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Atteggiamento

 


Cosa sono gli atteggiamenti

Gli atteggiamenti sono valutazioni positive o negative di un oggetto, sono composti da:

- elementi cognitivi, ossia convinzioni, credenze, pregiudizi e conoscenze sulla facilità di alcuni studi, la prestigiosità di alcune carriere, ecc.
- elementi emotivi, anch’essi basati su pregiudizi e stereotipi, come l’interesse verso un settore, o anche la noia o la fatica evocate da determinate professioni
- elementi conativi, cioè volontà di azione, modi di intervenire, comportamenti in cui si affronta preferibilmente un situazione o un argomento

L’atteggiamento è quindi una valenza, positiva o negativa, verso un oggetto.


Come si formano degli atteggiamenti

Un atteggiamento favorevole o sfavorevole si forma con la soddisfazione di un bisogno. I bisogni dipendono dalla personalità, ad esempio la valutazione positiva di un comportamento sportivo, di un hobby, di una moda, può essere dovuta a un bisogno di affiliazione che quella oggetto consente di soddisfare. Oppure, persone depresse tendono a valutare positivamente le professioni di aiuto perché in questo modo si sentono utili, oppure, negli studenti appena diplomati, la scelta di una facoltà prestigiosa può soddisfare una motivazione di compiacimento verso i genitori.


Da cosa dipende la stabilità degli atteggiamenti

1. Multilateralità, ossia da quanti elementi, di natura cognitiva, emotiva e comportamentale, compongono l’atteggiamento. Un atteggiamento è isolato se composto da un solo elemento, ad esempio l’attrazione verso la dalla carriera di avvocato solo perché si guadagna bene.

2. Coerenza tra elementi cognitivi, emotivi e comportamentali, se cioè sono tutti positivi o tutti negativi, a meno che non abbiano subìto un effetto artificiosamente omogeneizzante. Infatti, ogni elemento discorde rischia di venir forzatamente conformato alla tonalità generale (teoria dissonanza di Festinger). Ad esempio, è coerente un atteggiamento positivo verso la carriera di medico se si pensa all’aspetto del guadagno, del curare i malati, dell’avere un parente con uno studio già avviato e in cui quindi ci si potrebbe inserire. Un utile esercizio per valutare l’intensità dei propri atteggiamenti è quindi quello di enumerane tutte le componenti che lo compongono, contarle e valutare quanto sono coerenti tra loro. Ma enumerando anche le note negative e rendersi consapevoli dello sforzo per espungerle o conformale artificiosamente alla tonalità positiva, pur di preservare un quadro coerente.

3. Interconnessione, ossia quanto sono interconnessi o isolati i vari elementi dell’atteggiamento. Un eccesso di interconnessione è dannoso perché crea un’ideologia, ossia un sistema di credenze molto resistente al cambiamento, anche quando esposto a informazioni contrarie (teoria dell’equilibrio di Heider).

4. Numero dei bisogni soddisfatti e relativa priorità. Un atteggiamento è stabile se soddisfa numerosi bisogni e se tali bisogni sono gerarchicamente importanti per la persona. Se si ambisce a una professione cui si guadagna bene, l’atteggiamento verso la professione di medico sarà stabile, a meno che non cambi la gerarchia dei bisogni e guadagnare bene non è più prioritario, per cui anche l’atteggiamento verso la carriera di medico non sarà più così positivo.


Da cosa dipende il cambiamento degli atteggiamenti

Gli atteggiamenti cambiano quando:

- si possiedono informazioni aggiuntive
- cambiano le motivazioni del comportamento, ad esempio quella affiliativi: cambiano i gruppi di riferimento o si attenua con la crescita e l’indipendenza il condizionamento esercitato da genitori e cultura locale
- erano determinati da una moda passeggera o soddisfacevano pochi bisogni e non prioritari.


Il cambiamento degli atteggiamenti può essere congruente o incongruente

- Congruente se si accresce la valenza, per cui un atteggiamento positivo diventa più positivo: gli atteggiamenti hanno la spontanea tendenza a intensificarsi.
- Incongruente se c’è una conversione da positivo a negativo. Questa è una circostanza molto più rara, in genere dovuta ad atteggiamenti motivati da mode, come il voler diventare un cantante perché colpito dal successo di un giovane cantante.


In che misura le informazioni fanno cambiare gli atteggiamenti

E’ più facile farsi un’opinione che cambiarla. Per cambiarla occorre indebolire le resistenza che la mente oppone per difendere la sua stabilità. Cambiare opinione significa rompere un equilibrio, cadere nel caos e dover faticosamente ricreare un nuovo equilibrio. Una volta creata un’opinione, la mente si affezione ad essa e cerca in tutti i modi di preservarla.

Non basta quindi incrementare la quantità di informazioni su un dato argomento per cambiare opinione su quell’argomento, perché la mente non è permeabile a tutte le informazioni, non è predisposta a riceverle tutte indistintamente. Seleziona solo quelle che confermano l’opinione che già si possedeva su un argomento e non si fa condizionare da quelle contrarie. E’ più facile quindi cambiare opinione in senso congruente che incongruente: quando si ha un’opinione positiva su un argomento, aumentando le informazioni su quell’argomento, l’opinione tende a rafforzarsi e a diventare più positiva, oppure, se negativa, tende a diventare più negativa.

Spesso ci si irrigidisce su una posizione, ci si fissa su una scelta che si vuole effettuare, ma che spesso non è realistica, non è libera perché frutto di condizionamento o mode transitorie, e sarebbe opportuno cambiarla, ma la mente tenderà a preservarla, quindi anche se ci si espone a informazioni che ne discutono l’attendibilità, che evidenziano come sia inopportuna, la mente si irrigidisce ulteriormente, si oppone cercando argomentazioni a proprio sostegno.

