.
Fu solo per un istante ma nuovamente l'avvertì.
Comprese che doveva imporsi la calma e tentare di arginare la rabbia e la frustrazione che gli crescevano dentro.
In quel mentre un piccolo miracolo avvenne e le auto presero a muoversi in avanti.
Nessuno sapeva per quanto avrebbero corso, nessuno aveva idea di quanto tempo ancora fosse necessario per poter superare quell'ingorgo osceno.
Tutti pensavano solo a correre, a muoversi in avanti.
Anche Bruce ingranò la prima e partì con ferocia.
Solo pochi metri dopo la sua auto si bloccò di colpo.
Morta.
Senza benzina.
Cazzo!
E mentre imprecava un veicolo, che non si aspettava quella brusca frenata, lo tamponò da dietro mandandolo a cozzare contro un'auto che lo stava superando sulla destra.
Ecco fatto, ora avrebbe perso altro tempo…e per di più avrebbe dovuto pagare anche i danni causati…dannazione!
Ma che cazzo c'è oggi!
Che sfiga di merda!!
Era troppo.
Aveva raggiunto il limite.
La rabbia che sentiva dentro iniziò ad espandersi.
Bruce conosceva bene quella sensazione…e la temeva…stava per accadere…no, no, Bruce, non cedere…calmati…calmati…
Aveva paura ma al contempo sentiva la rabbia e lo stress accumulate in quelle ore trascorse nel traffico prender forma e impadronirsi definitivamente di lui.
Con la testa appoggiata al volante, cercava di controllarsi e di calmarsi.
Invano.
Dietro di lui, l'uomo che l'aveva tamponato, scendeva dal veicolo.
A grandi passi, visibilmente incazzato si affiancò al finestrino da cui poteva scorgere Bruce sul volante.
Abbandonati i propri pensieri di violenza e vendetta, si preoccupò per lui e gli chiese se andava tutto bene.
“Va via” gli disse perentorio Bruce.
“Ehi!”
L'uomo sapeva di esser in torto ma non voleva comunque dargliela vinta a quell'idiota che si era bloccato così all'improvviso nel bel mezzo della strada.
“Guarda che è anche colpa tua se..”
“Vattene!” urlò Bruce senza alzare il viso dal volante.
“Ma che cazzo! Ehi, idiota, guarda che è tutta colpa tua!” e nel frattempo aprì la porta per afferrarlo.
Anche lui risentiva del fantastico pomeriggio trascorso nel traffico.
Quindi gli mise le mani addosso e cercò di sollevarlo in modo da poterlo vedere in faccia: “e guardami quando ti parl..”
Il volto di Bruce era contratto in una smorfia.
Non era dolore ma rabbia, rabbia allo stato puro che minacciava di esplodere incontrollabile.
I suoi occhi erano di un azzurro infinito e i muscoli facciali erano tutto un tremito. Subito l'altro indietreggiò preoccupato mentre invece Bruce usciva dall'auto in preda a tremiti e spasmi fortissimi.
“Vattene!” cercò di urlare un'ultima volta rivolto all'uomo che aveva di fronte.
Tutti gli altri, nel frattempo, nuovamente bloccati, assistevano alla scena.
Di fronte a loro tre auto tamponate e due uomini che minacciavano di pestarsi mentre un terzo avrebbe potuto subentrare in un secondo momento.
Uno dei contendenti, sorpreso e confuso, si allontanava dall'altro mentre l'altro, in preda alle convulsioni tremava e si accasciava al suolo.
I suoi vestiti iniziarono a strapparsi mentre il suo corpo - incredibile!! - aumentava di volume e dimensioni!!!
Lentamente si rialzò.
Ormai era alto oltre i due metri e il fisico appariva muscoloso e robusto oltre ogni limite umano.
La sua pelle lentamente iniziò a cambiare colore, si scurì fino a divenire praticamente verde.
Panico e confusione iniziarono a diffondersi tutt'attorno mentre l'essere prese ad urlare furibondo.
E ancora continuava a crescere di dimensioni.
Alcuni iniziarono a fuggire abbandonando le loro auto prigioniere dell'ingorgo.
Quando la trasformazione venne completata, al posto di Bruce non vi era più un uomo ma un essere enorme alto quasi quattro metri e di colore verde scuro.
Questi si mise ad urlare come un essere primitivo e a colpire le auto che lo attorniavano con pugni e calci.
Aveva una forza disumana e quei veicoli dal peso di una tonnellata e più venivano spostati senza sforzo alcuno.
Anzi, addirittura sollevò alcune auto sopra la testa e le scaraventò lontano verso il cielo o verso le altre auto bloccate nell'ingorgo.
Era uno spettacolo impressionante, forza bruta e rabbia allo stato puro.
Poi sollevò l'auto di Bruce ma non la lanciò come le altre.
