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CaroPier - STUDI GAY
 
Sito per lo studio e la divulgazione dello scrittore Pier Vittorio Tondelli
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Francesco Gnerre

Francesco Gnerre Francesco Gnerre, originario di Santa Paolina (AV), vive e lavora a Roma, dove insegna italiano e latino. Si occupa di didattica dell'italiano e di sociologia della letteratura. Ha scritto "L'eroe Negato, Omosessualità e letteratura nel Novecento italiano" (Baldini & Castoldi,2000). Ha pubblicato, tra gli altri, testi scolastici. Collabora alla rivista «Babilonia»

sito: http://www.francescognerre.it

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5 - Intervista a Francesco Gnerre (Luca Prono)

INTERVISTA A FRANCESCO GNERRE
a cura di Luca Prono
mail: studies@caropier.it


 Copertina de L'Eroe Negato, omosessualità nel Novecento italiano, Baldini e Castoldi, 2000DOMANDA:Vorrei iniziare questo nostro colloquio partendo dal tuo importante lavoro L'Eroe Negato (2000) che si confronta con ambiti di studio ancora largamente inesplorati dalla critica italiana. Il volume è un panorama su omosessualità e letteratura italiana del Novecento. A quali autori ti piacerebbe dedicare ulteriore attenzione? Hai pensato di estendere le tue ricerche a periodi storici precedenti? L'Eroe Negato non sarebbe stato più completo con l'inclusione di autrici lesbiche?

 RISPOSTA:Il mio libro è un primo tentativo di dar conto del difficile e accidentato percorso dell'omosessualità attraverso tutta la letteratura del Novecento. Si tratta quindi di un discorso d'insieme e di conseguenza inevitabilmente parziale: ogni autore trattato potrebbe essere approfondito e potrebbe essere oggetto di un saggio a sé. Gli autori a cui mi piacerebbe dedicare più attenzione ora sono però quelli che non ho inserito nel libro. Credo che una lettura "omosessuale" dell'opera di Marino Moretti o di Curzio Malaparte potrebbe dare risultati interessanti. Quanto alla possibilità di estendere la mia ricerca ai secoli precedenti è un progetto che esiste da tempo, ma non è facile che io lo realizzi da solo e non è facile mettere insieme una equipe di persone competenti disposte a lavorare in questo settore. Hai ragione quando dici che L'eroe negato sarebbe stato più completo con l'inclusioni di autrici lesbiche, ma quando si fa una ricerca bisogna iniziare col circoscrivere l'argomento e io ho ritenuto opportuno circoscriverlo all'omosessualità maschile che ovviamente conosco di più. Tanti altri aspetti avrei potuto approfondire, ma un sasso nello stagno credo comunque di averlo gettato e ora auspico che altri studi si facciano in questa direzione e che qualcuno (o forse meglio qualcuna) faccia un corrispettivo al femminile del mio eroe negato.

 DOMANDA:Nell'introduzione de L'Eroe Negato citi numerose concezioni della letteratura che avvicinano molto la tua metodologia di indagine alla critica sociologica. Per esempio, ti trovi d'accordo con l'idea che la letteratura sia "esplorazione cosciente, tramite l'immaginario, delle possibilità di azione dell'uomo nella società" (p. 29). La sociologia della letteratura intrattiene rapporti stretti con la critica marxista che tende a privilegiare discorsi di classe piuttosto che di identità di genere e sessualità. Come critico che si occupa di omosessualità questo non ti crea alcuni problemi?

