Purtroppo non conosco la persona che si trincera dietro queste due lettere di firma, ma mi sembra importamte, dopo il vertice mondiale di Johannesburg, riproporne l'intervento postato nella mailing list di "forocontadino", a testimonianza dello scoramento generale che si registra nel circuito ambientalista dopo il fallimento del vertice.
Il clima sta cambiando, questo è sotto gli occhi di tutti ed è diventato oramai quasi un luogo comune da ripetersi nei discorsi da autobus. Ma il pericolo è che con il diventare luogo comune diventi accettato con passività, come una forma di fatalità a cui non si può sfuggire. Così è e sarà sempre peggio, si sente dire in giro. Tutti sanno. Ma pochi vanno oltre le frasi fatte e si domandano quali siano le vere ragioni di alluvioni che seguono a ruota siccità, neve e caldi torridi quando meno ce li aspettiamo, e monti e valli che non riescono più a contenere questi sbalzi. Pochi altri ancora si chiedono se dietro a quelli che vengono definiti disastri naturali, con i morti e gli sfollati che ne derivano, ci siano delleresponsabilità.. Ancora meno, una volta compreso che le responsabilità ci sono, e sono da ascriversi alla totalità di questo sistema industriale, hanno il coraggio di esporre le loro idee, o di passare ad una qualsiasi forma di resistenza
Eppure
quello che questo sistema ci sta togliendo é tutto ciò che possiamo
considerare realmente indispensabile per la vita: aria, acqua, terra, cibo,
possibilità di un riparo, libertà di movimento. Gli elementi
naturali che compongono il nostro corpo, o da cui traiamo energia e nutrimento,
ci vengono sottratti con la forza, avvelenati, sfruttati e magari restituiti
in vendita. Noi siamo la generazione condannata a comprare acqua rinchiusa
dentro a bottiglie di plastica con laggiunta di fluoro con conservante,
o a berla da rubinetti sotto forma di clorato venefico.
Molti individui civilizzati non hanno mai sorseggiato acqua direttamente da
una sorgente o da una fonte montana, non si sono mai tuffati in un fiume
pulito o in un mare che non sia stato privatizzato e colonizzato dal consumo.
Lacqua, questo elemento che compone la maggior parte del nostro e altrui
corpo, da cui sono scaturite le prime forme di vita, è qualcosa che
per noi
sgorga dai rubinetti, e la cui presenza diamo per scontata. Ma lo stesso non
è per quelle zone dove per ragioni ambientali, ma anche politiche ed
economiche, lacqua da quei rubinetti non sgorga più. E così
in Sicilia ultimamente si sono resi conto tutti di quale tremenda sciagura
sia la
mancanza di questo liquido per la vita. Lo stesso si può dire dei paesi
del Mugello, in Toscana, dove i lavori per il disastroso passaggio del TAV
hanno
rovinato e prosciugato già molte sorgenti. In entrambi i casi può
vedere la mano della società industrializzata che avanza, distruggendo
il pianeta. In
entrambi i casi le conseguenze sono gravi, ma ci vengono minimizzate dai politici
o finti verdi di turno, fatte passare per banali inconvenienti che
è possibile aggiustare. Ma fino a che punto potremo costruire dighe
e intubare acqua per portarla artificialmente dove naturalmente non ci arriva
più? Quando ci accorgeremo che la stragrande maggioranza di questo
prezioso liquido viene sprecata vergognosamente negli allevamenti per puire
escrementi, nelle fabbriche per produrre e raffreddare prodotti chimici o
nei parchi divertimento per creare mari e onde artificiali?
E che
dire dellaria che ci troviamo a respirare. Basta avere ancora un minimo
di olfatto per sentirne il veleno, ma abbiamo bisogno che i giornali
ci indichino i livelli di inquinamento per preoccuparsi fuggevolmente. Chi
può cerca scampo, si allontana dai centri abitati, credendo così
di sfuggire
alla contaminazione. Altri ricercano nei fine settimana deprimenti gite nei
parchi o nei sentieri montani, quasi a ricercare la propria dose di ossigeno
settimanale. Questa è diventata la relazione con ciò che viene
definito natura. Ma cosa faremo quando non ci saranno più luoghi incontaminati,
o quasi, ove fuggire? Quando ci accorgeremo che tutto questo è il prodotto
delle stesse fabbriche la cui esistenza nessuno si sogna di mettere in dubbio?
Per ora laria è gratuita e parrebbe risibile o fantascientificamente
paranoico un regime in cui anche laria sia in vendita. Provate però
a immaginare come considerassero la privatizzazione e vendita dellacqua
o della terra nel passato, e allora forse ci sarà meno da ridere.
Anche la terra sta morendo, sempre più sfruttata, divelta e recintata,
ormai da tempo ammalata dello stesso identico male, la civiltà. Se
al terreno è sempre stata associata la vita, immagine dovuta allo scaturire
rigoglioso di piante e alberi, e al loro donare generoso di frutti, adesso
questa immagine non gli si addice più. Il deserto avanza e il ricco
humus scompare. Pochi di noi se ne accorgono, lontani come siamo dalla produzione
dei nostri alimenti, alienati dal ciclo produttivo e dalla mercificazione.
Pochi di noi si sono chiesti se tutti quei prodotti chimici, quei macchinari
pesanti e quel sistema di monocoltura esteso su chilometri non avessero contribuito
direttamente a questa situazione. Pochi di noi, infine, sanno quali sono i
frutti e gli ortaggi di stagione, oggi che molti di questi non vengono nemmeno
più coltivati in campo aperto, ma in serre o addirittura in liquidi
chimici in grandi fabbriche.
E dietro a tutto ciò cè un sistema oramai a prima vista
indistruttibile, non modificabile. Un sistema che nelle forme dello stato
si permette di vietare anche solo il costruirsi un riparo, o camminare liberamente
senza incontrare recinzioni, frontiere e divieti di accesso... Lo stesso che
vieta la raccolta di piante, funghi e fiori diventati rari a causa non certo della
sussistenza degli individui, ma piuttosto all'inquinamento di cui lo
stesso Stato é il principale promotore.
E' infatti
quest'ultimo che a braccetto con le imprese e le loro tecnologie devasta enormi
spazi, inondandoli di cemento, asfalto, tunnel, impianti sciistici e mille
diavolerie pseudo moderne, con una libertà che nessuno di noi gli ha
mai concesso.
Così è e sarà sempre peggio. Mai parole furono più
vere e tristi. E noi di fronte a tutto ciò, alla rapina che ci viene
perpetrata quotidianamente, allo scempio di vita, allo sfruttamento per fini
economici di ogni bene possibile
di fronte allurlo disperato della
Terra, cosa abbiamo intenzione di fare?
Di queste
questioni non lasceremo che ne parlino soltanto quelli che si sono presi il
titolo di esperti e coloro che si sono presi il potere di decidere, contando
i milioni di morti su un pallottoliere come se nulla fosse. Di queste questioni,
come di tutte le altre che ci toccano direttamente, vogliamo parlarne noi
stessi, dobbiamo parlarne noi stessi e vogliamo saperne di più, lottando
contro la devastazione. Ma
lottare per noi non significa apportare migliorie o piccole riforme legali,
piuttosto cercare le cause e debellarle.
Con ogni mezzo necessario, passando sul cadavere di questa civiltà.