LA FITOTERAPIA

Il ginseng

Iperico
 

Ginkgo Biloba

Mirtillo

Aloe

Tisane contro il dolore

Bioflavonoidi

Lassativi vegetali

Assenzio

La papaya

Fucus

La propoli

Fitoestrogeni e menopausa  

 

 

 

 

 

 

 

 

IL GINSENG

 

Il ginseng che oggi si trova in commercio proviene totalmente da piante coltivate in Corea, Giappone e Cina. Il ginseng selvatico è assai raro anche nei paesi di origine. Ne esistono due qualità, Bianco (radici seccate), Rosso ( radici scottate in acqua bollente). Il principio attivo, estratto dalle radici, è composto da circa quattordici ginsenosidi. Il ginseng coreano non deve essere confuso con altre specie orientali o americane:

-Panx quinquefolius ( ginseng americano),          

-Himalaius hara ( ginseng imalaiano),

-panax notoginseng ( sanchi), ecc…

             EFFETTI FARMACOLOGICI

Il ginseng migliora il metabolismo energetico, stimola la sintesi proteica, ha un’azione

ipolipemizzante, ipocolesterolemizzante e antistress. Si descrive anche un’attività

positiva sulla risposta nervosa e sui riflessi. La droga è generalmente considerata priva

di tossicità;  sono da evitare le somministrazioni prolungate. Può essere consigliato in

casi di affaticamento, astenia e convalescenza.

CONSIGLIO DEL FARMACISTA

Non somministrarlo ai  bambini, non utilizzarlo per lunghi periodi, non assumerlo di sera

perché può provocare insonnia e nervosismo.

 

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GINKGO BILOBA

 

E' un'erba molto popolare nel mondo, usata per migliorare l'afflusso di sangue al cervello, per migliorare la memoria e lo stato di coscienza nell'anziano e la circolazione del sangue in generale. Usata anche per rallentare la progressione della malattia di Alzhaimer.Il ginkgo biloba avrebbe anche proprietà inibitrici sulla 5-alfa-reduttasi.

  Il ginkgo biloba contiene terpeni, ginkgolide B con azione inibitrice del Paf-acether, mediatore fosfolipidico intercellulare implicato nell'aggregazione piastrinica, la tromboformazione, nell' aterogenesi e l'iperpermeabilità capillare; polifenoli, flavonoidi (ginketolo, isiginketolo, bilabetolo, ginkolide), con azione a tutti i livelli del sistema circolatorio: attività vasodilatatrice sulle arterie, aumento del tono venoso, aumento della circolazione cerebrale.

Il ginketolo, isiginketolo, bilabetolo agiscono sulle membrane cellulari, stabilizzandole.

Il ginkolide blocca la perossidazione lipidica e la formazione di radicali liberi, inibisce il fattore di attivazione delle piastrine (PAF).

In cosmetica il ginkgo biloba si usa per la regolarizzazione della secrezione sebacea, pelle secca e devitalizzata, etc.

Caratteristiche e proprietà:
Originario della Cina e del Giappone, è un albero leggendario vecchio di più di 250 milioni di anni e che ha resistito ai peggiori inquinamenti del ventesimo secolo ed in particolare ai residui della bomba atomica di Hiroshima.

E' particolarmente conosciuto per la sua attività sulla circolazione venosa, arteriosa e soprattutto per quella cerebrale. Numerose prove cliniche sono state compiute dimostrando l'efficacia delle foglie di ginkgo a tutti i livelli della circolazione sanguigna.

* migliora la circolazione - aumentando l'afflusso di sangue al cervello migliora l'acuità mentale, la concentrazione, la memoria a breve termine, e l'abilità cognitiva. Utile perciò nelle perdite di memoria dovute a età avanzata, e nei problemi della memoria a breve termine. Aiuta anche in casi di tinnito (ronzio alle orecchie) e vertigini. Una migliore circolazione periferica aiuta a ridurre la sensazione di freddo alle estremità, i dolori intermittenti alle gambe e i crampi. Il gingko è utile anche nel trattamento per neuropatie diabetiche, degenerazione maculare, e altri problemi circolatori.

* antiossidante - è uno scavenger (spazzino) dei radicali liberi, inibendo la perossidazione lipidica delle membrane - protegge quindi il cervello e il sistema nervoso dai danni provocati dai radicali liberi, e ciò può aiutare a controllare gli effetti dell'invecchiamento

* protegge la barriera sangue-cervello (barriere anatomiche e sistemi di trasporto che controllano tipi di sostanze che entrano nello spazio extracellulare del cervello)

* diminuisce la viscosità del sangue inibendo il fattore attivante del PLATELET - platelet activating factor (PAF)

* diminuisce il danno ai tessuti durante stress circolatori e aumenta la circolazione alle estremità

* assiste nella distribuzione di ossigeno e glucosio al cervello

* protegge le arterie, le vene e i capillari dai danni, e aiuta a regolare il loro tono e la loro elasticità

* usato anche per rallentare la progressione della malattia di Alzhaimer

Raccomandazioni per l'uso
Alcuni pazienti con scarso afflusso di sangue al cervello possono andare incontro a un leggero e passeggero mal di testa per i primi due o tre giorni. E' un segno che il gingko sta funzionando.

Storia e curiosità:
Il Ginkgo fu citato per la prima volta nel 2800 a.C. nella materia medica cinese, Pen T'Sao Ching. Il Gingko viene citato per l'uso nelle malattie respiratorie, così come per i benefici sulla funzione cerebrale. Tradizionalmente, è stato usato per le perdite di memoria.

E' un'erba molto popolare nel mondo, usata per migliorare l'afflusso di sangue al cervello, per migliorare la memoria e lo stato di coscienza nell'anziano e la circolazione del sangue in generale.  

Migliora le funzioni mentali. Migliora la potenza sessuale nell'uomo.

L'estratto di foglie di ginkgo ha mandato in coma una donna con malattia di Alzheimer, in trattamento con trazodone. Il flumazenil risolse il coma, indicando come responsabile l'eccesso di GABA. I flavonidi del gingko sembrano essere degli agonisti del GABA, in quanto si legano ai recettori per le benzodiazepine. Questo legame potrebbe indurre il CPY3A4 aumentando il metabolismo del trazodone, e quindi la formazione dei metaboliti GABA-ergici. Il gingko riduce l'aggregazione piastrinica ed è stato la causa di un'emorragia celebrale in un paziente in terapia cronica con warfarina da cinque anni. Gli estratti del gingko in commercio inibiscono il metabolismo microsomiale dell'S-Warfarina, per azione sull'isoenzima CPY2C9. Per di più, pazienti già in cura con aspirina od ergotamina che cominciarono ad assumere gingko, sono andati incontro ad episodi di ematoma subdurale, emorragia subaracnoidea ed emorragia spontanea dell'iride. La combinazione di gingko e farmaci anticoagulanti o farmaci che inibiscono l'aggregazione piastrinica deve essere pertanto evitata.

                Consiglio del farmacista

      Dosaggi ed effetti collaterali
 

    La farmacopea tedesca raccomanda l’uso di Ginkgo Biloba titolato (titolo minimo 6% in terpeni e 24% in ginkgoflavonoidi). Il dosaggio giornaliero di estratto secco titolato dovrebbe variare da un minimo di 120mg ad un massimo di 240mg, diviso in due somministrazioni giornaliere.

Può essere utile nelle persone anziane che non assumono antiaggreganti e anticoagulanti (ac. acetil salicilico,ticlopidina, fans...).

Nei ragazzi per migliorarne la memoria è eccessivo, un’alimentazione ricca di

olio di pesce, olio di fegato di merluzzo o salmone, può essere una soluzione

migliore. Prima di assumere questi prodotti,  viste le interazioni con farmaci

estremamente diffusi, e bene consigliarsi con il consiglio del medico curante.

 

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ALOE

(aloe arborescens)

E' una pianta perenne originaria dell’Africa del Sud e delle Antille. Questa pianta presenta una serie di foglie carnose, sature d’acqua, che gli permette di resistere a lunghi periodi di siccità. L’aloe è ormai diffusissima anche nel nostro paese, si adatta bene a vivere anche come una pianta da appartamento.

Principi attivi

I principi attivi sono estratti o dall’Essudato (concentrato del succo delle foglie) o dal Gel (che si ottiene dalla pianta in toto, dopo aver eliminato i tessuti più esterni). La quantità di principi attivi dipende in gran parte da com’è stata coltivata la pianta. Una pianta con almeno 5 anni d’età e cresciuta a sole pieno può contenere una quantità di "aloidina" dieci volte superiore ad una pianta cresciuta all’ombra. L’essudato può contenere derivati idrossiantraceni in quantità variabili tra il 40 e il 70%. La sostanza più attiva e conosciuta di questa famiglia di principi attivi è l’aloidina. L’aloidina allo stato puro è una polvere cristallina dal colore giallo-limone, con un leggero odore aromatico. Solubile in acqua calda, alcool ed acetone, si altera alla luce. Deve essere conservata in recipienti ermetici alla luce e all’aria. Nell’aloe sono presenti anche una modesta quantità di Resine (combinazioni di alcoli resinosi con avidi aromatici) e Essenze (particolari sostanze che danno alla pianta l’odore caratteristico).