È più facile che si compia una scelta ottimale, che si agisca con equilibrio, se si parte da una posizione di neutralità piuttosto che da una posizione già molto marcata, sia in senso negativo che positivo.

Quando si hanno le idee troppo chiare

Si può tendere a fissarsi su una posizione, convincersi che sia quella giusta, e si cercano inconsciamente conferme alla sua validità, cercando anche esempi e dimostrazioni. Spesso si cade in posizioni rigide e intransigenti anche per la confusione indotta dall’alto numero di opzioni, confusione che rende più seducibili da mode e predispone verso soluzioni-ancoraggio a cui aggrapparsi per uscire da un caos intollerabile.

In altri termini, ad esempio, le posizioni di partenza di tipo marcatamente negativo, che mirano a escludere categoricamente un’ipotesi, possono derivare da una dinamica difensiva dovuta a un bisogno di sicurezza. In questo caso per cambiare opinione o renderla più realistica occorre riflettere sul proprio bisogno di sicurezza.

In sintesi, la quantità delle informazioni non è sufficiente a cambiare atteggiamento, le informazioni sono filtrate emotivamente e si tende a coglierne gli elementi più suggestivi o quelli in linea con atteggiamenti pre-esistenti.


Quando gli altri cercano di cambiare i nostri atteggiamenti

Quando un altro tenta di spiegare razionalmente a noi stessi l’inopportunità di un atteggiamento, può scatenare atteggiamenti rigidi e difensivi, come accade, ad esempio, quando si tenta di convincere un accanito fumatore a togliersi il vizio perché fa male alla sua salute, oppure quando si spiega a un figlio neodiplomato con argomenti razionali che la scelta di una facoltà letteraria è sconsigliata a causa di una scarsa ricaduta occupazionale. Ciò tende a scatenare una rabbiosa irrigidimento difensiva che, nel caso del fumatore accanito, porterà ad irritazione e difesa della propria legittimità a "farsi del male", nel caso dello studente con velleità artistiche, si rivelerà attraverso l'idealizzazione della carriera e la tendenza a ribadire di essere portato verso quegli studi e di avere una vocazione e una passione che consentirà di superare gli ostacoli.

Cambia inoltre la sensibilità verso le fonti di informazione: persone più colte tendono ad attribuire più credibilità a quelle scritte, lette su giornali o siti di settore, mentre quelle meno colte tendono a reperirle e ad affidarsi a quelle televisive. Si è più sensibili anche verso informazioni che la persona cerca attivamente piuttosto quelle passivamente ricevute.

L’influenzabilità

Verso le informazioni in entrata, la persona effettua una comparazione per misurarne la conformità alle aspettative e alle convinzioni del suo gruppo e la loro eventuale approvazione. Visualizza come reagirebbero genitori, colleghi, amici alla sua scelta, o altre figure di riferimento.

Negli adolescenti, è forte la motivazione affiliativa, per cui si tende a compiere scelte sia conformi all’immagine che gli altri hanno di sé sia a seguire amici nelle loro scelte. Spesso infatti, cambiando ambiente cittadino e sociale, anche l’intensità dell’affiliazione viene meno poiché cambiano le persone di riferimento e le scelte effettuate vanno incontro ad un ripensamento. I genitori continuano ad esercitare influenza sulle scelte, anche in modo informale, quindi capillare e frequente, facendo commenti in diverse occasioni sull’appetibilità di varie carriere e creando aspettative che il figlio sente poi di dover soddisfare. Inoltre non hanno dati sullo stile cognitivo dei figli che non siano desunti dai voti scolastici. Così come gli insegnanti non hanno dati consistenti sugli aspetti psicologici e sociali degli studenti. Gli insegnanti hanno inoltre un quadro limitato delle potenzialità cognitive degli alunni, nonostante la quantità di tempo trascorso in aula, perché ciascun insegnante privilegia una modalità di pensiero e l’esposizione sistematica ad un solo tipo di compiti cognitivi riduce e limita angustamente la possibilità di differenziarsi in base alle proprie potenzialità e preferenze. Gli insegnanti mediano l’approccio a una disciplina: spesso, ad esempio,studenti non si orientano verso facoltà scientifiche a causa di un conflittuale rapporto stabilito con la matematica; gli insegnanti per gli studenti sono “altri importanti” e il loro giudizio è importante ai fini della scelta ed anche i loro giudizi, benché limitati alla prestazione scolastica, sono vissuti dagli studenti in modo estremizzato e globale, come valutazioni riferite all’intera persona, hanno quindi il potere di abbatterli o di esaltarli.

La personalità

E’ formata da tratti stabili che concorrono alla soddisfazione dei bisogni attraverso cui si formano gli atteggiamenti. Il concetto di sé è composto non tanto da quello che si è, ma da quello che gli altri significativi pensano che noi siamo, cioè è l’immagine sociale di sé, costruita e costituita dalle aspettative e dai giudizi delle persone di riferimento, e spesso ci si attribuisce capacità in base a ciò che si è fatto e a ciò che ha ricevuto l’approvazione degli altri importanti. Quindi più che quello che si è, è importane quello che si pensa di essere, che si vuole diventare, che si pensa di diventare e di poter diventare. Le proprie scelte, lavorative, affettive, sociali, rischiano per questo spesso di ridursi a un processo di conferma dell’immagine di sé, a un’ufficializzazione di sé davanti agli altri, per questo è utile riflettere sul contesto socio-ambientale e gruppale per tenere sotto controllo i condizionamenti subdoli e la motivazione all’affiliazione o alla compiacenza.
 

 

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