INTERVISTA A FRANCESCO GNERRE
a cura di Luca Prono
mail: studies@caropier.it
DOMANDA:Vorrei
iniziare questo nostro colloquio partendo dal tuo importante lavoro
L'Eroe Negato (2000) che si confronta con ambiti di studio ancora largamente
inesplorati dalla critica italiana. Il volume è un panorama su omosessualità
e letteratura italiana del Novecento. A quali autori ti piacerebbe dedicare
ulteriore attenzione? Hai pensato di estendere le tue ricerche a periodi
storici precedenti? L'Eroe Negato non sarebbe stato più completo con
l'inclusione di autrici lesbiche?
RISPOSTA:Il mio libro è un
primo tentativo di dar conto del difficile e accidentato percorso dell'omosessualità
attraverso tutta la letteratura del Novecento. Si tratta quindi di un
discorso d'insieme e di conseguenza inevitabilmente parziale: ogni autore
trattato potrebbe essere approfondito e potrebbe essere oggetto di un
saggio a sé. Gli autori a cui mi piacerebbe dedicare più attenzione
ora sono però quelli che non ho inserito nel libro. Credo che una lettura
"omosessuale" dell'opera di Marino Moretti o di Curzio Malaparte potrebbe
dare risultati interessanti. Quanto alla possibilità di estendere la
mia ricerca ai secoli precedenti è un progetto che esiste da tempo,
ma non è facile che io lo realizzi da solo e non è facile mettere insieme
una equipe di persone competenti disposte a lavorare in questo settore.
Hai ragione quando dici che L'eroe negato sarebbe stato più completo
con l'inclusioni di autrici lesbiche, ma quando si fa una ricerca bisogna
iniziare col circoscrivere l'argomento e io ho ritenuto opportuno circoscriverlo
all'omosessualità maschile che ovviamente conosco di più. Tanti altri
aspetti avrei potuto approfondire, ma un sasso nello stagno credo comunque
di averlo gettato e ora auspico che altri studi si facciano in questa
direzione e che qualcuno (o forse meglio qualcuna) faccia un corrispettivo
al femminile del mio eroe negato.
DOMANDA:Nell'introduzione de
L'Eroe Negato citi numerose concezioni della letteratura che avvicinano
molto la tua metodologia di indagine alla critica sociologica. Per esempio,
ti trovi d'accordo con l'idea che la letteratura sia "esplorazione cosciente,
tramite l'immaginario, delle possibilità di azione dell'uomo nella società"
(p. 29). La sociologia della letteratura intrattiene rapporti stretti
con la critica marxista che tende a privilegiare discorsi di classe
piuttosto che di identità di genere e sessualità. Come critico che si
occupa di omosessualità questo non ti crea alcuni problemi?
RISPOSTA:A me pare che l'accostamento
automatico della sociologia col marxismo sia un po' un luogo comune.
In realtà il marxismo più ortodosso la sociologia l' ha sempre rifiutata
come un tentativo tutto americano di "legittimazione dell'esistente".
A dire che la letteratura è l'"esplorazione cosciente, tramite l'immaginario,
delle possibilità di azione dell'uomo nella società" è Hugh D. Duncan,
un sociologo americano della Scuola di Chicago, allievo di George Herbert
Mead, fondatore dell' "interazionismo simbolico", che certo non ha molto
a che fare con la vulgata del marxismo. La sociologia non è unica: ci
sono studi di sociologia della letteratura che privilegiano discorsi
di classe, come esiste anche una sociologia cattolica, ma c'è anche
una sociologia della letteratura più orientata verso studi di identità
di genere e sessualità, come quelli di Graziella Pagliano con cui ho
studiato io (e proprio con Graziella Pagliano ho iniziato negli anni
Settanta a studiare la presenza del personaggio omosessuale nella letteratura
italiana e poi, più compiutamente, il rapporto tra letteratura e omosessualità
negli scrittori omosessuali).
DOMANDA:Mi ha incuriosito leggere
una recensione al tuo libro apparsa su Il Manifesto che si fregia con
orgoglio del suo essere "giornale comunista". Sorprendentemente per
un giornalista comunista che dovrebbe essere sensibile ai meccanismi
dell'ideologia, l'autore critica il tuo voler portare la letteratura
nel campo dei conflitti sociali e afferma: "La letteratura, in genere,
non collabora alla legittimazione di nulla". Come ti senti di rispondere?
RISPOSTA:La recensione al mio
libro apparsa su Il Manifesto (
per leggere l'articolo
clicca qui
per andare alla rassegna stampa de L'Eroe Negato) ha sorpreso
anche me. Non conosco l'autore, Emanuele Trevi, e non so proprio cosa
dire. Quello che mi ha colpito non è stato tanto il rifiuto di un approccio
sociologico alla letteratura, come il mio, né l'ostilità nei confronti
della commistione, ancora scandalosa per la cultura italiana, di omosessualità
e letteratura. In Italia la sociologia non è mai stata popolare, né
presso i cattolici, né presso i marxisti, né presso gli idealisti crociani.
