REGIA MARINA

 

PORTEREI AQUILA

- AIRCRAFT CARRIER EAGLE -

La portaerei italiana Aquila fu l'unica portaerei che la Marina italiana riuscì a costruire, anche se non riuscì mai ad uscire in mare. Nata per porre in tutta fretta fine ad uno svantaggio tattico (la mancanza di portaerei nella potente Regia Marina) resosi evidentissimo dopo le tragiche notti di Taranto e di Capo Matapan avrebbe dovuto riequilibrare le sorti della guerra navale nel Mediterraneo. Tecnicamente, pur derivando da una nave di linea, sarebbe stata una nave valida, con buona velocità e discreta capacità offensiva (pari a quella della giapponese Taiho), la sottile blindatura del ponte di volo la rendeva discretamente difendibile dagli attacchi aerei.

Immaginata circondata dalla Littorio, dalla Vittorio Veneto, dalla Roma e dagli incrociatori pesanti tipo Zara e Pola avrebbe costiuito una task force di tutto rispetto per il fronte del Mediterraneo. L'unico problema vero sarebbe, a nostro giudizio, stato quello della sua reale capacità offensiva.

 

Un conto è infatti avere una portaerei e gli aerei ed un conto è avere i piloti in grado di guidarli. Per rendere letalmente operativi una portaerei ed il suo gruppo aereo ci vogliono circa una decina d'anni di esperienza nel settore aereonavale (come Giappone, Stati Uniti e Gran Bretagna ci hanno dimostrato), quindi non si capisce come un Paese con nulla esperienza in questo campo sarebbe stato in grado di approntare una portaerei ed i suoi piloti entro pochi mesi e mandarli subito in guerra.

Certamente gruppi di tecnici giapponesi collaborarono con lo staff italiano per la progettazione della nave (lo stesso discorso vale per la Graf Zeppelin) ma è escluso che piloti italiani si siano mai addestrati su portaerei nipponiche o che piloti giapponesi avrebbero fornito la propria esperienza a quelli italiani del futuro gruppo dell'Aquila.  Esteticamente l'Aquila fu tra le portaerei più belle mai costruite (l'italian design c'era già all'epoca) e rivaleggiava con la classe Illustrious inglese per compattezza e slancio della linea (confrontatele pure con l'Akagi o con la classe Enterprise e noterete subito la differenza!). Una bella incompiuta! (Shinano)

STORIA / HISTORY

L'Aquila non entrò mai in servizio. La conversione, iniziata a Genova a metà del 1941, era ormai quasi terminata alla data dell'otto settembre 1943. I tedeschi si impadronirono della nave e ne iniziarono il parziale smantellamento.  In seguito fu danneggiata nel corso di incursioni aeree alleate e infine semi affondata da mezzi d'assalto subacquei italiani per impedire che itedeschi ne utilizzassero il grosso scafo per bloccare l'entrata del porto di Genova. Riportata a galla nel dopo guerra, venne rimorchiata a La Spezia nel 1949 e qui demolita nel 1951-52.


CARATTERISTICHE TECNICHE

Nave Aquila
Tipo CV
Cantiere di trasformazione Ansaldo, Genova
Entrata in servizio 1926 (come nave passeggeri)
Trasformazione Dal 1941 al 1943
Lunghezza 232,50 metri
Larghezza 30,05 metri
Immersione 7,30 metri
Dislocamento 27.800 tonnellate a pieno carico (23.350 standard)
Apparato motore 4 gruppi turbine, 4 caldaie, 8 eliche
Potenza 140.000 cavalli
Velocità 30 nodi
Combustibile 3660 tonnellate
Autonomia 5500 miglia a 18 nodi, 1580 miglia a 29 nodi
Armamento 8 cannoni Da135 mm., 12 cannoni da 65 mm. a.a., 132 mitragliere da 20mm., 36 aerei (+15), 2 catapulte, 2 elevatori
Aerei 51
Protezione verticale nulla
Protezione orizzontale Ponte (parziale) 70-80 mm.
Equipaggio 108 ufficiali + 1312

La marina italiana negli anni precedenti la guerra non aveva ritenuto necessarie le portaerei per operare in un bacino ristretto come il Mediterraneo, nel quale pensava che la flotta potesse utilmente essere protetta da aerei basati in aeroporti a terra. Dopo l'amara esperienza dei primi scontri navali (vedi Gaudo e Matapan del 28 marzo del 1941) fu deciso di mettere urgentemente in costruzione una nave portaerei .

