www.wsws.org/articles/2003/apr2003/loot-a19.shtml
www.rense.com/general37/impl.htm
U.S.
IMPLICATED IN PLANNED THEFT IRAQI ANTIQUITIES
Ann Talbot - 19/4/03
"USA implicati nel furto preordinato dei reperti
storici iraqeni"
Man mano che emerge la
reale entità del saccheggio del Museo Nazionale di
Baghdad, appare chiaro che non si è trattato affatto di
qualcosa di accidentale. E' stato piuttosto il risultato
di un progetto pianificato da tempo, per far bottino dei
tesori storico-artistici conservati nei musei iraqeni.
Se il Museo di Baghdad fosse stato messo a sacco da
abitanti dei quartieri poveri, ciò sarebbe già stato
abbastanza criminale, e la responsabilità sarebbe
rimasta sulle spalle dell'Amministrazione USA, che si è
rifiutata, nonostante ripetuti appelli, di provvedere
alla sicurezza degli edifici culturali di Baghdad.
Tuttavia, non appena il personale del Museo è stato in
grado di comunicare con l'esterno, è risultato chiaro
che il saccheggio non era casuale. Era opera di persone
che sapevano cosa cercare e che erano venute con le
attrezzature speciali adatte a svolgere il lavoro.
Il Dr. Donny George
del Museo di Baghdad ha detto: "Credo che fossero
persone che sapevano quello che volevano. Hanno lasciato
dov'era la copia dell'Obelisco Nero di Salmanassar,
passando oltre. Questo significa che dovevano essere
specialisti. Non hanno toccato le copie."
Parlando a Channel Four, ha affermato -rivolgendosi al
Dr. John Curtis del British Museum- che tra i pezzi
rubati ci sono anche il vaso sacro di Warka, un vaso
d'oro di 5000 anni fa trovato a Ur, una statua accadica
ed una assira. Il Dr. Curtis ha ribattuto dicendo che
"è come rubare la Monna Lisa".
Solo dopo una settimana dal saccheggio il Dr. George è
stato in grado di allertare gli archeologi di tutto il
mondo su ciò che era stato rubato. Le autorità militari
americane non hanno fatto alcun tentativo per impedire
che gli oggetti lasciassero Baghdad, né hanno promosso
una ricerca a livello internazionale dei reperti rubati.
La riluttanza statunitense ad agire non può essere
spiegata dalla mancanza di avvertimento. Archeologi
professionisti e storici dell'arte avevano già detto in
anticipo al Pentagono del pericolo di saccheggio. Il Dr.
Irving Finkel del British Museum ha dichiarato a Channel
Four che il saccheggio era "assolutamente
prevedibile e avrebbe potuto essere facilmente
fermato".
Il Museo è stato vittima di un assalto preordinato con
cura. I ladri che hanno preso i materiali più preziosi
sono arrivati equipaggiati di attrezzature per sollevare
gli oggetti più pesanti, che il personale stesso del
museo non avrebbe potuto rimuovere dalle sale, e avevano
le chiavi delle camere blindate dove erano sistemati gli
oggetti più preziosi. Un crimine del genere non
veniva commesso dai tempi della sistematica spoliazione
nazista dei musei d'Europa.
La rivista online statunitense Business Week
ripete la tesi della premeditazione e della cospirazione
nel sacco dei musei iraqeni in un articolo del 17/4
intitolato "Erano già pronti i ladri
d'antichità?", con sottotitolo "Sapevano ciò
che cercavano perché i mercanti d'arte avevano ordinato
i pezzi più importanti in anticipo".
Il Business Week riporta: "E' stato come se gli
esecutori stessero aspettando la caduta di Baghdad per
muoversi. G. J. Stein, professore d'archeologia
all'Università di Chicago, che ha condotto scavi in Iraq
per decenni, è convinto che i mercanti avevano ordinato
i pezzi in anticipo. "Stavano cercando esemplari
molto specifici, sapevano dove guardare".
Fin dalla precedente Guerra del Golfo del 1991 antichi
reperti iraqeni sono apparsi sul mercato provenienti dai
musei che furono saccheggiati allora e da siti
archeologici spianati con i bulldozer. In questi siti le
statue sono state tagliate in pezzi per poter essere
esportate.
La razzia dell'eredità culturale iraqena ha eccitato
l'appetito dei collezionisti, i quali sono già
responsabili per i saccheggi di siti in Estremo Oriente,
America Latina, Italia. Con la recessione dei mercati
globali, le opere d'arte e le antichità sono considerate
sempre più un sicuro investimento, andando ad alimentare
un già vasto traffico sotterraneo.
Il commercio illegale di antichità è altrettanto
lucrativo del traffico di droga, a cui peraltro è
sovente associato. Secondo un rapporto del 2001 dal
titolo "Il commercio illecito di antichità: la
distruzione del patrimonio archeologico mondiale",
Londra e New York sono i principali mercati di questo
commercio. La Svizzera, che consente l'ottenimento di un
titolo legale ad ogni opera d'arte che rimanga sul suo
territorio per almeno 5 anni, è un punto di transito
cruciale.
