Dietro il
club dell' hamburger c'e' il grano che potrebbe bastare alle popolazioni
denutrite. Ma il 36 per cento della produzione mondiale serve solo all'allevamento
del bestiame
Traduzione a cura di Rosalba Fruscalzo
I ministri dell'agricoltura di varie parti del mondo si riuniranno a Roma
in occasione del World Food Summit, il vertice mondiale sull'alimentazione.
Sponsorizzato dalla Fao (Food and Agricultural Organization), il vertice affrontera'
una questione critica: sfamare la crescente popolazione mondiale
nel corso del ventunesimo secolo. Si prevedono centinaia di discorsi, incontri
e seminari su come creare un approccio di sviluppo sostenibile e su come sfamare
circa un miliardo di esseri umani che sono al momento denutriti.
Ma piu' interessante dell'ordine del giorno sara' certamente il menu'. Sia
in occasione delle cene ufficiali che degli incontri delle Organizzazioni
non governative c'e' infatti da aspettarsi un consumo di grandi quantita'
di carne bovina e non. E qui resta la contraddizione e la sfida che i delegati
- e tutti noi - ci troveremo a dover fronteggiare quando si trattera' di affrontare
la questione dell'alimentazione dei nostri simili.
Il
fatto e' che centinaia di milioni di persone nel mondo lottano ogni giorno
contro la fame perche' gran parte del terreno arabile viene oggi utilizzato
per la coltivazione di cereali ad uso zootecnico piuttosto che per cereali
destinati all'alimentazione umana. I ricchi del pianeta consumano carne bovina
e suina, pollame e altri di tipi di bestiame, tutti nutriti con foraggio,
mentre i poveri muoiono di fame. Negli ultimi cinquant'anni la nostra societa'
globale ha costruito a livello mondiale una scala di proteine artificiali
sul cui gradino piu' alto ha collocato la carne bovina e quella di altri animali
nutriti a foraggio. Oggi i popoli ricchi, specie in Europa, Nord America e
Giappone, se ne stanno appollaiati in cima a questa catena alimentare
divorando il patrimonio dell'intero pianeta. Il passaggio avvenuto nel mondo
agricolo dalla coltivazione di cereali per l'alimentazione umana a quella
di foraggio per l'allevamento degli animali rappresenta una nuova forma di
umana malvagita', le cui conseguenze potrebbero essere di gran lunga maggiori
e ben piu' durature di qualunque sbaglio commesso in passato dall'uomo contro
i suoi simili.
Oggi, oltre il 70 per cento del grano prodotto negli Stati Uniti e' destinato all'allevamento del bestiame, in gran parte bovino. Sfortunatamente, di tutti gli animali domestici, i bovini sono fra i convertitori di alimenti meno efficienti. Sperperano energia e sono da molti considerati le "Cadillac" delle fattorie animali. Per far ingrassare di circa mezzo chilo un manzo da allevamento, occorrono oltre 4 chili di foraggio, di cui oltre 2 chili e mezzo sono cereali e sottoprodotti di mangimi, e il restante chilo e mezzo e' paglia tritata. Questo significa che solo l'11 per cento di foraggio assunto dal manzo diventa effettivamente parte del suo corpo; il resto viene bruciato come energia nel processo di conversione, oppure assimilato per mantenere le normali funzioni corporee, oppure assorbito da parti del corpo che non sono commestibili, ad esempio la pelle o le ossa.
Quando
un manzo di allevamento sara' pronto per il macello, avra' consumato 1.223
chili di grano e pesera' approssimativamente 475 chilogrammi.
Attualmente, negli Stati Uniti, 157 milioni di tonnellate di cereali, legumi
e proteine vegetali, potenzialmente utilizzabili dall'uomo, sono destinate
alla
zootecnia: e' una produzione di 28 milioni di tonnellate di proteine animali
che l'americano medio consuma in un anno. I bovini e il resto del bestiame
stanno divorando gran parte della produzione di grano del pianeta. »
necessario sottolineare che si tratta di un nuovo fenomeno agricolo, del tutto
diverso da quanto sperimentato prima d'ora. Ironicamente, la transizione dal
foraggio al mangime e' avvenuta senza troppe polemiche, nonostante si tratti
di un fatto che ha avuto, nella politica di utilizzo del territorio e di distribuzione
alimentare, un impatto maggiore di qualunque altro singolo fattore.
