Si fa un gran parlare di lasciar spazio al mercato come condizione fondamentale per attivare le economie di un determinato territorio, per poi scoprire che gli imprenditori sono soliti ricorrere senza remore alla solita mucca "pubblica" da mungere per ottenere i finanziamenti che il cosidetto mercato non sgancia mai! (vedi com'è furbone!)
E' quello che sta accadento nella zona delle Dolomiti Pesarine dove un soggetto turistico che risponde alla ragione sociale "PROMOTUR" in nome e per conto (infatti è a capitale interamente regionale) della Regione Friuli Venezia Giulia, propone di realizzare un nuovo comprensorio sciistico invernale nei territori ricadenti fra i comuni friulani di Forni di Sopra e Sauris, e il comune veneto di Vigo di Cadore.
Nello studio preliminare approntato dalla Promotur (costo 250 mil totalmente a carico della Regione Friuli Venezia Giulia) si prevede un reticolo di piste per 56 kilometri realizzate intorno a una quota media di 1800 m slm in pendii rivolti a nord ma dotati di innevamento artificiale e articolate in 24 percorsi.
Costo previsto per impianti di discesa, piste, innevamento artificiale: 189 miliardi di cui 132 a carico della Regione Friuli V.G.
Costo preventivato di gestione annua: maggiore di 19 miliardi.
Il comprensorio sciistico "Mediana - Casera Razzo" dovrebbe suscitare l'interesse di 870.000 visitatori all'anno, vale a dire nei 110 giorni di attività preventivati nel piano della Promotur.
La delegazione del Veneto del Club Alpino Italiano ha da tempo valutato la proposta avanzata dalla Promotur e tramite il responsabile della sua Commissione per la Tuela dell'ambiente Montano, Fabio Favaretto, ha espresso una "ragionata e ferma contrarieta".
La sonora bocciatura motivata da varie ragioni non solo di tutela ambientale ma anche per un uso sostenibile del territorio è arrivata anche dal Club Arc Alpin (che è l'internazionale dei sodalizi alpinisti e di tutela dell'ambiente alpino) che ha approvato una mozione comportamentale volta ad ottenere una moratoria per la realizzazione nel sistema alpino di ulteriori impianti di risalita.
Le critiche si rivolgono infatti principalmente al modello di sviluppo previsto per questi territori così vulnerabili, anche sulla scorta delle mediocri affermazioni e ricadute economiche non paragonabili ai grandi investimenti effettuati.
Infatti nel Friuli V.G. i poli turistici finalizzati a questa disciplina sportiva (Piancavallo, Varmost, Zoncolan, Tarvisio, Sella Nevea, sono state investite somme considerevoli (le regioni Autonome hanno ragguardevoli cespiti), ma non sufficienti a garantire standard qualitiativi tali da attirare il gradimento del popolo dei sciatori e quindi in evidente sofferenza economica.
Questa è la prova che la Regione è capace solo a garantire finanziamenti, ma non a dotarsi di una chiara strategia per lo sviluppo turistico regionale per la montagna, ed in particolare incapace di stabilire criteri priorità e di opportunità negli investimenti. Così condizionata dalle sollecitazioni provenienti dalle lobbies e dalle amministrazioni locali, neppure si sogna di approvare criteri di sostenibilità ambientale nella selezione degli interventi da realizzare.
Altre opposizioni, ma per ovvie ragioni di campanilismo economico, provengono dagli organi dirigenti gli altri comprensori sciistici del Veneto al turismo, in particolar modo dal Consorzio impianti sciistici del Civetta.
Un'altra grossa perplessità sul progetto sta nel fatto che la viabilità necessaria a permettere un "normale" collegamento con la località sciistica di 7900 persone al giorno è assolutamente inadeguata.
Il faraonico progetto si collocherebbe in un ambito dolomitico pressocchè intatto dove la presenza dell'uomo anche nei tempi attuali, è stata sempre discreta e le attività economiche presenti sono commisurate al contesto ambientale.
Non solo sarebbe stravolta l'ecologia dell'altopiano dolomitico di Casera Razzo, ma anche e soprattutto l'aspetto urbanistico e paesaggistico, con la trasformazione di tutti i fienili e tabià in seconde case, quando non fossero necessarie (e lo sarebbero) nuove costruzioni per far fronte alla massa turistica di gitanti sugli sci.
La frenesia che si avverte intorno questi mega progetti di "valorizzazione turistica" ha il sapore di una rincorsa contro il tempo e il clima che sta dimostrando una preoccupante mutevolezza per le note variazioni a scala planetaria (riscaldamneto per l'effetto serra); per cui uno degli scenari che si prospettano sul futuro di questo territorio potrebbe essere di grandi, inutili e dannosi lavori di sbanchinamento, tracciamento e attrezzatura delle piste da sci (con deforestazione, sottrazione delle risorse idriche, ecc.) che potrebbero rimanere senza neve o innevate artificialmente con grossi costi di gestione e con il connesso poco gradimento degli sciatori.
Come neve al sole - per l'appunto - svanirebbero in un futuro alquanto prossimo i programmi di sballo economico legati a questo progetto!
Questo succede in nome di un malinteso federalismo economico liberista, che interpreta le condizioni ambientali solo come mere difficoltà di progettazione e non come variabili indipendenti e sovraordinate da tenerne conto per un equilibrato e duraturo sviluppo.
"L'area tra il Cadore orientale e la Carnia - termina Fabio Favaretto - merita ben altro modello di sviluppo legato piuttosto ad attività turistiche e sportive di basso impatto ambientale quali: l'agriturismo, l'escursionismo, il turismo didattico, lo sci nordico. Avrà i connotati di uno sviluppo meno appariscente e oneroso, ma sicuramente compatibile con l'ambiente e duraturo da consentire una serena conferma delle comunità alpine ivi presenti".-
Una cosa è certa: elaborazioni del Politecnico di Zurigo sui dati dello scioglimento dei ghiacciai alpini fanno ritenere che entro 30 anni in molte aree montane di media quota lo sci alpino non sarà più praticabile.