ESSI SONO IN MEZZO A NOI
di

Lorenzo De Marco

 

   
  Odori di disinfettanti e di morte si mescolavano nell’obitorio dell’ospedale di Canterville. Il capitano Houges arricciò il naso e starnutì. Il suo assistente, il tenente Gioberti restò immobile di fronte al suo superiore. Houges, con il naso nascosto nel fazzoletto fu tentato di ridere ma si trattenne. Intanto, l’infermiere che li aveva accompagnati era sparito lasciandoli soli.

  - "Non è certo il posto in cui preferirei stare."
  - "Sissignore."
  Houges si strinse nella spalle. Il tenente Gioberti era uno di quegli uomini impassibili e tutti di un pezzo che rappresentavano l’orgoglio del Dipartimento. Per contro, era anche un pessimo conversatore.

Aspettarono in silenzio. Dopo una decina di minuti entrò un uomo col camice bianco sbottonato e la targhetta da dottore appuntata sul taschino. Tese la mano al capitano.

  - "Ted Warren. Signor.."
  - "Houges. Capitano Ed Houges." – Si rivolse verso il tenente che intanto si era avvicinato ai due.
  - "Il tenente Vincent Gioberti."
  - "Piacere. Italiano?"
  - "Mio padre era italiano."
  - "Mi hanno detto che volevate parlarmi e sono venuto immediatamente." - Iniziò Houges per entrare in argomento.

  Warren infilò le mani nelle tasche del camice.
  - "A essere sincero, capitano, avevo chiesto al dipartimento che mi mandassero qualcuno più competente, senza offesa, s’intende. Ma evidentemente le autorità non si smentiscono mai. Prego." - Così dicendo si avvicinò alla parete in fondo alla stanza, tappezzata da portelli di acciaio. I due agenti lo seguirono. Houges notò che alcuni di essi avevano una serratura a combinazione. Il dottore si fermò proprio davanti ad uno di questi e armeggiò un po’ con la manopola. Poco dopo uno scatto metallico risuonò nel silenzio dell’obitorio. Warren tirò il maniglione e una ventata di aria gelida li colpì mentre il contenitore uscì silenziosamente sulle guide scorrevoli. Houges chiuse gli occhi istintivamente, poi li riaprì con uno sforzo di volontà. Sebbene lavorasse da anni nel dipartimento, non si era ancora abituato alle molte facce della morte.

  - "Osservatelo bene, in ogni particolare, per favore."
  Il tenente si avvicinò per guardare meglio. I due osservarono il corpo nudo del cadavere. Bianco, sulla cinquantina, calvizie incipiente, corporatura abbondante, altezza un metro e ottanta circa. Nessun segno di percosse o tumefazioni. Due ferite da arma da fuoco all’altezza del ventre. Nient’altro, se si escludevano i tagli effettuati durante l’autopsia. Osservando meglio questi ultimi, Houges notò che i lembi delle incisioni non erano stati ricuciti. Guardò il tenente che gli ricambiò lo sguardo stringendosi nelle spalle. Insieme guardarono poi il dottore. Questi si aggiustò con gesto meccanico gli occhiali sul naso.

  - "Cosa ve ne sembra?"- Domandò Warren con un sorriso strano sulle labbra.
  Houges fu infastidito dal suo tono. Li stava trattando come due scolaretti. - "In che senso?"
  - "Vi sembra un uomo?" - Il tenente trattenne un sorriso, Houges se ne accorse e decise che gli stava diventando più simpatico.
  - "Vorrebbe dire che non lo è?" - Chiese il capitano con un accento meno ironico di quanto avesse voluto. Warren scosse la testa.
  - "Nel modo più assoluto. Quello che state vedendo è il corpo di un alieno."

  Quelle parole, dette in un qualsiasi altro momento, in un qualsiasi altro luogo lo avrebbero fatto ridere, ma in quell’ambiente freddo e asettico diedero invece la macabra sensazione della carezza di un morto.
  - "Un ..alieno?"
  - "Esatto. A nostra immagine e somiglianza. Almeno, nell’aspetto esteriore."

