Commenti, valutazioni, discussioni dalla/sulla/per la società del XXI° secolo
UN BOSCO PER MESTRE E LA TERRAFERMA
di Pino Sartori e Massimo Semenzato
Una delle conoscenze che ogni uomo dovrebbe avere innata nel proprio comportamento evolutivo è la percezione che la sua sopravvivenza dipende dalle piante e dagli alberi in particolare. Ma non è così. Numerose testimonianze antropologiche hanno provato che molte civiltà umane in molti angoli del pianeta sono scomparse per effetto di questa mancata percezione.
"Gli uomini sono parassiti delle piante: queste possono vivere benissimo, anzi meglio, senza l'uomo; quest'ultimo non può vivere senza le piante". Ugo Croatto. |
Ecco che è fondamentale per la nostra stessa sopravvivenza insegnare ai nostri ragazzi (figli o alunni che siano) a guardare gli alberi, non solo per conoscerne le parti che li compongono, o le sagome scure che li contraddistinguono sull'orizzonte vespertino, ma anche per far loro intuire che queste splendide "creature" ci assicurano ossigeno, energia, ma anche acqua ed aria pulite. Infatti gli alberi, se paragonati (ahinoi...) alle macchine, possiedono un efficientissimo motore alimentato dalla radiazione del sole, la cui singolare capacità è quella di imprigionare energia messa da parte sotto forma di legno, che bruciato ci fa stare bene nelle gelide serate invernali vicino alla stufa o al caminetto (quello che recupera calore!).
Ma gli alberi non sono al mondo solo per essere bruciati! Come "macchina vivente" ogni albero esercita altre funzioni, meno evidenti forse, ma altrettanto importanti. Con la fotosintesi clorofilliana, oltre che immagazzinare energia sotto forma di cellulosa, le foglie rilasciano un sottoprodotto essenziale per la sopravvivenza dell'intera biosfera: l'ossigeno (O2) che è a fondamento della respirazione della quasi totalità degli organismi sulla faccia della terra!
Contemporaneamente, e questa funzione assume sempre più crescente importanza, le foglie sottraggono all'aria anidride carbonica (CO2), che è invece il sottoprodotto della respirazione di tutti gli organismi, nonché della combustione dei materiali fossili (carbone, petrolio, gas carbonici) utilizzata dall'uomo per produrre energia e calore.
Poiché molti studi scientifici ormai hanno dimostrato che la concentrazione dell'anidride carbonica nell'atmosfera sta assumendo valori di allarme (nel corso di xx° secolo la concentrazione della CO2 è passata da 290 a 360 parti per milione -in volume- con un flusso medio di 25 miliardi di tonnellate/anno), essendo responsabile almeno per il 50% dell'effetto serra che causa il riscaldamento della superficie del pianeta Terra, si capisce l'importanza, anzi indispensabilità delle piante e degli alberi in particolare, quali strumenti più efficienti in assoluto per contrastare questa deriva pericolosa dall'equilibrio ecologico planetario che l'uomo ha impresso con le proprie attività!
"Ogni anno sul pianeta Terra vengono distrutti 13 milioni di ettari forestali" |
Da qui la necessità di contenere i consumi energetici che immettono carbonio in atmosfera, e soprattutto di difendere le foreste e i boschi rimasti sulla faccia della Terra! Ma, poiché luomo si è avventurato ben oltre al limite di variabilità naturale dell'equilibrio della biosfera - grazie soprattutto ai cosiddetti paesi industrializzati fra i quali l'Italia!- le politiche di tutela e preservazione delle foreste non bastano più! Dobbiamo intraprendere, prima possibile, iniziative di forestazione generalizzata, utilizzando le foreste e gli alberi come collettori di CO2.
"Ogni ettaro di bosco produce 4 m3 di ossigeno al giorno nelle stagioni vegetative; per elaborare 1 m3 di legno occorrono 830 m3 di CO2; un ettaro di bosco edifica 3 m3 di legno /anno consumando solo energia solare e lasciando come residui di processo aria ed acqua pulite. Quindi in un calcolo per difetto otteniamo in un anno da un ha di bosco 1456 m3 di O2 - 3 m3 di legno - 2490 m3 di CO2 fissata" |
Da non dimenticare poi il ruolo disinquinante del bosco e delle alberature rispetto la risorsa acqua che già conosciamo scarsa e minacciata (anche nelle riserve cui attingiamo come veneziani e mestrini) e più manifestamente inquinata per quei fiumi che portano in laguna gran parte del carico organico della città diffusa e del carico chimico dell'agricoltura industriale ormai non più biocompatibile per la pericolosità delle sostanze diserbanti, pesticide, anticrittogamiche con le quali produce.
