Incubo di assassino

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Data di ideazione: 17 ottobre 2005

Ultima modifica: 24 ottobre 2005

 

Introduzione

Il racconto che segue l'ho scritto giocando sull'immagine dell'assassino che si avvicina alla vittima poi - ma non chiedetemi come - ho ampliato il tutto fino ad arrivare al testo che segue.

Tengo a precisare che quanto da me scritto vuole essere un momento di riflessione sulla violenza, sul perdono e sul dolore che il senso di colpa può generare nelle persone.

Quanto descritto, inoltre, non si rifà a nessun evento in particolare e di certo (prima di venir bollato come maniaco o malato) non è la trasposizione delle mia fantasie omicide. Buona lettura!

 

 

-=Incubo di assassino=-

 

Mi avvicino lentamente, senza fretta.

Avanzo deciso.

Loro non mi notano nonostante sia pieno giorno e io appaia così minaccioso.

Sorrido pregustando il piacere delle azioni che a breve compirò.

Mi dirigo verso di loro tagliando per il prato, procedendo dritto verso la grande quercia che sembra congiungere la collina al cielo.

Procedo deciso verso lo scivolo e le giostrine per bambini dove loro giocano tranquilli e inconsapevoli.

Adoro i bambini…la loro innocenza…i loro occhi spauriti quando mi avvicino a loro...

Non ci sono adulti all'orizzonte.

Ci sono solo loro.

E' un bel vantaggio: niente scocciature e niente morti inutili sulla coscienza.

L'erba incolta del prato mi giunge quasi al ginocchio e sfiora l'accetta che tengo con la destra, momentaneamente a riposo e con la lama insanguinata rivolta verso il basso.

Indosso pantaloni scuri ed una lacera t-shirt bianca.

Il sangue che la imbratta rende solo più minacciosa la mia figura feroce e crudele.

Continuo ad avanzare sotto un sole caldo ed un cielo così dannatamente azzurro che sembra non essere reale.

Nemmeno un filo di vento.

Nemmeno la voce della natura, nemmeno un rumore: ci sono solo le candide voci di quei bambini…

Nemmeno ora sembrano accorgersi di me così impegnati nei loro giochi e persi nella loro infanzia beata priva di pensieri e ignara dei pericoli del mondo.

Sorrido ed un ghigno perfido si stampa sul mio volto sudicio e folle segnato da qualche ruga e poche cicatrici.

Sono a pochi metri dal primo di loro, una bambina di circa sette anni che, seduta sul prato, regge in mano un fiore.

Sembra lo stia esaminando…che stupida…

Le arrivo proprio di fronte proiettando la mia ombra su di lei.

L'ombra di uno spietato assassino.

L'ombra di un folle contaminato dal male, un essere dannato.

Con un ghigno sadico la osservo dall'alto in basso mentre sollevo sopra la testa l'accetta che ho portato con me.

La mia arma preferita…l'arma che segnò la mia condanna guidandomi nel compiere quel mio primo ed efferato omicidio…ironicamente, è anche il mio unico ed estremo contatto con gli altri.

La bimba mi osserva.

Perplessa.

Inconsapevole del pericolo che rappresento.

Ha i capelli lunghi e vispi occhi color nocciola.

Sul suo volto nessun segno di paura…né stupore…niente.

Non urla e nemmeno si muove.

Strano…dev'essere particolarmente stupida.

Come tutti gli altri, evidentemente, visto che nessuno sembra accorgersi di me e di quel che sto per fare alla loro amichetta … e poi a tutti loro, ovviamente.

Quasi non c'è gusto a ucciderli se non gridano di terrore..

La bimba continua ad osservarmi e, sollevando il braccio, mi porge il fiore che fino a poco fa stava esaminando: una candida e umile margherita.

Un timido gesto di innocente gentilezza.

Non capisco…tutta questa situazione mi pare assurda e folle.

Trovo strano che nei suoi occhi non compaia un sano ed istintivo sentimento di paura.

Trovo strano che gli altri bambini non si accorgano di me.

E soprattutto trovo strano che nessuno abbia gridato alla vista del sangue…alla vista dell'ascia…alla vista di me…

Ma urleranno, ne sono certo.

Urlano sempre…

Con forza abbatto l'accetta sulla bambina.

