IL DUBBIO |
Art Cramer non aveva mai avuto un attimo di incertezza nella vita. Questa sua meravigliosa facoltà gli fece superare in poco tempo ogni ostacolo e raggiungere la posizione prestigiosa e invidiata che attualmente occupava. Era il consigliere di fiducia del Presidente degli Stati Uniti d’America e le decisioni che questi, grazie al suo prezioso contributo aveva preso nel corso dei loro frequenti colloqui privati nel gabinetto presidenziale, avevano indubbiamente influito moltissimo sulla vita della nazione. – “Art, non so cosa farei senza di te” – gli aveva detto il Presidente al termine del loro ultimo incontro. La risposta di Art non si fece attendere e come al solito fu crudelmente sincera “Probabilmente adesso non avrebbe tutti i consensi che la sua politica ha guadagnato nel corso del suo mandato.” La sua schietta affermazione tuttavia non urtò la sensibilità del Presidente. Ai suoi occhi, Art era insostituibile proprio per questa sua capacità di razionalizzare e sintetizzare ogni cosa senza minimamente badare ai fronzoli. Inoltre, cosa anche più importante, Art Cramer era incapace di mentire. La cosa che però il Presidente ignorava era che la sua domanda retorica, nella mente logica e analitica di Art generò automaticamente una seconda domanda: “Cosa farei io, senza il Presidente?” Fu in effetti una domanda razionale, frutto di una mente razionale e l’eccezionale elasticità intellettiva di Art cercò di riflesso alla domanda una plausibile e altrettanto logica risposta. Il risultato lo sconvolse. Per una mente come la sua fu un colpo terribile, brutale: per la prima volta nella sua vita non riuscì a trovare una risposta certa o sufficientemente logica.
- “ Che succede Art, stai poco bene?” – aveva detto il
Presidente. Guidando la macchina verso casa Art non riusciva a fare a meno di pensare a quella domanda. “Cosa farei io senza il Presidente?” Il suo cervello l’aveva formulata come riflesso condizionato a quella del Presidente ma era pur sempre una domanda e girandola e rigirandola nella sua mente, soppesandone il contenuto si accorse sgomento che la sua risposta, quale che fosse stata avrebbe dato senso a tutta la sua vita passata, presente e futura. Lui
aveva avuto un dono inconsueto, più unico che raro e questa sua
particolare capacità lo aveva aiutato a conquistarsi una posizione,
un potere in un certo senso…anzi, sicuramente superiore a quello
dello stesso Presidente. Da quanto faceva quel lavoro? Praticamente da
sempre. Consigliere di fiducia del Presidente. Quanti ne aveva visti
succedersi in quella stanza? Quanti ne aveva visti sedersi su quella
poltrona rovente smarriti alcuni, risoluti gli altri ma tutti con la
stessa esaltazione nell’occupare una posizione nel mondo riservata a
pochi, tutti con la stessa paura più o meno manifesta di non essere
all’altezza del compito assegnatogli. Art si era ormai abituato a
risolvere quesiti e problemi difficili di economia e di politica, a
trovare le soluzioni migliori con un semplice ragionamento. Quella
finora era stata la sua vita, che d’altra parte amava. In realtà
non ne conosceva una diversa. Ma con quella maledetta domanda era
giunto il momento che aveva sempre temuto: “Cosa farei io senza il
Presidente?”. “Cosa
farei io senza il Presidente?” Quella
notte non dormì. Continuò a girarsi e rigirarsi nel letto, sudato e
gemente. Il mattino lo trovò distrutto. Si alzò strascicando i piedi e si piazzò davanti allo specchio pregiato della sua camera da letto. Aveva due enormi borse sotto gli occhi arrossati. Era caduto in una crisi che lo avrebbe perduto, se non fosse riuscito subito a risolverla. – “Una risposta, una risposta logica, sufficiente per dare scacco matto al Dubbio.” Si sciacquò la faccia e telefonò alla Casa Bianca. Avvisò la sicurezza che quel giorno non sarebbe andato al lavoro per motivi di salute. Si vestì in fretta e uscì. Camminando senza meta per le strade semideserte si accorse che era prestissimo: le cinque e mezza. Cercò un bar e ordinò un caffè. Rimase seduto al bancone fino a quando non vide il locale cominciare ad affollarsi, poi uscì nuovamente. Si fermava ad ogni vetrina guardando le cose esposte e osservava il riflesso delle sue labbra sul vetro che formulavano in continuazione la domanda che lo torturava, quasi a cercarvi un qualcosa che potesse aiutarlo. Sostò
davanti a una scuola, attirato dal chiasso dei bambini che giocavano e
si rincorrevano nel
cortile prima dell’inizio delle lezioni.
L’uomo alla guida del mezzo cercò inutilmente di intavolare una
conversazione con Art che lo ignorò completamente, eccitato ma anche
soddisfatto della sua idea. Adesso se non altro, aveva i mezzi per
poter rispondere alla sua domanda. Aprì
di scatto la porta: il Presidente alzò la testa e lo vide. Impallidì
quando vide che l’uomo che gli stava davanti impugnava una pistola
puntata contro di lui. Lo
portarono via. Il Presidente lo osservò attraverso le tendine della
finestra salire con gli agenti sull’auto che lo avrebbe riportato
alla Fabbrica. Si
risedette con un sospiro alla scrivania e guardò con una certa
preoccupazione i documenti che aspettavano la sua approvazione. Poi,
con una alzata di spalle, sollevò il primo fascicolo e cominciò a
lavorare. Per la prima volta, da solo. |
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