Ed infine gli alberi possiedono un'energia in un certo senso misteriosa che solo noi uomini riusciamo ad estrarre dai loro tronchi: è l'energia contenuta nelle trame lignificate di quella parte morta del loro fusti: il legno (lo xilema) che miracolosamente rinasce nelle forme, negli oggetti, nelle strutture, più disparate ed incredibili, espressione e testimonianza della storia quotidiana delluomo.
Oggi, nellera del silicio e dei super conduttori, dovremmo provare una sorta di riconoscenza profonda verso il legno che ha consentito nei millenni alluomo la sua grande affermazione sulla faccia della terra.
Ma perché, vi chiederete, questa riflessione sul legno e sugli alberi oggi? Cos'è cambiato da ieri? Nulla, se pensiamo al fallimento delle strategie politiche mondiali e nazionali per fronteggiare quella che sta diventando un'emergenza anche per i territori densamente abitati alle nostre latitudini. La perdita della copertura forestale dei suoli combinata all' ipersfruttamento dei terreni agricoli e all'invasione urbana della campagna, crea una combinazione climatica e pedologica che scatenerà il collasso dei già deboli processi vitali che sono a fondamento dell'ecologia delle zone mediterranee e temperate.
Il rischio che si profila è quello di una incipiente desertificazione.
Molto è cambiato invece se teniamo conto dei prodromi dei cambiamenti del clima e della biodiversità. Ad esempio assistiamo anche alle nostre latitudini, alla tropicalizzazione della bella stagione con primavere piovose e estati aride; e alla comparsa nel bacino mediterraneo di specie nuove, conosciute prima per i luoghi più caldi. Inoltre non possiamo pretendere che la grande battaglia per il clima la giochino solo i paesi del terzo mondo che mettono a disposizione le loro riserve forestali per assicurare l'ossigeno a tutto il pianeta e sostenere gratuitamente gli sprechi energetici e i consumi delle società ipertecnologizzate.
In questo scenario per nulla rassicurante si colloca l'iniziativa, lungimirante per certi versi, del Bosco di Mestre sostenuta dall'amministrazione comunale di Venezia.
Nata dalle battaglie degli ambientalisti in difesa del bosco di Carpenedo (che è un importante relitto boschivo della selva che popolava la pianura veneta), l'idea di un'ampia fascia di rispetto intorno a quello, sui terreni nei quali fino ad inizio secolo XX° sorgevano ancora gli antichi boschi di Valdemare e Palu' (oltre 150 ha!) fu necessariamente trasformata e ampliata in un progetto di riforestazione per aumentare le probabilità di autonoma sopravvivenza del compendio storico, naturalistico, e di biodiversità che fa riferimento al biotopo del bosco.
La proposta fu raccolta dal compianto Gaetano Zorzetto, che la presentò alla Giunta Comunale nel "Piano Programma per il Progetto del Bosco di Mestre" (novembre 1990). Questo Piano di fatto fu affiancato da una iniziativa della Regione Veneto e dell'ex Azienda Regionale delle Foreste che colsero in quegli anni le opportunità, suggerite dalle evidenze scientifiche, di utilizzare lo strumento "bosco", nell'accezione più ampia del significato, per diversificare le iniziative di disinquinamento delle acque confluenti nel bacino idrografico della laguna di Venezia, sperimentando la combinazione del riposo colturale (set aside) dei terreni con l'effetto depurativo della presenza boschiva. Ma al di là di un modesto intervento in località Bissuola (Villaggio Pertini) i super progetti regionali afferenti alla Legge speciale per Venezia (L.360/91) non sortirono altro che incarichi, studi, progetti, perizie; dei 3 miliardi inizialmente preventivati furono spesi in opere di riforestazione la pochezza di £269.964.000. Questo pesante testimone che molti politici hanno rifiutato perché troppo oneroso e poco remunerativo (in termini di attenzione elettorale beninteso!) è stato ripreso in questi giorni dall'assessore all'Ambiente del Comune di Venezia. Si vuole dare nuovo impulso e fattibilità mediante la costituzione di un sodalizio fra enti pubblici e privati, e con tutti i cittadini sensibili a queste tematiche, promotore della più grande opera di riforestazione urbana mai concepita in Italia.