Punto al fiore, deciso ad annientare quel suo insensato gesto di gentilezza, intenzionato a troncare sul nascere ogni tentativo di apertura agli altri, pronto a spezzarle la mano, il braccio e tutto ciò che la mia ascia vorrà.

L'accetta cala veloce, brutale e feroce si abbatte sul fiore, quella semplice e anonima margherita che la vittima mi porge.

Qualcosa però non quadra: la lama si sbriciola al contatto con il fiore vanificando di fatto tutta la violenza del mio colpo!

La bimba continua a porgermi il fiore mentre, incredulo, osservo la lama in frantumi.

Non capisco…com'è possibile?

Torno ad osservare la bambina…sono esterrefatto…lei rimane immobile, tranquilla.

Lentamente fa girare il fiore che tiene tra le dita.

Poi mi sorride.

Indietreggio.

E' assurdo!

Cosa diamine…?

Qualcosa mi distrae.

E' un bambino, un piccolo moccioso insignificante che mi strattona i pantaloni per attirare la mia attenzione.

Sempre più confuso mi volto e abbasso lo sguardo per osservarlo meglio mentre mi prende la mano.

Lo osservo per un istante: i suoi capelli scuri, la gioia nel sorriso e due occhi di un azzurro infinito in cui la mia anima sembra venir risucchiata.

La mia anima…ero convinto di averla già perduta tanto tempo fa…

A contatto con la sua pelle la mia mano e poi il braccio si congelano per poi staccarsi all'altezza della spalla.

Urlo:la disperata reazione di fronte all'inspiegabile!

Inorridito cerco di allontanarmi da quello strano bambino mentre la paura mi cresce dentro.

Incespico e cado.

Cerco di rialzarmi aiutandomi con l'unico braccio che mi rimane.

Non mi ero reso conto che il cielo avesse abbandonato la sua rassicurante veste azzurra per tingersi di un tetro colore scuro.

Non c'è vento eppure le nubi in cielo turbinano e iniziano a vorticare sullo zenit della grande quercia della collina.

L'orizzonte appare confuso, indefinito e vagamente acquerellato.

I bambini, quegli stupidi marmocchi che fino a poco fa volevo uccidere, mi stanno circondando.

Lentamente.

Non sembrano minacciosi…non sono nemmeno armati…potrei massacrarli anche con un braccio soltanto o ucciderli a calci se solo lo volessi…

Invece tremo e sudo in preda alla paura…

Ansimo.

Perché ho così tanta paura?

Gocce di sudore scivolano dalla mia fronte fino al suolo, un suolo arido e terroso che nulla ha in comune con il verde prato di pochi istanti fa.

Non comprendo: cosa sta succedendo?

Oramai il cerchio si è chiuso attorno a me.

Uno di loro, un bimbo castano e dagli occhi grigio-verdi si inginocchia.

E' proprio di fronte a me.

Vi è qualcosa di familiare in lui, come se il suo volto un tempo mi fosse noto…i suoi lineamenti sembrano appartenere ad un'immagine ben nota e familiare…ma ora non riesco proprio a ricordare…

Posa le sue candide mani sulle mie guance e mi fissa dritto negli occhi.

Mi sento perdere in una serenità che non ho mai conosciuto nella mia vita.

Per un istante appena ho come una fugace sensazione di benessere, come se avessi ritrovato una parte di me sepolta sotto atroci strati di macerie, perduta in paludi di dolorosi ricordi e indicibili nefandezze commesse durante la mia sterile presenza a questo mondo.

Calore…percepisco un tenue calore propagarsi dalle sue mani…come flussi di energia che si muovono dentro il mio petto impegnati in una benefica opera di ricostruzione di ciò che ho volutamente distrutto nel corso della mia esistenza.

Poi mi parla, rivelandomi la vita: “Ti perdono, anima persa! Torna, ti prego, torna alla vita!”

Nei suoi occhi una dolcezza senza fine, tracce di un amore puro e incondizionato.

Tremo e piango in preda al terrore e alla forza delle sensazioni che si agitano dentro di me.

Ma dai suoi occhi non vi è scampo.

Mi sorride mentre attorno gli altri bambini si fanno più vicini.

Tutt'attorno il mondo va via via disgregandosi, sgretolandosi sotto l'influsso di un triste maleficio.

In cielo le nubi hanno creato un gorgo che a causa della sua rapida rotazione attira a se ogni cosa, inghiottendola e trasportandola altrove.