Per accelerare i tempi si decise di utilizzare lo scafo del transatlantico Roma, abolendo tutte le sistemazioni dei passeggeri e cambiando del tutto l'apparato motore, per il quale furono utilizzati due apparati bi elica costruiti per gli incrociatori della classe "Capitani Romani"(Cornelio Silla e Paolo Emilio), la cui costruzione era stata annullata nel 1941.

L'unità ebbe un ponte di volo continuo, una grande isola sul lato destro, costituita da un torrione di comando e da un fumaiolo ben separato. I 51 aerei previsti dovevano essere sistemati 10 sul ponte di volo, 26 nell'aviorimessa e 15 sospesi al soffitto della stessa aviorimessa (questo perché gli aerei italiani non avevano le ali ripiegabili.).

Il gruppo di volo doveva essere costituito da caccia bombardieri RE 2000 parzialmente navalizzati. La nave era stata costruita per la Società "Navigazione Generale Italiana" di Genova dal cantiere navale G. Ansaldo & Co di Sestri Ponente dove venne varata il 26 febbraio 1926.
L'ipotesi del trasformare il transatlantico Roma in portaerei era stata già ipotizzata sin dalla fine del 1935 quando il peggiorare dei rapporti tra l'Italia e il Regno Unito a causa della Guerra d'Etiopia mise lo Stato Maggiore di fronte alla necessità di garantire, nell'eventualità di un conflitto, la protezione aerea delle navi a fronte di una Marina, quella inglese, dotata di portaerei. La necessità di contenere i tempi di realizzazione e i costi fecero optare per un progetto che prevedesse la modifica del transatlantico Roma o in alternativa del transatlantico Augustus.


Nel 1938, in occasione della crisi dei Sudeti, si tornò a valutare la possibilità di costruire una portaerei, e venne valutata la possibilità di trasformare l'incrociatore pesante Bolzano in incrociatore lanciaerei, basato sul progetto dell'incrociatore portaerei del generale del genio navale Giuseppe Rota del 1925, mediante la demolizione delle sovrastrutture ad esclusione delle due torri da 203/53 Mod. 1927 all'estrema prora e all'estrema poppa, con l'installazione di quattro catapulte, di cui una incassata nel ponte e tre brandeggiabili; sulla dritta della nave sarebbe stata realizzata una piccola isola con uno o due fumaioli. La nave in tale configurazione sarebbe stata in grado di movimentare una dozzina di aerei da caccia.


GIUDIZIO FINALE DELLO SHINANO / FINAL SENTENCE OF SHINANO


SCHEMA COSTRUTTIVO / SCHEME

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Guardando attentamente lo schema costruttivo della portaerei Aquila si può notare l'eleganza delle linee della nave che la fanno somigliare alle portaerei inglesi della classe Illustrious.  L'isola con ampio fumaiolo ricorda vagamente quella della Lexington. Il ponte di volo, poggiante come nelle portaerei americane e giapponesi sul ponte corazzato inferiore, si arresta leggermente prima della prua mentre procede oltre la poppa. Le postazioni antiaeree sono equamente divise sui due lati della nave. Gli elevatori, prelevati nel 1942 dalla Graf Zeppelin, sono due e disposti sull'asse del ponte di lancio


ASSONOMETRIA / AXONOMETRY

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MODELLO / MODEL

Il progetto di trasformazione venne sviluppato dal colonnello del genio navale Luigi Gagnotto e prevedeva un'unità con due ponti sovrapposti, con il ponte inferiore da utilizzarsi per il decollo degli aeromobili e quello superiore da utilizzarsi per gli atterraggi, come avveniva per le giapponesi Akagi e Kaga e per l'inglese Furious.