 

Proprietà farmacologiche

Attività lassativa è dovuta in gran parte alla presenza di idrossiantraceni (derivati antrachinonici). Queste sostanze una volta raggiunto il colon diventano attive per merito di particolari sistemi enzimatici. La loro azione è dovuta ad un richiamo d’acqua nell’intestino e ad un aumento dei movimenti peristaltici. 

Attività antibatterica e cicatrizzante, dovuta sia alla presenza d’aloina (inibisce la secrezione d’istamina) e di sostanze non ben identificate che interagiscono con la secrezione delle prostaglandine.

I preparati con aloe sono generalmente controindicati in gravidanza, allattamento,  stati emorroidali, emorragie uterine e lesioni renali.

La FDA (Food and Drug Administration), agenzia americana che si occupa dell’efficacia e la sicurezza dei farmaci, ha deciso di ritirare in tutto il territorio degli Stati Uniti tutti i lassativi a base di "Cascara" e "Aloe". Tale decisione è stata presa perché le ditte produttrici, che immettevano farmaci con le sostanze sopra citate, non hanno fornito tutta la documentazione necessaria  ad un più attento monitoraggio, utile per uno studio più approfondito sui possibili

effetti tossici delle piante indicate. Il Ministero della Salute, in Italia, ha emanato una circolare affermando che il sequestro dei prodotti, negli Stati Uniti, a base di aloe e cascara è stato dettato semplicemente da inadempienze burocratiche.

Aloe nella terapia antitumorale

Si sta diffondendo sempre di più l’uso dell’Aloe nella terapia antitumorale, recenti studi stanno confermando quest’attività. È stato dimostrato che uno dei principi attivi dell’Aloe (Aloe-emodina) si concentra soltanto nelle cellule tumorali, dove manifesterebbe un’azione molto complessa chiamata "Apoptosi" (blocco della trasformazione della cellula sana in cellula maligna). Sono stati confermati risultati positivi sia in "vitro" che su animali da esperimento.Il professor Giuseppe D’Alessio, direttore del dipartimento di Chimica Organica e Biologica dell’Università Federico II di Napoli, ha compiuto numerose ricerche sugli effetti

dell’Aloe arborescens, riuscendo a dimostrare l’efficacia dell’aloe nel distruggere le cellule tumorali. L’Università di Padova ha stretto un accordo miliardario, con una multinazionale del farmaco, per il brevetto dell’aloe-emodina.

La dimostrata efficacia dell’Aloe non deve indurre in nessun modo i possibili pazienti ad abbandonare le tradizionali cure, ed intraprendere strade non ancora pienamente esplorate senza aver prima consultato il medico curante o lo specialista oncologo. Le notizie sulla preparazione e i dosaggi dell’Aloe vera sono state  riportate unicamente per evitare fenomeni speculativi.

 

Ricetta Aloe vera

Materie prime da utilizzare:

-Aloe arborescens 350g.

-Miele biologico 500g.

-Grappa 50 ml.

La pianta dell’Aloe deve:

-Avere 5 anni d’età.

-Essere cresciuta a sole pieno.

-Raccolta qualche giorno di distanza dall’ultima pioggia.

Le foglie devono essere tagliate di notte e utilizzate per la preparazione nel più breve tempo possibile.

Apparecchiature necessarie:

-Frullatore con cestello d’acciaio (Bimby Vorwerk).

-Recipienti ermetici all’aria e alla luce da 300 ml.

-Lampada rossa da camera oscura

 

Preparazione in farmacia

Tutte le operazioni di preparazione devono avvenire al buio, oppure con lampada rossa (sono particolari lampade che usano i fotografi in camera oscura). Si puliscono le foglie con un panno asciutto, si tagliano a pezzetti dopo aver asportato le parti rovinate e gli aculei. Si versano nel frullatore tutti i componenti della preparazione: aloe g 350, miele g 500, grappa 50 ml. Si frulla fino a completa omogeneizzazione. La crema verde ottenuta andrà versata nei tre barattoli da 300 ml, che saranno posti immediatamente in frigo. Un’altra accortezza sarebbe quella di operare in atmosfera inerte (azoto gassoso), si potrebbe saturare con tale gas sia il frullatore durante l’omogeneizzazione e sia contenitori della crema d’aloe vera. Questa particolare procedura di lavoro potrà essere utilizzata solo in farmacie particolarmente attrezzate e con personale laureato preparato. Per le preparazioni casalinghe bisognerà seguire un’altra metodica, vale a dire quella di preparare porzioni più piccole in modo da avere un composto sempre fresco ed efficace.

 

Preparazione casalinga

Materie prime da utilizzare:

-Aloe arborescens 120g.

-Miele biologico 165g.

-Grappa 15 ml (corrispondenti ad un cucchiaio abbondante da minestra).

 

Apparecchiature necessarie:

-Frullatore commerciale con il cestello rivestito con pellicola d’alluminio.

-Recipienti di vetro scuro con bocca larga da 125 ml, da rivestire con pellicola d’alluminio, si acquistano in farmacia.

-Lampada rossa da camera oscura, oppure qualsiasi fonte luminosa a bassa potenza rivestita con pellicola di plastica rossa.

Prima di avventurarsi nella preparazione vera, sarà necessario fare delle prove per vedere se tutto funziona alla perfezione. Per le dosi non bisognerà essere particolarmente precisi, la bilancia da utilizzare dovrà avere una sensibilità di almeno 10 g. Sono ottime quelle elettroniche da cucina che offrono la possibilità di eseguire la tara, si trovano nei supermercati a prezzi modici. Per la preparazione bisognerà procedere in modo da essere veloci ma rigorosi nell’esporre il minor tempo possibile l’aloe alla luce diretta.

 

Dosi e somministrazione

La crema d’aloe va assunta al buio, o in luce attenuata (lampada rossa).

Di giorno occorrerà operare in una stanza buia, con porte e finestre chiuse.

Il preparato va assunto a digiuno, non bisognerà mangiare e bere per un’ora dopo averlo ingerito.

Il preparato va rimescolato prima di ogni assunzione.

Dosi:

2 cucchiai 3 volte al giorno oppure 3 cucchiai 2 volte al giorno, fino alla fine del contenitore da 350 g oppure dei 3 da 125 g.

Dopo la fine del primo ciclo bisognerà osservare 3 giorni d’interruzione, per poi cominciarne uno nuovo.

I cicli dovranno susseguirsi senza nessuna interruzione fino alla remissione completa della malattia, la cui scomparsa dovrà essere accertata dal medico curante mediante esami diagnostici. La cura dovrà essere proseguita per almeno tre mesi dopo la guarigione.

 

Avvertenze

-Il succo d’Aloe nei dosaggi terapeutici sopra riportati non dovrebbe avere nessun effetto lassativo.

-Il preparato potrebbe cambiare sapore e diventare più amaro.

-Chi ha problemi di glicemia può ridurre la quantità di miele, ciò comporterà un aumento del sapore amaro della preparazione e una riformulazione del dosaggio.

-Durante la terapia con Aloe bisognerà seguire un regime alimentare tale da favorire la guarigione.

 

Alimentazione consigliata

Alimenti sconsigliati: grassi animali, carni grasse, insaccati, formaggi stagionati, fritture, dolci, cibi preconfezionati. Come dolcificante è consigliabile usare il miele o il fruttosio.

Alimenti consigliati: verdure, ortaggi, legumi, frutta fresca, cereali, pasta, pane, carni magre, pesce fresco.

I prodotti alimentari dovranno essere assolutamente naturali e d’origine biologica.

 

Aloe come prevenzione del tumore

 In questi casi il dosaggio sarà il seguente:

1 cucchiaio 3 volte al giorno fino al termine di 2 contenitori da 125 g, i cicli dovranno essere ripetuti 2 volte l’anno.

 

Aloe nella terapia topica

L’aloe può essere utilizzato nella cura delle seguenti malattie: erpes, psoriasi, ferite con difficoltà di cicatrizzazione.

L’Aloe vera per uso topico seguirà la medesima procedura di preparazione e di conservazione del preparato per uso orale, ma escludendo i due eccipienti: miele e grappa.