I bambini, nel frattempo, sono sempre più vicini mentre i miei occhi vagano velocemente a destra e a sinistra, incapace di muovere il volto immobilizzato nelle mani di quello strano ragazzino dagli occhi grigio-verdi.

Torno ad osservarlo.

Ed è allora che mi uccide, concedendomi la morte in un abbraccio.

Urlo in preda al terrore mentre il mio corpo si sgretola a viene trasportato dal vento finendo per essere risucchiato dal gorgo creatosi in cielo.

Urlo e continuo ad urlare fino a che mi sveglio alzandomi dal letto e tentando di fuggire dalla mia stanza.

Corro senza pensare, senza meta, senza controllo totalmente sconvolto dalle sensazioni appena provate nel mondo del mio subconscio.

Mi fermo dopo pochi passi, respirando affannosamente, cercando con la mano l'interruttore della luce, finalmente consapevole di essere uscito dall'incubo che stavo sognando.

La luce mi riporta alla triste realtà.

I sogni sono solo illusioni.

Menzogne create dalla nostra mente.

Inutili speranze con cui avvelenarsi l'esistenza.

E' solo finzione.

Sogno come bugia, una falsa promessa.

Un inganno, solamente un inganno.

Cinicamente me ne auto-convinco: i sogni non sono la realtà.

E l'incubo di poco fa non fa eccezioni, nulla di quanto ho sperimentato è reale.

Non esiste nulla di tutto ciò.

Ma soprattutto non esiste il perdono per un assassino come me, non esiste affetto o redenzione.

E con questi pensieri mi trascino in bagno.

Mi lavo la faccia per riacquistare un po' di lucidità e, di conseguenza, quella relativa calma che l'incubo mi ha innegabilmente sottratto.

Mi asciugo e mentre abbasso l'asciugamano dal volto mi soffermo sull'immagine allo specchio.

Il viso tormentato di un assassino, il viso impaurito di un uomo dagli occhi grigio-verdi incapace di trovare in se stesso quel perdono che gli altri gli hanno già concesso.

 

Leonardo Colombi

 

 

-=Commenti ricevuti=-

 

Commenti ricevuti da Fantasy Story:

da iliannrs (08 nov 05):

Un bel racconto, di gradevole lettura. Hai un bello stile.

da anjiinsan2003 (08 nov 05):

Una storia in una storia in una storia. Inizialmente mi sembrava un horror, poi una storia salvifica , poi un incubo, come in effetti è. confesso che mi aspettavo una scena di sangue da parte di bambini-alieni che seviziano l'assassino, in una specie di legge del contrappasso. Ma il tuo racconto è più sottile.
Niente male.
Cris

da Astfelia (09 nov 05):

Un bel racconto dal ritmo incalzante, senza la conclusione salvifica che sembrava preannunciare e che sinceramente non mi sarebbe piaciuta. L'assassino esce da un incubo, ma la sua vita resta un incubo comunque. Una gradevole lettura.
Ciao,
Ast

da Hikaru Hino (11 nov 05):

Mi è piaciuto moltissimo. L'inizio è agghiacciante, con l'apparente durezza del protagonista, ma il finale...bello davvero.

da Elfwine (13 nov 05):

Ciao Leo,
la tua è una storia agghiacciante, soprattutto psicologicamente. é un mix di onirismo e psicologia umana dai risvolti certamente noir, il cui effetto è notevolmente accresciuto dall'utilizzo di periodi brevi e spezzettati, adatti a riprodurre il pensiero umano. Ed il messaggio secondo me fondamentale della storia è che, prima della giustizia ordinaria o morale, i giudici più inflessibili, spietati e rigorosi verso la nostra persona siamo noi stessi.

Commenti ricevuti da Club Poeti (novembre 2005 - gennaio 2006):

da maria:

caro leonardo, voglio essere sincera.
da un punto di vista stilistico penso che il tuo testo è troppo frammentato : non parlo solo delle frasi brevi e concise, ma dell'insieme. quell'andare sempre a capo, quello spezzare continuamente i nessi... poi il tutto diventa monotono, come il martellare di una goccia sulla pentola. proprio la notte quando vuoi dormire. se vuoi "spezzare" le frasi, devi legarle con la "musicalità" del senso.
quanto alla domanda nel tuo autocommento alla tua poesia...io penso che se scrivi di un assassino, tu lo sia effettivamente un po'. nel senso che noi siamo quello che scriviamo. dovremmo saper scrivere solo le cose che sentiamo. non dico che tu te ne vada in giro con un'ascia insanguinata, ovviamente ; dico che che quella rabbia, quella disperazione, quando scrivi (e se la scrivi), non nasce dal niente. c'è un cuore con la febbre nel tuo petto, capita a tutti. non per questo siamo assassini. benvenuto nel sito. siamo qui per imparare (ed è quello che ti auguro), con umiltà.
io penso chela tua prosa sia meglio della poesia. ma c'è ancora da lavorarci. alla prossima

da dolceglicine:

O Leonardo, ma alla tua giovane età, non potresti scrivere qualcosa di più radioso, divertente, allegro, solare?
Qualcosa che fa venire voglia di tornare ragazzi?
No?, non puoi?
Vuoi fare prosa e poesia sociale?...allora il cammino è molto arduo, mio caro!
Ti abbraccio come fossi tua madre. Ciao.

da alman:

a fatica sono arrivato alla fine, non per come è scritto, in quanto lo stile è semplice e lineare come piace a me, ma per il contenuto che definirei angosciante. La fine mi sembra un pò affrettata.
ciao

da Sally:

Nonostante la presenza di questo assassino, ho continuato a leggere... e avevo trovato bello il punto in cui ogni cosa dell'omicida si frantumava di fronte alla bellezza e purezza dei due bambini. Per me poteva essere significativo finire qui, e invece ho trovato il proseguimento pesante e forzato.
Come tipo di scrittura, è scorrevole e lineare.

da lady:

Un racconto angosciante,ma con il bisogno di tornare a rivivere i ricordi di bambino spensierato

da grigio:

"U lupu da ma la cuscienza soccu opera pensa" Questo è il giudizio che esprime Maria è che, personalmente trovo improponibile, almeno nel tuo caso. Sarebbe gravissimo. " La cattiva coscienza del Lupo agisce secondo quanto pensa" Come dire che sei un serial killer solo perchè hai saputo concepire un simile racconto. Al contrario, la grandezza di uno scrittore si legge anche nella capacità intuitiva secondo la quale riesce ad immedesimarsi nei suoi personaggi. Un grande attore viene definito tale solo quando resta segnato dalla bravura con cui ha saputo interpretare i propri personaggi. Ma ora non ti montare troppo la testa, nel senso, che pur servendoti di un linguaggio che trovo appropriato nel suo essere nervoso ma allo stesso tempo scorrevole, non sei riuscito a far venire fuori, come avresti voluto, la metafora dell'innocenza che alla fine prevale sul male. Forse a causa di una trama che sul finire risulta un pò ingarbugliata. Naturalmente, come l'ho vista io.

da ferrorosso:

tu che scrivi hai già scritto in te stesso ogni altro uomo o ,entro i confini della tua vita,ti saranno presentati un giorno dopo l'altro.Forse non ucciderai mai nessuno ma,scrivendo di un assassino avresti per lo meno dovuto uccidere il te stesso quotidiano,quello con cui convivi e convivrai anche la tua morte,non solo quella di moltissimi altri ogni giorno che tu vivi e trovi il tempo di morire.Non voglio fare paternali,ma tu come me e come gli altri siamo responsabili di tutte quelle morti di cui non sappiamo nè la faccia o il nome.Africa,ma anche America latina,Cina,India e tanti,tanti altri paesi,persino cernobil e marghera e ogni paese in cui si accumulano le scorie del nostro vivere dicendo che fuori dalla porta di cas non c'è nulla che abbia il nostro nome.Questo è il grande incubo che tutti viviamo.Ogni uomo e ogni donna è noi e viceversa.Che fare? Vivere,con pienezza e la mente in p(i)ena e dunque per parlare di assassino impara cosa significa morire di propria mano.Questo voleva dirti anche maria,capofila dei commenti.Comunque grazie del tuo lavoro,nulla va perso nè buttato.Un abbraccio

da taty82:

Il tuo racconto mi è piaciuto moltissimo,la tua tecnica di scrittura è tra quelle che adoro lineare scorrevole,con bei vocaboli non esageratamente ricercati,e trovo invece che sei riuscito molto bene a creare un pò la divisione tra bene e male,ci ho visto dentro inferno paradiso(interiori ovviamente) e un pesante ruolo della coscienza bravo davvero

 

Commenti ricevuti su scrivendo:

da Teseida (18 dic 05):

Lettura coinvolgente e piacevole,triste l'epilogo finale con l'amara constatazione del protagonista,nel leggerlo speravo nella sua redenzione e invece era solo un sogno, una bugia.Complimenti.

da jack_m (19 dic 05):

scritta davvero bene, frasi brevi, asciutta, ritmata, angosciante. l'horror non è proprio il mio genere, l'idea non è poi così originale, però è molto interessante l'introspezione psicologica dell'assassino e sicuramente è un buon racconto.