Il ponte inferiore prevedeva l'installazione di due catapulte per facilitare il decollo degli aerei. Il progetto prevedeva la sostituzione dell'apparato motore e la modifica della carena, allo scopo di permettere all'unità di raggiungere la velocità di 26 nodi, sufficiente per permetterle di operare senza problemi con il resto della flotta.La nave sarebbe stata in grado di imbarcare un totale di 56 aerei, tutti ad ali ripiegabili, di cui 18 da bombardamento, 30 da caccia più 8 smontati, che sarebbero stati ricoverati nell'unica aviorimessa prevista sotto il ponte di volo; erano previsti due elevatori di grandi dimensioni per gli aerei più quattro di dimensioni inferiori per le bombe.

L'armamento previsto era di due cannoni binati da 120/50 e altrettanti da 100/47 oltre ad altre armi di calibro inferiore. Allo scopo di privilegiare la velocità della nave la protezione passiva sarebbe stata del tutto inesistente, priva di corazzatura e di compartimentazione aggiuntive rispetto a quelle originali della nave passeggeri.
Iniziò la guerra e le prime battaglie navali contro gli inglesi resero evidente la necessità di avere una portaerei in squadra, sin dalla Battaglia di Punta Stilo, in cui gli aerei della Royal Navy attaccarono, fortunatamente senza esito, le navi italiane e si tornò a considerare la trasformazione in portaerei del transatlantico Roma. Nel giugno 1941 venne presentato il progetto del generale del genio navale Gustavo Bozzoni per la trasformazione di tale nave in portaerei. Il progetto prevedeva l'installazione di doppi fondi affiancati alle carene e riempiti di cemento armato fino al galleggiamento.Il sistema aveva dato ottime prestazioni alle prove di scoppio in vasca ed inoltre richiedeva poco acciaio per la sua realizzazione rispetto ad una corazzatura classica.Non era peraltro previsto nessun tipo di corazzatura per la difesa contro bombe d'aereo o artiglieria navale.
Veniva prevista la sostituzione dell'apparato motore con quello di due incrociatori leggeri della nuovissima classe Capitani Romani, allo scopo di permettere all'unità di raggiungere la velocità di 30 nodi.

La nave avrebbe imbarcato un totale di 34 aerei da caccia o in alternativa 16 aerei da caccia e 9 da bombardamento, mentre la difesa sarebbe stata assicurata da otto dei nuovi cannoni da 135/45 in quattro impianti binati, dodici cannoni antiaerei singoli da 65/64 ed almeno venti mitragliere da 20mm in dieci impianti binati prestabilizzati. Il progetto non ebbe seguito poiché presentava un grosso limite operativo consistente nel fatto che gli aerei, dopo l'involo, non sarebbero stati recuperati, vista la difficoltà della manovra di atterraggio ed il lungo addestramento necessario ai piloti per effettuarla.


La trasformazione del transatlantico "Roma" in portaerei Aquila venne ordinata nel luglio del 1941.
Il progetto originario di modifica, sviluppato dal generale del Genio navale Gustavo Bozzoni, prevedeva un'unità con non ebbe seguito in quanto presentava un grosso limite operativo che consisteva nel fatto che gli aerei, una volta lanciati, non sarebbero stati recuperati, vista la difficoltà della manovra di atterraggio ed il lungo addestramento necessario ai piloti per effettuarla.


