DOPO MUCCA PAZZA, POLLO PAZZO?
di Pino Sartori
La delocalizzazione è quella pratica, cui ricorrono sempre di piu' anche le aziende italiane e venete, di spostare produzioni in zone del mondo dove sia possibile realizzarle a costi produttivi molto più bassi di quelli europei, in particolar modo dei paesi dell'Unione Europea.
E la delocalizzazione è entrata a piena forza anche nel settore primario per le produzioni di carne (polli, conigli, bovini, suini, ecc.); anche perché in quei paesi sono consentiti metodi produttivi vietati dallUE (con uso di antibiotici, di promotori della crescita, di granaglie O.G.M., perfino di farine di carne e di sangue, ecc.), per il minor costo del lavoro e grazie allabile utilizzo delle opportunità offerte dalla legislazione sui dazi che consente, attraverso la dizione di carni salate praticamente di non avere costi doganali.
Tutto questo mette a rischio non solo la produzione locale (che ha costi produttivi maggiori anche perché utilizza procedure di garanzia conquistate dalla sensibilità dei consumatori e degli allevatori più responsabili), ma anche la salute dei consumatori, il posto di lavoro di migliaia di dipendenti in Italia e in altri paesi della comunita' europea.
Nonostante che il Ministro dell'agricoltura escluda i rischi per i consumatori italiani sostenendo lautosufficienza della produzione italiana, in verità si registra un aumento dei consumi in Europa di +6,8%, mentre la produzione cresce per solo il 3,7% e le importazioni di ben il 44%. Nel 2001 era di 790.000 tonnellate la quota di importazione di soli prodotti avicoli dai paesi extra UE (fra cui le partite lavorate in Olanda incluse quelle a rischio per i tedeschi contaminate con il nitrofen) di cui migliaia di quintali arrivano ogni settimana alla dogana di Modena per essere lavorate e confezionate dai grandi marchi nazionali e dal catering che le trovano più convenienti di quelle europee.
A questa sconcertante situazione europea, che vanifica tutte le politiche sulla qualità degli alimenti messe in campo dall'Unione Europea, si aggiunge lallarme lanciato sul The Guardian da Peter Smith, presidente del comitato consultivo del Governo Britannico per la Bse, secondo cui c'è un rischio potenziale di contagio da Bse per le carni di pollo importate in grandi quantità soprattutto dalla Thailandia e dal Brasile e scongelate per le lavorazioni. E, questo, solo il primo dei segnali di allarme per i consumatori di questi prodotti: non molto tempo fa la stampa tedesca denunciava tracce di antibiotici furanici proibiti nel pollame di produzione europea) Il processo che porta dalle benzine all'idrogeno si chiama "reforming" ed è un processo maturo usato in tutte le raffinerie per produrre appunto idrogeno. E qui sta il primo imbroglio: mentre sui giornali si definisce l'idrogeno un combustibile rinnovabile si nasconde il fatto che l'idrogeno oggi si fa dal reforming del gas naturale o delle nafte.
L'allarme si aggrava scorrendo i risultati di uno studio di 3 mesi eseguito dallAutorità per la Sicurezza Alimentare in Irlanda (FSAI) che confermano le analoghe preoccupazioni dellAutorità per la sicurezza alimentare quella britannica.
Su campioni di filetti di pollo sfusi prelevati in vari punti di vendita sia in macellerie che in supermercati sono state riscontrate diverse infrazioni sia sulle norme di etichettatura incluse le norme sulla dichiarazione del contenuto della carne. Dei 30 campioni analizzati, nel 23% non è dichiarato il contenuto di carne e nel 54% è dichiarato un contenuto di carne superiore a quello effettivamente riscontrato. In questo studio si e' riscontrato un comune uso di addizionare alla carne di pollo acqua in misura varia dal 14 al 43%.