 

Commenti ricevuti su Penna d'OCa:

da Nefti (06 mar 06):

Indiscutibilmente il racconto è molto bello ma secondo me non veritiero in quanto credo che difficilmente uno spietato killer, in particolare di bambini si ponga questi problemi o si faccia venire incubi notturni. Tu invece Leonardo, hai trattato l'argomento con una sensibilità straordinaria. Questo brano è ricco di pathos e di tristezza che ti prende al cuore ma con maestria lo hai saputo rendere non angosciante, nonostante le atroci figure dell'ascia e della maglia insanguinata dell'assassino. La tua analisi è spietata ma con le bellissime descrizioni dei volti sereni e delle dolci espressioni dei bambini che lo addolciscono, l'hai resa quasi delicata nella sua drammaticità. Hai umanizzato un qualcosa di estremamente disumano. Complimenti.

 

Commenti ricevuti su Ewriters:

da daniele veroni (07 agosto 2006):

avrei preferito che avessi evitato di inserire il cliche' del brutto sogno.non e' male pero' la narrazione...

 

Commenti ricevuti su Scheletri :

da edoardo_cicali (15 ottobre 2006):

Bel racconto, quasi commovente. Ci si dilunga un po' in alcune descrizioni ma, nel complesso, ben scritto ed originale.

da gelostellato (15 ottobre 2006):

Certo che ripetere sette volte loro nelle prime righe non è proprio un buon viatico per il lettore. Qualcuno si potrebbe smaltire e uno almeno è proprio superfluo (mi avvicino a loro). Sempre all'inizio si nota una forma appesantita da aggettivi e qualche figura retorica davvero di troppo, ma è perdonabile se consideriamo che l'assassino è il narratore e potrei pensare che è un invasato che ha visto troppi film e quindi abusa di termini come "dannatamente" "minaccioso" "folle" e di quella serie di anafore con il "nemmeno" che stendono. (riguardo alla descrizione del volto, non sarebbe più logico pensare a "poche rughe e qualche cicatrice"?). Le ripetizioni di termini e l'eccesso di aggettivi stereotipati si ripetono, poi, nel resto del racconto che, quando ci aggiungiamo le figure dei bambini-spettri-coscienze o quel che è, dell'incubo-risveglio e del turbine nel cielo scuro, diventa davvero eccessivamente banale. In conclusione, per ciò che si voleva rendere (la coscienza dell'assassino) si è scelta una via non originale e una forma troppo ridondante e scenografica, che non riesce a portare il lettore in modo intimo dentro ai pensieri dell'assassino. (la scelta del presente, come tempo narrativo, non agevola a questo fine, lasciando una sensazioni di "presa diretta" che poco si addice alle riflessioni finali (comunque da salvare)

da Hnikarr (16 ottobre 2006):

