65. Un barcone chiamato speranza

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[29 settembre 2004 : questa composizione è del 13 settembre scorso. Trae spunto da alcune notizie di cronaca. Regolarmente giungono sulle coste italiane grandi barconi e battelli di immigrati clandestini provenienti dal nord Africa. Alle volte questi viaggi della salvezza si trasformano in tragedie: affondamenti, viaggi alla deriva…Le persone che cercano una vita migliore sono troppe e sono costrette a viaggiare stipate in pochissimo spazio. A volte poi vengono sorpresi dalle navi di pattuglia della marina e, i criminali che gestiscono il traffico di clandestini, se la svignano lasciandoli soli. Questa poesia tratta di questo, di un viaggio verso la speranza finito male. Mi viene da riflettere su di una cosa: perché per fermare questo traffico di clandestini non si è intervenuti, tramite l'ONU o la NATO, direttamente nei paesi di origine dei clandestini? Perché si è preferito invece, ad esempio, prendere accordi con Gheddaffi, una sorta di dittatore salito al potere della Libia con un colpo di stato? Sarebbe stato differente se la Libia avesse il petrolio? L'avremmo attaccata con la scusa di portare la pace e la salvezza, come è successo in Iraq e in Afghanistan? Come sempre i miei rimarranno vuoti interrogativi: nella realtà, a farne le spese, è sempre la gente comune. Buona lettura.]

 

 

-=Un barcone chiamato speranza=-

 

Si mescolano

Con l'acqua del mare

Le mie lacrime amare.

Annaspo e affogo

In queste acque impietose .

 

Nel buio del mare

Finisce

il mio viaggio della speranza.

 

Non sono solo:

condivido la sorte

dei miei sfortunati fratelli.

Eravamo troppi.

Il barcone insufficiente.

I nostri angeli falsi

Sono già fuggiti.

Arriveranno tardi

Gli uomini della legge

italiani.

 

Siamo poveracci

Che muoiono nel buio.

 

Piango

Mentre muoio

sulla strada della speranza,

sulla strada

del paradiso europeo.

Non dovevo credere

Alle loro false promesse:

raggiungere l'Italia

sarà la tua salvezza.

 

Piango per me stesso

E la miseria che abbandono.

Piango soprattutto

Per la mia famiglia.

 

Ho speso tutto

Per un posto nell'arca…

la patria della speranza

sarebbe stata l'occasione:

avrei guadagnato molto

e li avrei strappati

dall'opprimente miseria.

La fame

Sarebbe diventata un ricordo.

Mai più la miseria.

Mai più la carestia.

Mai più le malattie.

Mai più

Avrei pianto

Per un figlio morto…

 

Questo barcone era l'arca…

Che stupido!

E' divenuto la mia condanna!

Non dovevo fidarmi

Di chi commercia schiavi!

Sono stato cieco…

Quanto sono stato stupido…

Perdonatemi!

Perdonatemi figli miei

Per la fame che verrà…

Perdonami,

perdonami amore mio:

ti lascio contro il mondo,

ti lascio sola nel bisogno,

ti lascio sola nella miseria…

 

Annaspo e affogo

Nell'acqua scura del mare…

Vedo

delle luci in lontananza…

Arriveranno tardi:

ormai non ci riesco..

molte voci

sono ormai silenzio.

I miei muscoli

Non resistono allo sforzo…

Sono molte ore oramai

Che mi aggrappo alla vita.

 

Poi

mi accolgono

le profondità del mare.

 

Sono morto

Sulla strada della salvezza.

 

 

Leonardo Colombi

 

 

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