Inoltre sono stati trovati livelli elevati di hydroxyprolina nel 26% dei campioni esaminati; questo amminoacido indica che al filetto di pollo sono state aggiunte proteine idrolizzate derivate dal collagene animale; questa sostanza viene aggiunta al pollo come agente legante dellacqua e come una fonte di proteine aggiunte. Il collagene può avere origine diverse, come gelatina, sangue, proteine di siero, proteine essiccate di bovino e suino, alcune delle quali possono essere ottenute meccanicamente. I filetti di pollo che contengono acqua e altri ingredienti aggiunti spesso provengono da paesi extracee. I filetti vengono salati e congelati prima di essere importati nella Cee ad un prezzo commerciale ridotta in quanto semilavorati. I produttori (soprattutto belgi e olandesi) poi decongelano i filetti e li mettono a bagno o li addizonano con acqua e altri ingredienti come agenti leganti, zuccheri, collageni e aromi. I filetti vengono poi ricongelati e confezionati in scatoloni adatti alla grande distribuzione. Vengono venduti a grossisti fornitori di catering a prezzi più bassi del normale filetto di pollo non lavorato.
Dai grossisti alla piccola distribuzione fino al commercio al minuto il filetto di pollo giunge al piatto dei consumatori europei.
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Nelle macellerie è possibile che questi prodotti siano venduti direttamente al consumatore come filetto crudo congelato e anche già scongelato. Nel qual caso per i filetti che vengono venduti sfusi al banco al consumatore, il venditore deve solo dichiarare sulla etichetta o in qualsiasi altro cartello la dicitura di pollo. Per cui i filetti di pollo sconfezionati o filetti che vengono avvolti nella carta al momento per chi li acquista e vengono venduti direttamente al consumatore dal macellaio non devono avere nessuna etichettatura che indichi la loro composizione. A livello di catering e ristorazione non ci sono esigenze legali di mettere una etichetta con gli ingredienti su un piatto pronto di carne di pollo. E perciò improbabile che un consumatore possa sapere che un filetto di pollo possa contenere effettivamente solo un minimo del 55% di carne di pollo come pure una serie di additivi se allocchio appare perfettamente normale.
Ma non e' tutto.
Il FSAI (http://www.fsai.ie) è preoccupato anche per quei consumatori che soffrono di allergie. Questi consumatori fanno affidamento su unaccurata etichettatura che li aiuti ad evitare sostanze nel cibo che possano causare effetti pericolosi alla loro salute. Le ricerche hanno dimostrato che i filetti di pollo possono contenere lattosio, proteine del latte o di suino. I consumatori con intolleranza al lattosio o allergie al latte o al suino sono chiaramente tratti in inganno e in alcuni casi esposti a allergeni potenzialmente pericolosi; mai penserebbero al pollo come rischioso per la loro salute e si affidano ad una accurata etichettatura per evitare quelle sostanze.
A seguito di queste preoccupanti notizie accavallatesi in questi ultimi mesi i produttori avicoli biologici che fanno riferimento al coordinamento Foro contadino Altragricoltura, hanno evidenziato non solo la necessità ma anche l'urgenza di reclamare il blocco immediato delle importazioni da quei paesi che non assicurino gli stessi standards di sicurezza UE, l'adeguamento delle tabelle dei dazi in modo che non possano essere raggirate e che si realizzi il riallineamento dei costi produttivi, misure di riqualificazione per il comparto a favore della sicurezza alimentare, del lavoro, di metodi produttivi sostenibili, delle produzioni tipiche e legate alle specifiche territoriali, del ciclo corto produzione-consumo per garantire alle tavole degli italiani un prodotto il piu' fresco e qualificato possibile.
La sfida commerciale dei produttori biologici per la qualità e' lanciata alle aziende italiane che si spartiscono il mercato italiano in crisi (AIA con i sui 126.000.000 di polli; Amadori con i sui 88.000.000; Arena con quasi 56.000.000 di animali) certi che il traguardo da raggiungere sia un prodotto nutrito con cereali ogm free; con tracciabilità certificata; biosicuro; ottenuto tutelando le varieta' indigene in estinzione, e con metodi sani di allevamento.
Fonti
1.UK. Food Standards Agency (2001). Survey of Meat Content, Added Water and Hydrolysed Protein in Catering Chicken Breasts (Number 20/01).
http://www.foodstandards.gov.uk/science/surveillance/fsis-2001/20chick
2. Lord, D.W. and Swan, K.J. (1984) Connective tissue in beef burgers. Journal of the Association of Public Analysts, 22 (4), 131-140.
3.Report by the Analytical Methods Committee. Nitrogen factors for chicken meat (2000), The Analyst, 125, 1359-1366.