La pasta d’aloe andrà spalmata, al buio o in luce attenuata, sulla parte da trattare 1 o 2 volte al giorno. La medicazione dovrà essere tenuta al buio per almeno 2 ore, se di notte tale operazione potrà risultare relativamente facile…di giorno occorrerà avvolgere la zona medicata con pellicola d’alluminio.

 

Consiglio del farmacista

Ci sono piante che improvvisamente escono dall’oblio, l’Aloe è una di loro. Dopo decenni che era caduta in disuso, ci si accorge improvvisamente delle sue numerose qualità medicinali. È da chiedersi quante piante esistono senza che se ne conoscano in pieno le qualità farmacologiche. Consiglio di utilizzare la pasta d’Aloe per uso topico; si potrebbero trattare con successo alcune malattie particolarmente fastidiose e difficilmente curabili quali: l’erpes e la psoriasi. Per la terapia antitumorale il discorso è diverso e molto delicato. Al medico specialista spetta la cura più appropriata.

 

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BIOFLAVONOIDI 

 

I Bioflavonoidi sono sostanze di origine vegetale che hanno una composizione chimica risultante dalla combinazione di una struttura flavonica con zuccheri. Si trovano comunemente contenute in alcune piante: arance, albicocche, more, ciliegie, grano saraceno. Esercitano un'azione protettiva sui capillari riducendone la permeabilità; presentano inoltre proprietà antiossidanti, antiaggreganti, epatoprotettrici, e antiemorragiche. Favoriscono l'assorbimento della vitamina C la quale ne potenzia l'azione capillaroprotettore. Il rapporto ottimale tra quantità di vitamina C assorbita e bioflavonoidi è di 5 a 1.

Molti organi di stampa hanno lanciato numerosi allarmi sulla pericolosità di queste sostanze . Le notizie riportate affermavano la possibile insorgenza di leucemie infantili in seguito alla loro somministrazione in gravidanza. Gli allarmi sono stati motivati perché si scoperto che un bioflavonoide di sintesi riusciva ,in vitro, ad inibire la Topoisomerasi II, determinando alterazioni cromosomiche.

In un articolo pubblicato nel numero 5 anno 2002 del “Bollettino di i formazione dei farmaci” si ridimensiona notevolmente la pericolosità dei bioflavonoidi. È dunque allarme rientrato?

Vi invito a leggere l'articolo citato:

I bioflavonoidi:

Tanto rumore per nulla

Per quanto l’attenzione dei media sia ben presto sfumata, alcuni organi di stampa hanno costruito dei titoli che ricordano l’ormai famoso “caso cerivastatina”. Questa volta i farmaci additati come molecole killer rientrano in una non facilmente precisabile classe di principi attivi presenti in molti integratori vitaminici. Tali posizioni, insieme alle preoccupazioni di alcune magistrature, legate soprattutto alla presenza di questi composti anche in integratori alimentari, hanno scatenato un certo allarme cui ha fatto seguito una nota della Direzione Generale degli Alimenti che, come misura di estrema cautela, richiedeva di indicare sull’etichetta dei prodotti contenenti bioflavonoidi l’avvertenza Non assumere durante la gravidanza.

Di tutto questo si è interessata la stessa Sottocommissione di Farmacovigilanza della Commissione Unica del Farmaco (CUF), in quanto i bioflavonoidi sono contenuti anche in alcuni medicinali.

I flavonoidi sono pigmenti ubiquitari facilmente reperibili nei fiori, nei frutti e nelle foglie di numerose specie vegetali, compresi legumi e cereali. In natura si calcola che ne esistano oltre 4.000 tipi, accomunati da una struttura chimica di tipo fenolico: alcune di queste sostanze possono trovarsi libere, sotto forma di agliconi o di giucosidi (quercitina), oppure di dimeri e polimeri (procianidine), o anche esterificate in strutture più complesse. Nella maggior parte dei casi, nella stessa pianta, si trovano vari tipi di flavonoidi, diversi in relazione alla specie botanica, alla parte della pianta utilizzata ed alla tecnica estrattiva utilizzata.

I flavonoidi più conosciuti e presenti in alcune specialità farmaceutiche sono la rutina, la diosmina e l'esperidina; questi composti sono presenti anche negli agrumi ed in piante del genere Citrus, e vengono presentati come efficaci in una presunta capacità di riduzione della permèabilità capillare con attività antivaricose ed antiemorroidarie; a questi si aggiungono gli antocianosidi del mirtillo che sono invece promossi come efficaci nella ‘cura’ della rétinopatia e del l’angiopatia diabetica e come endotelioprotettori (tabella I). Oltre a quelli contenuti nelle specialità medicinali, i flavonoidi rappresentano una componente importante anche di molti estratti fìtoterapici quali il carciofo, la passiflora, il timo e numerosissime altre piante officinali. Tali composti sono presenti, in concentrazioni molto variabili, anche negli alimenti e come costituenti di vari integratori dietetici. Per quanto riguarda l’efficacia di questi composti il condizionale è d’obbligo in quanto non vi sono chiare evidenze che dimostrino un beneficio legato al loro utilizzo nelle indicazioni sopra riportate. Infatti, tutte queste specialità rientrano in una lista di tarmaci identificate come ’’categorie di dubbia efficacia.” ed attualmente in esame alla CUF per verificare quanto debbano ancora esistere sotto forma di medicinali.

Ciò che però ha attirato l’attenzione dei media non è stata la pur poco definita questione di effìcacy ma piuttosto un problema di safety. Recentemente, infatti, i bioflavonoidi sono stati oggetto di ipotesi e discussioni scientifiche riguardanti una eventuale “pericolosità” legata all’aumento del rischio di insorgenza di leucemie infantili acute a seguito della loro assunzione in gravidanza. All’origine di tale allarme si pone un recente lavoro scientifico che, sulla base di esperimenti in vitro, sembra dimostrare come alcuni flavonoidi hanno la capacità di provocare delle alterazioni cromosomiche a livello del gene MLL per via di un’azione inibitoria della topoisomerasi II. Questo tipo di alterazione è la stessa presente in un’alta percentuale di leucemie infantili acute. Probabilmente e stato “questo elemento a far dedurre ad alcuni autori la possibilità che i bioflavonoidi possano giocare un ruolo determinante nell’incidenza di tale malattia. A ciò si aggiunge il fatto .che i bioflavonoidi attraversano la barriera placentare3 e questo potrebbe esporre il feto all’attività della topoisomerasi II in una fase delicata della gestazione. In realtà molti dei tarmaci che vengono attualmente utilizzati – probabilmente la maggior parte4 – passano la barriera placentare e quindi tale dato non può essere di per sé valutato come un indicatore di rischio. A ciò va aggiunto il fatto che l’unica pubblicazione relativa al passaggio placentare si riferisce ad un solo bioflavonoide di natura sintetica (EMD-49209) e non certo che gli stessi risultati siano estendibili alla vasta famiglia di composti identificabili come bioflavonoidi. A testimonianza, dell’incertezza legata a questo fenomeno valga il fatto che due studi, condotti con diosmina su donne in stato di gravidanza con insufficienza venosa o patologia emorroidaria, non hanno evidenziato effetti tossici sul feto, ne sul bambino nato, ne sulla gestante. Se quanto detto può riguardare i medicinali a base di bioflavonoidi, qualcuno potrebbe obiettare che gli integratori dietetici attualmente in commercio contengono dosaggi più elevati e accumulabili fino ad arrivare ai dosaggi pari a quelli considerati potenzialmente capaci di inibire la topoisomerasi II. Bisogna tuttavia tener conto che le dosi dei bioflavonoidi contenute negli integratori dietetici sono molto distanti da quelle considerate negli esperimenti in vitro ed il raggiungimento delle dosi ritenute pericolose per via di un accumulo in donne in gravidanza rimane per ora privo di fondamento scientifico.

Un altro elemento che pareva sostenere l’allarme iniziale è costituito dai dati di un recente studio caso-controllo che, secondo l’interpretazione di alcuni autori, avvalorerebbe l’ipotesi biologica: i bambini esposti in utero a tarmaci di origine vegetale mostrerebbero una maggiore probabilità di insorgenza di leucemie acute. Anche in questo caso però l’analisi dettagliata dello studio in questione aiuta a capire l’equivoco che ha inserito questa indagine tra le “prove” utili a sostenere le ragioni di un allarme. Infatti, lo studio caso-controllo citato, nel riferire le esposizioni a farmaci e ad altri composti avvenute in gravidanza, in funzione del rischio di insorgenza di esiti spiacevoli nei neonati, fa un riferimento a 27 esposizioni a composti genericamente indicati come “herbal medicines”, senza specificare se si tratti di bioflavonoidi ma indicando altro tipo di fitoterapici (quasi tutte tisane). Gli stessi autori di questo studio, nella discussione dei risultati ot- tenuti, non ritengono di particolare rilevanza il dato relativo alla esposizione ai farmaci vegetali / per quanto riguarda l’aumento del rischio di’ leucemie infantili acute, ne indicano i bioflavonoidi tra i composti potenzialmente pericolosi qualora assunti in gravidanza.

