RISORSE IDRICHE

Con la pubblicazione del Decreto del Presidente della Repubblica 18 febbraio 1999, n.238, "Regolamento recante norme per l'attuazione di talune disposizioni della legge 5 gennaio 1994, n. 36, in materia di risorse idriche nella Gazzetta Ufficiale n. 173 del 26-07-1999, che appartengono allo Stato e fanno parte del demanio pubblico tutte le acque sotterranee e le acque superficiali, anche raccolte in invasi o cisterne.

IL PAESAGGIO VIOLENTATO
di Michele Serra
(riflessione sulla strage di Soverato)

Sostiene Marco Paolini, l' Omero di "Vajont", che l'Italia è un paese montagnoso che ha di sé un'immagine di pianura. E che sarebbe proprio questo l'equivoco identitario più spaesante e rovinoso, tra i tanti indotti da un'industrializzazione ultrarapida e dall'abbandono in massa delle campagne. A parte la cartina geografia (effettivamente, il settanta per cento del territorio italiano è in rilievo), a confermare l'intuizione poetica di Paolini è una serie funesta e impressionante di tragedie tutte scaturite da una sorta di scriteriata e imperterrita rimozione della natura stessa del nostro territorio. Ultima e terribile questa di Calabria, dove un torrente, caricato dagli acquazzoni, è disceso dai monti al litorale per riprendersi il suo antico e naturale alveo, cancellando un campeggio che con altre precarie strutture vacanziere era stato sistemato per l'ennesima volta nell'ennesimo posto sbagliato. Cioè in un posto che era fiume ed è tornato a esserlo, secondo logica.

Rende più cruda e dolorosa la tragedia sapere che le vittime erano portatori di handicap, e volontari che li assistevano; e, soprattutto, che questa volta l'allarme era stato dato con largo anticipo (dagli ambientalisti, cassandre troppo spesso sbeffeggiate), che le autorità se ne erano occupate, ma che nulla era poi mutato, e nessuna autorizzazione revocata, ammesso che qualche autorizzazione potesse essere pretesa, in quell'arrangiaticcio "fai da te" che è spesso l' economia meridionale, turistica e non.

Così, l'ormai sdrucita invocazione di rito, "bisogna punire i responsabili", ha questa volta una sua palmare ragion d'essere: qualcuno ha sbagliato perfino ufficialmente, nero su bianco, e dovrà renderne conto. Perfino questo atto di giustizia, però, sarebbe ancora niente di fronte all'impressionante svagatezza con la quale un paese intero convive, da decenni, con il vero e proprio sisma di superficie che lo incrina e lo rode giorno per giorno. Che le colpe delle autorità siano le più gravi, non vi è dubbio.

Ma che l'incultura, la sprovvedutezza e l'avidità di massa contribuiscano a innescare le tragedie, è altrettanto indubbio. Con poche eccezioni, in fondo a ciascuna di queste catastrofi, scavata la melma, rimosse le macerie, si viene a sapere di seconde case costruite in favore di valanga, di zone golenali e addirittura di alvei (come a Soverato) abitati abusivamente o addirittura legalmente, di acque che ci si dimentica di far scolare e infine precipitano come bombe, di argini mal sorvegliati, di fossi intasati, di fiumi ingolfati di detriti oppure depredati dai cavatori. A ciascuna di queste inadempienze, o di queste stolte predazioni, corrisponde probabilmente un'autorità distratta o connivente.

Ma corrisponde anche la rimozione collettiva di regole, di memorie, di saperi che dovrebbero, in un paese come l'Italia, essere fisiologici. E se non lo sono più, significa che davvero lo spaesamento è stato micidiale, e che dalla bruciante modernizzazione italiana è scaturita soprattutto fretta predatoria e non altrettanto talento tecnologico. E' presumibile che la tecnologia, la stessa tecnologia che ha liberato i contadini dalla vanga, saprebbe meglio della vanga regolare il corso delle acque, risanare i crinali, rimboschire dove serve. Eppure, in molte zone di collina e di montagna, il segno sapiente e arcaico della vanga, della manutenzione manuale e quotidiana del territorio, è a tutt'oggi l'ultima traccia della previdenza umana, e ancora non ha trovato, incredibilmente, un surrogato degno e autorevole. Probabilmente perché, nello stravagante rendiconto del nostro fare e disfare, si punta sempre su ciò che rende quattrini a breve, ignorando che molto del lavoro, in una collettività sana e previdente, dev'essere destinato al futuro. Altrimenti ci si chiederebbe se costa di più riparare i danni delle catastrofi (alcuni irrisarcibili, come le vite umane) oppure cercare di evitarle, giorno per giorno. Se non tutte, almeno la maggioranza. Anzi, ce lo si è già chiesto: dopo ogni catastrofe. E ci si è sempre risposto che sì, converrebbe, e di molto, provvedere alla manutenzione ordinaria, e far rispettare le misure di sicurezza, piuttosto che riempire di miliardi e di lacrime di coccodrillo le voragini aperte. Eppure nessuna seria campagna politica o progetto governativo, né di destra né di sinistra, ha mai dato l'impressione di cogliere davvero l'enorme importanza economica e culturale di un'opera di risanamento, di recupero, di sorveglianza che sarebbe, poi, la sola e vera Grande Opera urgentissima, qui da noi. E per unanime ammissione. La parola "territorio", poi, è stata nominata così invano, e così a raffica, da diventare uno dei più tipici e astratti termini politichesi: come se territorio non volesse poi dire, concretamente, il terreno sul quale poggiamo i piedi, abitiamo, lavoriamo, viaggiamo. Si conta, adesso, di stabilire in fretta chi ha avuto colpa di quanto è accaduto: e considerando l'impunità che ha offeso altre vittime, in altri casi, fare giustizia sarebbe già qualcosa di nuovo. Ma non se verrà mai fuori, da questo fango, finché davvero non sarà riaperto, anche nel profondo del sentire sociale, il capitolo della nostra geografia, del nostro rapporto perduto con la terra anzi il terreno, della percezione che abbiamo del nostro abitare, del nostro paesaggio, di noi stessi. Perché sono nella terra, poi, anche i computer della new-economy, e non c'è occupazione virtuale, attività finanziaria, connessione celestiale che non abbia poi le sue basi fisiche sopra la pelle viva del pezzo di pianeta che ci tocca. Finché un paese di montagna continuerà a pensarsi e programmarsi come un paese di pianura, l'acqua dei fiumi continuerà a caderci addosso a tradimento. La montagna non è il nostro pittoresco, non il nostro passato, non il nostro svago.

