“Fai un favore: vammene a prendere un paio prima di andare a casa. Sono per la Rodox, un cliente importante”.
La voce gli uscì contraffatta, modulata come quella del proprio superiore che gli aveva chiesto di sbrigare un ultimo lavoretto prima di staccare. A dirla tutta, Leo aveva quasi concluso il proprio turno, sistemato e messo in ordine tutto quanto, ma proprio prima di riuscire a timbrare e a metter la parola fine su quella sacrosanta giornata lavorativa, era giunta la telefonata della Rodox.
Un cliente importante.
Uno di quelli che può permettersi di telefonare quando gli pare e piace.
E pretendere.
“Che vadano tutti al diavolo”.
A Leo l'idea di un soggiorno prolungato in sede di lavoro non piaceva affatto. Sia chiaro: era uno che non perdeva tempo e che quando necessario si rimboccava le maniche. Spesso si era fermato oltre l'orario ordinario per completare attività più o meno urgenti, scocciature che non voleva ritrovarsi a seguire il giorno successivo o che era necessario risolvere per soddisfare i clienti.
Loro prima di tutto.
In un'altra occasione si sarebbe prodigato con tutt'altro spirito per la Rodox, magari a seguito di una giornata più leggera in termini di carico di lavoro. Tuttavia, non era così quel giorno, anche perché quella sera aveva in programma di andarsene al cinema con la fidanzata. Quella dose di scocciatura extra poteva compromettere la serata, questa era sotto sotto la pura e semplice verità.
“Amen”, sospirò, “salterò la cena: forse così almeno riuscirò a recuperare tempo e ad andare a vedere il film”.
D'altronde, opporsi a quella cortese richiesta dall'alto non era mai un affare semplice. L'ordine, mascherato dall'uso sapiente della parola “favore”, era eloquente. Far presente che il cliente aveva chiamato mezzora dopo la chiusura, che di straordinari in azienda ne faceva a sufficienza o che comunque non gli andava di sbrigare quelle faccende extra a discapito della propria vita privata sarebbero solamente servite a scatenare i soliti discorsi sul suo ruolo in azienda, sull'importanza della gerarchia e dei soldi dei clienti.
Soprattutto questi ultimi.
Datemi del denaro e vi solleverò il mondo, altroché. Quella volta del famoso detto, pensava Leo, il buon Archimede aveva toppato alla grande.
Ad ogni modo, non valeva la pena di creare inutili tensioni aziendali. In fondo, il lavoro in quella società non era malaccio affatto e considerando la crisi che l'economia del paese sembrava vivere in quel periodo non conveniva lasciarsi sfuggire nessuna occasione di guadagno.
Nel frattempo, spostandosi dall'edificio principale in cui si trovavano gli spogliatoi e gli uffici, attraversando un cortile di asfalto impolverato, l'uomo aveva raggiunto la stalla.
Doveva prenderne due, così aveva concordato con il capo, esattamente come aveva richiesto il cliente.
Ad esser sinceri era rimasto molto sul vago per cui, in qualunque modo Leo avesse scelto non vi era la certezza di soddisfare i desideri della Rodox.
Quando entrò nella stalla, le bestine erano tranquille. Dormivano per lo più, alcune bisbigliavano o ingannavano il tempo come potevano nell'attesa del nuovo giorno. Prima o poi sarebbero state selezionate e se ne sarebbero andate da quelle gabbie anguste: era questo il loro obbiettivo.
Non appena Leo accese la luce compresero quel che stava per accadere: una o più di loro sarebbero state scelte e portate via.
Iniziarono quindi ad agitarsi, a muoversi, a schiamazzare come bestie eccitate.
Sapevano cosa le attendeva.
Leo scese i pochi gradini che dall'uscio conducevano al corridoio che serpeggiava tra le gabbie: iniziò a scrutarle alla ricerca di due esemplari da portare alla Rodox.
Ciascuna gabbia conteneva una quindicina di esemplari. Le bestine erano rinchiuse a gruppi sulla base di alcuni criteri che l'azienda aveva stabilito esaminando i dati sulle richieste del mercato e dei propri commerci. Venivano quindi suddivise per età, corporatura, provenienza, altezza …
Mentre si aggirava tra le gabbie, queste cercavano di farsi notare, di attirare l'attenzione dell'inserviente: volevano essere scelte, desideravano una vita diversa, fuori da quelle gabbie in cui si trovavano.
Avrebbero dato tutto per raggiungere questo obbiettivo.
Leo non le sopportava.
