Il semaforo di un rosso arrogante osserva in silenzio la città di notte.
Il motore dell'auto ferma borbotta come una suocera in attesa che scatti il verde della libertà.
Poco distante, ai margini della strada, un poliziotto in uniforme blu scuro osserva quel veicolo solitario: malgrado il suo volto non lasci trapelare alcunché, qualcosa sembra aver catturato la sua attenzione.
La donna al posto di guida regge stancamente una sigaretta tra le dita della sinistra che sporge appena dal finestrino. Ormai è poco più di un mozzicone quando, improvviso, scatta il verde.
Un'ultima boccata di fumo, quasi fosse l'ultima occasione di respirare prima del nulla, e poi la partenza a tutta velocità.
Nell'aria solo quel singolo mozzicone bruciato: una serie di rapide evoluzioni - ma lente agli occhi del poliziotto che ne segue ogni movimento - fino a che non tocca il suolo cementato.
Rimbalza e rotola per un poco.
Sul volto del tutore della legge un'espressione di sdegno furioso mentre stringe le mani fino a farsi sbiancare le nocche.
Qualche istante dopo…
L'auto sbanda per pochi attimi, una curva presa un po' bruscamente e senza decelerare. Poi, abilmente, la donna riprende il controllo del veicolo che torna a muoversi agile sulla strada proseguendo di gran carriera, ben al di sopra dei limiti di velocità imposti dal codice stradale.
Ma non può fare altrimenti.
Corre, anzi fugge, con altre due persone a bordo.
Dal sedile posteriore il ragazzo osserva con apprensione e crescente preoccupazione il loro inseguitore. Implacabile e impassibile, li sta inseguendo a piedi già da qualche centinaio di metro. Sembra non risentire minimamente dello sforzo e i suoi movimenti sono ancora rapidi, equilibrati, formidabili.
La distanza che lo separa dalla macchina viene lentamente colmata.
“Accelera! Ci sta raggiungendo! Più in fretta, più in fretta dannazione!”
La donna al volante allora sposta lo sguardo sullo specchietto retrovisore: due occhi temerari, duri osservarono il riflesso di quello strano poliziotto che li insegue.
Non dice nulla: né un commento né un'imprecazione esce dalla sua bocca. Solo un'espressione seria e decisa mentre inserisce la quarta e pigia l'acceleratore fino in fondo.
Al suo fianco, sul lato passeggero, una figura massiccia completa il terzetto.
Ha il fisico scolpito di un guerriero, i lineamenti rudi di un soldato, i lunghi capelli biondi fino alle spalle. Sulla mascella e sulle guance una barba appena visibile. Osservandosi attentamente su di un piccolo specchietto portatile, verifica il fondo tinta sulle guance e lo stato del lucidalabbra coi brillantini. Poi, lo richiude con delicatezza e lo ripone nella sua borsetta in finta pelle di leopardo.
“Stai più attenta per favore! Con quella curva di poco fa per poco mi rovinavi il trucco!”, si lamenta con una voce dolcemente metallica. A causa della bruca manovra di prima, poiché teneva la mano appoggiata alla guancia nell'osservare l'orizzonte con aria sognante, aveva rischiato seri danni al volto.
“E sta un po' zitta, sgualdrina robotica!” la successiva e furente risposta della donna al volante ai danni del cyborg T-Cinzia (*).
Dietro di loro, il poliziotto li sta ormai raggiungendo. Il ragazzo lancia un urlo mentre lo osserva mutare le proprie mani in lame affilate!
“Te l'avevo detto di non gettarla! Te l'avevo detto, dannazione! Ora ci farà a pezzi, ci ucciderà tutti!”
La disperazione è più che evidente nella sua voce, il timore di morire, di non riuscire a sopravvivere a quell'inseguimento.
Li avrebbe inseguiti anche per tutta la vita, se necessario: era evidente dall'espressione implacabile di quel volto perfetto e dalle voci che circolavano su di lui.
Nessuno è mai sfuggito all'Eco-terminator della zona Est!
O per lo meno non dopo aver gettato i mozziconi accesi di una sigaretta dal finestrino proprio di fronte a lui!
(*) : qualche cenno sul modello T-Cinzia : si tratta di un cyborg costruito in massa negli anni dell'olocausto nucleare avvenuto nel Rat-verso durante i saldi di fine inverno del 2010. Originariamente venne costruito per condurre e vincere la guerra delle macchine contro gli umani. Successivamente il suo firmware venne aggiornato per essere impiegato tra le forze di sicurezza all'uscita degli stadi di calcio o come operatore di call center. Precario. Purtroppo, in alcuni casi l'aggiornamento ebbe imprevisti e nefasti esiti negativi creando dei cyborg con seri dubbi di identità sessuale e inclini a viaggi temporali con la solita scusa del: “torno indietro nel tempo a proteggere il leader della resistenza umana e a fare incetta di quelle splendide borsette che ora non si trovano più nei negozi ma che negli anni Novanta andavano così di moda. Non aspettatemi per cena, ok? Ah, un consiglio spassionato: meglio l'uniforme militare che mette in risalto il mio pacco bionico e che al contempo mi conferisce un'aria letale oppure un più casto viaggio nel tempo con solo la mia pelle artificiale a coprirmi casomai mi capitasse di ritrovarmi nel bel mezzo di un'orgia… Come? Dov'è che devo andare?”
Leonardo Colombi
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