A quanto sopra esposto va aggiunto che le maggiori banche dati specialistiche nell’archiviazione di studi riguardanti la fetotossicità e la teratogenicità dei medicinali e di composti utilizzati negli integratori o nelle piante officinali (Reprorisk, Teris, Sheppard list, ecc.) non indicano i bioflavonoidi tra le sostanze potenzialmente fetotossiche, ne al momento esistono in letteratura case report o studi sull’essere umano che associno l’uso di queste sostanze con la leucemia infantile acuta o con una più alta insorgenza di reazioni avverse nel neonato esposto, in utero.

L’inibizione in vitro della topoisomerasi II attribuita ai bioflavonoidi è propria di molti composti largamente usati sia come alimenti sia come medicinali, tra cui: le catechine del cioccolato, le catechine del tè, la caffeina, i lassativi antrachinonici, gli antibiotici chinolonici, ecc. Per tale motivo è giusto pensare che “un ruolo importante di questi composti nell’insorgenza delle leucemie acute infantili risulterebbe in numeri ben diversi dagli attuali casi di bambini con questa patologia.

In conclusione, non sembra che ci siano elementi di allarme riguardo all’esposizione di questi composti in gravidanza; ciò troverebbe conferma anche in quanto recentemente pubblicato sulla stampa scientifica internazionale8. Tuttavia, in una valutazione di beneficio/rischio, qualora il beneficio non sia dimostrato’ una qualsiasi ed anche ipotetica indicazione di rischio può bastare per sconsigliare l’uso di questi composti. Per tale motivo, in attesa della conclusione dell’esame delle categorie di dubbia efficacia si è reso necessario uniformare le avvertenze dei foglietti illustrativi delle specialità riportate in tabella alla comune avvertenza: La sicurezza del farmaco in gravidanza non è stata determinata, pertanto è opportuno non somministrare il prodotto durante la gravidanza.

 

Specialità medicinali contenenti bioflavonoidi registrate in Italia.

 

Principio attivo

Nome commerciale

Indicazioni terapeutiche riportate nella scheda tecnica dei farmaci

DIOSMINA

Venosmine, Doven , Diosven, Alven.

Coadiuvante nel trattamento delle varici e delle complicazioni flebitiche, delle emorroidi interne ed esterne e, in genere, negli stati di fragilità capillare e nelle loro manifestazioni (ecchimosi, ematomi, porpora)

0-B-IDROSSIETIL RUTOSIDEA

Venoruton, Fleboside, Venolen

Malattie da aumentata fragilità capillare;trattamento delle ulcere varicose e degli stati emorroidali. Malattie da aumentata fragilità capillare;

 

Dermoangiopan

Dermatiti flebopatiche, distrofie cutanee da varici venose, stati linfedematosi. Contusioni, ematomi, ecchimosi

 

Traumal

Contusioni, ematomi, ecchimosi.

ESPERIDINA

Reparil

Terapia degli edemi negli interventi chirurgici in generale. Stasi venose, varici, emorroidi, tromboflebiti.

 

Edeven

Edemi cerebrali da trombosi; emorragie cerebrali; stasi venose, varici, emorroidi, tromboflebiti.

FRAZIONE FLAVONOICA PURIFICATA E MICRONIZZATA

Arvenum, Daflon.

Coadiuvante nel trattamento delle varici e delle complicanze flebitiche; degli stati di fragilità capillare; delle emorroidi interne ed esterne.

COMPLESSO ANTICIANOSIDICO DEL MIRTILLO AL 36% DI ANTICIANOSIDI

Tegens

Coadiuvante nel trattamento sintomatico dei disturbi da varici da alterata permeabilità capillare.

 

Ultarvisin

Retinopatie vascolari; turbe della visione notturna e crepuscolare;miopia elevata e degenerativa.

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ASSENZIO

 

La pianta base da cui si ricava l’assenzio è l’artemisia, di questa pianta si conoscono varie specie: Artemisia (amarella, canapaccia, assenzio selvatico, erba di S.Giovanni), Artemisia Cinese, Artemisia Absinthium (assenzio maggiore, assenzio romano, assenzio officinale).

 

Artemisia

È una pianta della famiglia delle composite e può raggiungere 1,5 m di altezza. Le foglie di color verde intenso sono in pratica prive di picciolo (la parte inferiore delle foglie che ha il compito di riunirsi al ramo), i fiori sono gialli, quelli periferici rossastri. Vive in luoghi incolti, nei ruderi, nei campi di tutta Italia. Fiorisce in estate ed è raccolta a tarda fioritura (settembre) perché è il momento che la pianta contiene più principi attivi. Tradizionalmente l’artemisia è utilizzata nella medicina popolare come aromatizzante, digestiva e stimolante dell’appetito. Alcuni autori ritengono che la pianta abbia anche proprietà sedative e anticonvulsivanti.

 

Artemisia Cinese

Si trova allo stato selvatico in Asia centrale. Le parti utilizzate sono i capolini non ancora schiusi chiamati anche: Fiori di Cina o Seme Santo. Il principio attivo è la santonina, che ha proprietà vermifughe e analgesiche.

 

Artemisia Absinthium

È la pianta da cui si ricava l’assenzio. Le foglie, picciolate, sono setacee e biancastre nella parte superiore. I fiori, sorretti da pedicelli lunghi un centimetro, sono di colore giallo. La pianta, comune in molte zone della penisola, ha un forte odore aromatico e sapore amarissimo. Le parti utilizzate, le sommità fiorite e le foglie più alte, sono essiccate all’ombra o in forni a temperatura inferiore ai 40 gradi centigradi. I principi attivi dell’Absinthium sono utilizzati per preparati che hanno azione digestiva e stimolante dell’appetito (vino all’assenzio o Vermouth), tradizionalmente la pianta veniva utilizzata per le sue proprietà vermifughe. Ad alte dosi il suo estratto può agire sul sistema nervoso centrale.

 

Dati farmacologici

I dati farmacologici recenti sono certamente scarsi, la pianta e i suoi estratti vivono nella leggenda popolare. La droga contiene un principio attivo: il Tuyone, che ha una struttura geometrica molecolare simile a quella del tedraidrocannabinolo (principio attivo della Cannabis). La similitudine geometrica dei principi attivi non ha nessuna particolare valenza scientifica, infatti ci sono numerose sostanze che pur avendo medesima struttura geometrica non hanno nessuna similitudine dal punto di vista farmacologico. Nei primi anni nel novecento quando questa droga fu studiata, anche sotto la pressione di un forte movimento proibizionista, furono pubblicati diversi studi scientifici che tendevano a dimostrare la capacità del Tuyone, a forti dosi, di provocare convulsione e morte negli animali da esperimento. Il tuyone sembra avere anche un’azione antisettica e vermifuga. Questo ormai mitico principio attivo è contenuto in gran quantità anche nel Cedro Bianco, nell’Issopo, nel Tanaceto e nella comunissima Salvia. Spero che qualche serio istituto universitario, anche sullo stimolo del rinnovato interesse verso l’Absinthium, faccia un approfondito studio sul tuyone e ci faccia sapere finalmente la verità sulle sue proprietà medicinali.

 

Ricetta del liquore all’Assenzio

Il liquore decantato da tanti poeti fu prodotto per più di 100 anni nella distilleria Pernod-Fils Absinthe in Francia nella città di Pontalier. La ricetta originale è come il segreto della formula della Coca-Cola, tutti ne parlano ma nessuno ne sa la verità. La ricetta riportata è una delle tante varianti utilizzate da molti produttori artigianali.

Ricetta:

Si mette a macerare per almeno 12 ore, in 1 litro d’alcool a 85°, le seguenti piante medicinali secche:

-Artemisia absinthium (assenzio maggiore o romano) 25 g.

-Anice 50 g.

-Semi di finocchio 50 g.

più piccole porzioni di ginepro, noce moscata, veronica, anice, succo limone, angelica.

All’estratto ottenuto si aggiungono 0,5 litri d’acqua, la soluzione si pone in un distillatore. Il processo di distillazione va interrotto quando si è ottenuto 1 litro di distillato.

Si prelevano 0,4 litri del distillato e si aggiungono:

-Assenzio absinthium 10 g.

-Issopo 10 g.

-Succo limone 5 g.

L’estratto ottenuto si scalda a moderata temperatura e si filtra, al filtrato si aggiungono i restanti 0,6 litri di distillato.

Il litro circa d’assenzio finale va diluito con acqua fino a raggiungere una gradazione alcolica pari a 75°.