E' il settanta per cento dell'Italia, lo è sempre stato e lo sarà ancora per qualche era geologica.

Viviamo in pendenza. Prima ce ne rendiamo conto, meglio è.

Fonte: La Repubblica

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DAL MANIFESTO DELL'ACQUA

"L'acqua è patrimonio dell'umanità. La salute individuale e collettiva dipende da essa. L'agricoltura, l'industria e la vita domestica sono profondamente legate ad essa. Il suo carattere " insostituibile "significa che l'insieme di una comunità umana - ed ogni suo membro - deve avere il diritto di accesso all'acqua, e in particolare, all'acqua potabile, nella quantità e qualità necessarie indispensabili alla vita e alle attività economiche. Non ci può essere produzione di ricchezza senza accesso all'acqua. L'acqua non è paragonabile a nessun'altra risorsa: non può essere oggetto di scambio commerciale di tipo lucrativo.Il diritto all'acqua è un diritto inalienabile individuale e collettivo.

Mentre nel passato la condivisione dell'acqua è stata spesso una delle maggiori cause delle ineguaglianze sociali, la civilizzazione di oggi riconosce l'accesso all'acqua come un diritto fondamentale, inalienabile, individuale e collettivo. Il diritto all'acqua è una parte dell'etica di base di una buona società e di una buona economia. E' compito della società, nel suo complesso e ai diversi livelli di organizzazione sociale, garantire il diritto di accesso, secondo il doppio principio di corresponsabilità e sussidiarietà, senza discriminazioni di razza, sesso, religione, reddito o classe sociale.

L'acqua deve contribuire al rafforzamento della solidarietà fra i popoli, le comunità, i paesi, i generi, le generazioni Le risorse d'acqua sono distribuite in modo ineguale. Anche i redditi lo sono. Questo non significa che deve esserci anche ineguaglianza nell'accesso all'acqua fra le persone, le comunità e le regioni. Inoltre, l'ineguaglianza nella distribuzione dell'acqua e della ricchezza finanziaria non significa che le persone ricche d'acqua e ricche economicamente possano farne l'uso che vogliono, anche venderla (o comprarla) all'esterno per derivarne il massimo profitto (o piacere). In numerose regioni del mondo l'acqua rimane una fonte di ineguaglianze fra uomini e donne, in quanto queste ultime portano tutto il peso dei lavori di casa che dipendono dall'acqua.

Queste ineguaglianze devono essere rimosse. Sul nostro pianeta ci sono ancore troppe guerre legate all'acqua perché molti stati continuano a usare l'acqua come strumento a supporto dei loro interessi strategici di tipo geo-economico, al fine di acquisire un potere egemonico sulla regione circostante. L'accesso all'acqua necessariamente avviene tramite partnership.

E' ora di andare oltre la logica dei " signori della guerra " e dei conflitti economici per il dominio e la conquista dei mercati La cittadinanza e la democrazia si basano sulla cooperazione e il rispetto reciproco. Una "partnership" per l'acqua è il principio ispiratore che sta dietro a tutti i progetti (esempio "il contratto di fiume") che ha permesso la risoluzione di conflitti che in certe regioni del mondo hanno tradizionalmente avvelenato le relazioni fra paesi appartenenti allo stesso bacino idrografico. Noi sosteniamo una vera partnership pubblica/privata a livello locale/nazionale/mondiale. Una gestione dell'acqua sostenibile nell'interesse generale non solo può, ma deve essere fondata sul rispetto delle diversità culturali e sul pluralismo socio-economico. Una partnership prevalentemente sottomessa, come accade attualmente, alla logica e agli interessi degli attori privati in continua competizione reciproca per conquistare il mercato non può che danneggiare l'obiettivo di assicurare l'accesso all'acqua conformemente alle regole di una "sostenibilità" globale integrata.

Crediamo che la responsabilità finanziaria per l'acqua debba essere collettiva e individuale secondo i principi di responsabilità e di utilità. Assicurare l'accesso all'acqua per i bisogni vitali e fondamentali di ogni persona e di ogni comunità umana è un obbligo per l'intera società. E' la società che deve assumere collettivamente i costi relativi alla raccolta, produzione, deposito, distribuzione, uso, conservazione e riciclo dell'acqua, in vista della fornitura e della garanzia di accesso all'acqua nella quantità e nella qualità minime indispensabili. I costi (inclusi gli effetti esterni negativi che non sono considerati nei prezzi di mercato) sono costi sociali comuni che devono essere sostenuti dall'intera collettività. Questo principio assume un valore ancor più rilevante e significativo a livello di un paese, del continente e della società mondiale. Il finanziamento deve essere assicurato mediante una ridistribuzione collettiva. I meccanismi di fissazione dei prezzi individuali, secondo un sistema di progressività, intervengono a partire da un livello di utilizzazione dell'acqua oltre il minimo vitale indispensabile. Oltre questo minimo vitale, è infatti corretto che i prezzi siano in funzione della quantità usata. Vi è però un limite all'uso: ogni eccesso deve essere considerato illegale.

Non è perché uno può permettersi di pagare prezzi elevati che ha diritto ad utilizzare l'acqua in quantità illimitata ed irragionevole. La politica dell'acqua implica un alto grado di democrazia a livello locale, nazionale, continentale e mondiale. E' urgente ed essenziale (ri)valorizzare le pratiche tradizionali locali di gestione dell'acqua. Un'importante eredità di conoscenze, competenze e pratiche delle comunità, molto efficienti e sostenibili, è stata dilapidata e si è persa. C'è il rischio che venga ulteriormente distrutta negli anni futuri. Proposte Definire un " trattato mondiale sull'acqua " che legalizzi l'acqua come bene patrimoniale vitale, comune a tutta l'umanità. Questo escluderebbe l'acqua da tutti gli accordi commerciali internazionali (come quelli esistenti nell'ambito dell'Organizzazione Mondiale del Commercio - WTO), come già accade in campo culturale.

1. Sviluppo (o modernizzazione) dei sistemi di distribuzione e sanitarizzazione dell'acqua per le 600 città della Russia, Africa, Asia, America Latina e paesi europei che avranno più di un milione di abitanti nell'anno 2020 e i cui acquedotti (sistemi) sono già oggi obsoleti, inadeguati o inesistenti;

2. Lotta contro nuove fonti di inquinamento dell'acqua nelle città del Nord America, Europa occidentale e Giappone, dove la contaminazione del terreno, sia in superficie che in profondità, sta diventando sempre più preoccupante e in alcuni casi irreversibile.