 RISPOSTA:A me pare che l'accostamento automatico della sociologia col marxismo sia un po' un luogo comune. In realtà il marxismo più ortodosso la sociologia l' ha sempre rifiutata come un tentativo tutto americano di "legittimazione dell'esistente". A dire che la letteratura è l'"esplorazione cosciente, tramite l'immaginario, delle possibilità di azione dell'uomo nella società" è Hugh D. Duncan, un sociologo americano della Scuola di Chicago, allievo di George Herbert Mead, fondatore dell' "interazionismo simbolico", che certo non ha molto a che fare con la vulgata del marxismo. La sociologia non è unica: ci sono studi di sociologia della letteratura che privilegiano discorsi di classe, come esiste anche una sociologia cattolica, ma c'è anche una sociologia della letteratura più orientata verso studi di identità di genere e sessualità, come quelli di Graziella Pagliano con cui ho studiato io (e proprio con Graziella Pagliano ho iniziato negli anni Settanta a studiare la presenza del personaggio omosessuale nella letteratura italiana e poi, più compiutamente, il rapporto tra letteratura e omosessualità negli scrittori omosessuali).

 DOMANDA:Mi ha incuriosito leggere una recensione al tuo libro apparsa su Il Manifesto che si fregia con orgoglio del suo essere "giornale comunista". Sorprendentemente per un giornalista comunista che dovrebbe essere sensibile ai meccanismi dell'ideologia, l'autore critica il tuo voler portare la letteratura nel campo dei conflitti sociali e afferma: "La letteratura, in genere, non collabora alla legittimazione di nulla". Come ti senti di rispondere?

 RISPOSTA:La recensione al mio libro apparsa su Il Manifesto (per leggere l'articolo clicca qui per andare alla rassegna stampa de L'Eroe Negato) ha sorpreso anche me. Non conosco l'autore, Emanuele Trevi, e non so proprio cosa dire. Quello che mi ha colpito non è stato tanto il rifiuto di un approccio sociologico alla letteratura, come il mio, né l'ostilità nei confronti della commistione, ancora scandalosa per la cultura italiana, di omosessualità e letteratura. In Italia la sociologia non è mai stata popolare, né presso i cattolici, né presso i marxisti, né presso gli idealisti crociani. Mi ha sorpreso in Trevi l'intolleranza e l'esclusione categorica di qualsiasi critica che non sia la sua. Una risposta a Trevi l' ha data Renzo Paris che parla di "critica neomistica" sempre più diffusa (ahinoi!) in Italia, anche su "giornali comunisti" (Renzo Paris, Il canone italiano in "Pulp", marzo-aprile 2001).

 DOMANDA:Sempre nell'introduzione a L'Eroe Negato lamenti la mancanza nel contesto accademico italiano del filone dei gender studies/gay and lesbian studies che è invece abbastanza affermato nelle università americane ed europee. Come spieghi questa mancanza? Vedi segnali di cambiamento?

 RISPOSTA:In Italia sono prevalsi e prevalgono ancora modelli culturali di tipo universalistico (il cattolicesimo, il marxismo, l'idealismo crociano che può essere anche "cattolico" e "marxista") e in questi modelli culturali non c'è posto per le "differenze", che o vengono semplicemente negate o assorbite in una mistificante universalità che parlerebbe dell'Uomo, e quindi di tutti gli uomini e di tutte le donne, etero, gay, trans, neri o gialli, non importa, tutti uniformati al modello (maschio, etero, bianco, di tradizione cattolica ecc.). Timidi segnali di cambiamento ci sono. In alcune università cominciano ad esserci professori che fanno corsi di gay studies (Liana Borghi a Firenze, Marco Pustianaz a Vercelli, Paola Guazzo a Padova). Io stesso ho avuto l'anno scorso un contratto presso l'Università di Tor Vergata a Roma per un corso su "Omosessualità e letteratura". Il corso è andato bene e il contratto mi è stato confermato per il prossimo anno. Ma si tratta di poche e limitate esperienze che, tra l'altro, calano un po' dall'alto. Non vedo ancora studenti gay e lesbiche pretendere corsi di gay and lesbian studies. E invece le novità più interessanti potrebbero venire proprio da lì, dagli studenti che solo ora, e molto timidamente, cominciano ad organizzarsi in alcune Università italiane (so solo dell'esistenza di un gruppo alla Sapienza di Roma e di uno a Milano).

