"TANTI ZERI" PER GRANDI PROGETTI:
IL CASO DELLA RINATURALIZZAZIONE DEL FIUME ZERO
di Paolo Perlasca* e Giuseppe Baldo**
PREMESSA - Attraverso le regioni del Nord-Est, in particolare Veneto e Friuli Venezia Giulia, scorrono i maggiori fiumi italiani di origine alpina: Po, Adige, Brenta, Piave, Tagliamento, Isonzo. Gli ultimi quattro sottostanno alla pianificazione dell'Autorità di Bacino dell'Alto Adriatico ed agli interventi della Regione Veneto, dopo il passaggio definitivo delle competenze in materia di difesa del suolo, previsto dal Decreto "Bassanini" D.Lgs. n°112 del 31.03.98, che prima invece erano attribuite anche allo Stato, cioè Magistrato alle acque di Venezia e al Genio Civile.
Diversi sono poi i corsi d'acqua, molti di risorgiva, che solcano la pianura veneta, e la rete idraulica di bonifica, in gran parte artificiale, che connette il sistema idrico di superficie alla Laguna di Venezia ed al mare. Queste acque di superficie, di cui è ricchissimo soprattutto il Veneto, scorrono in corpi idrici confinati da un territorio sempre più antropizzato.
LA CRISI DELLA RISORSA ACQUA- La presenza di attività economiche e di mille e più centri abitati, sparsi a pelle di leopardo per la pianura, provoca un impatto considerevole sia sulla risorsa acqua, sia sulla morfologia e l'ambiente dei nostri fiumi. Agricoltura intensiva (seminativi e pioppeti) ed insediamenti sempre più estesi tolgono spazio al corso naturale dei fiumi, e in certi casi arrivano ad occupare meandri e golene, con la conseguenza che in un territorio diffusamente urbanizzato, cementificato ed impermeabilizzato, come il Veneto, al primo evento di pioggia, poco al di sopra della norma, si verificano danni di enormi proporzioni, e non solo all'ambiente.
Inoltre sta sempre più aumentando l'inquinamento delle acque, sia di origine diffusa, soprattutto per l'apporto dell'agricoltura e della zootecnia, e quello più concentrato, ma altrettanto pericoloso, dovuto allo scarico puntiforme, anche di sostanze tossiche, di insediamenti civili ed industriali.
I nostri fiumi sono perciò paragonabili in molti casi a condotte forzate, chiuse per lunghi tratti tra due argini, spesso artificiali, senza vita biologica o comunque degradati sotto il profilo ambientale. Fiumi che spesso nella cultura comune, e per scarsa conoscenza, sono ormai considerati alla stregua di un "tubo aperto" (cfr. pubblicazione Prof. Ghetti) che traghetta acqua dai monti al mare. Acqua che oltretutto prelevata in grandi quantità per funzioni irrigue ed usi industriali o per il consumo alimentare, ritorna poi attraverso il complesso reticolo idraulico, in minor quantità e soprattutto più inquinata e biologicamente impoverita.
Per fortuna sta crescendo una consapevolezza sempre maggiore, che i fiumi sono una creatura viva, con un ambiente che racchiude molteplici forme di vita, anche nelle fasce contigue ai corsi d'acqua. In questo senso i fiumi e la rete idraulica di bonifica, sono, o potrebbero diventare i più importanti corridoi di biodiversità nelle pianure del Nord-Est.
Chi detiene le competenze per la gestione, Autorità di Bacino, Regione, Consorzi di Bonifica, Geni Civili, Province, sta perciò maturando un'inversione di tendenza, se non negli interventi, almeno nel cercare di comprendere il fiume come un entità complessa e che se curato con attenzione può rappresentare una risorsa, anche ambientale, e non un nemico "da confinare". Un inversione di tendenza cui anche l'ultima Campagna fiumi del WWF sta dando un formidabile impulso.
IL FIUME ZERO - Un buon esempio di quanto si potrebbe compiere per rinaturalizzare e ridare spazio ed ossigeno ai fiumi, lo sta portando avanti con successo, sul fiume Zero, e su altri corsi d'acqua di sua pertinenza, il Consorzio di Bonifica Dese-Sile, che sta cercando di sperimentare un approccio totalmente innovativo, anche sul piano progettuale, rispetto all'approccio tradizionale di un consorzio di bonifica. Lo Zero è un piccolo fiume di risorgiva che scorre in senso est-ovest dalla Provincia di Treviso fino alla confluenza nel tratto terminale del fiume Dese ed infine alla laguna di Venezia.
IL PROGETTO - Lungo il corso d'acqua, lo Zero è stato interamente ridisegnato, con l'allargamento dell'alveo (qualche volta raddoppiato), la creazione di golene alberate o ricche di Phragmites sp., ed, eliminando, laddove possibile, la banalità della sezione originaria, si sono creati diversi livelli di profondità della sezione, aumentando la complessità morfologica e la biodiversità dell'ambiente. Prima volta per il Consorzio, il progetto ha previsto un vero e proprio lago interno al corso d'acqua (in-stream), con un estensione di 2,5 ha, il lago Pojan, quale "polmone" per le piene e fantastico sedimentatore e luogo di riproduzione della ittiofauna. In fregio al corso d'acqua sono state valorizzate dei bacini di ex-cava esistenti (Cave Cavalli di Gaggio-Marcon già oasi LIPU) con la loro connessione off-stream alle acque del fiume Zero. In questo caso è stato fondamentale l'accordo pubblico-privato che ha evitato l'esproprio dell'area, facendo convergere interessi di natura diversa. L'area, che avrebbe dovuto essere "ricomposta", verrà così anche destinata alla fitodepurazione e senza costi per la collettività.