A questi scopi, deve essere data priorità a :

1. La riforma strutturale dei sistemi di irrigazione nell'agricoltura industriale intensiva. La soluzione esiste già come, per esempio, " l'irrigazione a goccia". La moderna agricoltura esistente è il principale consumatore delle risorse di acqua fresca del pianeta (pari al 70% dell'estrazione totale mondiale, di cui la maggior parte è per l'irrigazione). Il 40% dell'acqua per irrigazione si perde lungo la strada dalla fonte al serbatoio. Inoltre, l'agricoltura industriale è fonte dei maggiori danni e minacce all'ambiente (in particolare la salinità del suolo e l'idromorfismo.);2. Moratoria di 10-15 anni per la costruzione di nuove grandi dighe che hanno finora creato problemi considerevoli di breve e lungo periodo all'ambiente, alle popolazioni locali e alla possibilità di una gestione dell'acqua integrata."

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LA RISCOPERTA DELLE SIEPI
di Mario Vietti

La consuetudine di allineare arbusti o alberi in modo da formare una siepe ha origine in agricoltura (di qui il nome di siepe campestre) con lo scopo ben preciso di proteggere dal vento, dividere la proprietà agraria e fornire legname e a volte anche frutti e foraggio. Con il passare degli anni i contadini hanno poco per volta abbandonato le siepi campestri, rimuovendole o trascurandole fino a lasciarle morire, sia perché non le ritenevano più utili come un tempo sia perché erano convinti che togliessero sole, spazio e sostanze nutritive alle coltivazioni. Invece recenti studi hanno dimostrato che la siepe campestre è più che mai utile anche nelle moderne coltivazioni in quanto può indirettamente incrementare il reddito del coltivatore con numerose funzioni utili.

Tanto è vero che attualmente molti enti pubblici, anche a livello europeo, offrono dei contributi ai contadini che intendono ripristinare le siepi campestri nei loro appezzamenti. Oltre alla rivalutazione della siepe campestre in agricoltura, può essere interessante un suo inserimento nei giardini privati, sia di città sia di campagna, dove si potrebbero sfruttare le importanti funzioni che svolge. In queste aree verdi, la siepe è una componente fondamentale ma più che altro è considerata come elemento decorativo (con i colori delle foglie o dei fiori e con piante perfettamente potate si ottengono piacevoli effetti). Se invece si considerano anche gli aspetti utili, ecco che la siepe nei giardini assume un ruolo diverso, come la siepe campestre. Nel caso dei giardini privati forse la funzione più utile è quella protettiva: dal vento, dai rumori, dalle polveri e dagli sguardi dei passanti. A proposito di siepe frangivento, è bene ricordare che questo è uno dei compiti più importanti che svolge una siepe nei campi coltivati, facendo aumentare sensibilmente la loro produttività. In località ventose molte coltivazioni difficilmente riuscirebbero a crescere se non fossero riparate da una barriera vegetale che smorza notevolmente l’azione del vento (nella fascia immediatamente vicina alle piante la velocità è ridotta di circa due terzi per poi aumentare gradatamente fino a ritornare a quella posseduta sopravvento).

La siepe campestre può anche essere utilizzata per delimitare la proprietà o per nascondere alla vista oggetti o strutture poco gradevoli (per esempio cassonetti dell’immondizia) o per bloccare il passaggio a persone, animali o veicoli, costringendoli a usare i percorsi predisposti (sentieri, strade, vialetti). Un’altra notevole funzione di queste barriere verdi è quella di costituire un ambiente adatto ad offrire rifugio a molti animali utili, non solo uccelli insettivori, ma anche numerosi insetti che si nutrono di altri insetti e di acari dannosi per le piante. Se collocata in terreni in pendio, la siepe campestre aiuta nell’azione di consolidamento. Per realizzare una siepe campestre sarebbe opportuno preparare un piccolo schizzo, riportando il tipo di piante e la posizione; è necessario considerare le caratteristiche delle piante (altezza e ingombro da adulte, colore dei fiori, foglie persistenti o no, esigenze di terreno, e così via), in modo da scegliere le specie più adatte alla funzione che si desidera attribuire alla siepe. Se si vuole realizzare una barriera frangivento, si dovranno utilizzare per lo più piccoli alberi o arbusti che diventino abbastanza alti; se invece la siepe può rimanere più bassa si sceglieranno principalmente specie arbustive. In ogni caso bisogna cercare di alternare essenze sempreverdi con quelle spoglianti e accostare piacevolmente colori e forme.

Nella scelta delle piante occorre valutare anche le esigenze di manutenzione e naturalmente le condizioni pedoclimatiche del luogo. Per avere più garanzie di attecchimento e una resa migliore, è sempre preferibile piantare specie autoctone e tradizionalmente usate nelle siepi campestri, magari inserendo qualche arbusto o albero più «pregiato», ovvero più ornamentale. La manutenzione della siepe campestre è piuttosto semplice: è sufficiente irrigare nei primi mesi dopo la messa a dimora e durante i periodi particolarmente siccitosi; inoltre è bene tenere sotto controllo la crescita delle erbe infestanti. Il risultato migliore si ottiene lasciandola crescere spontaneamente, senza potarla, eliminando solo i rami eccessivamente esuberanti, disordinati o secchi.

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COS'E' LA WORLD TRADE ORGANISATION (W.T.O.): L'ORGANIZZAZIONE MONDIALE DEL COMMERCIO
(da alcune riflessioni di Maurizio Meloni contenute ne “La battaglia di Seattle” Editrice Berti-Consorzio Altra Economia; febbraio 2000)

La W.T.O. è un'organizzazione sovranazionale con personalità legale (come l'O.N.U., di cui però non fa parte) che può imporre sentenze vincolanti ai propri Paesi membri. Dispone di un sistema di micro tribunali interni (i c.d. panel per imporre ai Paesi membri le proprie decisioni, volte ad abbattere gli ostacoli al libero commercio. Se un Paese non accetta, viene sottoposto a pesanti rappresaglie di tipo commerciale.

Nei soli primi cinque anni di vita della W.T.O. (nata nel 1995) oltre 170 leggi nazionali sono state "modificate" e condizionate attraverso questo sistema

L'adesione alla W.T.O. è stata in molti paesi espressa con regolare voto da parte dei propri organismi parlamentari, ma in una totale assenza di dibattito da parte dell'opinione pubblica come se fosse passata una riforma tecnica di una prodeura e non istituito un colosso capace di riscrivere le regole del gioco commerciale con conseguenze dirette su tutti.