C'è una retorica che taglia il respiro, ancora più pesante con una voce in prima persona: il risultato tende più alla caricatura che al coinvolgimento emotivo. Poteva essere passabile se utilizzata da un narratore esterno, ma non dal protagonista stesso: manca il necessario distacco che le avrebbe dato un suo senso. La storia si sviluppa attorno al sogno catartico del protagonista, la cui valenza non ci è però possibile valutare, dato che non sappiamo nulla sulla realtà  del protagonista stesso. La seconda parte, con il risveglio dal sogno, non aggiunge alcunché di nuovo, limitandosi a considerazioni generali e a svelarci che il bambino del sogno era l'infanzia del protagonista stesso: cosa peraltro prevedibile. Discreta l'idea del personaggio che si sgretola al contatto con gli altri, anche se ne avrei lasciato immune l'accetta (è il suo legame col mondo, no?). Poco riuscita la scena del perdono, con un retrogusto biblico, fin troppo stucchevole nella sua presentazione. Nel complesso, non si esce dal luogo comune, massiccio sia nelle riflessioni, sia nelle scene descritte.
Terribile l'esordio, con una caterva di "loro" che indispone il lettore. Frasi brevi e frammentarie, con frequenti ricorsi a periodi che definire "ellittici del verbo" sarebbe fin troppo positivo. Sono più che altro mozziconi di periodi, usati forse per creare effetto, ma con un risultato discutibile. Troppe le "d" eufoniche e i puntini di sospensione. Eccessiva è anche l'aggettivazione, che spesso ci offre accostamenti bizzarri ("atroci strati di macerie"?), alternati ad altri fin troppo stereotipati (vedi l'amore puro e incondizionato, il ghigno perfido e così via): si avverte però spesso un senso di deja -vu, nel corso della lettura. Infelice, per i motivi sopradetti, la scelta della prima persona al presente come forma narrativa, soprattutto perchè il tono generale della scrittura non la sorregge a dovere, privo della spontaneità  necessaria in una cronaca diretta. Attenzione poi alla punteggiatura, per quel poco che è possibile usarne in un racconto così frammentario: periodi come " Urlo e continuo ad urlare fino a che mi sveglio alzandomi dal letto e tentando di fuggire dalla mia stanza" avrebbero bisogno di una bella risistemata e di qualche virgola.

da kadath (16 ottobre 2006):

Il racconto parte bene, crea un po' d'attesa, ma poi scade decisamente d'interesse con l'andare del testo, rifugiandosi in ambienti di sogno-realtà e infanzia-presente che si leggono in ogni dove. Cambierei anche qualche frase fatta, ce ne sono alcune un po' scontate e che aggiungono poco al testo ( "I sogni sono solo illusioni. Menzogne create dalla nostra mente." esempio, ma ce ne sono altre). Alcune frasi, come "non esiste il perdono per un assassino come me" (e anche il titolo del resto), dicono chiaramente che il protagonista è un assassino, quindi il finale non lascia adito a dubbi, nonostante il suo carattere un po' nebbioso. Forse nel sogno c'è anche qualche altra allegoria che non ho colto, oltre a quella del rimorso e dell'innocenza perduta, in ogni caso non tutte le parti del sogno sono funzionali alla trama.

da McNab (18 ottobre 2006):

Secondo me (come ha già  detto qualcuno) il racconto ha un grave difetto di fondo: una retorica ridondante. Quasi tutto si gioca su questo, probabilmente in modo involontario, ma alla lunga diventa pesante. Di fondo il pezzo non è male, anche se per giocare sulla psicologia del protagonista dovremmo sapere qualcosa di più sul suo conto. Il "sogno" in se funziona abbastanza bene, anche se punta forse un po troppo al pietismo, al concetto "religioso" di perdono.
La scelta di frasi brevi risulta particolarmente azzeccata, in risultato mi sembra buono. Ci sono degli errori stilistici abbastanza fastidiosi, come diverse "d" eufoniche.

da waltereno (18 ottobre 2006):

Il titolo dice già  tutto e il racconto, seppur scritto in forma corretta (ma con una noiosa abbondanza di aggettivi e ridondanze), non lascia spazio ad altro. L'inizio potrebbe essere interessante, ma è veramente troppo lento, così lento che il protagonista sembra non arrivare più al campo giochi. Ho notato anche che c'è un vano tentativo dell'autore di costruire il mostro a tavolino, impresa non riuscita a mio avviso, anche perché appare fin da subito una trovata artificiosa e poco credibile. Anche la metafora del fiore che distrugge l'arma del mostro, mi sembra poco adatta allo scopo. Chi vince in questo caso, la coscienza? Un'infanzia turbata? Il sogno subentra relegando una vicenda a una mera visione onirica, così si perdono anche i legami con la vera storia del mostro, e non si capisce se sia solo un assassino accidentale, uno spietato serial killer, oppure un aspirante, in qualche modo bloccato dalla sua stessa coscienza. Mi sembra che manchi qualcosa, non tanto perché non è stato scritto (sono state usate anche fin troppe parole), ma per come è stata architettata sul piano narrativo tutta la vicenda. Con meno aggettivi e meno pretese di ricreare la paura del mostro (la nostra e la sua), si otterrebbe un raccontino meno complesso, più umile, e quindi sicuramente più piacevole da leggere, anche mancando di una vera e propria componente horror a insanguinare la vicenda.

 

 

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