L'Associazione "Per il Bosco di Mestre e la terraferma" sarà costituita a giorni. Ma nonostante l'autorevole presenza del Comune e della Provincia di Venezia non tutti i timori per la sua realizzazione, sono stati fugati! Chi ha dovuto rivedere le proprie mire speculative per il definitivo spostamento del futuro nuovo ospedale di Mestre dall'area del Boschetto di Carpenedo, sta ancora rimestando nel torbido! Se è vero che lo stesso Assessore (alla pianificazione strategica, ambiente, progetto urbano) D'Agostino ha dovuto riaffermare solennemente (cfr.: Il Gazzettino di VE 15 marzo 2000) che il Comune di Venezia ha definitivamente e motivatamente scelto di costruire l'ospedale in un'area diversa appositamente acquistata. La contrapposizione del progetto del bosco a quelle forze che reclamano un'intenso sviluppo urbanistico nelle periferie della città, sarà durissima! Ma la compagine ambientalista che ha sognato una grande " green belt " per cintura come risarcimento alla città urbanisticamente ed ambientalmente più bistrattata del Veneto e d'Italia, cresce di numero e di volontà. I temerari ambientalisti che hanno nel 1985 lanciato la sfida in difesa del boschetto ora sono in compagnia di una nutrita schiera di associazioni e cittadini che non rinunciano ormai più all'idea di una grande barriera verde che li separi dalla rumorosa, polverosa e asfissiante tangenziale; che sia nello stesso tempo occasione e stimolo di riconversione produttiva delle attività agricole periurbane che non possono più reggere il confronto con i grandi circuiti commerciali agricoli, salvo optare per produzioni ad alto valore aggiunto (ad esempio l'orticoltura biologica) a servizio della città ben compatibili e integrabili con il progetto di "Bosco per Mestre".
Ma non solo. La progettazione di un bosco di cintura urbana ha tra le sue funzioni anche quella di ristabilire delle relazioni significative tra spazio costruito, aree agricole e quelle a vocazione naturalistica; quindi, una sorta di tessuto connettivo includente corsi fluviali, parchi di villa, stagni di cava naturalizzati, terreni agricoli, parchi di quartiere, aree di nuovo imboschimento; la costruzione del bosco avviene, quindi, anche allo scopo di garantire la continuità e la permeabilità biologica tra larea urbana, la pianura e larea lagunare.
Alcune soluzioni progettuali dovranno essere applicate per sciogliere i problemi concernenti lattraversamento o laggiramento di limiti spesso invalicabili dalla flora e dalla fauna selvatica; pensiamo alle strutture insediative, produttive e viabilistiche presenti nella terraferma del comune di Venezia ma anche nei territori dei comuni di prima fascia come Mira, Spinea, Mirano, Martellago, Salzano, Mogliano, Marcon, Quarto dAltino; un ricco ed ancora sufficientemente ben conservato reticolo di corsi dacqua di risorgiva e di canali consortili può svolgere la funzione di raccordo - biologico ma anche paesaggistico per quanto riguarda la fruizione attraverso camminamenti pedonali e ciclabili - tra zone già riforestate (come larea presso Rione Pertini a Bissuola, il fondo Case Querini a Favaro Veneto, alcune aree esterne dei forti del Campo Trincerato , come Forte Brendole , Forte Vallon , Forte Cosenz e i fondi agricoli che hanno usufruito dei benefici della legislazione comunitaria), i parchi pubblici di antico e recente impianto e zone agricole di pregio. Tra questultime possiamo ricordare larea compresa tra Asseggiano, Trivignano e Tarù e quella che connette Bissuola a Campalto e a Tessera, ricche di siepi interpoderali ed alberate, che se usate oculatamente possono costituire già da ora una sorta di bosco reticolare; infatti, non solo lacquisto o lesproprio di grandi superfici può costituire il presupposto alla realizzazione del Bosco di Mestre, ma anche la più economica e, per certi versi, meno conflittuale conservazione e gestione del verde già esistente attuata tramite il suo inserimento in una sorta di piano regolatore del bosco urbano che non va, quindi, inteso solo come una massa forestale compatta.
