02. Un bimbo alla stazione

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[Datata 16 gennaio 2002, scritta su di un foglietto arancione. L'ho scritta dopo aver assistito ad una scena che molto probabilmente non è niente di che. Stavo semplicemente andando a prendere il treno, quando tra la folla due persone mi hanno colpito: un bimbo e il suo papà. Il bimbo zoppicava e avanzava a fatica, dubito fosse una cosa temporanea: credo avesse dei problemi alle gambe legate a qualche malattia o malformazione. Andavano anche loro a prendere il treno. Mi hanno fatto davvero molta tenerezza. Ho pensato a quel bambino e al suo papà per quasi tutta la giornata e ancora adesso, ogni tanto, ci ripenso. Chissà cosa può voler dire non poter camminare normalmente, non poter correre e giocare come tutti gli altri, avanzare a fatica laddove gli altri ragazzini sembrano volare…Chissà cosa vuol dire veder il proprio figlio soffrire per una propria malformazione ma non poter far nulla per farlo sentire più normale, più uguale agli altri, per vederlo correre insieme agli altri in un campo da calcio…Io di certo non lo posso sapere, ma posso cercare di immaginarlo. Magari il bimbo e la sua famiglia ormai non si pongono nemmeno il problema, si sono abituati, magari sono più felici di quel che penso, magari vado a rattristarmi per delle cose senza senso, ma aver visto quel bimbo mi ha messo dentro una gran rabbia. Possiamo fare tutto o quasi con la scienza, ma la gente soffre ancora: che cos'è il dolore? Perché c'è il dolore? Il dolore rende forti, sempre, anche se non ce ne accorgiamo. Il dolore ci fa apprezzare la gioia,la felicità, la serenità e le persone che amiamo. Ma a nessuno augurerei il dolore, qualsiasi dolore, e spero che la vita mi offre quante più occasioni possibili di affievolire il dolore degli altri. Lo spero, perché non voglio veder più nessuno soffrire, soprattutto chi è senza colpa.

Questa poesia la dedico a tutti color che soffrono o hanno sofferto: e con loro mi scuso se per loro non faccio o non ho mai fatto abbastanza.]

 

 

 

-=Un bimbo alla stazione =-

 

In stazione

Ho visto un bimbo:

era con il suo papà.

Camminava tenendogli la mano,

portava una borsa,

il suo papà una valigia.

Camminava a fatica:

soffrivano i suoi occhi azzurri,

soffriva per problemi alle gambe.

Attorno l'indifferenza.

Nella mia mente una domanda:

Perché?

Cos'è il tuo dolore,

mentre ridono gli altri?

Cos'è la tua solitudine

Nel silenzio della folla?

Cos'è la tua vita,

nell'immensità dell'oceano?

Tutto è collegato

Eppure senza senso.

Eppure ora capisco

Che non appartengo all'indifferenza

Che regna attorno.

Non più.

 

 

Leonardo Colombi

 

 

 

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