CAORLE: I POETI DELLA BETONIERA

2 milioni e mezzo di metri cubi di calcestruzzo
qua e là tra le canne e le barene, le garzette e i cigni

di Gian Antonio Stella


Immaginate 838 palazzi da dodici appartamenti l’uno più sette porti turistici per quattromila barche più le strade e le pompe di benzina, i parcheggi, i supermercati... Prendete questa montagna di 2 milioni e mezzo di metri cubi di calcestruzzo e ammassatela qua e là tra le canne e le barene, le garzette e i cigni. Tema: ve la sentireste di spacciare il tutto per un «Piano di Tutela Ambientale»? Eppure è questo che sta succedendo, a quel paradiso naturale fragile e prezioso che è la laguna di Caorle. Il cuore di quel reticolo di canali che consentono ai naviganti di andare da Venezia a Trieste senza uscire in mare e che già Cassiodoro, ministro di Teodorico, cantava per quelle barche che «sembrano scorrere sui prati quando non si scorgono gli alvei». Acque dal fascino unico. Che incantarono Hermann Hesse per «il gioco iridescente che, provocato da un qualsiasi intervento di luce e di movimento, tremula come un alito timido e delicato anche sulla minima increspatura» e dettarono ad Andrea Zanzotto versi struggenti: «Acqua inconsistente, acqua incompiuta / che odori larva e trapassi / che odori di menta e già t’ignoro...». Non c’è brossura turistica, non c’è libro, non c’è cartolina né depliant d’un ristorante che non si richiami a Hemingway, che si presentò un sabato mattina alla tenuta San Gaetano dove l’aveva invitato il barone Franchetti e s’innamorò della laguna tanto da tornare per mesi e mesi quasi tutti i fine settimana. Fino a diventare amico (come a Cuba di Gregorio, il protagonista de Il vecchio e il mare ) di Fiorindo Silotto, un barcaiolo che lo portava in giro per botti e casoni.

Ed è tutto un richiamo alla natura, alla purezza delle acque dominate dal rotondo campanile romanico di Santo Stefano,

agli aironi cinerini e ai cavalieri d’Italia che sbucano tra le cannucce e i lecci. Ed è tutto un rimando al romanzo Di là del fiume tra gli alberi , saccheggiato qua e là nei passaggi più utili a mostrare le meraviglie del luogo. Dai cavalli che d’inverno ansimavano col «fiato che formava pennacchi nell’aria fredda» agli autunni «di giornate splendide, di brevissime piogge che lasciano il cielo più terso di prima e accendono di arcobaleno il collo e la testa dei germani reali». Una monografia de L’illustrazione veneta così le chiama: «Le valli di Hemingway».

Bene: questa riserva di paesaggi e silenzi rimasta intatta (miracolosamente) tra i casermoni, le discoteche e gli acquasplash di Jesolo da una parte e i casermoni, le discoteche e gli acquasplash di Lignano dall’altra, è stata per anni al centro di un dibattito: come tutelarla? Come proteggerla dall’assedio del turismo di massa? Finché la Regione in mano al centrodestra e il Comune di Caorle in mano al centrosinistra, stretta sul cemento una alleanza che va oltre le dispute di schieramento, hanno presentato il Piano di Area delle Lagune e dell’Area Litorale del Veneto Orientale, noto col nome burocratico di «P.a.l.a.l.v.o». Un progetto di «sistemazione ambientale» che finalmente farà diventare anche la piccola e discreta Caorle come i vicini vacanzifici.

Alla lottizzazione di valle Altanea, una barena bonificata a sud-ovest del paese dove stanno già costruendo condomini e ristoranti e shopping center per un totale di 1.026.000 metri cubi (per capirci: l’equivalente di 313 palazzi di 12 appartamenti da 80 metri quadri l’uno) verranno infatti aggiunte 8 aree immediatamente alle spalle di Caorle dove sarà possibile tirar su complessi residenziali più o meno voluminosi per un totale di un milione e 640 mila metri cubi. Pari a 525 palazzine come quelle citate. Vi chiederete: chi se le comprerà tutte quelle case lontane dal mare? Risposta: gli appassionati di nautica. E’ infatti prevista la creazione, in aggiunta alle due darsene esistenti con 1150 posti barca, di 7 nuovi porti (1964 attracchi) collegati al mare e alla stupenda foce del Tagliamento da quel reticolo di canali di cui dicevamo. Così che insieme con le nuove darsene previste negli altri Comuni (Portogruaro, San Michele e Concordia Sagittaria) che ruotano intorno alla laguna, l’area potrà ospitare 5.104 barche. Per capirci: 51 volte di più della grande darsena di San Giorgio a Venezia. Nove volte più della gigantesca darsena per il Salone Nautico che sarà pronta a Genova nel 2004. Quattro volte di più di tutti i porti turistici di Napoli, Ischia, Capri e Pozzuoli compresi.

Una flottiglia impressionante di yacht e motoscafi d’altura ai quali andranno aggiunti i gommoni e le pilotine più piccole calate in acqua di volta in volta e tutte le barche che vengono dal resto del golfo di Venezia per avventurarsi tra i canneti o andare a mangiare polipi o «canoce» nelle trattorie sulle rive. Col risultato che certe giornate d’estate tra i canali dietro Caorle sarà un viavai di sei o settemila barche che consumeranno almeno 70 litri di benzina o di gasolio ciascuna per un totale di mezzo milione di litri di carburante le cui scorie si depositeranno lì dove «Papa» Hemingway andava col Fiorindo a pescare passarini, cefali, orate, branzini. «Ma no, ma no, non sarà affatto una catastrofe», spiega bonario Luigino Moro, il sindaco che guida la giunta di centrosinistra caorlotta. E dice che «saranno piantati tantissimi alberi». E che verrà restaurato il vecchio abitato ottocentesco di Ca’ Corniani. E che insomma, porca miseria, «a Jesolo stanno lottizzando dieci volte di più e nessuno dice niente mentre tutti vengono a fare storie a me».

E il parco lagunare? Ciao. E’ prevista perfino, a corredo della «sistemazione ambientale», la costruzione di nuovi casoni identici da fuori alle antiche abitazioni dei pescatori, con le pareti di legno e i tetti di canna. Dentro, però, potranno essere meno spartani per ospitare i turisti col comfort di un hotel: «Oh darling! Very pittoresco!». Il tocco di classe finale, quello che sigilla la speculazione che rischia di annientare una delle più belle e forse la meglio conservata delle lagune italiane, sono i nomi scelti per battezzare le varie colate di cemento. Si chiameranno «Terre d’acqua del Largon», «Isola natura del Livenza», «Parco dei Capricci», «Parco della Musica», «Penisola dolce del Brian»...

Chissà cosa farebbe il vecchio Ernest, a questi poeti della betoniera, se «di là del fiume tra gli alberi» avesse in mano la sua doppietta...

Fonte: www.corriere.it

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