Il mito della fatina verde       

La fatina verde, questo liquore che sa d’alchimia, la cui fama è stata alimentata dalla passione esistenziale d’intere generazioni d’artisti, sta di nuovo risvegliando l’interesse di una nuova schiera di consumatori. Il mito, in quest’epoca senza riferimenti certi, è la cosa che attira di più. L’Assenzio e la sua storia sono miti allo stato puro. Cosa può attrarre di più di una bevanda descritta e rappresentata da artisti famosi e popolari quali: Rimbaud, Van Gogh, Picasso, Hemingway. Il superalcolico aveva un rito ben preciso per essere bevuto: la giusta dose d’assenzio era versata in un bicchiere, sul bordo era poggiato un cucchiaino con una zolletta di zucchero, si versava una quantità d’acqua fredda cinque volte superiore al liquore, si agitava fino ad ottenere un’opalescente miscela dal colore verde e dal sapore amaro e particolarissimo. Degni di nota erano anche gli stravaganti accessori utilizzati nei locali dell’epoca per la mescita: i bicchieri e i cucchiaini dalle fogge stravaganti che davano al rito del bere un’atmosfera fascinosa e piena di mistero. La diffusione dell’Assenzio a livello popolare avvenne per opera dei soldati francesi di ritorno dal fronte dell’Africa del nord (1844). Storia questa che ricorda molto da vicino la diffusione dei derivati dell’oppio, in America, alla fine degli anni sessanta con il ritorno dei soldati americani dal Vietnam. La produzione dell’assenzio non è mai cessata completamente, infatti, nei pressi di Praga una distilleria continua a produrlo. Dalla Cecoslovacchia la fama di questo distillato ha preso la via di Londra, dove nei locali più esclusivi è di nuovo consumato.

 

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FUCUS

(Alga Marina)

Il Fucus (Fucus Vesciculosus, Alga Marina) è ottenuto dalle alghe raccolte sulle coste dell’Oceano Atlantico. L’estratto secco (Fucus), ricavato dal tallo della pianta, si presenta in lamine nerastre che mostrano delle piccole vescicole a coppia. Le alghe hanno la proprietà di concentrare gli isotopi radioattivi e i metalli pesanti (Cadmio, Bario, Piombo, Stronzio), quindi è buona norma controllarne sempre la qualità e la provenienza.

 

Attività farmacologiche

I principi attivi con maggiore attività farmacologica presenti nell’Alga Marina sono: gli Alginati e lo Iodio. Gli Alginati hanno la proprietà di formare gel viscosi che proteggono la mucosa dello stomaco e ne riducono la secrezione acida, documentata è anche l’efficacia contro il reflusso gastro-esofageo. Alcuni autori sostengono che gli Alginati, rigonfiandosi nello stomaco, possono provocare senso di sazietà e una diminuzione dell’assorbimento dei grassi. Lo Iodio ha un effetto molto complesso sulla tiroide; in dosi fisiologiche e in soggetti affetti da ipotiroidismo può stimolarne il funzionamento, mentre ha dosi più elevate potrebbe causare un effetto opposto. L’aumentata funzionalità tiroidea può portare ad un aumento del metabolismo basale con un conseguente incremento della metabolizzazione dei grassi.

 

Analisi dei prodotti in commercio

·Alga Marina, ditta Pharbenia. Ingredienti: una capsula contiene 300 mg di estratto secco di Alga Marina, Iodio 0,15 mg. Una confezione da 50 cps costa € 9,90.

·Alga Bruna, ditta Arkofarma. Ingredienti: una capsula contiene 300 mg di estratto secco di Alga Marina, Iodio da 015, a 0,45 mg. Una confezione da 50 cps costa € 8,50.

 

Consiglio del farmacista

L’efficacia dei prodotti a base di Alga Marina è fuori discussione. Il loro utilizzo nei disturbi gastrici, nei problemi di obesità e in cosmetologia è sempre più diffuso. Numerose sono le creme per massaggi, saponi e dentifrici che ne contengono i principi attivi. Le proprietà del Fucus sono utilizzate anche in odontologia (pasta per impronte dentali) e in tecnica farmaceutica (leganti). Le proprietà farmacologiche dello Iodio (alterazione del metabolismo basale), le possibili reazioni allergiche che può provocare ne sconsigliano un uso improprio e fuori dal controllo medico.

 

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IPERICO

 

L’Iperico, Hypericum Perforatum, è una pianta erbacea diffusa in tutta Europa, Africa del Nord, Asia Occidentale. L’estratto, macerato oleoso, si ottiene dalle sommità fiorite della pianta fresca. Si utilizza come solvente l’olio di girasole.

Indicazioni

L’Iperico assunto per via orale, è prescritto per le sue proprietà antidepressive e antivirali, mentre per uso topico è utile come emolliente, eudermico e nei casi di pelle secca causata da agenti esterni (sole, vento…).

Avvertenze e dosi terapeutiche

Per uso orale la dose prescritta varia tra 600 e 900 mg di estratto secco al giorno. La durata del trattamento è generalmente molto lunga come per tutti gli antidepressivi. Si pensa che i primi benefici si riscontino dopo due settimane di terapia. L’Ipericina, il principio attivo, può causare fotosensibilità, quindi i pazienti che utilizzano l’Iperico non devono esporsi ai raggi solari. 

Uno studio inglese (prof. Breckenridge, direttore del Committe on Safety of Medicines) ha stabilito che l’Iperico:

· Diminuisce l’effetto anticoagulante del Warfarine, può abbassare i livelli ematici della Ciclosporina, usata contro il rischio di rigetto da trapianti.

· Riduce l’effetto: dei contraccettivi orali, della Digossina, della Teofillina.

· Incrementa gli effetti antidepressivi della: Fluoxetina, Paroxetina, Sertretalina.

· È necessario sospenderne l’assunzione cinque giorni prima di ogni intervento chirurgico.

Consiglio del farmacista

Normalmente il concetto di naturale è associato a quello di sicurezza... non c’è niente di più errato!

L’interferenza che ha questo estratto vegetale con numerosi farmaci dimostra quanta prudenza occorre avere nella vendita dei prodotti fitoterapici. Sulle etichette degli integratori alimentari contenenti Iperico non sono riportate le avvertenze e le controindicazioni sopra descritte. Si consiglia pertanto di utilizzare l’Iperico solo sotto stretto controllo medico.

Risultati dello studio pilota sulla sorveglianza delle reazioni avverse da prodotti a base di erbe medicinali (20/01/2004) da "bollettino informazione sui farmaci" n. 5-6 2003

Preparato a base di iperco (sommità fiorite di Hypericum perforatum), passiflora (parti aeree di passiflora incarnata) e melissa (foglie di Melissa officinalis)

L'estratto di iperico è presente in specialità medicinali registrate per stati di depressione lieve. La passiflora e la melissa sono comunemente impiegate per le loro blande proprietà neurosedative e spasmolitiche. E' stata osservata una crisi convulsiva in un lattante la cui madre stava assumendo un prodotto erboristico contenente le tre piante citate. Il caso è stato giudicato sospetto sia dal farmacista che dal pediatra ospedaliero. Il bambino è stato ricoverato in ospedale e la segnalazione è stata effettuata dal medico ospedaliero.

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MIRTILLO

 

Prof. Tommaso Addonisio

Secondo ricerche condotte negli Stati Uniti, il mirtillo, fra tutti i frutti, sarebbe quello che possiede il maggior quantitativo di sostanze ad azione antiossidante, cioè capaci di prevenire le malattie degenerative, i tumori e di difenderci dal processo di invecchiamento. Il mirtillo rappresenta da secoli una fonte di alimento e medicamento, cresce spontaneamente nelle zone submontane e montane,  è un piccolo arbusto semilegnoso appartenente alla famiglia alla famiglia delle Ericacee, che raggiunge i 50-60 cm di altezza.  Il mirtillo di distingue in tre specie: quello blu, rosso e nero.
I
l mirtillo nero (vaccinium myrtillius ), cioe’ il classico mirtillo dei boschi,  e’ presente soprattutto nel sottobosco chiaro di conifere e allo scoperto, in zone di brughiera, ma sempre sui terreni silicei o comunque acidi molto umiferi e piuttosto freschi. I suoi frutti sono bacche di 7-8 mm di diametro, di colore blu scuro o nero violaceo, quasi tondeggianti o appena schiacciati all’apice, dove e’ presente una caratteristica cicatrice a forma di anello. Sono commestibili e molto ricercati. Maturano in luglio-agosto e, nel periodo estivo, raggiungono la massima concentrazione dei principi attivi. Del mirtillo nero si utilizzano il frutto e le foglie. Si distingue con difficolta’ dal mirtillo uliginoso o mirtillo blu (Vaccinium uliginosum) che cresce nel medesimo habitat e che ha rametti cilindrici, foglie a margine intero e frutti tondeggianti o leggermente ovoidali di colore nettamente bluastro.