All'inizio, quando aveva iniziato a lavorare in quel posto, si era dimostrato sensibile al fascino che le bestine esercitavano sugli uomini tuttavia, con il trascorrere del tempo, aveva iniziato a vivere quella sua professione con un certo distacco.
Ci aveva fatto il callo e di conseguenza erano per lui nulla più che bestie, anche se non amava definirle così. Non che certi loro comportamenti non lasciassero propendere per questa classificazione, tuttavia si sentiva a disagio nel considerale a quella maniera.
Per lui erano solo lavoro e concedeva loro la medesima attenzione che avrebbe riservato ad una pecora da condurre alla tosatura o ad un vitello da portare al macello.
Ignorando le loro voci, le mani che protendevano attraverso le sbarre, cercò di individuare due esemplari che potessero andar bene. Gettava lo sguardo sui loro volti, sui loro corpi, cercava di farsi un'idea di loro dal modo in cui si atteggiavano : non era facile scegliere.
Vagando di gabbia in gabbia, esaminandole, cercava di immedesimarsi nel cliente, di capire cosa potesse desiderare, quali caratteristiche desiderasse che le bestine richieste potessero possedere.
Sarebbe stato tutto più facile se avesse fornito qualche dettaglio in più, qualche criterio da rispettare in fase di selezione, constatò l'inserviente.
“E' per un cliente importante”, nuovamente la sua voce a canzonare quella del suo superiore. Cosa volesse dire “importante” in quel frangente Leo proprio non lo sapeva. Uno che non sa nemmeno cosa vuole non è esattamente un buon cliente: è semplicemente un potenziale pianta grane.
Dopotutto, sapeva come andavano quelle cose.
Se lui avesse scelto bene, allora nessun problema: il suo superiore e l'azienda ne avrebbero beneficiato.
Ma se avesse scelto male? In quel caso i demeriti sarebbero piovuti senza complimenti. Tuttavia aveva maturato una certa esperienza e finora, salvo alcune lievi contestazioni, nessuno dei clienti si era mai rivelato deluso.
Come d'abitudine, cercò di essere scrupoloso per cui, oltre all'esame visivo, avvicinandosi alle gabbie, iniziò anche a controllare le bestine accarezzandone la pelle, controllando imperfezioni del viso, la tonicità delle loro carni.
Ogni volta che si trovava troppo vicino però loro cercavano di afferrarlo, di indurlo a sceglierle. Schiamazzavano come oche nella speranza di suggestionarlo, tentando di sviare la sua attenzione, di mettere in luce i difetti di quelle che di volta in volta Leo esaminava. Se una era alta, allora una di quelle basse si metteva a strillare, se una aveva gli occhi scuri erano le bestine dagli occhi chiari a iniziare ad urlare e così via.
Le detestava.
Più volte urlò loro di smetterla o scacciò le loro mani con schiaffi e modi poco cortesi. Non aveva altra scelta visto che ogni volta che avveniva una cernita le bestine perdevano la ragione.
Alla fine le scelse: un po' perché secondo lui potevano rispecchiare i desideri della Rodox, un po' perché non ne poteva più di stare lì dentro.
Ed era pure tardi.
Aveva sgobbato nella stalla per molte ore, per pulire le gabbie e per sistemare i giacigli su cui le bestine dormivano. Così come le aveva portate a pascolare al sole per qualche ora mentre assieme ai colleghi si adoperava per fornire loro il pasto. Poi era giunto il momento della lavatura e dei massaggi: tutte attività necessarie per far sì che il loro aspetto fosse sempre qualitativamente apprezzabile.
Per di più, come aveva constatato osservando le lancette dell'orologio, si era fatto tardi e considerando che doveva pure lavare e preparare i due esemplari scelti per il cliente, se avesse procrastinato ancora un po' allora certamente non avrebbe avuto alcuna speranza di riuscire ad andare al cinema.
Ne prese quindi una dalla gabbia 15-A e una dalla 7-D, una mora e una bionda, entrambe slanciate e ben modellate, dal fisico sodo e giovane. Mentre le estraeva e subito dopo la scelta tutte le altre bestine avevano continuato a urlare, a protestare, a insultarlo o a cercare di sedurlo affinché ci ripensasse e scegliesse diversamente. Alcune avevano preso a svestirsi, altre a lanciargli promesse di ricompense carnali. L'inserviente tuttavia non si scompose, urlò ed imprecò contro quella moltitudine di ragazzine vuote ma non tornò sui propri passi: ormai aveva scelto.
Alla Rodox sarebbero andate bene e ben presto, quei due esemplari, avrebbe addirittura potuto finire in televisione, a mettersi in mostra in una di quelle trasmissioni che andavano tanto di moda in quella stagione.
Leonardo Colombi
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