 DOMANDA:Veniamo ora più specificamente all'argomento del nostro sito: l'opera di Pier Vittorio Tondelli. Alcuni critici gay l' hanno valutata negativamente per la poca militanza, trovandovi anche indizi rivelatori di una mancata accettazione dell'omosessualità dell'autore. Come giudichi questa lettura? Non la trovi un po' anacronistica data la grande influenza che Tondelli continua ad avere sulle nuove generazioni di scrittori italiani gay?

 RISPOSTA:Non credo che la "poca militanza" o la "non accettazione della propria omosessualità" (ma ho dei dubbi su questa lettura della vita Tondelli), siano categorie con cui giudicare l'opera di uno scrittore. Gadda aveva il terrore della propria omosessualità e rimane uno degli scrittori più grandi del Novecento. Quanto a Tondelli, io trovo che la sua opera costituisca una linea di demarcazione fondamentale nella letteratura gay italiana. C'è un prima di Tondelli e un dopo Tondelli e dopo niente è stato più come prima nella rappresentazione letteraria dell'omosessualità.

 DOMANDA:Nel tuo intervento al convegno "Quando le nostre labbra si parlano" (1986), definisci la prosa di Tondelli "una scrittura provocatoria che privilegia essenzialmente il linguaggio del corpo e del desiderio". Confermeresti oggi questo giudizio?

 RISPOSTA:Quel mio lontano intervento è della metà degli anni Ottanta, quando Tondelli aveva pubblicato solo Altri libertini e Pao Pao. Sì, a proposito di quei primi due libri credo di poter confermare quel giudizio. Per quanto riguarda invece la produzione complessiva di Tondelli, quel giudizio andrebbe sicuramente integrato con altre considerazioni, anche alla luce della maggiore complessità dei libri successivi.

 DOMANDA:Sempre nello stesso intervento, descrivi la ricerca di Tondelli tutta incentrata "sulla scoperta del privato e sull'abbandono della dimensione politica". Vorrei che approfondissi questa tua lettura: il privato non può avere anche una valenza politica?

 RISPOSTA:Il decennio 1970-1980 era stato un decennio di grande fermento politico, ma carente di letteratura. La scoperta del privato e l'abbandono della dimensione politica significava tornare alla scrittura, provare a partire da sé e dalle proprie emozioni. E questo aveva certamente una grande valenza politica: Altri libertini era in questo senso anche un libro politico, una straordinaria risposta liberatoria al clima politico plumbeo di quegli anni.

 DOMANDA:Nel recente boom di studi tondelliani si privilegia un'ottica di redenzione finale che ha portato a leggere anche Altri Libertini come espressione di ricerca di trascendenza. Di omosessualità si parla poco, invocando la necessità di non scadere nel pettegolezzo. Cosa pensi di questa costruzione critica? L'identità sessuale è un semplice pettegolezzo?

 RISPOSTA:Si tratta, secondo me, di una grande mistificazione che trova le proprie ragioni nel clima di neomisticismo e di ritorno all'ordine di buona parte della cultura italiana. Che Panzeri e Spadaro non amino leggere Tondelli dal punto di vista omosessuale, non mi meraviglia. Secondo la loro formazione culturale e la loro idea di letteratura, l'omosessualità rimane probabilmente un vizio privato che non ha niente a che vedere con la creatività di uno scrittore. Ovviamente io non sono d'accordo. L'identità sessuale non è un pettegolezzo. Una concezione di questo tipo nasce da una profonda omofobia.

 DOMANDA:Cosa pensi dell'edizione critica dell'opera omnia di Tondelli pubblicata da Bompiani nella collana dei Classici e riveduta secondo le intenzioni finali dell'autore? Dobbiamo essere contenti del fatto che uno scrittore gay diventi un classico?