La realizzazione finale ha visto la protezione passiva realizzata mediante 18 paratie stagne, di cui 11 doppie, da controcarene esterne e da doppifondi riempiti di calcestruzzo armato sino alla linea di galleggiamento. L'applicazione di controcarene avrebbe permesso alla nave sia di raggiungere velocità elevate sia di migliorare la protezione subacquea nei confronti dei siluri. Le contromisure passive videro anche una corazzatura ai depositi di carburante e di munizioni, mentre il riempimento delle controcarene con uno spessore di cemento armato, previsto anche nel progetto Bozzoni e che aveva dato ottime prestazioni alle prove di scoppio in vasca, richiedeva poco acciaio per la sua realizzazione rispetto ad una corazzatura classica. Lo scafo, controcarene comprese, venne allungato di circa 5 metri.
L'apparato motore fu realizzato utilizzando due apparati originariamente destinati a incrociatori leggeri della classe Capitani Romani, diventati disponibili dopo la cancellazione della costruzione di quattro delle dodici previste, con otto caldaie e quattro turbine. La potenza di ciascuno dei gruppi caldaie/turbina venne limitata da 50.000 a 37.500 CV, per un totale di circa 150.000 CV, consentendo alla nave di raggiungere una velocità massima di circa 30 nodi.

Il ponte di volo, continuo da prora a poppa e sostenuto da apposite strutture, aveva una voluminosa isola a più piani sul lato di dritta, a circa metà nave, con la plancia di comando e numerose piazzole per le armi antiaeree. Ai lati dello scafo erano presenti simili piazzole per l'armamento antisilurante.
L'Aquila era equipaggiata con due catapulte Demag ad aria compressa di produzione tedesca con due elevatori. L'hangar era divisibile in quattro sezioni da paratie tagliafuoco. Avrebbe potuto imbarcare 51 aerei da caccia tipo Reggiane Re.2001 di cui 10 sul ponte di volo, 26 nell'hangar e i rimanenti sospesi al cielo dell'hangar stesso con un espediente ingegnoso inventato per poter aumentare la capacità di carico della nave. Era stata prevista anche la costruzione di una versione del Re.2001 ad ali ripiegabili che avrebbe potuto portare a 66 caccia la capacità di imbarco.
L'armamento, destinato principalmente alla difesa contraerea, era costituito da cannoni singoli (8 cannoni da 135/45 mm e dodici da 65/44 mm) installati a prua, poppa e su mensole ai lati dei ponti di volo e da 22 impianti sestupli di mitragliere da 20/65mm installati ai lati del ponte di volo e davanti e dietro l'isola.


STORIA

Pur essendo stata danneggiata nel novembre 1942, mentre era ancora in allestimento a Genova, alla data dell'armistizio dell'8 settembre 1943, la nave era già completata al 90%, praticamente pronta per i collaudi e le prove in mare ed aveva già effettuato le prime prove statiche dell'apparato motore, ma non fece in tempo ad entrare in servizio attivo.


Il 9 settembre la nave, che era stata sabotata prima di essere abbandonata dall'equipaggio, cadde nelle mani dei tedeschi che se ne impadronirono affidandola alle autorità della Repubblica Sociale Italiana, le quali ne tentarono il completamento per immetterla in servizio nella Marina Nazionale Repubblicana, ma senza successo, a causa dei continui bombardamenti alleati, come quello nel porto di Genova del 16 giugno 1944 in cui la nave subì gravi danni.
I tedeschi cominciarono un parziale smantellamento per riciclarne il ferro ed infine il 19 aprile 1945 la nave venne attaccata da mezzi d'assalto subacquei "chariot" di Mariassalto facenti parte delle forze cobelligeranti italiane del Regno del Sud, per impedire che i tedeschi ne utilizzassero il grosso scafo per affondarla e bloccare l'imboccatura del porto di Genova.

 


Alla fine della guerra, il 24 aprile 1945, venne ritrovata ancora a galla, semisommersa e posta a metà del porto in un estremo tentativo di bloccare il passaggio fra il bacino della Lanterna e gli scali occidentali.
La demolizione
Rimorchiata dagli inglesi alla Calata Bettolo, vi rimase qualche anno finché fu rimorchiata nel 1949 a La Spezia, in attesa di una decisione su di un suo eventuale riutilizzo per usi civili, ma riscontrata la difficoltà e l'alto costo necessario per riportare la nave allo stato originale di piroscafo, ne venne decisa la demolizione, avvenuta nel 1952.


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