Con la W.T.O. (ma anche con altri accordi internazionali come il N.A.F.T.A. e il M.A.I.) si assiste ad un fenomeno di trasferimento della sovranità dai poteri pubblici, i quali, per quanto carenti possono tuttavia essere soggetti ad una qualche forma di controllo da parte dei cittadini e delle loro organizzazioni, ad attori privati non trasparenti e socialmente non responsabili.

Alcuni esempi sulla ricaduta diretta di questi meccanismi di potere della W.T.O.

IMPATTO SULL'AMBIENTE

Gli USA dal 1990 possiedono una legislazione per la tutela dell'aria dall'inquinamento: il c.d. Clean Air Act che prevede tra l'altro criteri precisi per la produzione dei carburanti al fine di limitare l'emissioni di sostanze tossiche. Alcuni paesi produttori di petrolio (Venezuela e Brasile) spalleggiati dalle multinazionali petrolifere americane ricorrono ai tribunali della W.T.O. Convinti che gli obiettivi di qualità ambientale proposti dal Clean Air Act discriminino i produttori americani nei confronti dei produttori stranieri che non sono tenuti ad applicare quegli standard di qualità. La salvaguardia ambientale viene dunque indebolita da una clausola commerciale che svuota di significato una legge votata dal parlamento sovrano.

IMPATTO SULLA SALUTE

Gli USA hanno citato nel 1996 l'Unione Europea davanti al tribunale della W.T.O. per la legge che bandisce dal commercio europeo le carni contenenti residui di ormoni artificiali in forza del c.d. “principio di precauzione”: un divieto che però non discrimina le produzioni europee da quelle non comunitarie. Poiché la W.T.O. non riconosce il principio di precauzione ha dato ragione al ricorso americano sanzionando nel 1999 l'Europa di ben 116 milioni di dollari! Secondo la W.T.O. senza la prova provata esibita da un ufficio pubblico che la carne agli ormoni è dannosa alla salute dei consumatori ogni bando costituisce una illegale barriera al commercio! Ne consegue che in queste condizioni i consumatori sono esposti ai rischi di consumare prodotti potenzialmente nocivi sul lungo termine, dei quali è molto difficile dimostrarne la pericolosità! Analogamente a questa vicenda gli Stati uniti hanno intenzione di utilizzare il regime commerciale della W.T.O. per impedire a Paesi come l'Australia, il Giappone e l'Unione Europea di etichettare i prodotti alimentari che contengano sostanze geneticamente modificate. Come si può ben capire il regime commerciale della W.T.O. vanifica la capacità dei poteri pubblici e dei cittadini in genere di governare processi economici, sociali, sanitari ed ambientali, a favore di soggetti privati senza alcuna responsabilità civile e materiale.

L'IPERSFRUTTAMENTO DEL SUD DEL MONDO

Uno degli usi più inquietanti del regime giuridico commerciale della W.T.O. è quello delle controversie minacciate da Paesi sedi di multinazionali farmaceutiche contro il Sudafrica di Mandela impegnato dal 1997 con una legge che avviava una campagna di lotta all'A.I.D.S. mediante l'acquisto di farmaci a più basso costo fuori brevetto. Questo scontro ha portato la revoca dei benefici commerciali al Sudafrica da parte degli U.S.A. con evidenti conseguenze sulla popolazione di quel paese africano. Altre controversie di questo tipo hanno visto gli U.S.A. citare l'India per le normative di tutela delle mappe genetiche dei vegetali indiani dopo che la ditta texana Rice Tec. Inc. ha brevettato la più nota ed apprezzata varietà di riso indiano: la qualità “Basmati”. Analoga contesa fra Thailandia e Giappone davanti alla W.T.O. contrapposti per l'emanazione di una legge a tutela dei guaritori tradizionali thailandeisi e dei loro medicamenti per evitare un saccheggio da parte dei brevettatori stranieri. La W.T.O. ha sanzionato l' Unione Europea di 190 milioni di dollari nel 1999 per il regime preferenziale che questa accordava all'importazione di banane da alcuni paesi sottosviluppati dell'Africa, dei Caraibi, e del Pacifico non competitivi rispetto le multinazionali (americane) Chiquita, Dole, Del Monte produttrici nel sud e centro america. La U.E. ha dovuto recedere di fronte a questo pesante onere e quindi per quei piccoli produttori banarieri sarà il disastro economico e, quel che è peggio, saranno costretti a riconvertire le loro coltivazioni alla produzioni di droghe.

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GUIDA AI PRODOTTI COSMETICI NON TESTATI SU ANIMALI

Ogni prodotto ha una sua storia, spesso sconosciuta al grande pubblico, talvolta questa storia comprende test e prove sperimentali fatte su animali in laboratorio. In altri casi non è il prodotto stesso ad essere stato "testato", ma appartiene ad una multinazionale che utilizza queste metodologie in altri settori o per altri marchi che gli appartengono. Poter dare uno sguardo al di là dell'etichetta, della patinata pubblicità di profumi o bagnoschiuma, non è facile ma ci consente di scorgere una verità che, chi produce, ha tutto l'interesse a tenere celata. Questo ed altro per presentare la “Guida ai prodotti non testati” curata dalla Casa Editrice Cosmopolis grazie alla penna di Antonella De Paola. Pagine 168 £ 20.000 / € 10,33

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LE FABBRICHE DEGLI ANIMALI: “MUCCA PAZZA E DINTORNI”

mucca pazza

La zootecnia industriale è una realtà crudele e spesso insensata. In queste fabbriche di "animali macchine" nascono, vivono e muoiono, senza aver mai visto la luce del sole, né aver potuto soddisfare alcuno dei loro istinti naturali milioni di animali. L'immobilità forzata, la fecondazione artificiale, i trattamenti farmacologici legali e SPESSO illegali, i mangimi nei quali finisce ogni genere di rifiuto industriale: scarti di macelleria, zuccherifici, oleifici e distillerie, trasformano gli animali in vere e proprie discariche viventi. Le ricadute in termini di benessere animale, salute pubblica e difesa dell'ambiente sono sotto gli occhi di tutti: emergenze sanitarie, da "mucca pazza" ai "polli alla diossina", emergenze ambientali legate allo smaltimento dei rifiuti, all'utilizzo insensato di acqua: in un pianeta sempre più assetato la produzione di carne arriva a consumarne fino a 3150 litri per chilogrammo. A farne le spese sono certo, in primo luogo, gli animali, ma ciò che emerge, pagina dopo pagina, è il fatto che a pagare siamo tutti noi: in quanto consumatori e cittadini di questo pianeta. L'autore non si limita a fotografare la realtà, ma delinea un percorso per uscire da una situazione che come dimostrano i fatti è ormai insostenibile. La strada è sicuramente lunga ma possibile e ciascuno può dare il proprio contributo: agricoltori, consumatori, ambientalisti e animalisti, accomunati dalla ricerca di un nuovo e più equo rapporto animali-ambiente. Questo approfondimento è stato redatto da Enrico Moriconi per i tipi della Casa Editrice Cosmopolis. Pagine 286 £ 30.000 / € 15

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Le varie industrie della zona di Porto Marghera nel 1970 emungevano acqua dalla falda artesiana per 274,14 litri al secondo. Nel 1972, al culmine dell'attività industriale, Porto Marghera consumava 500 litri al secondo di acqua estratta dal sistema acquifero in pressione. Praticamente abbiamo mantenuto le industrie chimiche, metallurgiche ed altre di Porto Marghera con freschissima e buonissima acqua minerale artesiana ad un costo irrisorio!