Per quanto riguarda il legame con gli antichi boschi della terraferma veneziana, questo va rintracciato nei querceti misti che hanno cinto nei secoli passati alcuni municipi della terraferma veneziana; di alcuni sono rimaste più a lungo delle evidenze, comè deducibile dalla cartografia che ne testimonia lesistenza dal XVII sec. ai primi decenni del Novecento, epoca in cui furono definitivamente tagliati e dissodati. Attualmente permangono ben visibili nelle sistemazioni agrarie e, parzialmente, nelle più recenti urbanizzazioni, i perimetri di questi boschi, indicati da scoline sulle cui sponde vegetano molte delle specie floristiche che le ricerche botaniche - basti ricordare quelle di Augusto Béguinot - segnalavano, alla fine del secolo scorso e al principio dellattuale, per i Boschi di Chirignago, di Carpenedo e di Ca Tron. Gli alberi e gli arbusti appartenenti alla flora autoctona, costituiscono delle presenze naturalistiche che, per quanto marginalizzate, fungono da elementi di continuità biologica con i preesistenti ambienti e di testimonianza della memoria storica dei luoghi; spesso, ciò che è identificabile come il perimetro degli antichi boschi lo è di primo acchito, non per i pur possibili riscontri catastali, ma per il visibile portamento di alberi ed arbusti appartenenti alla flora spontanea; specie arboree ed arbustive che è auspicabile siano le stesse ad essere usate, in opere di arredo o di riforestazione ispirate alle più aggiornate normative regionali e comunitarie.
Le specie arboree rinvenibili nei boschi planiziali del Veneto orientale (ascrivibili allassociazione Asparago tenuifolii-Quercetum robori Marincek. 1994) sono le seguenti: Quercia Farnia Quercus robur, Carpino bianco Carpinus betulus, Frassino ossifillo Fraxinus oxycarpa, Acero campestre Acer campestre, Orniello Fraxinus ornus, Olmo Ulmus minor; quelle arbustive: Pallone di maggio Viburnum opulus, Biancospino Crataegus monogyna, Spino cervino Rhamnus catharticus, Corniolo Cornus mas, Pero selvatico Pyrus piraster, Melo selvatico Malus sylvestris, Fusaggine Euonymus europaeus, Lantana Viburnum lantana, Ligustro Ligustrum vulgare, Nocciolo Corylus avellana, Prugnolo Prunus spinosa.
Nella creazione di superfici boschive, possono venir usate anche altre specie a funzione, per così dire pioniera, a più rapido accrescimento - rispetto alle specie a legno duro tipiche del querceto misto - e, quindi, anche in grado di fornire in un più breve lasso di tempo lidea di una destinazione forestale al luogo in cui avviene la riforestazione; queste sono il Pioppo nero Populus nigra, il Pioppo bianco Populus alba, lOntano nero Alnus glutinosa, il Salice bianco Salix alba, il Sanguinello Cornus sanguinea, la Frangola Frangula alnus.
Le fasce di rispetto fluviale, presenti in ragione di motivi di salvaguardia idrogeologica o paesaggistica, se adeguatamente forestate potranno essere, inoltre, un utile strumento nella progettazione di aree urbane e di infrastrutture per giungere ad una migliore integrazione tra ambiti territoriali a diversa vocazione produttiva ed insediativa. Lo scopo è anche quello di pervenire ad una più gradevole percezione dei luoghi e ad una attiva conservazione delle specie vegetali ed animali che, quasi sempre, trovano negli insediamenti ed nelle infrastrutture degli ostacoli invalicabili o la ragione stessa della loro scomparsa da ampie porzioni territoriali.
Con questo grande progetto la città futura riceverà un dono, un segno d'amore e di vita consegnato da una generazione che, dopo inqualificabili errori, avrà deciso di risarcire i propri figli con un po' di più di aria pulita, di luoghi per lo svago e ristoro fisico all'aperto, con un ambiente più bello e attraente, più conservato nelle sue testimonianze storiche, e ricostruito nelle forme del paesaggio che ha contraddistinto tanta parte della storia dei luoghi della bassa pianura veneta.