  Dicendo quelle parole premette delicatamente con le dita sull’incisione fatta dall’autopsia dal collo all’addome. La pelle scivolò all’indietro come un sacco vuoto. Houges sentì nello stomaco i resti dell’hamburger con le cipolle agitarsi in maniera preoccupante. Cercò di ignorare quanto stava accadendo nel suo organismo e si sporse per dare invece un’occhiata in quello del cadavere. Gli organi vitali erano stati lasciati al proprio posto. Da ciò che riusciva a ricordare delle lezioni di anatomia che era stato costretto a seguire durante il corso per entrare nell’F.B.I., forme e dimensioni erano evidentemente differenti da quelli che ricordava. Stava inequivocabilmente guardando qualcosa che non era umano.
  - "Se questa creatura non è aliena allora costituisce un fenomeno straordinario, unico nella storia della medicina"- Affermò il dottor Warren. – "Con tali apparati organici sarebbe impossibile vivere sulla terra." - Indicò quelli che avrebbero dovuto essere polmoni. – "Questi…chiamiamoli polmoni per semplificare, sono molto più simili a branchie. Dovrebbero sintetizzare ossigeno dall’acqua separandolo dall’idrogeno. Il sangue è freddo come quello dei rettili e ha molte più funzioni di quello umano. Dalle prime analisi effettuate su un campione, abbiamo scoperto che serve a raffreddare il corpo mantenendone costante la temperatura a 30 gradi centigradi circa. L’organismo è provvisto di una pompa che ha all’incirca la stessa funzione del nostro cuore ma che con l’ausilio di una miriade di piccole ghiandole può arricchire il plasma di sostanze rigeneranti, coagulanti e energetiche. La cosa davvero sorprendente è che non esistono organi involontari. Da quello che si è potuto capire dall’autopsia, sembra che queste ghiandole possono immettere nel plasma sostanze capaci di inibire o accelerare qualsiasi funzione organica. Respirazione, battito cardiaco, digestione…il tutto comandato dal cervello. Benché siamo sicuri che ci debba essere una specie di auto-regolazione che entra in funzione quando il soggetto è in stato di incoscienza o durante il sonno questo essere è capace di controllare ogni singola cellula del proprio corpo. Per
quanto riguarda il cervello invece, ci aspettavamo grosse sorprese ma siamo rimasti delusi. Se si esclude il fatto che è suddiviso in quattro sezioni principali invece di due emisferi come in quello umano, non vi sono grosse differenze di funzionamento."
  - "E come spiega…"
  - "Che questo essere riesca a vivere in un ambiente vitale diverso dal suo? Abbiamo trovato un piccolo congegno elettronico inserito nella testa, in quella zona che se paragonata a un cervello umano potremmo grossolanamente definire regione talamica. Ci risulta che quel giocattolino è un bio-computer, collegato tramite proprie diramazioni nervose all’organismo. In altre parole è un congegno sofisticatissimo che funge da by-pass tra cervello e sistema nervoso. Le analisi sono ancora in corso ma sono sicuro che quella piccola cosina abbia la funzione di adattare il loro metabolismo e la loro respirazione all’ambiente che li circonda."
  Warren estrasse dalla tasca un piccolo oggetto scuro di forma vagamente triangolare e lo tese a Houges.

  Toccare quella cosa gli procurò una sensazione indefinita. Era calda, come se fosse viva. Gli parve perfino che vibrasse. Ma la sensazione durò meno di un attimo. Porse il congegno a Gioberti. La mano del tenente si ritrasse all’improvviso. Una lieve scossa di energia statica passò tra i due.

  Vide il tenente giocherellare soprappensiero con il manufatto alieno e poi restituirlo al dottore che lo fece sparire nuovamente nella sua tasca.

  Il capitano si sentiva intontito. Non riusciva a crederci, nonostante l’evidenza. Accettare una cosa del genere significava mettere in discussione tutte le sue convinzioni, tutto ciò in cui credeva, tutto.

  - "Come è morto?" – Aveva già visto i fori di proiettile bruciacchiati, ma al momento stava raccogliendo le idee. Stava cercando di mettere ordine nel nuovo stato mentale. Aveva bisogno di tempo.
  -"Due proiettili in pancia. La polizia lo ha trovato due giorni fa in un vicolo vicino ai bidoni dei rifiuti. Hanno avuto la segnalazione da parte di alcuni abitanti del quartiere. Quando lo hanno trovato era già morto da circa quindici ore.
  - "Hanno trovato niente che lo possa identificare?" – Chiese il tenente.
  - "Addosso niente. Il portafoglio è stato trovato poco lontano, vuoto."
  - "Quindi sembrerebbe un normale omicidio per rapina." – Disse Houges.
  - "Sembrerebbe." – Confermò il dottore.