LA PRIVATIZZAZIONE DELL'ACQUA
di Roberto Bosio

L’icona del nostro tempo è l’immagine della Terra ripresa dallo spazio. Il messaggio che trasmette è chiaro: viviamo in uno spazio chiuso, formato soprattutto da acqua. Peccato che solo una minima parte sia utilizzabile: il 97,5% dell’acqua presente sulla Terra è salata. E poi non tutta l’acqua dolce è facilmente disponibile: più della metà - il 68,9% - è contenuta in ghiacciai e nevi perenni, e quasi un terzo - il 29,9% - si trova nel sottosuolo. Alla fine di tutte queste sottrazioni la quantità d’acqua dolce potenzialmente disponibile è irrisoria: solo lo 0,008% del prezioso elemento presente sul pianeta.

Guerre per l’acqua? - Secondo Eric Tilman - ingegnere idrologico e esperto di gestione delle risorse in acqua presso la Banca Mondiale - "Globalmente, le risorse rinnovabili di acqua sono ben sufficienti. Il problema è la cattiva ripartizione e la questione della penuria d’acqua. Da un lato c’è il Canada, che dispone di risorse quasi illimitate di acqua di buona qualità, cento volte superiori per abitante a quelle dell’Egitto. Dall’altra parte ci sono Yemen e Israele”.

Le falde idriche sono in preoccupante calo in molte regioni del globo, come il Medio Oriente e l’Africa settentrionale. Già oggi tra Paesi arabi e Israele ci sono forti scontri per il controllo delle fonti d’acqua. E se non interverranno fattori in contro tendenza, nel 2050 la domanda di acqua supererà abbondantemente la disponibilità. Questa fonte di vita insostituibile, è destinata a rivestire un’importanza sempre più rilevante nei rapporti tra gli Stati, con il rischio di dare origine a violenti conflitti. Come ha sostenuto nel 1995 Ismail Serageldin, vice-presidente della Banca Mondiale, “Nel prossimo secolo le guerre scoppieranno per l’acqua, non per il petrolio o per motivi politici”.

La privatizzazione dell’acqua - I ministri dei circa cento Stati presenti al 2° Forum Mondiale dell’Acqua (L’Aia, 17-22 marzo 2000) hanno firmato una dichiarazione in cui si affermava che l'acqua deve essere considerato un bisogno, e non un diritto, e che deve avere un valore di mercato, cioè un prezzo calcolato e definito sulla base del costo totale di produzione. La riduzione all'acqua ad una merce non può essere espressa in maniera più chiara. Molte imprese pregustano già l’affare: la Coca Cola e la Pepsi stanno entrando in un settore che conta già giganti come Danone e Nestlé, o la francese Suez-Lyonnaise. Un’impresa USA, la McCurdy Enterprises, ha espresso la volontà di voler commercializzare (ed esportare) l’acqua dei Grandi Laghi. La banca svizzera Picter ha lanciato un fondo d'investimento con titoli legati al business dell'acqua, ipotizzando rendimenti eccezionali proprio grazie allo sviluppo del settore privato. In molti Paesi – come Gran Bretagna, Francia e Canada -, la privatizzazione dell’acqua è ormai un fatto acquisito. In altri, una pretesa maggior efficienza, e la riduzione delle entrate pubbliche, vengono utilizzati come pretesti per giustificare la volontà di ricorrere alla privatizzazione dell’acqua. Negli ultimi tre anni poi, si è registrato un aumento vertiginoso di questo fenomeno: Giakarta, Manila, Casablanca, Dakar, Nairobi, La Paz, Città del Messico e Buenos Aires, sono soltanto alcune delle città in cui l’acqua adesso è in mano a privati.

Un diritto negato - A Cochabamba – una città della Bolivia -, il 4 febbraio scorso si sono verificati violenti scontri a seguito di una manifestazione pacifica organizzata dai campesinos. Protestavano perché la Legge Nazionale per l’acqua prevedeva l’esproprio totale di ogni sorgente d’acqua a favore di un progetto portato avanti da una società privata. Di conseguenza, anche i vecchi pozzi utilizzati dai campesinos sono destinati ad essere controllati e tassati., e le loro famiglie si erano ritrovate a dover pagare in media circa 20 pesos boliviani al mese per l’acqua, una cifra notevole se rapportata alla paga minima di 350 pesos che percepiscono la maggior parte dei lavoratori. Cosa succederà a chi non ha i 20 Pesos al mese per pagare l’acqua? Siccome l'acqua è, con l'aria, fonte di vita insostituibile, il diritto alla vita per centinaia di milioni di esseri umani rischia di venire negato o almeno troncato.

E allora? - A difesa del diritto all'acqua è stato istituito il Comitato internazionale per la promozione di un Contratto mondiale dell'Acqua. È già iniziata una raccolta di firme (http://www.contrattoacqua.it/) per sottoscrivere, anche attraverso Internet, il “Manifesto dell'Acqua”, contenente i principi fondamentali della campagna:

  • l'acqua deve essere considerata un bene comune dell'umanità;
  • l'accesso all'acqua é un diritto che deve essere garantito a tutti gli esseri umani;
  • la copertura finanziaria dei costi deve essere a carico della collettività;
  • la gestione dell’acqua é fondamentalmente un affare dei cittadini e non solo dei distributori e consumatori.

La raccolta delle adesioni alla Campagna avverrà in tutto il mondo, e sarà presentata alla Conferenza Mondiale delle Nazioni Unite “RIO+10” su Sviluppo ed ambiente, che avrà luogo a Bonn nell'ottobre 2002, e rappresenterà uno dei momenti centrali dell'agenda politica internazionale. L’obiettivo é di iscrivere i principi e le proposte della Campagna nelle risoluzioni e nei testi finali di RIO + 10, per poi mobilitare i cittadini sulle misure concrete da prendere ai vari livelli per l'effettiva realizzazione dei principi e degli obiettivi definiti a "RIO + 10".