Mi ha sorpreso in Trevi l'intolleranza e l'esclusione categorica di
qualsiasi critica che non sia la sua. Una risposta a Trevi l' ha data
Renzo Paris che parla di "critica neomistica" sempre più diffusa (ahinoi!)
in Italia, anche su "giornali comunisti" (Renzo Paris, Il canone italiano
in "Pulp", marzo-aprile 2001).
DOMANDA:Sempre nell'introduzione
a L'Eroe Negato lamenti la mancanza nel contesto accademico italiano
del filone dei gender studies/gay and lesbian studies che è invece abbastanza
affermato nelle università americane ed europee. Come spieghi questa
mancanza? Vedi segnali di cambiamento?
RISPOSTA:In Italia sono prevalsi
e prevalgono ancora modelli culturali di tipo universalistico (il cattolicesimo,
il marxismo, l'idealismo crociano che può essere anche "cattolico" e
"marxista") e in questi modelli culturali non c'è posto per le "differenze",
che o vengono semplicemente negate o assorbite in una mistificante universalità
che parlerebbe dell'Uomo, e quindi di tutti gli uomini e di tutte le
donne, etero, gay, trans, neri o gialli, non importa, tutti uniformati
al modello (maschio, etero, bianco, di tradizione cattolica ecc.). Timidi
segnali di cambiamento ci sono. In alcune università cominciano ad esserci
professori che fanno corsi di gay studies (Liana Borghi a Firenze, Marco
Pustianaz a Vercelli, Paola Guazzo a Padova). Io stesso ho avuto l'anno
scorso un contratto presso l'Università di Tor Vergata a Roma per un
corso su "Omosessualità e letteratura". Il corso è andato bene e il
contratto mi è stato confermato per il prossimo anno. Ma si tratta di
poche e limitate esperienze che, tra l'altro, calano un po' dall'alto.
Non vedo ancora studenti gay e lesbiche pretendere corsi di gay and
lesbian studies. E invece le novità più interessanti potrebbero venire
proprio da lì, dagli studenti che solo ora, e molto timidamente, cominciano
ad organizzarsi in alcune Università italiane (so solo dell'esistenza
di un gruppo alla Sapienza di Roma e di uno a Milano).
DOMANDA:Veniamo ora più specificamente
all'argomento del nostro sito: l'opera di Pier Vittorio Tondelli. Alcuni
critici gay l' hanno valutata negativamente per la poca militanza, trovandovi
anche indizi rivelatori di una mancata accettazione dell'omosessualità
dell'autore. Come giudichi questa lettura? Non la trovi un po' anacronistica
data la grande influenza che Tondelli continua ad avere sulle nuove
generazioni di scrittori italiani gay?
RISPOSTA:Non credo che la "poca
militanza" o la "non accettazione della propria omosessualità" (ma ho
dei dubbi su questa lettura della vita Tondelli), siano categorie con
cui giudicare l'opera di uno scrittore. Gadda aveva il terrore della
propria omosessualità e rimane uno degli scrittori più grandi del Novecento.
Quanto a Tondelli, io trovo che la sua opera costituisca una linea di
demarcazione fondamentale nella letteratura gay italiana. C'è un prima
di Tondelli e un dopo Tondelli e dopo niente è stato più come prima
nella rappresentazione letteraria dell'omosessualità.
DOMANDA:Nel tuo intervento
al convegno "Quando le nostre labbra si parlano" (1986), definisci la
prosa di Tondelli "una scrittura provocatoria che privilegia essenzialmente
il linguaggio del corpo e del desiderio". Confermeresti oggi questo
giudizio?
RISPOSTA:Quel mio lontano intervento
è della metà degli anni Ottanta, quando Tondelli aveva pubblicato solo
Altri libertini e Pao Pao. Sì, a proposito di quei primi due libri credo
di poter confermare quel giudizio. Per quanto riguarda invece la produzione
complessiva di Tondelli, quel giudizio andrebbe sicuramente integrato
con altre considerazioni, anche alla luce della maggiore complessità
dei libri successivi.
DOMANDA:Sempre nello stesso
intervento, descrivi la ricerca di Tondelli tutta incentrata "sulla
scoperta del privato e sull'abbandono della dimensione politica". Vorrei
che approfondissi questa tua lettura: il privato non può avere anche
una valenza politica?
RISPOSTA:Il decennio 1970-1980
era stato un decennio di grande fermento politico, ma carente di letteratura.
La scoperta del privato e l'abbandono della dimensione politica significava
tornare alla scrittura, provare a partire da sé e dalle proprie emozioni.
E questo aveva certamente una grande valenza politica: Altri libertini
era in questo senso anche un libro politico, una straordinaria risposta
liberatoria al clima politico plumbeo di quegli anni.
DOMANDA:Nel recente boom di
studi tondelliani si privilegia un'ottica di redenzione finale che ha
portato a leggere anche Altri Libertini come espressione di ricerca
di trascendenza. Di omosessualità si parla poco, invocando la necessità
di non scadere nel pettegolezzo. Cosa pensi di questa costruzione critica?