Il mirtillo nero è quello più ricco di principi salutari. Contiene zuccheri e molti acidi, in particolare l’acido citrico, che proteggono le cellule mantenendole in buona efficienza; contiene, inoltre, l’acido ossalico, l’acido idrocinnamico e l’acido gamma-linolenico.L’acido ossalico è responsabile del sapore particolarmente asprigno del frutto; l’acido idrocinnamico è in grado di neutralizzare le nitrosammine cancerogene che vengono prodotto nell’apparato digerente in conseguenza dell’ingestione di nitrati; l’acido gamma-linolenico è utile al sistema nervoso e svolge un’azione di prevenzione nei confronti della nefropatia diabetica. Il mirtillo è particolarmente ricco di acido folico, una vitamina molto importante per le varie funzioni che essa svolge. Contiene infine tannini e glucosidi antocianici, i quali oltre a conferire al frutto il caratteristico colore, è in grado di ridurre la permeabilità dei capillari e ne rafforzano la struttura,riescono in tal modo a svolgere un’azione antiemorragica nonché contro i radicali liberi. Queste sostanze sono inoltre particolarmente utili per la visione in quanto aumentano la velocità di rigenerazione della porpora retinica, migliorando in special modo la visione notturna.

 
     
Mirtillo rosso ( vaccinium vitis idaea )

Si differenzia dal mirtillo nero non solo per il colore dei frutti e il loro sapore, ma anche per la consistenza delle foglie, coriacee, lucenti e persistenti. Il mirtillo rosso e’ abbastanza diffuso  in zone collinari e montane, sulle Alpi e sugli Appennini settentrionali, soprattutto nel sottobosco rado, nei prati o nelle brugherie , sempre su terreni umiferi. I frutti sono saporiti, piuttosto aciduli o anche amarognoli. Aiutano a prevenire e curare le infezioni alle vie urinarie ( soprattutto la cistite nelle donne causata da Escherichia coli ), dai test effettuati è risultato che l’assunzione del succo di mirtilli rossi riduce la quantità di Escherichia coli nell’urina. Sono antifungini e antivirali ( ma inefficaci contro la Candida albicans ). Ridotte quantità di mirtilli rossi possono ridurre il livello di calcio nell’urina, evitando l’aggravamento in chi soffre di calcoli renali. Contengono ferro, vitamina C e fibre. Il mirtillo rosso risulta inoltre utile come coadiuvante in caso di diarrea, nelle stitichezze, negli in estetismi causati dall’arrossamento della pelle ( couperose ), nelle situazioni di colon irritabile e per le emorroidi.


    
Proprietà
I frutti del mirtillo contengono molti acidi organici ( malico, citrico, ) tonificanti dell’apparato digerente, tannini, zuccheri, pectina, mirtillina ( glucoside colorante ) che è un potente battericida ed è molto efficace contro le diarree e le infezioni delle vie urinarie, glucosidi antocianici, vitamine A, P, C e, in quantità minore, la vitamina B, Sali minerali. Oltre alle loro proprietà alimentari e rinfrescanti, i mirtilli sono consigliati nei seguenti casi:

·       alterazioni circolatorie del sistema venoso, come pesantezza delle gambe, varici, flebiti, ulcere varicose ed emorroidi. Le antocianine del mirtillo agiscono proteggendo e rinforzando la parete dei vasi capillari e venosi

·       degenerazione della retina e diminuzione della vista: le antocianine del mirtillo agiscono sui capillari della retina, migliorando l’irrorazione delle cellule sensibili alla luce e sono molto utili per migliorare l’adattamento a condizioni di scarsa luce.

·       parassitosi intestinale, causata in particolare dagli ossuri, piccoli vermi che sono spesso presenti nell’intestino dei bambini

·       malattie della pelle, come l’eczema, la follicoline e le ulcere varicose: in questi casi si applica localmente il succo di mirtillo.

Di questa pianta, oltre le bacche vengono utilizzate le foglie che si raccolgono in giugno-luglio. Le foglie si essiccano all’ombra e si conservano in sacchetti di carta o tela, contengono: tannini, principi attivi dotati di attivita’ astringente e antidiarroica e la neomirtillina che ha invece un effetto ipoglicemizzante, abbassa cioè il contenuto di glucosio nel sangue.

 

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Tisane contro il dolore

 

Per calmare dolori e infiammazioni articolari ci si può affidare anche alla fitoterapia.
Antinfiammatori e antidolorifici infatti possono irritare la mucosa dello stomaco provocando bruciori e disturbi digestivi.

I rimedi utilizzati possono essere assunti sotto forma di capsula o applicati come gel e pomate ma anche in tisane. Le tisane vanno bevute sempre senza zucchero, eccezione fatta solo per il miele.
Modalità di preparazione: versare un cucchiaio di miscela in una tazza da tè di acqua bollente, mescolare il tutto, lasciare riposare per quindici minuti e filtrare.
Le erbe più utilizzate

·  Artiglio del diavolo. E’ un forte antidolorifico e antinfiammatorio, serve soprattutto per combattere le lombalgie. Ha un’efficacia migliorata se abbinato al ginepro, le cui bacche hanno proprietà depurative.

·  Spirea ulmaria. Utile per le sue proprietà di analgesico naturale in caso di cervicale. I suoi principi attivi (aldeide salicilica e salicilati di metile) hanno la stessa azione della comune aspirina, senza però avere gli effetti collaterali dell’aspirina. E’ ricca di antiossidanti e di vitamina C, è diuretica e disintossicante. Indicata pure contro la ritenzione idrica e la gotta. Può essere abbinata al ribes nero o al frassino, in questo caso si potenzia la sua azione.

·  Frassino. Serve per le sue proprietà antireumatiche ed elasticizzanti in caso di dolori articolari e per combattere le rigidità muscolari. Stimola la diuresi. Il suo effetto si potenzia qualora abbinato all’artiglio del diavolo, alla spirea ulmaria e al ginepro

·  Salice. Come la spirea ulmaria può essere impiegato contro i dolori reumatici. Si può abbinare al ribes nero e al frassino.

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LASSATIVI VEGETALI

La stitichezza

La stitichezza (stipsi), è un disturbo caratterizzato da una diminuzione dell’emissione di feci. È corretto parlare di stipsi quando l’evacuazione delle feci è inferiore a 2-3 volte la settimana. È consigliato esporre il problema al medico quando questi disturbi compaiono o si aggravano improvvisamente.

Le cause

Se le cause non sono dovute a malattie, la stipsi è da ricondurre, specie per le donne e gli anziani, a cattive abitudini alimentari. La mancanza di fibre dovuta a cibi sempre più raffinati, la vita sedentaria e l’insufficiente apporto d’acqua fanno sì che questo disturbo si cronicizzi e diventi sempre più diffuso.

 

Le complicanze

La stitichezza cronica può essere la causa di numerosi disturbi: ragadi anali, emorroidi e diverticoli.

 

Prevenzione e rimedi

La stitichezza va prevenuta aumentando l’apporto di fibre che sono presenti in maniera particolare in alcuni cibi:

· Pane e pasta integrali.

· Verdura cotta e cruda (carciofi, spinaci).

· Legumi (piselli, fagioli).

· Frutta.

Si può integrare la quantità di fibra introdotta con l’alimentazione aggiungendo 2-3 cucchiai di crusca polvere al latte, minestra, yogurt. È importante svolgere una maggiore attività fisica quotidiana, imparare ad evacuare ad orari prestabiliti assumendo dove è possibile una posizione accovacciata. Si raccomanda di evitare l’abuso di lassativi. Nelle donne in gravidanza dopo il sesto mese, la stitichezza è molto frequente a causa della compressione dell’intestino. Se la corretta alimentazione ed una adeguata attività fisica non sono sufficienti a risolvere il problema può essere necessario l’uso di lassativi contenenti mucillagini (psillo, semi di lino). Nei bambini la stitichezza è dovuta quasi esclusivamente a cattive abitudini alimentari (latte vaccino non diluito, precoce svezzamento, latte in polvere). È possibile risolvere il problema aggiungendo nell’alimentazione brodo vegetale e olio d’oliva. Se tali rimedi si dovessero rivelare insufficienti prima di rivolgersi al pediatra si potrebbero utilizzare microclimi con malva e camomilla o supposte di glicerina. Negli anziani la stipsi è più frequente perché possono sommarsi diverse cause: uso di numerosi farmaci, modesta attività fisica, alimentazione scorretta con scarsa masticazione, lunghi periodi d’inattività a letto. Se la stipsi non è causata da malattie intestinali, disturbi neurologici o ginecologici oppure da esiti di operazioni o ernie, si può ricorrere all’uso di lassativi di massa (mucillaggine di psillo o semi di lino) oppure di ammorbidenti come sciroppi di lattulosio quando le già consigliate misure dietetiche e stile di vita non si siano rivelate sufficienti. Sono sconsigliati sia i lassativi con meccanismo irritante (vegetali e di sintesi) che quelli salini.