Alcune cifre sull’acqua - 1,4 miliardi di persone nel mondo non hanno accesso all'acqua potabile. Se non ci sarà un’inversione di tendenza, le persone senza accesso all'acqua potabile diventeranno più di 3 miliardi nel 2020. Metà dell’umanità non dispone di sistemi fognari adeguati. Ogni anno decine di milioni di persone muoiono per dissenteria e altre malattie causate dall’acqua ingerita. In Canada, un’inchiesta del 1996 ha evidenziato che il 76% della popolazione è contraria alla privatizzazione. Nel 2000, una manifestazione di 10.000 persone scese in piazza a Montreal, ha fatto recedere le autorità del Quebec dall’attuazione del piano di privatizzazione dell’acqua. Il volume di affari per le acque minerali, gestito dalle multinazionali, è di 28 miliardi di dollari. Nei paesi industrializzati consumiamo ogni anno 1.200.000 mila litri di acqua a testa. L'Italia figura al primo posto al mondo per consumo pro-capite d'acqua minerale in bottiglia.

Fonte: www.retelilliput.org / 25-12-2001

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IL PROTOCOLLO DI KYOTO

 Gli oltre 2000 scienziati dell'IPCC (International Panel on Climate Change), organismo tecnico sottto l'egida della Nazioni Unite (UNEPP) prevedono un incremento della temperatura media di 2°C per il 2100 con un conseguente innalzamento del livello medio dei mari di 50 cm.Tra le cause più significative di questo surriscaldamento vi è l'aumento della concentrazione di "gas serra" come l'anidride carbonica, proveniente dalla combustione di carbone, petrolio (e suoi derivati) e gas naturale.

Ma che cos'è questo effetto serra? E' quel fenomeno termodinamico planetario per cui la parte del flusso di radiazione infrarossa (termica) che normalmente viene riflessa dalla superficie terrestre per disperdersi nello spazio, tende ad accomularsi nell'atmosfera terrestre con l'aumento della concentrazione di CO2 (e di altri gas dall'analogo comportamento - ad esempio il metano-), con un conseguente aumento della temperatura media. Tale fenomeno, indotto dall'uso intensivo di combustibili fossili e, in misura minore, dai prodotti vulcanici, è stato aggravato nella 2a metà del sec. XX dall'intensa deforestazione, che riduce le capacità di riassorbimento della CO2.

Nel peggiore degli scenari si prevede, ad esempio che nelle coste dell'Adriatico da Monfalcone a Cattolica potrebbe allagarsi un'area compresa tra 700 e 910 km2. Venezia è quindi tra le città più esposte a questo pericolo. Le coste del Veneto corrono gravissimi rischi ambientali, idrogeologici e alla fine anche economici essendo le proprie risorse produttive migliori e più consistenti localizzate proprio sulla fascia costiera (tutta l'industria turistica culturale e balneare).

Il protocollo di Kyoto è un "debole" accordo proposto nel 1997 che ha lo scopo di avviare i paesi di tipo occidentale c.d. evoluti (Europa, America Giappone) verso traguardi di riduzione dell'emissione di gas serra del 5% entro il 2010.

L'Europa si è impegnata a ratificare il protocollo, anche se molti stati ancora non l'hanno fatto.

Gli Stati Uniti, e il Presidente Bush in particolare, avversano più o meno manifestatamente questa proposta, nonostante la buona conoscenza di ampi settori della popolazione di questo problema. Ma la maggioranza della popolazione americana non vuole abbandonare un modello di vita che produce il 22.2.% dei gas serra mondiali. Altro paese molto critico verso la strategia di riduzione dei gas serra è il Giappone che ne produce da solo 5,1%.

Ancora una volta i paesi "ricchi" della terra si permettono di decidere sulle sorti di tutti i popoli del mondo subordinando i problemi ambientali alle ragioni del profitto di pochi. I paesi n via di sviluppo, infatti, con il 70,6 % della popolazione mondiale producono il 28% delle emissioni totali!

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QUESTE CITTA' SONO CAMERE A GAS

Se l'aria delle nostre città è inquinata questo si deve soprattutto (mediamente per il 70%) ai gas di scarico delle automobili e degli altri mezzi di trasporto. Ogni bambino italiano ha a disposizione, in citta', poco piu' di tre mattonelle di spazio dove poter correre e giocare liberamente senza l'incubo delle macchine alle quali è riservato vergognosamente la stragrande parte dello spazio pubblico transitabile. Per andare in bicicletta i cittadini delle grandi citta' hanno meno di 3 centimetri di pista ciclabile a testa. Gli autobus nei grandi centri urbani raggiungono la "vertiginosa" velocita' media di 14 km orari, mentre il 40% delle malattie respiratorie dei bambini e' causata dal traffico e nelle grandi citta' sono attribuibili all'inquinamento quasi 3.500 decessi l'anno in Italia e 80.000 in Europa.

Come se non bastasse, gli effetti dell'inquinamento atmosferico sono particolarmente sentiti dai gruppi di popolazione considerati a rischio: anziani, persone affette da malattie respiratorie e coronariche, bambini. Recenti studi mostrano che i bambini residenti in prossimita' di strade molto trafficate corrono un rischio maggiore di contrarre malattie respiratorie.

Eppure, nonostante questo quadro, la grande crescita della mobilita' delle persone (il traffico passeggeri per chilometro e' quasi triplicato rispetto al 1970, e il 600% dal 1956) continua ad essere assicurata per lo piu' dal trasporto con mezzi privati.

Il dominio del trasporto automobilistico su gomma è schiacciante: oggi circa l'82% della mobilita' delle persone è garantitto da mezzi automobilistici con oltre 54 auto circolanti ogni 100 abitanti. In Italia nonostante le potenzialità dovute alla morfologia del territorio (oltre 6000 km di coste) oltre il 70% delle merci viaggia su gomma.

Le conseguenze di queste scelte in tema di mobilità e trasporti sono sotto gli occhi di tutti: inquinamento atmosferico, rumorosità infernale delle città, aumento dell'effetto serra, incidenti stradali così numerosi da bollettino di guerra, malattie dell'apparato respiratorio in ripida crescita.