In tutto il mondo la domanda di cereali per la zootecnia continua a crescere perche' le multinazionali cercano di capitalizzare sulla richiesta di carne proveniente dai paesi ricchi. Fra il 1950 e il 1985, gli anni boom dell'agricoltura, negli Stati Uniti e in Europa, due terzi dell'aumento di produzione di grano sono stati destinati alla fornitura di cereali d'allevamento per lo piu' bovino. Nei paesi in via di sviluppo, la questione della riforma agricola ha periodicamente chiamato a raccolta intere popolazioni di agricoltori, nonche' generato sommosse politiche populiste. Tuttavia, mentre le questioni della proprieta' e del controllo della terra sono sempre state temi di grande rilevanza, il problema di come la terra venisse utilizzata ha sempre suscitato meno interesse nell'ambito del dialogo politico. Eppure, e' stata la decisione piu' iniqua della storia quella di usare la terra per creare una catena alimentare artificiale che ha portato alla miseria centinaia di milioni di esseri umani nel mondo. » importante tenere a mente che un acro di terra coltivato a cereali produce proteine in misura cinque volte maggiore rispetto ad un acro di terra destinato all'allevamento di carni; i legumi e le verdure possono produrne rispettivamente 10 e 15 volte tanto.
Le
grandi multinazionali che producono semi e prodotti chimici per l'agricoltura,
allevano bestiame e controllano i mattatoi e i canali di marketing e distribuzione
della carne, hanno tutto l'interesse di pubblicizzare i vantaggi del bestiame
allevato a cereali. La pubblicita' e le campagne di vendita destinate ai paesi
in via di sviluppo equiparano ed associano all'allevamento di bovini nutriti
a foraggio il prestigio di quel dato paese. Salire la scala delle proteine
e' diventato un simbolo di successo che assicura l'entrata in un club elitario
di produttori che sono in cima alla catena alimentare mondiale.
Il periodico americano "Farm Journal" riflette con queste parole
i pregiudizi della comunita' agro-industriale: ´Incrementare e diversificare
le forniture di carne sembra essere il primo passo di ogni paese in via di
sviluppo. Iniziano tutti con l'allevamento di polli e con l'installazione
di attrezzature per la produzione delle uova: e' il modo piu' veloce ed economico
che permette di produrre proteine non vegetali. Poi, quando le loro economie
lo permettono, salgono "la scala delle proteine" e spostano la loro
produzione verso carne suina, latte, latticini, manzo nutrito al pascolo.
Per poi arrivare, in alcuni casi, al manzo allevato con grano raffinatoª.
Incoraggiare
altri paesi a salire la scala delle proteine promuove gli interessi degli
agricoltori americani e delle societa' agro-industriali. Molti americani
saranno sorpresi di sapere che due terzi di tutto il grano esportato dagli
Stati Uniti verso altri paesi e' destinato all'allevamento del bestiame piu'
che a soddisfare il fabbisogno di cibo dei popoli.
Molti
paesi in via di sviluppo hanno iniziato a salire la scala delle proteine all'apice
del boom agricolo, quando la tecnologia della "rivoluzione verde"
produceva grano in eccesso. Nel 1971 la Fao suggeri' di passare al grano grezzo
che poteva essere consumato piu' facilmente dal bestiame. Il governo americano
incoraggio' ulteriormente i suoi programmi di aiuti all'estero, collegando
gli aiuti alimentari allo sviluppo sul mercato dei cereali foraggieri. Societa'
come la Ralston Purina e la Cargill hanno ricevuto finanziamenti governativi
a basso tasso di interesse per la gestione di aziende avicole e l'uso di cereali
foraggeri nei paesi in via di sviluppo, iniziando queste nazioni al viaggio
che le avrebbe condotte verso la scala delle proteine. Molte nazioni hanno
seguito il consiglio della Fao e si sono sforzate di rimanere in cima a questa
scala anche dopo che gli eccessi della "rivoluzione verde" erano
svaniti. Negli ultimi 50 anni la produzione mondiale di carne si e' quintuplicata.
Il
passaggio dal cibo al mangime continua velocemente in molti paesi in modo
irreversibile, nonostante il crescente numero di persone che muoiono di fame.
Le conseguenze di queste trasformazioni - e il significato che hanno per l'uomo
- sono state drammaticamente dimostrate da quanto accaduto
in Etiopia nel 1984, quando migliaia di persone sono morte di fame.
L'opinione pubblica non era al corrente del fatto che in quel momento l'Etiopia
stesse utilizzando parte dei suoi terreni agricoli per la produzione di panelli
di lino, di semi di cotone e semi di ravizzone da esportare nel Regno Unito
e in altri paesi europei come cereali foraggieri destinati alla zootecnia.
Al momento sono milioni gli acri di terra che nel Terzo mondo vengono utilizzati
esclusivamente per la produzione di mangime destinato all'allevamento del
bestiame europeo.