UN OPERA DI INGEGNERIA NATURALISTICA - Unica opera ingegneristica la creazione di uno sbarramento necessario a bloccare la risalita del cuneo salino dal fiume Dese e dalla laguna, al nodo idraulico di Camarson e - cosa non trascurabile- ad incrementare la capacità autodepurativa del corso d'acqua: si pensi che a parità di unità di superficie la Phragmites sp. assorbe 5 volte di più nutrienti organici (in particolare azoto) in ambiente dolce rispetto all'ambiente salato. Questa opera, studiata nel dettaglio per limitarne l'impatto ambientale (scala di risalita per i pesci, rivestimenti in mattoni, diffusa presenza di vegetazione) permetterà anche di "inumidire" vaste aree in fregio al corso d'acqua, dove è prevista una vasta azione di impianto di fasce ed aree tampone (buffer-zones).
IL CONTROLLO IDRAULICO - Il vero punto di forza del progetto di riqualificazione ambientale dello Zero sta proprio nel coinvolgimento delle aziende agricole, contigue al fiume, chiamate a contribuire con la creazione di vaste aree alberate e con la piantumazione di siepi. Questo dovrebbe consentire la creazione di una estesa area naturale, a tratti umida, in fregio al corso d'acqua di oltre 50 ha! Mediante lo sbarramento sarà possibile regolare il regime idraulico e riversare in piccole dosi, ma in continuo, le acque dello Zero con i loro nutrienti nelle buffer-zones, per depurarle.
L'ABBATTIMENTO DEI NUTRIENTI - Il Consorzio sta infatti cercando di incrementare l'abbattimento dei nutrienti e la riduzione del carico inquinante sversante in Laguna di Venezia. Il costo del progetto (14 miliardi) è stato infatti finanziato dalla Regione Veneto mediante i fondi messi a disposizione dalla Legge Speciale per Venezia (n° 171/73 e successive) che ha tra i suoi obiettivi primari l'abbattimento dei carichi organici (azoto e fosforo di origine soprattutto agricola e civile) che attraverso il bacino idraulicamente connesso, scola in laguna le proprie acque, congiuntamente ai nutrienti che esse contengono. Il progetto di rinaturalizzazione-riqualificazione dello Zero prevede in questo senso significativi incentivi per la riforestazione, in modo da compensare questo importante servizio ambientale reso dall'agricoltura. Nell'Azienda agricola "Diana" dell'Ente regionale VenetoAgricoltura - a Bonisiolo di Mogliano Veneto - questo è già stato realizzato su un'area di oltre 30 ettari.
CONCLUSIONI- L'intervento di riqualificazione ambientale attuato sul fiume Zero è un progetto di tante piccole idee, che in realtà costituiscono una grande idea, da esportare con un po' di buona volontà ad altri fiumi di risorgiva, ad.es. al fiume Sile, che è anche Parco Regionale, e più in generale ai grandi fiumi o a tratti di essi, Po', Adige, Brenta, Piave, Tagliamento. Fiumi soprattutto questi ultimi 2 che, per il loro regime variabile, avendo poco spazio all'interno dei propri argini, confinati, perlomeno in alcuni tratti critici, dentro il loro alveo da una politica dissennata di uso del territorio, al primo evento di piena non eccezionale, si riversano nelle campagne e sui centri abitati con gravi danni.
Sicuramente lo Zero non è il fiume Piave o Tagliamento, ma la "rivoluzione idraulica e culturale" che sta avvenendo per lo Zero, grazie all'approccio innovativo messo in campo dal Consorzio di Bonifica Dese-Sile, ha evidenziato che, attraverso una serie di interventi mirati ma integrati, anche se di dimensioni non rilevanti, lungo l'alveo del fiume e contemporaneamente anche nel territorio in fregio al corso d'acqua, è possibile dare più spazio al fiume, prevenirne il rischio idraulico, depurarlo, aumentarne la biodiversità: in poche parole rinaturalizzare il corso d'acqua migliorandone il regime idraulico, aumentandone la capacità di smaltimento delle acque della rete di bonifica afferente, anche mediante la creazione di fasce tampone. Alla fine il corso d'acqua dovrebbe diventare più sicuro dal punto di vista idraulico e trasformarsi in un corridoio ecologico ricco di biodiversità, concetto sempre più abusato ma in questo caso quanto mai appropriato. Si tenga presente al proposito che sulla Pianura Veneta l'intrico di centri abitati ed infrastrutture rappresenta una barriera insormontabile per il passaggio di fauna: la presenza di fiumi, come lo Zero, funge ancora da ultimo prezioso collegamento biologico tra l'area prealpina, la pianura e le coste Alto Adriatiche.
Nel contempo con questo progetto si è cercato di ottenere importantissimi prodotti, a torto ritenuti "secondari", come il miglioramento naturalistico e paesaggistico, l'incremento della valenza ricreativa, il miglioramento della gestione del ciclo dell'acqua (irrigazione, riduzione di acque salate a favore delle acque dolci). In poche parole quello che si sta realizzando, anche in forma sperimentale, rappresenta un vero e proprio progetto aperto: obiettivi tradizionalmente in conflitto possono essere invece raggiunti sinergicamente, rafforzando le scelte stesse e motivando maggiormente la necessità di "intervenire" per risolvere.
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