La risposta del governo Berlusconi presentata dal min. Lunardi il 10.1.2002 è stata: riforma del codice stradale con aumento della velocità in autostrada e accesso ai motorini de quattordicenni! Vale a dire aumento del rischio per i conducenti e maggiore densità di mezzi a motore sulle strade!

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HAI MAI SENTITO PARLARE DI CURITIBA?

No, neanche noi conoscevamo questa storia fino a una settimana fa. L'abbiamo scoperta leggendo "Capitalismo naturale" di Paul Hawken, Amory e Hunter Lovins. E' veramente incredibile che non se ne sappia niente perché Curitiba è una delle più grandi esperienze di cambiamento sociale che sia mai stata realizzata. Curitiba non è una piccola comunità alternativa. E' una città di quasi 2 milioni e mezzo di abitanti (http://www.curitiba.pr.gov.br). Si trova nel sud del Brasile. Non si tratta neanche di una storia nuova: va avanti da 30 anni. Nel 1971, in piena dittatura fascista, una serie di casualità portarono alla designazione di Jaime Lerner come sindaco della città. Lo avevano scelto perché era un inoffensivo esperto di architettura. Un trentatreenne che non si era mai impegnato politicamente e che sembrò l'ideale per mettere d'accordo le diverse fazioni al potere. Jaime Lerner ci mise un po' a organizzarsi poi nel 1972 decise di creare la prima isola pedonale del mondo. Lerner sapeva di avere contro buona parte della città. I commercianti erano terrorizzati dall'idea che i loro affari fossero danneggiati dal divieto di accesso al centro delle auto. E gli automobilisti odiavano l'idea di dover andare in centro a piedi. I maligni dicono che aveva paura che la sua iniziativa fosse bloccata un esposto in tribunale. Resta il fatto che i lavori iniziarono proprio un venerdì, un'ora dopo la chiusura del tribunale. Un'orda di operai invasero il centro della città e iniziarono a sistemare lampioni e fioriere, ripavimentare le strade e scavare aiuole piantandoci alberi. Lavorarono ininterrottamente per 48 ore. Quando il primo contingente crollò stremato fu sostituito da un secondo battaglione di operai e andarono avanti così. Il lunedì mattina quando il tribunale riaprì i lavori erano finiti. Crediamo che nella storia del mondo nessuna opera pubblica fu mai realizzata altrettanto velocemente. I cittadini di Curitiba se ne stavano a bocca aperta. Erano state piantate migliaia di piante fiorite. Una cosa mai vista. E la popolazione si mise a strappare tutti i fiori per portarseli a casa. Ma Lerner lo aveva previsto e già erano pronte squadre di giardinieri che sostituivano immediatamente le piante. Ci vollero un po' di giorni ma alla fine i cittadini smisero di rubare i fiori. I commercianti poi erano stupiti perché si accorsero che il centro cittadino trasformato in un salotto eccitava le vendite. E quando il sabato successivo un corteo di auto dell'Automobil-club tentò di invadere l'isola pedonale si trovò nell'impossibilità di farlo perché migliaia di bambini stavano dipingendo grandi strisce di carta che coprivano buona parte della pavimentazione. Da allora tutti i sabati i bambini della città si ritrovano nell'isola pedonale a coprire di disegni meravigliosi enormi rotoli di carta stesa per terra.

La seconda operazione di Lerner fu quella di creare un sistema di trasporti rivoluzionario con strade principali riservate agli autobus e particolari rampe coperte (da tubi trasparenti) che portavano il marciapiede sullo stesso piano dei mezzi pubblici, permettendo ai passeggeri di salire sull'autobus senza fare scalini e quindi più rapidamente. Queste rampe e davano la possibilità di accedere ai trasporti pubblici anche a chi era su una carrozzina a rotelle. Particolare attenzione fu data ai collegamenti con i quartieri poveri della città, furono acquistati autobus composti di 3 vagoni, con porte più grandi che si aprivano in corrispondenza delle porte scorrevoli delle rampe coperte. Per tagliare i costi e i tempi furono anche aboliti i bigliettai e si decise di fidarsi del fatto che se i trasporti funzionano veramente bene i cittadini pagano volentieri il biglietto. Grazie a queste innovazioni i tempi di percorrenza degli autobus di Curitiba sono 3 volte più veloci e trasportano in un'ora 3 volte il numero dei passeggeri, con un rapporto tra il denaro investito e i passeggeri trasportati superiore del 69%. Praticamente avevano creato una straordinaria metropolitana a cielo aperto. Le autovie di Curitiba trasportano 20 mila passeggeri all'ora (più di quanti viaggino sui mezzi pubblici di New York). Gli autobus percorrono ogni giorno una distanza pari a 9 volte il giro del mondo. Rio ha una metropolitana che trasporta un quarto di passeggeri e costa 200 volte di più. Grazie a questa gestione oculatissima dei costi le linee di trasporto si autofinanziano con il solo costo dei biglietti (circa mille lire), ammortizzano i costi di un parco mezzi costato 45 milioni di dollari, offrono utili alle 10 imprese che hanno in appalto il servizio e remunerano il capitale investito con un tasso di profitto del 12% annuo. L'autorizzazione rilasciata ai gestori del servizio è revocabile all'istante. Le banche, restie a collaborare con altre amministrazioni locali sono ben disponibili a prestare denaro al comune di Curitiba. I trasporti sono talmente efficienti che nel 1991 un quarto degli automobilisti della città aveva rinunciato a possedere un'auto e che il 28% dei passeggeri pur possedendo un auto preferiva non usarla. E questo nonostante il traffico sia molto scorrevole e gli ingorghi sconosciuti.

A questo rifiuto di massa dell'auto contribuiscono anche 160 chilometri di piste ciclabili. Iniziare la riforma della città dai trasporti per Lerner era fondamentale perché egli teorizza che nulla influenza più rapidamente la coscienza dei cittadini quanto l'efficienza dei mezzi pubblici.

Ma la riforma non si è fermata ai trasporti. Il problema delle baraccopoli e della miseria è stato affrontato trovando sistemi semplici in grado di offrire effetti positivi immediati e un cambiamento radicale della cultura a lungo termine. E' la fantasia delle soluzioni quello che stupisce di più. Sembrano pazze ma contengono un'efficienza enorme. Ci sono servizi di distribuzione quotidiana di pasti gratuiti. Sono state costruite 14 mila case popolari. Ma si è agito anche distribuendo piccoli pezzi di terra per orti e per costruire case. I materiali di costruzione vengono acquistati con un finanziamento comunale a lungo termine ripagato con rate mensili pari al costo di 2 pacchetti di sigarette. Ogni nuova casa riceve poi in regalo dal comune un albero da frutta e uno ornamentale. Il comune offre anche un'ora di consulenza di un architetto che aiuta le famiglie a costruirsi case più confortevoli e armoniose. I quartieri poveri di Curitiba sono i più belli del mondo . Esiste un servizio di camioncini che girano per la città scambiando 2 chili di immondizia suddivisa con buoni acquisto che permettono di acquistare un chilogrammo di cibo (oppure quaderni, libri o biglietti per gli autobus). Così il 96% dell'immondizia della città viene raccolta e riciclata. Il che ha permesso di risparmiare milioni di dollari per costruire e gestire una discarica. Attraverso la pulizia della città e una migliore alimentazione della popolazione povera si è ottenuto un netto miglioramento della salute.