Purtroppo,
l'80 per cento dei bambini che nel mondo soffrono la fame vive in paesi che
di fatto generano un surplus alimentare che viene pero' per
lo piu' prodotto sotto forma di mangime animale e che di conseguenza viene
utilizzato solo da consumatori benestanti. Al momento, uno sconcertante 36
per cento della produzione mondiale di grano e' consacrato all'allevamento
del bestiame. Nelle aree in via di sviluppo, dal 1950 ad oggi, la quota-parte
di grano destinata alla zootecnia e' triplicata ed ora supera il 21 per cento
del totale di grano prodotto. In Cina, dal 1960 ad oggi, la percentuale di
grano da allevamento e' triplicata (dall'8 al 26 per cento). Nello stesso
periodo, in Messico, la percentuale e' cresciuta dal 5 al 45 per cento, in
Egitto dal 3 al 31, ed in Thailandia dall'uno al 30 per cento.
L'ironia dell'attuale sistema di produzione e' che milioni di ricchi consumatori dei paesi industrializzati muoiono a causa di malattie legate all'abbondanza di cibo - attacchi di cuore, infarti, cancro, diabete - malattie provocate da un'eccessiva e sregolata assunzione di grassi animali; mentre i poveri del Terzo mondo muoiono di malattie poiche' viene loro negato l'accesso alla terra per la coltivazione di grano e cereali destinati all'uomo. Le statistiche parlano chiaro: sarebbero 300 mila gli americani che ogni anno muoiono prematuramente a causa di problemi di sovrappeso. Un numero destinato ad aumentare. Secondo gli esperti, nel giro di qualche anno, se continuano le attuali tendenze, sempre piu' americani moriranno prematuramente piu' per cause di obesita' che per il fumo delle sigarette.
Attualmente
il 61 per cento degli americani adulti e' in sovrappeso. Ma contrariamente
a quanto si crede, gli americani non sono i soli ad essere grassi. In Europa,
oltre la meta' della popolazione adulta fra i 35 e i 65 anni ha un peso superiore
al normale. Nel Regno Unito il 51 per cento della popolazione e' in sovrappeso
e in Germania si registra un eccedenza di peso nel 50 per cento degli individui.
Anche nei paesi in via di sviluppo, fra le classi piu' abbienti della societa',
il numero degli obesi va velocemente crescendo. Il Who (World Health Organization)
sostiene che la ragione principale di tutto cio' e' "l'assunzione di
cibi ad alto contenuto di grassi la predilezione dell' "hamburger life
style".
Secondo il Who, il 18 per cento della popolazione dell'intero globo e' obesa,
piu' o meno quante sono le persone denutrite. Mentre i consumatori dei paesi
ricchi letteralmente fagocitano se stessi fino alla morte, seguendo regimi
alimentari carichi di grassi animali, nel resto del mondo circa 20 milioni
di persone l'anno muoiono di fame e di malattie collegate.Secondo
le stime, la fame cronica contribuisce al 60 per cento delle morti infantili.
Il consumo di grandi quantita' di carne, specie quella di bovini nutriti a
foraggio, e' visto da molti come un diritto fondamentale e un modo di vita.
La societa' dell'hamburger di cui fanno parte anche persone alla disperata
ricerca di un pasto al giorno non viene mai sottoposta al giudizio della pubblica
opinione. I consumatori di carne dei paesi piu' ricchi sono cosi' lontani
dal lato oscuro del circuito grano-carne che non sanno, ne' gli interessa
sapere, in che modo le loro abitudini alimentari influiscano sulle vite di
altri esseri umani e sulle scelte politiche di intere nazioni.
Il
punto e' questo. Con molta probabilita' al World Food Summit si parlera' molto
di come incrementare la produzione alimentare. E senza dubbio le
societa' biotecnologiche saranno li' a fare propaganda ai loro "super
semi" geneticamente modificati. I paesi del G-7 e le Organizzazioni non
governative parleranno della necessita' di estendere gli aiuti alimentari.
Gli stati del Sud del mondo parleranno di accordi piu' equi per il commercio
globale e di come assicurare prezzi piu' alti per le proprie merci e i propri
prodotti.
Probabilmente si discutera' addirittura della necessita' di una riforma agricola
nei paesi poveri.
Ma
il tema assente dal panorama dei dibattiti sono le abitudini alimentari dei
consumatori dei paesi ricchi che preferiscono mangiare prodotti animali
pieni di grassi e altri cibi al top della catena alimentare globale, mentre
i loro fratelli del Terzo mondo muoiono di fame perche' gran parte del terreno
agricolo viene utilizzato per la coltivazione di cereali destinati agli animali.
Da troppo tempo ormai aspettiamo una discussione globale su come
meglio promuovere una dieta vegetariana diversificata, ad alto contenuto di
proteine e adatta all'intera umanita'.
Cosi'
quando i delegati ufficiali e quelli delle organizzazioni non governative
termineranno gli incontri giornalieri previsti dal World Food Summit della
Fao e si siederanno a tavola, la vera politica dell'alimentazione sara' seduta
li' e sara' proprio di fronte ai loro occhi, nei loro piatti.
Fonte: La Repubblica 13.06.2002