 

Consiglio del farmacista

La stipsi è un fastidioso malessere che può essere risolto nella maggior parte dei casi con un corretto stile di vita ed una adeguata alimentazione. Se occorre usare lassativi è bene rivolgersi a quelli di massa (leggi l’articolo), ai prodotti contenenti lattulosio o agli integratori ricchi di fibre. Sono da usare con cautela i lassativi:

· Da contatto o irritanti (bisacodile, boldo, genziana, calamo, senna, rabarbaro) perché danno dipendenza e tolleranza.

· Salini perché possono provocare ritenzione idrica e di sodio.

Si possono utilizzare i tradizionali clisteri (acqua e olio), solo in determinate situazioni e sotto consiglio medico. I lassativi, riducendo il tempo di transito intestinale, possono diminuire l’assorbimento di farmaci qualora siano somministrati contemporaneamente e per via orale. È bene quindi far passare almeno 2 o 3 ore tra l’assunzione del farmaco e il lassativo.

 

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papaya

 

E' una pianta erbacea poliennale, alta fino a 7 m, originaria dei Caraibi. Vengono usati a scopo medicinale il frutto e il latice della pianta che contengono enzimi proteolitici (20%), in particolare papaina. La papaina è usata principalmente nei disturbi di tipo dispeptico, come meteorismo, pesantezza post-prandiale e stitichezza.  Viene utilizzata anche nel trattamento degli edemi  sia post-traumatici che di origine infiammatoria: mediante meccanismo proteolitico sulla fibrina, faciliterebbe il drenaggio del focolaio infiammatorio e il riassorbimento del travaso emorragico.  Una supposta azione genericamente definita di tipo tonificante-ricostituente è oggetto attualmente di indagine ed è alla base delle sperimentazioni  della papaina, insieme ad altri enzimi proteolitici, come coadiuvante nel trattamento di malattie degenerative del sistema nervoso centrale, effettuate dall’Istituto Luc-Montagnier di Parigi. Gli integratori alimentari a base di papaya distribuiti in farmacia vengono reclamizzati per “migliorare le difese dell’organismo contro lo squilibrio ossidanti/antiossidanti” ma non ci sono studi che dimostrino l’efficacia della papaya in questo senso. Dai dati disponibili, la tollerabilità dei preparati a base di papaya sembra buona, anche se vengono riportate possibili reazioni allergiche.

 

I batteri benèfici che vivono abitualmente nel nostro intestino, che costituiscono la cosiddetta flora batterica intestinale, muoiono e di conseguenza il nostro sistema immunitario si indebolisce, e ciò può portare all'insorgere di malattie. La Papaya invece ci aiuta a ristabilire l'equilibrio acido-base, facendolo virare verso l'alcalinità, per l'effetto alcalinizzante dell'enzima papaina. L'effetto alcalinizzante della Papaya è uguagliato solo da alghe e Spirulina (che è sempre un'alga, ma di acqua dolce e non contiene iodio come le alghe di mare).

Una particolare forma di assunzione della Papaya è la Papaya fermentata, che potenzia le caratteristiche benefiche di questo frutto e ci aiuta ancora di più a mantenerci in forma, combattendo l'invecchiamento cellulare indotto dai radicali liberi. La Papaya fermentata contiene, infatti, frutti maturi ma ancora verdi, perché è in questo stadio di maturazione che la Papaya sviluppa il massimo di principi attivi e di enzimi, ed è preparata utilizzando la polpa, i semi, la buccia e le foglie, per avere la totalità dei principi attivi della pianta. La fermentazione avviene in presenza di
Tè verde, succo di limone fresco e un particolare lievito, la Kombucha; si ottiene così un arricchimento di sostanze benefiche e si rende il composto totalmente assimilabile, per via della fermentazione che è quasi una pre-digestione, e lo rende utile a tutti e a tutte le età.

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PROPOLI

 

La propoli è un prodotto delle api. Le api prelevano dalle piante che ne sono ricche, particolari sostanze, che una volta trasportate nell’alveare sono elaborate e trasformate nella propoli. La propoli è utilizzata dalle api, come sostanza protettiva (utilizzata per riparare l’alveare e rivestire i favi) e imbalsamante (per ricoprire gli animali morti dentro l’alveare ed evitarne la putrefazione).

Principi attivi e uso terapeutico

La propoli contiene numerose sostanze attive, le più importanti sono gli oli essenziali, i flavonoidi, la pinocembrina e la galangina. La presenza di questi principi attivi può essere garantita solo da quelle ditte farmaceutiche che utilizzano le migliori materie prime (propoli di produzione europea), e che ne indicano la percentuale dichiarandola in etichetta.

Tradizionalmente la propoli è utilizzata come disinfettante e antibatterico. Si trovano in commercio molti preparati per la disinfezione del cavo orale. Tutti i prodotti a base di propoli contengono bioflavonoidi, che non possono essere utilizzati in gravidanza (circolare del Ministro della Salute, 4 luglio 2002).

Consiglio del farmacista

Con l’avvicinarsi della stagione fredda aumentano le possibilità di prendere un raffreddore. Il contagio è favorito anche dalla permanenza in luoghi chiusi e poco areati. Il riposo, il caldo, l’assunzione di vitamina C possono favorire la risoluzione di questo malanno. Si può ricorrere in maniera preventiva all’uso di disinfettanti per uso orale (spray, collutorio, caramelle). La propoli è in prodotto naturale, presenta alcuni effetti collaterali (non può essere utilizzata in gravidanza e nei bambini allergici) ed ha un costo relativamente elevato. Nei prodotti in commercio non è sempre facile risalire alla concentrazione dei principi attivi e alla composizione della preparazione.

 

successivo    (fitoestrogeni)

 

 

 

 

 

Fitoestrogeni e menopausa

 

Una estesa campagna promozionale presenta gli integratori a base di fitoestrogeni come una possibile alternativa "naturale" alla terapia estrogenica sostitutiva nei disturbi legati alla menopausa. Su quali basi scientifiche si fonda tale affermazione?


I fitoestrogeni sono composti chimici di origine vegetale con una struttura bifenolica simile a quella degli estrogeni. Isoflavoni, lignani e cumestani sono i gruppi di fitoestrogeni più noti. Gli isoflavoni si trovano in percentuale elevata nella soia (la loro concentrazione si riduce però notevolmente nei derivati come la farina o il latte di soia) ma sono presenti anche nei fagioli, nei ceci, nei cavoli, negli spinaci, nei cereali e nel luppolo. Genisteina e dadzeina sono gli isoflavoni ritenuti dotati di più elevata attività e più studiati. Ricchi di lignani sono i semi di lino ma li contengono anche i cereali, i legumi, le verdure e i frutti; i cumestani si trovano principalmente nel trifoglio rosso e nei germogli. Una volta assunti con gli alimenti, dove sono presenti sotto forma di precursori inattivi, i fitoestrogeni vengono scissi nell'intestino ad opera della flora batterica e assorbiti quindi in forma attiva. Si legano ai recettori per gli estrogeni pur se con una affinità di gran lunga inferiore rispetto al 17 beta-estradiolo.
L'interesse per i fitoestrogeni è nato da studi epidemiologici che hanno evidenziato nelle popolazioni asiatiche una incidenza più bassa, rispetto alle popolazioni occidentali, di tumore, di malattie cardiovascolari e, nelle donne, di disturbi correlati alla menopausa. Fra i vari fattori che, presumibilmente, potrebbero dar conto di queste differenze rientrano fattori genetici, dietetici e culturali.
L'osservazione che, nelle persone di origine asiatica trasferitesi negli Stati Uniti, l'incidenza di malattie degenerative "occidentali" diviene, nell'arco di 1 o 2 generazioni, simile a quella delle popolazioni residenti ha portato a ridimensionare il ruolo dei fattori genetici e a rivolgere l'attenzione ai fattori dietetici. Confrontando l'alimentazione delle popolazioni asiatiche con quella degli occidentali, una delle differenze più significative riscontrate risultava essere il maggior consumo di soia. Poiché la soia è ricca di fitoestrogeni, sono iniziate le ricerche per valutare i potenziali benefici di queste sostanze nella donna in menopausa in base all'ipotesi che possano agire da modulatori selettivi dei recettori per gli estrogeni, con azioni positive a livello dell'apparato cardiovascolare, dell'osso e sui sintomi menopausali ma senza gli effetti negativi a livello del seno e dell'utero. Gli studi di farmacologia di base hanno confermato per questi composti azioni biologiche molto complesse. I fitoestrogeni sembrano possedere sia attività estrogenica che antiestrogenica, dipendendo il prevalere dell'una o dell'altra azione dalla quantità di estrogeni endogeni circolanti e da caratteristiche soggettive come il sesso, lo stato menopausale, la quantità e tipo di recettori estrogenici (alfa e beta) presenti nel tessuto bersaglio. Gli effetti variano non solo a seconda del fitoestrogeno studiato, ma anche del tessuto e della specie (occorre perciò molta cautela nell'estrapolare all'uomo dati ottenuti nell'animale). Il primo studio indicante una debole attività estrogenica per i fitoestrogeni risale al 1990; lo studio ha dimostrato un aumento dell'indice di maturazione delle cellule vaginali, ritenuto un indicatore dell'attività estrogenica.