Il tasso di mortalità infantile è un terzo rispetto alla media nazionale. Ci sono 36 ospedali con 4500 posti letto, medicinali gratuiti e assistenza medica diffusa sul territorio. Ci sono 24 linee telefoniche a disposizione dei cittadini per informazioni di ogni tipo. Una di queste linee fornisce ai cittadini più poveri i prezzi correnti di 222 prodotti di base. In questo modo si garantisce ai consumatori di non cadere vittima di negozianti disonesti.

Ci sono anche 30 biblioteche di quartiere con 7 mila volumi ciascuna. Si chiamano "Fari del sapere" e sono casette prefabbricate e dotate di un tubo a strisce bianche e rosse alto 15 metri. Sulla sommità della torre c'è una bolla di vetro dalla quale un poliziotto controlla che bambini e anziani possano andare in biblioteca indisturbati. Ci sono 20 teatri, 74 musei e centri culturali e tutte le 120 scuole della città offrono corsi serali. Vengono organizzati corsi di formazione professionale per 10 mila persone all'anno. Sono collegati a un "Telefono della solidarietà" che permette di raccogliere elettrodomestici e mobili usati che vengono riparati dagli apprendisti artigiani e rivenduti a basso prezzo nei mercati o regalati.

Grazie al microcredito una volta imparato un mestiere i giovani possono aprire un'attività in proprio. Vengono aiutati anche coloro che vogliono diventare commercianti ambulanti attraverso la concessione di autorizzazioni al commercio facilitate. Ed è proprio la logica con la quale si affrontano i problemi ad essere diversa. Ad esempio le azioni di un gruppo di giovani teppisti che strappavano fiori all'orto botanico furono interpretate come una richiesta di aiuto e i ragazzi furono assunti come assistenti giardinieri. Un'altra grande iniziativa di Lerner è stata quella di creare decine di parchi dotati di laghetti e di piantare ovunque alberi. Curitiba è la città più verde del mondo. Insomma un paradiso con il 96% di alfabetizzazione (nel O96). Gli abitanti che hanno un titolo di studio superiore sono l'83%. La città ha un terzo in meno dei poveri del resto del Brasile e la vita media arriva a 72 anni, grossomodo quanto negli Usa ma con un reddito procapite che è solo il 27% di quello degli Stati Uniti. Insomma, per essere una città del terzo mondo non è male...

A questo punto però c'è da chiedersi come mai l'esperienza di Curitiba non sia conosciuta in Italia. Abbiamo fatto una ricerca e ci hanno detto che anni fa la rivista Nuova Ecologia pubblicò un lungo servizio su questo miracolo dell'onestà creativa. E anche l'Espresso ne parlò. Allora com'è successo che Curitiba non è diventata un esempio da imitare? Perché queste tecniche ingegnose e entusiasmanti non sono diventate il cavallo di battaglia della nostra sinistra? Cos'hanno i nostri politici? Sono sprovvisti di senso pratico? Sono ammalati di serietà? Non sanno più sognare?

Una breve auto presentazione la troverete alla pagina di Curitiba Capitale ecologica

Fonte: www.alcatraz.it / 7-02-2002

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IL BOSCO E L'EFFETTO SERRA

Ogni ettaro di bosco produce 4 m3 di ossigeno al giorno nelle stagioni vegetative; per elaborare 1 m3 di legno occorrono 830 m3 di CO2 (anidride carbonica); un ettaro (ha) di bosco edifica 3 m3 di legno/anno consumando solo energia solare e lasciando come residui di processo aria ed acqua pulite. Quindi in un calcolo per difetto otteniamo in un anno da un ha di bosco: 1456 m3 di O2 (ossigeno); 3 m3 di legno; 2490 m3di CO2 fissata.

Ogni anno, purtroppo, sul pianeta Terra vengono distrutti 13 milioni di ettari forestali

I BAMBINI SOLDATO

I numeri - Oltre 300.000 minori combattono in più di 30 Paesi. In maggioranza hanno tra i 15 e i 18 anni ma ve ne sono anche di appena dieci anni e qualche volta anche di quattro anni. Usati spesso nei servizi di logistica (portare cibo, munizioni, ecc). Ma anche in prima linea, o come spie, sentinelle. Anche le ragazze vengono a volte reclutate e spesso ridotte a "schiave del sesso".

Le aree di crisi - in Africa combattono 120.000 bambini-soldato con meno di 18 anni. In Ruanda, ad esempio, nel genocidio del '94, un terzo delle 800.000 vittime furono bambini, oltre 250.000 uccisi in molti casi da altri bambini. Asia e America Latina sono le altre due regioni di maggiore crisi. Il fenomeno si manifesta tra l'altro in Medio Oriente, Afghanistan, Birmania, Colombia e Cecenia.

Le cause - Un bambino o adolescente in un Paese in guerra sceglie di prendere il fucile spinto a volte dal desiderio di vendicare le violenze inflitte ai parenti, violenze di cui spesso è stato testimone, oppure dalla necessità di procurarsi da mangiare o proteggersi da condizioni disperate. Spesso infatti si tratta di orfani, rifugiati che non hanno più parenti, ragazzi di strada. La lunghezza dei conflitti e la mancanza di uomini spinge inoltre i responsabili delle forze armate ad arruolare persone con un'età sempre più bassa.

Il protocollo Onu - Adottato nel maggio del 2000, stabilisce a 18 anni l'età per il reclutamento obbligatorio e a 16 anni quello volontario. E'stato firmato da 96 Paesi - tra i quali l'Italia - e ratificato da 14 (Bangladesh, Sri Lanka, Canada, Andorra, Panama, Islanda, Vietnam, Vaticano, Repubblica Democratica del Congo, Repubblica Ceca, Kenya, Monaco, Nuova Zelanda e Romania).

Il 12 febbraio 2002 e' entrato in vigore.

Fonte: ANSA

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