Ambiente & consumi

Troppi ricorsi ai trattamenti chimici per conservare ortaggi e frutta: alcuni sono pericolosi

CRESCE IL RISCHIO DI ESPOSIZIONE AD ANTI CRITTOGAMICI E CONSERVANTI DI SINTESI PER LA CONSERVAZIONE DEI PRODOTTI ORTOFRUTTICOLI

di Pino Sartori

La fase di post raccolta dei prodotti ortofrutticoli è sicuramente la più critica. Lo afferma l’Unione Nazionale Consumatori che precisa: "Infatti questi prodotti, essendo sistemi biologici viventi, vanno incontro, proprio nella fase successiva alla raccolta, ad un deterioramento generale più o meno veloce".

La velocità del processo di deterioramento, che di fatto ne definisce la durata commerciale, dipende sia dalla natura (foglia, radice, frutto, tubero) sia dal tipo di metabolismo del prodotto, che è generalmente rapido anche a causa dell’elevato contenuto di acqua.

La necessità di mantenere alti gli standard di vita commerciale del prodotto ortofrutticolo, rendendo il più a lungo possibile inalterate le qualità estrinseche (colorazione, dimensione, forma), organolettiche (sapore, aroma, consistenza) ed igienico sanitarie, porta i produttori ad adottare trattamenti di conservazione non sempre naturali ed anzi molto spesso chimici. Difese naturali contro il deterioramento sono la temperatura, l’igrometria ambientale, la pressione atmosferica.

Ma la maggior parte dei trattamenti sono chimici. Infatti molto comuni sono i trattamenti anticrittogamici, quelli contro le fisiopatie, quelli che rallentano le attività vegetative, quelli antitraspiranti e quelli cosmetici e detergenti”.

In Italia i principi attivi autorizzati – continua la nota- per i trattamenti post raccolta sono solo 15, così come sono in un numero ristretto le specie ortofrutticole sulle quali è autorizzato di fatto il trattamento post raccolta: agrumi, mele, banane, patate, uva, cipolle, agli, carote, pomodori, peperoni, zucchine cetrioli, meloni.

I trattamenti più diffusi sono quelli antivegetativi – conclude
l’associazione- che bloccano, nel corso della conservazione, fenomeni di germogliazione ed emissione di radici. In Italia l’unico trattamento consentito è quello antigermogliamento sulle patate con clorprofam, anche se tracce di questa sostanza sono state rinvenute su cipolle, agli e carote. Il clorprofam è una sostanza molto tossica, sospettata di provocare il cancro a reni e fegato. Viene anche utilizzata, al di fuori di qualsiasi autorizzazione, in diversi paesi della Ue, per sbiancare le patatine fritte che poi vengono vendute confezionate.

La fase di post raccolta dei prodotti ortofrutticoli è sicuramente la più critica. Lo afferma l’Unione Nazionale Consumatori che precisa: "Infatti questi prodotti, essendo sistemi biologici viventi, vanno incontro, proprio nella fase successiva alla raccolta, ad un deterioramento generale più o meno veloce".
La velocità del processo di deterioramento, che di fatto ne definisce la durata commerciale, dipende sia dalla natura (foglia, radice, frutto, tubero) sia dal tipo di metabolismo del prodotto, che è generalmente rapido anche a causa dell’elevato contenuto di acqua.
La necessità di mantenere alti gli standard di vita commerciale del prodotto ortofrutticolo, rendendo il più a lungo possibile inalterate le qualità estrinseche (colorazione, dimensione, forma), organolettiche (sapore, aroma, consistenza) ed igienico sanitarie, porta i produttori ad adottare trattamenti di conservazione non sempre naturali ed anzi molto spesso chimici. Difese naturali contro il deterioramento sono la temperatura, l’igrometria ambientale, la pressione atmosferica.
Ma la maggior parte dei trattamenti sono chimici. Infatti molto comuni sono i trattamenti anticrittogamici, quelli contro le fisiopatie, quelli che rallentano le attività vegetative, quelli antitraspiranti e quelli cosmetici e detergenti”.
In Italia i principi attivi autorizzati – continua la nota- per i trattamenti post raccolta sono solo 15, così come sono in un numero ristretto le specie ortofrutticole sulle quali è autorizzato di fatto il trattamento post raccolta: agrumi, mele, banane, patate, uva, cipolle, agli, carote, pomodori, peperoni, zucchine cetrioli, meloni.
I trattamenti più diffusi sono quelli antivegetativi – conclude
l’associazione- che bloccano, nel corso della conservazione, fenomeni di germogliazione ed emissione di radici. In Italia l’unico trattamento consentito è quello antigermogliamento sulle patate con clorprofam, anche se tracce di questa sostanza sono state rinvenute su cipolle, agli e carote. Il clorprofam è una sostanza molto tossica, sospettata di provocare il cancro a reni e fegato. Viene anche utilizzata, al di fuori di qualsiasi autorizzazione, in diversi paesi della Ue, per sbiancare le patatine fritte che poi vengono vendute confezionate.


FONTE: Unione Nazionale Consumatori , 3 novembre 2004

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