Sono efficaci sulla sintomatologia climaterica?
I sintomi vasomotori, tipici della menopausa e del periodo pre-menopausale, rappresentano la motivazione principale che spinge la maggior parte delle donne a rivolgersi al medico. Gli studi condotti per valutare l'efficacia dei fitoestrogeni nel controllo di questi sintomi sono stati pochi e con risultati discordanti. La differenza emersa nella frequenza di comparsa delle vampate fra fitoestrogeni e placebo (40-45% vs. 25-30%) si traduce, dal punto di vista pratico, in una vampata di meno al giorno! Nessun effetto positivo invece è stato dimostrato sulla secchezza vaginale né su altri sintomi spesso presenti in menopausa come i disturbi dell'umore, ansia, cefalee, né sulla qualità di vita in generale, laddove questa è stata valutata.
La più bassa frequenza di vampate nelle donne asiatiche potrebbe essere dovuta al fatto che questo sintomo non viene riferito al medico (ad esempio per motivi culturali) anziché ad una prevalenza realmente inferiore.

Riducono il rischio cardiovascolare?
Numerosi studi hanno dimostrato che l'assunzione giornaliera di almeno 25 g di soia, unita ad una dieta a basso contenuto di grassi, consente di ottenere importanti riduzioni del colesterolo totale, del colesterolo LDL e dei trigliceridi in soggetti ipercolesterolemici.
Non è ancora chiaro tuttavia se questo beneficio sia da attribuire alla componente isoflavonica o ad altri componenti della soia (tant'è vero che, ad esempio, i prodotti a base di soia utilizzati nei primi studi e nella maggior parte degli studi europei erano sostanzialmente privi di fitoestrogeni), così come non sono ben noti i meccanismi in base ai quali i fitoestrogeni preverrebbero o ridurrebbero l'aterosclerosi migliorando il profilo dei lipidi plasmatici: le varie ipotesi (es. inibizione della sintesi del colesterolo, azione diretta sui recettori estrogenici, aumento della funzionalità tiroidea, ecc.) provengono da studi di laboratorio o studi negli animali. Gli studi clinici che hanno impiegato una supplementazione dietetica di isoflavoni hanno prodotto risultati contrastanti: la variabilità del disegno sperimentale (soprattutto nel tipo e nella quantità di fitoestrogeno utilizzato), dei soggetti arruolati e degli outcome valutati rendono i risultati di scarsa attendibilità.

Sono efficaci nella prevenzione dell'osteoporosi?
Al momento sono disponibili solo studi negli animali e scarsissimi dati clinici. Uno studio ha esaminato l'effetto della supplementazione di 40 g di proteine, oltre che sui lipidi plasmatici, anche sulla densità ossea di 66 donne ipercolesterolemiche. Sono state utilizzate proteine di soia ad alto contenuto di isoflavoni (2,25 mg di isoflavoni/g di proteina), proteine di soia a basso contenuto di isoflavoni (1,9 mg di isoflavoni/g di proteina) o proteine derivate da caseina e latte in polvere. Dopo 6 mesi di trattamento si è registrato un aumento della massa e della densità minerale ossea solo a livello delle vertebre lombari e solo nel gruppo che assumeva soia ad alto contenuto di isoflavoni. (Ma, come ben noto, la densità minerale ossea è solo un end-point surrogato; l'obiettivo primario infatti è la diminuzione delle fratture). A sostegno dell'efficacia dei fitoestrogeni sul metabolismo osseo vengono utilizzate per lo più prove indirette derivanti dagli studi sull'ipriflavone (Osteofix, Iprosten), un derivato sintetico che, una volta assorbito, viene convertito per il 10% in dadzeina. L'efficacia del farmaco, emersa da alcuni piccoli studi, viene tuttavia negata dai risultati di un recente studio di ampie dimensioni, controllato con placebo, che ha arruolato 474 donne, trattate con ipriflavone 200 mg/3 die. L'ipriflavone non ha ridotto la perdita ossea né influito sui marker del metabolismo osseo. Il farmaco inoltre ha indotto linfocitopenia in un numero significativo di donne.

Offrono protezione rispetto al tumore del seno?
I dati disponibili sono contrastanti: in vitro, i fitoestrogeni a concentrazioni equivalenti al livello raggiungibile in soggetti con una moderata assunzione alimentare hanno stimolato la crescita cellulare in cellule estrogeno-positive ma non in quelle estrogeno-negative. Per contro, concentrazioni molto alte di fitoestrogeni (probabilmente superiori a quelle raggiungibili con la dieta) hanno inibito la crescita di entrambi i tipi di cellule. La somministrazione di 45 mg/die per 14 giorni prima dell'intervento chirurgico a 48 donne con tumore al seno, candidate all'intervento chirurgico, ha stimolato la crescita dell'epitelio globulare e aumentato i recettori per il progesterone. Due studi caso-controllo (288 e 120 donne) hanno invece dimostrato una riduzione del rischio di sviluppare cancro al seno nelle donne con una elevata assunzione di fitoestrogeni (valutata dall'escrezione urinaria).
Infine, un altro studio ha dimostrato una correlazione inversa fra assunzione di fitoestrogeni e cancro al seno nelle donne in premenopausa ma non in quelle in postmenopausa. Non è chiaro perciò se gli isoflavoni della soia siano in grado di prevenire o, al contrario, di promuovere l'insorgenza di cancro al seno.
Questa condizione di incertezza e l'inconsistenza dei dati disponibili rendono l'integrazione della dieta con i fitoestrogeni particolarmente sconsigliabile.
Secondo alcuni autori, la minore incidenza di cancro del seno nelle donne giapponesi potrebbe essere dovuta ad altri fattori, come ad esempio, il maggiore numero di figli.

Sono sicuri?
Anche se al momento non sono segnalati effetti indesiderati di rilievo, la sicurezza dei fitoestrogeni non è ancora stata dimostrata, in particolare per una assunzione a lungo termine o a dosaggi elevati.
L'assunzione di fitoestrogeni in donne in trattamento con tamoxifene va sconsigliata fino a quando non saranno disponibili maggiori informazioni: i fitoestrogeni potrebbero infatti antagonizzare il desiderato effetto antiestrogenico del farmaco.
Alcuni studi hanno evidenziato che i fitoestrogeni possono influenzare le concentrazioni di tiroxina, insulina e glucagone. Uno degli aspetti più preoccupanti riguarda la potenziale capacità di induzione del tumore del seno.

Conclusione
Le donne in menopausa sono diventate il target di una intensa attività di marketing di integratori dietetici a base di fitoestrogeni ancora prima che la loro possibile efficacia sia stata confermata da studi clinici adeguati.
Al momento non esistono i presupposti per raccomandare l'impiego di questi integratori alle donne che manifestano sintomi menopausali.
Anche se i dati epidemiologici lasciano ipotizzare possibili benefici, non è affatto dimostrato che estrapolando un solo fattore da una cultura alimentare e da uno stile di vita così diversi dai nostri si ottengano gli stessi effetti. Non vi sono prove che l'assunzione di fitoestrogeni (né di dosi massicce di soia e derivati) possa alleviare le vampate, i sudori notturni e altri sintomi come secchezza vaginale, alterazioni dell'umore né che prevenga l'osteoporosi né il tumore del seno. I dati clinici disponibili al momento lasciano ancora aperte troppe domande ma le risposte possono venire solo da ampi studi clinici randomizzati.
Valutare gli effetti, i potenziali benefici e i possibili rischi dei fitoestrogeni sembra tuttavia essere un compito piuttosto complesso per una serie di fattori come ad esempio la variabilità della composizione dei fitoestrogeni della dieta, la variabilità interindividuale nell'assorbimento e nel metabolismo che rendono imprevedibile la bioattività di questi composti. Inoltre la non brevettabilità delle sostanze naturali
potrebbe costituire un ostacolo al finanziamento di studi adeguati, come popolazione arruolata e durata.

 

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