 RISPOSTA:Sì, credo che dobbiamo essere contenti che Tondelli sia annoverato tra i classici della letteratura italiana del Novecento, ma sappiamo anche che la cultura ufficiale tende sempre a promuovere l'uniformità e a neutralizzare conflitti e differenze e quindi anche a sminuire la portata dell'omosessualità nell'opera di Tondelli. Il discorso sulle intenzioni finali dell'autore, è un discorso molto complesso. Un autore, o un suo esecutore testamentario su precise indicazioni dell'autore, può certo rivedere una sua opera e pubblicarne un'altra versione. Ma quando un'opera è già diffusa, saranno poi i lettori a stabilire quale è l'opera che vivrà nel tempo. Le ultime intenzioni di Torquato Tasso erano a favore della Gerusalemme conquistata, riscrittura della Gerusalemme liberata in chiave controriformistica, ma i lettori hanno continuato a leggere la Liberata. Aldo Palazzeschi aveva ripubblicato negli anni Cinquanta Il codice di Perelà, in una versione più moralistica, ma noi continuiamo a preferire l'edizione più "blasfema" e liberatoria del 1911. Allo stesso modo credo che, a dispetto dell'operazione di Panzeri, i lettori continueranno a leggere l'edizione di Altri libertini del 1980. E non credo che Panzeri o altri possano avere il potere censorio di far scomparire quella edizione. I tempi d'oro dell'Indice dei libri proibiti sono finiti. Meglio avrebbe fatto Panzeri, a mio avviso, a segnalare in appendice "le intenzioni finali dell'autore" , ma a lasciare il testo nella sua versione originaria.

 DOMANDA:La mancanza di attenzione, almeno della critica italiana, verso la rappresentazione dell'omosessualità nell'opera di Tondelli ha anche portato a trascurare i legami, anche biografici, tra Tondelli e il movimento gay e lesbico italiano. Vorrei che tu provassi a ricostruire questi legami, magari partendo da una serie di ricordi legati ai vostri incontri.

 RISPOSTA:Ho frequentato poco Tondelli, una prima volta l' ho incontrato (forse era il 1983) a Bologna al Cassero, dove ero stato invitato, insieme a Renzo Paris, a parlare di letteratura e omosessualità. Si era parlato di una mia prima ricerca sul personaggio omosessuale nella narrativa italiana (l'origine dell'Eroe negato) e lui, Tondelli, per me già un mito, l'autore di Altri libertini, mi si presenta col mio libricino in mano pregandomi di autografarglielo. Non ricordo cosa ho scritto, ero troppo emozionato e colpito dalla sua modestia e dalla sua timidezza. Abbiamo cenato insieme, abbiamo parlato della rivista gay "Babilonia" che nasceva in quei giorni e a cui collaboravamo sia lui che io. L' ho rivisto poi a Roma, dove abbiamo parlato del racconto da inserire nella mia antologia di racconti di omosessualità maschile (Avventure dell'eros , Gammalibri 1984) e poi un'altra volta a Milano dove insieme ad altri amici abbiamo passato una serata in un bar gay. Poi non l' ho incontrato più, però mi ha sempre fatto avere i suoi libri autografati. Sì, credo che bisognerebbe ricostruirli i legami di Tondelli col movimento gay e lesbico italiano. Sul primo numero di "Babilonia", egli scriveva: "Credo che l'esperienza gay ormai sia l'unica che conosca - nel panorama cimiteriale delle voglie giovanili - un identico linguaggio fantastico e metaforico, una identica voglia di non sottomissione, un'identica istanza di liberazione del desiderio nei discorsi e nei gesti". E' probabile che Tondelli si sia avvicinato (o sia tornato) al cattolicesimo (chi può dire dove può portare la fragilità umana di fronte alla morte?) ma queste cose, un po' da gay militante, le aveva scritte, percorrono tutti i suoi libri, e volerne fare oggi un santino cattolico mi pare decisamente un po' troppo.



Francesco Gnerre


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