Un articolato esposto e' stato presentato in questi giorni alla procura di Padova dalla "Associazione difesa lavoratori" e dal Comitato "Lasciateci respirare". per la firma di Francesco Miazzi.
"Non si tratta di un unico esposto," - afferma Francesco Miazzi - "ma di una serie articolata di segnalazioni alla Procura della Repubblica affinche' siano approfondite le ragioni ed eventualmente i nessi di un triste elenco di decessi per tumore di 39 ex lavoratori fra loro accomunati dal fatto di avere lavorato all'Italcementi. Chiediamo accertamenti sulle cause di queste morti, per capire se sussistono relazioni di causa ed effetto con l'esposizione alle sostanze e materie usate nel ciclo produttivo".
Recentemente infatti i Cementifici monselesani hanno comunicato agli Enti locali l'intenzione di di utlizzare nei forni di cottura del clinker un singolare combustibile costituito dalle farine animali utilizzate nell'allevamento dei bovini prima della crisi della mucca pazza.
L'utilizzo di questo "combustibile" e' infatti conseguenza delle disposizioni previste dalla L. n° 49 del 9/3/2001 con la quale viene incaricata l'Aziena ACEA (ex Aima) di provvedere all'ammasso e all'incenerimento delle farine incriminate avvalendosi anche degli impianti di produzione del cemento. I conduttori di tali impianti non possono fare opposizione. Secondo l'esposto oltre a questa situazione si sta delineando una abnorme prospettiva: infatti sembra che l'Italcementi Group abbia avanzato la richiesta e la disponibilità per lo smaltimento di 30.000 t/anno, nel solo stabilimento di Monselice, quando a livello nazionale si stima di dover smaltire 100.000 t/anno. Una richiesta sproporzionata che fa sospettare un affare più che miliardario se vengono confermate le indennità pagate dallo stato fino al 31/5/2001.
Nella Comunicazione che l'Italcementi fa al Comune di Monselice e alla Provincia di Padova per informarli di tale programma la ditta dichiara la bontà di tale operazione allegando i risultati di un monitoraggio effettuato in altro stabilimento nel bresciano. Ma in un'assemblea tenutasi a Monselice un sindacalista dell CGIL ha evidenziato le enormi differenze operative fra gli impianti e i cicli produttivi paragonati facendo sorgere un ragionevole dubbio sulla efficacia ed efficienza di tale procedura proprio perche' i forni monselesani sono di gran lunga più vecchi per tecnologia. L'esposto, inoltre, chiede al Magistrato di valutare se comunque la ditta deve ottemperare alle procedure di controllo previste dal "PIANO REGIONALE DI TUTELA E RISANAMENTO DELL'ATMOSFERA" anche perche' la Regione ancora non si e' espressa sull'idoneità dell'impianto per tale smaltimento. Naturalmente e' sottolineata la gravità del comportamento delle Regione Veneto che avendo individuato l'area dei cementifici fra Este e Monselice nel Piano dell'atmosfera suddetto come un'area a rischio per le emissioni atmosferiche, non si e' per nulla prodigata per non aggravare una situazione già compromessa.
L'esposto si chiude con la richiesta al Magistrato di valutare "se i comportamenti tenuti dai vari Enti e soggetti pubblici su menzionati, non realizzino gli estremi di comportamenti negligenti o illeciti" asserendo che la richiesta Italcementi, di utilizzo di farine nei forni da cemento, rappresenta l'avvio di una nuova attività d'incenerimento, sufficiente a modificare sia qualitativamente che quantitativamente le emissioni. Per tale motivo, l'impianto dovrebbe essere sottoposto alla procedura di VIA, così come previsto dalla LR 26/03/1999 n°10. Non risulta questa richiesta da parte degli Enti competenti.
La richiesta di tali accertamenti e' molto sentita ed attesa dalla gente di Monselice che e' informata delle sperimentazioni lunghe e contestate del cementificio di Pederobba che (negli anni '990) utilizzava la frazione secca dei rifiuti solidi urbani e pneumatici esausti per alimentare il proprio forno.