  Houges guardò ancora una volta il cadavere. Nessuno poteva mettere in dubbio che fosse un uomo. Un uomo fatto e finito, con tutti i suoi difetti fisici, calvizie e adipe comprese. Chi avrebbe potuto sospettare un’origine aliena in un essere così comune? Nessuno. Almeno, fino a quando non gli fosse capitato di dare un’occhiatina al suo interno.

  - "Non mi è chiara una cosa." - Disse Houges, in verità parlando più a sé stesso che agli altri due. - "Se ce n’è uno, devono essercene per forza degli altri. E se ce ne sono altri, mescolati tra la gente comune, è chiaro che non vogliono rivelarsi agli esseri umani. A questo punto mi domando perché? Se agiscono in segreto è certo che non sono animati da buone intenzioni nei nostri confronti. Dunque perché lo fanno? A quale scopo? Che cosa stanno complottando?"

  Lasciò queste domande sospese nell’aria fredda dell’obitorio. Il dottore e il tenente rimasero a guardarlo in silenzio. Nei loro occhi Houges lesse le sue stesse domande ma nessuna risposta o perlomeno, nessuna che potesse tranquillizzarlo. Gioberti, la fronte corrugata, stringeva a pugno le mani e le rilassava in continuazione. Era impaurito anche se tentava di non dimostrarlo. Poi Houges si voltò di scatto e domandò al dottore: - "Avete parlato con altri di quest’uom…di questa cosa qui?"
  - "Solo io e il mio staff ne siamo a conoscenza. Quando è venuta fuori la cosa, al momento dell’autopsia, ho dato l’ordine di mantenere la cosa nel più assoluto riserbo. Sono uomini in gamba e manterranno il segreto. Alla polizia è stato redatto un normale rapporto che conferma la morte per ferite di arma da fuoco. Può stare tranquillo Houges. Non è la prima volta che l’ospedale ha a che fare con il Dipartimento."
  - "Ben fatto, dottor Warren. E’ un piacere collaborare con uomini in gamba come lei." - Si strinsero la mano, accomiatandosi.

  Houges si allontanò rapidamente, seguito dal tenente. Le prime luci dell’alba stavano rischiarando le strade ancora deserte. L’aria fredda condensava il loro respiro in sbuffi di vapore. Salirono in macchina. Houges mise in moto e si lanciò a tutta velocità per le strade di East-River. I lampioni andavano man mano spegnendosi. "L’alba nel Maine è la più deprimente del mondo" pensò il capitano.

  Per un po’ nessuno dei due parlò. Ognuno stava ancora cercando di mettere ordine nei propri pensieri. Houges si accese una sigaretta. Nell’ultima mezz’ora si era completamente dimenticato di essere un accanito fumatore. Tirò una profonda boccata e assaporò il sapore del tabacco. Era acre e acidulo. Disgustato aprì il finestrino e gettò la sigaretta appena accesa per strada.
  - "Questa faccenda mi ricorda un film visto da bambino" – disse rivolto al tenente. Poi, sempre guardando la strada aggiunse – "Crede di trovare qualcosa nella banca dati della centrale? Non dovrebbe essere difficile risalire alla sua identità. Beh, almeno in circostanze normali sarebbe così."
  Il tenente respirò profondamente prima di rispondere.
  - "Dovremo consultare l’archivio delle persone scomparse. Forse si potrebbe scoprire qualcosa in più dalla descrizione del soggetto nel rapporto redatto dal dottore e dalle impronte digitali. Dovremo procurarci anche una copia del verbale della polizia sull’omicidio. Non so. Ma sono certo che qualcosa troveremo."

