LO STESSO MONDO |
Ormai
tutti la conoscevano per questa sua caratteristica che la distingueva
abbastanza dalle altre e dagli altri in genere. ogni tanto sentiva il
bisogno di isolarsi in un posto tranquillo ma che le permettesse di
osservare quanto accadeva intorno a lei. Si era chiesta più volte
cosa diversificasse questi vocaboli: pensare, riflettere, meditare,
fantasticare…non trovava risposte, lei faceva tutto questo insieme;
per lei voleva dire un’unica cosa: lasciarsi guidare dalla mente
senza porre limiti alla ragione.
Era amata da tutti forse proprio perché era sempre disponibile
ad ascoltare. La giudicavano l’ascoltatrice per eccellenza, non
aveva preconcetti o pregiudizi. Stava ad ascoltare in silenzio e con
attenzione ogni storia e senza mai giudicarli li aiutava a
“districarsi “ dai problemi del momento. Questo a lei non pesava
anzi, provava piacere perché le permetteva di conoscere e verificare
i diversi caratteri dei suoi simili, di conoscere le varie psicologie,
i diversi comportamenti di fronte alle stesse circostanze di
vita. Non
che fosse però sempre così seria e profonda. Le piaceva anche
divertirsi e scherzare. Era sempre la prima quando si dovevano
organizzare scherzi e festeggiamenti, burlona e simpatica, dolce e
sensibile, bella e amata, insomma quasi perfetta eppure… Eppure
c’era in lei un velo di malinconia che solo i più sensibili
riuscivano a notare e che lei aveva volutamente ignorato fino a che
aveva potuto. Per questo appena poteva, si rifugiava su quel sasso e
all’ombra di un cespuglio, osservava.
Era affascinata dalla vita frenetica dei suoi simili. Andavano
e venivano senza neanche guardarsi in faccia, unico e comune obiettivo
era quello di portare a casa il pane quotidiano a qualsiasi costo.
Questo era il principio fondamentale della Comunità: la soddisfazione
del bisogno primario della sopravvivenza e questo lei proprio non lo
mandava giù. La vita per lei non era solo guadagnarsi da mangiare e
addormentarsi contenti di essere arrivati alla sera. C’era
dell’altro, ne era sicura. Era
triste perché negli ultimi tempi le ombre e le distruzioni erano
sempre più frequenti, si vociferava che la FINE fosse imminente ma
era pur vero che suo nonno le aveva raccontato che da sempre era così.
Il loro destino era quello, vivevano sempre con il rischio e la
consapevolezza che potesse essere il loro ultimo giorno di vita. Ogni
volta che suo padre e sua madre uscivano per andare al lavoro
abbracciavano lei e i suoi fratelli come se fosse un addio e lei era
rassegnata a questa condizione, diciamo
che per la sua razza la rassegnazione era la caratteristica principale
oltre la laboriosità. Tra tutti i mondi e le razze esistenti
certamente la loro era quella che lavorava di più. Ma lei sentiva che
c’era altro. Era sicura che non nascevano per lavorare,
mangiare, proliferare
e basta. Lei sentiva che oltre a procurarsi il cibo, potevano,
dovevano fare altro. Quante volte, ascoltando
il cinguettio degli
uccelli aveva immaginato di riprodurlo; a volte le sembrava di udire
rumori diversi composti tra loro in un unico suono così delicato da
provocarle brividi lungo il suo corpo. E poi avrebbe voluto tanto
scrivere i suoi pensieri e lasciarli leggere a chi sarebbe venuto dopo
di lei, magari ai figli
dei suoi figli, a tutti
coloro a cui lei non avrebbe potuto raccontarli di persona così come
aveva fatto suo nonno con lei. Ecco, trovare un modo di tramandare i
racconti, le esperienze di vita e i pensieri anche senza esserci. Fare
in modo che i successori potessero sapere di lei senza averla mai
conosciuta. Ma
queste forme di comunicazione di sentimenti ed emozioni non trovavano
riscontro con gli altri. Per questo si sentiva diversa. Certo la PAURA
era l’unica emozione che univa tutti. In
ogni famiglia quasi ogni giorno c’era un lutto dovuto alle ombre,
così era morto suo nonno e sua nonna e molti suoi parenti. Ma del
resto ogni razza aveva un destino di morte. Il ciclo della vita era
uguale per tutti. Anche le ombre ne avevano uno, solo che era molto più lungo rispetto al loro ed era vario,
loro avevano tantissimi modi diversi per morire.
Certo
lei era contenta di vivere nel suo mondo, aveva conosciuto tante razze
e popolazioni diverse e non avrebbe mai
scambiato la sua,
anche perché fisicamente considerava le altre,
tutte razze di mostri o perlomeno la
maggior parte. Alcune creature somigliavano
fisicamente a loro questo si ma
altre erano così diverse che si chiedeva spesso
come potessero svolgere le loro stesse
funzioni e soprattutto se dentro quei loro strani
e a volte orribili corpi nutrissero sentimenti ed emozioni.
Chissà se provavano amore, allegria, tristezza. Chissà se
conoscevano la PAURA!! Vide
le sue colleghe che giungevano a chiamarla e fermò i suoi pensieri
adoperandosi per scendere dal suo rifugio. Non vide la piccola zona
scivolosa del sasso e ruzzolò giù rotolando su se stessa fino a
finire per terra davanti alle sue amiche accorse per soccorrerla. ─
“Ti sei fatta male Karin?” – le chiese Glade – “No
grazie! Lo sapete che sono abbastanza “corazzata” . Le mie forme
che piacciono tanto ai maschi a volte sono utili anche per noi. ─
“Hai ragione!” – Le rispose Glade – “Sarà per questo
che ci chiamano FORMICHE?”
E insieme
scoppiarono a ridere. |
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Bruna De
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