L'identità sessuale è un semplice pettegolezzo?
RISPOSTA:Si tratta, secondo
me, di una grande mistificazione che trova le proprie ragioni nel clima
di neomisticismo e di ritorno all'ordine di buona parte della cultura
italiana. Che Panzeri e Spadaro non amino leggere Tondelli dal punto
di vista omosessuale, non mi meraviglia. Secondo la loro formazione
culturale e la loro idea di letteratura, l'omosessualità rimane probabilmente
un vizio privato che non ha niente a che vedere con la creatività di
uno scrittore. Ovviamente io non sono d'accordo. L'identità sessuale
non è un pettegolezzo. Una concezione di questo tipo nasce da una profonda
omofobia.
DOMANDA:Cosa pensi dell'edizione
critica dell'opera omnia di Tondelli pubblicata da Bompiani nella collana
dei Classici e riveduta secondo le intenzioni finali dell'autore? Dobbiamo
essere contenti del fatto che uno scrittore gay diventi un classico?
RISPOSTA:Sì, credo che dobbiamo
essere contenti che Tondelli sia annoverato tra i classici della letteratura
italiana del Novecento, ma sappiamo anche che la cultura ufficiale tende
sempre a promuovere l'uniformità e a neutralizzare conflitti e differenze
e quindi anche a sminuire la portata dell'omosessualità nell'opera di
Tondelli. Il discorso sulle intenzioni finali dell'autore, è un discorso
molto complesso. Un autore, o un suo esecutore testamentario su precise
indicazioni dell'autore, può certo rivedere una sua opera e pubblicarne
un'altra versione. Ma quando un'opera è già diffusa, saranno poi i lettori
a stabilire quale è l'opera che vivrà nel tempo. Le ultime intenzioni
di Torquato Tasso erano a favore della Gerusalemme conquistata, riscrittura
della Gerusalemme liberata in chiave controriformistica, ma i lettori
hanno continuato a leggere la Liberata. Aldo Palazzeschi aveva ripubblicato
negli anni Cinquanta Il codice di Perelà, in una versione più moralistica,
ma noi continuiamo a preferire l'edizione più "blasfema" e liberatoria
del 1911. Allo stesso modo credo che, a dispetto dell'operazione di
Panzeri, i lettori continueranno a leggere l'edizione di Altri libertini
del 1980. E non credo che Panzeri o altri possano avere il potere censorio
di far scomparire quella edizione. I tempi d'oro dell'Indice dei libri
proibiti sono finiti. Meglio avrebbe fatto Panzeri, a mio avviso, a
segnalare in appendice "le intenzioni finali dell'autore" , ma a lasciare
il testo nella sua versione originaria.
DOMANDA:La mancanza di attenzione,
almeno della critica italiana, verso la rappresentazione dell'omosessualità
nell'opera di Tondelli ha anche portato a trascurare i legami, anche
biografici, tra Tondelli e il movimento gay e lesbico italiano. Vorrei
che tu provassi a ricostruire questi legami, magari partendo da una
serie di ricordi legati ai vostri incontri.
RISPOSTA:Ho frequentato poco
Tondelli, una prima volta l' ho incontrato (forse era il 1983) a Bologna
al Cassero, dove ero stato invitato, insieme a Renzo Paris, a parlare
di letteratura e omosessualità. Si era parlato di una mia prima ricerca
sul personaggio omosessuale nella narrativa italiana (l'origine dell'Eroe
negato) e lui, Tondelli, per me già un mito, l'autore di Altri libertini,
mi si presenta col mio libricino in mano pregandomi di autografarglielo.
Non ricordo cosa ho scritto, ero troppo emozionato e colpito dalla sua
modestia e dalla sua timidezza. Abbiamo cenato insieme, abbiamo parlato
della rivista gay "Babilonia" che nasceva in quei giorni e a cui collaboravamo
sia lui che io. L' ho rivisto poi a Roma, dove abbiamo parlato del racconto
da inserire nella mia antologia di racconti di omosessualità maschile
(Avventure dell'eros , Gammalibri 1984) e poi un'altra volta a Milano
dove insieme ad altri amici abbiamo passato una serata in un bar gay.
Poi non l' ho incontrato più, però mi ha sempre fatto avere i suoi libri
autografati. Sì, credo che bisognerebbe ricostruirli i legami di Tondelli
col movimento gay e lesbico italiano. Sul primo numero di "Babilonia",
egli scriveva: "Credo che l'esperienza gay ormai sia l'unica che conosca
- nel panorama cimiteriale delle voglie giovanili - un identico linguaggio
fantastico e metaforico, una identica voglia di non sottomissione, un'identica
istanza di liberazione del desiderio nei discorsi e nei gesti". E' probabile
che Tondelli si sia avvicinato (o sia tornato) al cattolicesimo (chi
può dire dove può portare la fragilità umana di fronte alla morte?)
ma queste cose, un po' da gay militante, le aveva scritte, percorrono
tutti i suoi libri, e volerne fare oggi un santino cattolico mi pare
decisamente un po' troppo.