  Era quello che Houges si aspettava e temeva. Da quel momento in poi la realtà per lui non sarebbe più stata la stessa. Non avrebbe più guardato i suoi simili come prima. Alieni tra gli uomini. Chi l’avrebbe mai detto. Proprio lui che aveva sempre considerato stronzate i racconti e i film di fantascienza. Ma perché? Perché si nascondevano dietro sembianze umane? Cosa stavano combinando? Si domandò che lavoro facesse l’alieno trovato morto.
  - "Occupava sicuramente un posto di rilievo. Dalle ricerche risulterà che era benestante anche se non ostentatamente ricco. Non un personaggio pubblico ma abbastanza influente da esercitare un qualche potere pur restando nell’ombra. Assistente di qualche personaggio politico o membro del consiglio direttivo di qualche grossa società. Qualcosa del genere."
  Houges si stupì. Il tenente gli aveva letto nel pensiero?
  - "Già, certo. Potrebbe essere." - Ribadì Houges, ancora perplesso per quella coincidenza. – "Se si stanno infiltrando tra noi è la prima cosa che dovrebbero fare. Del resto è la più logica. Occupare posti chiave nella nostra società per operare delle scelte utili ai loro piani. Dare sempre maggior potere ai loro simili e infiltrarne sempre di più. Ramificare la loro organizzazione e consolidarla a livello economico e politico. Il passo successivo sarebbe quello di creare un governo e un mercato globali, controllati da pochi paesi, i più potenti e così, con i loro "uomini" collocati al posto giusto, non avrebbero alcuna difficoltà a ribaltare tutto il sistema. Avverrebbe così lentamente che nessuno se ne accorgerebbe. A quel punto gli uomini, quelli veri, saranno asserviti al loro dominio. Del resto, non sarebbe la prima volta. Lo hanno già fatto su altri mondi." - Si fermò di colpo. Ma che cazzate stava dicendo? Aveva parlato di un fiato esprimendo concetti assurdi, a lui completamente estranei. Pensieri che la sua mente razionale non aveva mai neanche lontanamente sfiorato gli si erano invece parati davanti come immagini vivide e concrete. Eppure, maledizione sapeva che non erano altro che un mucchio di stronzate. Mere fantasie infantili. Ma allora da dove erano saltate fuori? Era stato come se avesse letto nella mente di un’altra persona. Si. Ecco perché aveva potuto parlare in quel modo. Si voltò verso il tenente. Lui lo stava guardando mentre le sue mani continuavano a tormentarsi.

  Poteva aver letto davvero nella mente di Gioberti? Allora era un telepate a sua insaputa? Stava pensando una cazzata dietro l’altra. Quasi per mostrare a sé stesso che si stava sbagliando, cercò altre informazioni nella mente del tenente e queste non tardarono a venire. Con facilità, senza alcuno sforzo.

  Immagini di una flotta di astronavi in viaggio e di altre astronavi nascoste nel cuore di montagne. Volti di altri alieni che si muovevano insospettabili tra la gente della terra. Accordi stipulati in gran segreto tra uomini e alieni. Si ritrasse terrorizzato dalla mente di Gioberti. "Mi sto immaginando tutto" si disse. Senza che se ne rendesse conto, il piede premeva l’acceleratore a tavoletta. Davanti a loro una galleria. "Questo però spiegherebbe i suoi silenzi, la sua riservatezza."

  La paura attanagliò Houges. "Se cerca di farmi fuori?" Guardò di nuovo l’uomo che gli sedeva accanto e si accorse che questi lo stava fissando intensamente.

  L’auto imboccò a folle velocità il tunnel. La luce sparì di colpo riducendosi ad un piccolo puntino a qualche centinaio di metri più avanti. Prima che i suoi occhi si abituassero al buio, Houges percepì un movimento alla sua sinistra. Quasi senza pensare estrasse la pistola e sparò uno, due, tre volte. Anche lui fu ferito dalle pallottole del revolver del tenente. L’auto sterzò bruscamente a destra.

  Lottando contro l’incoscienza cercò di riprendere il controllo della macchina. La galleria terminò e la luce tornò ad illuminare l’interno dell’auto macchiato di sangue. Il corpo del tenente era immobile, con la testa appoggiata contro il finestrino. Houges si sentiva sempre più debole, più debole. Chiuse gli occhi. Si lasciò andare.

  La macchina uscì fuori strada e andò a sbattere contro una quercia. Pochi secondi prima che prendesse fuoco, all’interno dei due corpi ormai senza vita, due piccoli oggetti di metallo, di forma vagamente triangolare, smisero di funzionare.

 

 

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