No, la tenne sollevata e con essa prese a spostarsi.
Dapprima poggiando i piedi sull'asfalto, poi direttamente sulle auto abbandonate.
Il calore della carrozzeria arroventata dalle lunga attesa sotto il sole non sembrava infastidirlo minimamente al contatto con la pelle.
La gente lo osservava in preda al panico: fuggiva e non sapeva come reagire.
Poi la creatura prese a correre.
Veloce, sempre più veloce, calpestando e distruggendo ogni cosa fino a raggiungere la spinta necessaria per spiccare un balzo di inconcepibile potenza.
In molti rimasero col naso all'insù ad osservare quel mostro mentre spariva all'orizzonte non accennando minimamente a voler tornare a metter piede sulla terra.
Erano le dieci di sera ormai e la festa per il compleanno della piccola Kelly era ormai terminata da un pezzo.
Dopo aver riordinato la casa Betty ancora attendeva, preoccupata l'arrivo del marito.
Bruce non aveva ancora chiamato e al cellulare non rispondeva.
Era in ansia, temeva gli fosse capitato qualcosa.
Un'ultima volta provò a comporre il numero ma anche questa volta il telefono squillò a vuoto.
Poi sentì dei cani abbaiare: erano quelli dei vicini!
Subito, scostando la tendina della finestra, guardò fuori e le parve di intravedere una figura barcollante che si muoveva nel suo giardino.
Non riusciva a distinguere bene…
Poi lo vide cadere proprio sul vialetto di casa.
Scrutò meglio e trasse un sospiro di sollievo: suo marito era tornato a casa.
Subito uscì di casa appoggiando delicatamente la porta dietro di sé.
Gli si avvicinò, dapprima cauta e poi con maggior sicurezza quando fu definitivamente certa che si trattasse di Bruce. Per un attimo aveva temuto di aver confuso un vagabondo qualsiasi con il suo adorato marito.
Con dolcezza lo chiamò e gli accarezzò il viso mentre l'uomo giaceva per terra con i vestiti ridotti a brandelli.
Sembrava addormentato.
Ma subito, alla voce di sua moglie, si riprese e cercò di sollevarsi.
Betty lo aiutò, comprensiva e paziente come al solito.
L'uomo appariva confuso ma dopo un poco capì di essere ormai a casa.
“Scusami Betty…”
“Shh…non dire niente…sei a casa..”
Bruce l'abbracciò e poi la baciò con gratitudine.
L'amava sopra ogni altra cosa e soprattutto apprezzava l'infinita comprensione che sapeva riservargli…soprattutto a causa del suo problema.
Lei lo sapeva, era a conoscenza del fatto che poteva trasformarsi in un essere incredibilmente forte, incontrollabile e dalla pelle verde.
Nonostante tutti i problemi che il problema del marito aveva causato alla vita di entrambi, l'aveva comunque sempre accettato e compreso.
E amato, sopra ogni cosa.
“E la festa?” domandò lui
“E' già finita…”
“Capisco…”
Poi gettò lo sguardo ad una delle finestre di casa laddove stava in piedi una bambina di sette anni dai lisci capelli scuri.
“Se l'è presa tanto?”
Dall'espressione imbronciata e offesa del suo visino, Bruce pensava proprio di sì. E questo lo faceva star male…non voleva che a causa del suo problema la tranquillità e la serenità della sua famiglia venissero ostacolate o che loro soffrissero o perdessero occasioni di essere felici per causa sua…
“Un po'…ma le passerà vedrai…” gli rispose Betty, conciliante mentre i due si avviavano verso l'ingresso di casa.
“Mi spiace…io…”
“Shh…non dire niente…non è stata colpa tua…”
“Non è vero…io…” con amarezza lo ammise “…l'ho fatto di nuovo…”
“Ma alla fine sei tornato…ed è…” non ebbe nemmeno il tempo di finire la frase che l'uscio della porta di casa si aprì.
Sulla soglia, la piccola Kelly.
Bruce cercò di prendere la parola “scusami, tesoro…papà…” staccandosi dalla moglie si avvicinò alla bimba soppesando le parole da utilizzare per cercare di spiegare alla bimba il motivo del suo ritardo.
A differenza della moglie lei non era a conoscenza del suo problemino…
“vedi…” ma già la sua bimba gli era al collo ad abbracciarlo forte, felice che finalmente suo papà fosse tornato a casa.
E allora si abbandonò a quell'abbraccio e si lasciò cullare da quella stretta affettuosa felice.
Malgrado tutto, malgrado il mostro in cui poteva trasformarsi, perdendo completamente ragione e sembianza umana, per lui c'era sempre un posto a cui ritornare, dei sentimenti a cui aggrapparsi per non divenire un mostro per sempre.
Bruce Banner trasformato in HULK
Leonardo Colombi