Il Prof. Lord Renfrew of Kaimsthorn, direttore
dell'istituto archeologico di Cambridge, ha dichiarato in
una conferenza stampa di presentazione del suddetto
rapporto che "il commercio continua perché il
governo è alla mercè dei mercanti d'arte, che vogliono
mantenere ininterrotto il flusso di reperti. E' uno
scandalo."
All'arrivo delle notizie sull'ultimo saccheggio, il
governo laburista di Blair ha organizzato una conferenza
stampa nel British Museum, in cui il Segretario agli
Affari Culturali ha promesso sostegno ufficiale alla
protezione dei reperti iraqeni. Intanto, mentre parlava,
la Biblioteca Nazionale iraqena veniva saccheggiata.
L'edificio, sede di rarissime copie del Corano vecchie di
secoli ed altri esempi di calligrafia islamica, così
come insostituibili documenti storici dell'epoca
ottomana, è stato dato alle fiamme e un numero
indicibile di testi è stato distrutto. Il giornalista
Robert Fisk, che vide le fiamme, si precipitò dai
marines USA nel tentativo di salvare parte della
collezione, ma loro si rifiutarono di dare aiuto. Fisk ha
scritto sull'Independent: "ho dato la mappa del
posto, il nome preciso in arabo e in inglese, ho detto
che si vedeva il fumo da cinque km di distanza e ci
sarebbero voluti solo 5 minuti per arrivare là. Mezz'ora
dopo non c'era neppure un americano sul posto e le fiamme
si alzavano nell'aria per 70 metri."
Dopo il destino del Museo di Baghdad, si può concludere
che il saccheggio e il rogo della Biblioteca è servito a
mascherare un crimine più sistematico, in cui
selezionati manoscritti sono stati rubati per ricchi
collezionisti. In questo quadro si spiega la connivenza
nel rogo dei libri - un'altra pratica nazista.
IL RUOLO
DELL'ACCP
Dopo questi due devastanti attacchi alla
cultura, l'attenzione si è focalizzata sulle attività
dell'ACCP (American Council for Cultural Policy). Anche
la stampa inglese, che lavora sotto alcune delle più
dure leggi antidiffamazione del mondo, ha riportato che
l'ACCP può aver influenzato la linea del governo USA in
merito agli oggetti d'arte iraqeni.
L'ACCP è stato costituito nel 2001 da un gruppo di
ricchi collezionisti d'arte, per far pressione contro la
Legge statunitense di Regolamentazione della Proprietà
Culturale, che tenta di mettere regole al mercato
dell'arte, fermando il flusso di beni rubati verso gli
Stati Uniti. L'ACCP ha difeso in giudizio il mercante
d'arte F.Schultz, poi dichiarato colpevole in forza della
Legge sulla Proprietà Nazionale rubata; la medesima
associazione si oppone all'uso in giudizio della sentenza
del 1977 "U.S. contro McClain" come precedente
legale nei casi riguardanti il possesso e il
trasferimento di oggetti d'arte rubati.
Nel caso McClain un giudice statunitense diede responso
favorevole al fatto che tutta l'arte e i monili
precolombiani portati negli USA senza l'espresso consenso
del Governo messicano fossero proprietà rubata. La legge
messicana considera tutti i reperti archeologici come
Proprietà dello Stato e ne vieta l'esportazione. Il
Messico è solo uno di molti paesi che hanno questo tipo
di legislazione.
Ashton Hawkins, uno dei maggiori avvocati d'arte e
fondatore dell'ACCP, considera questo tipo di
legislazione "protezionista". Ha condannato i
paesi "fonte" archeologicamente ricchi per il
tentativo di proteggere con tali misure i loro musei e
siti archeologici, lamentando che sotto l'amministrazione
Clinton tali politiche protezioniste sono arrivate a dare
impronta alla politica del governo USA.
Hawkins ha gli occhi puntati ai grandi musei
mediorientali. Ha auspicato che le antichità egiziane
conservate al Museo del Cairo vengano disperse:
"Vorrei proporre" ha detto, "che il Museo
del Cairo offrisse l'opportunità ai musei di tutto il
mondo di acquisire fino a 50 oggetti ciascuno per le loro
collezioni. In cambio i musei esteri darebbero un
cospicuo contributo per la costruzione del nuovo museo ai
piedi dell'altipiano di Giza, un milione di dollari
ciascuno per esempio."
Il meeting inaugurale dell'ACCP ha avuto luogo nella casa
sulla 5°Strada di Guido Goldman, un collezionista di
tessili uzbeki. Tra i presenti c'era Arthur Houghton,
l'ex curatore del Museo Getty di Malibu in California,
che è notoriamente un espositore di opere di dubbia
provenienza. Hawkins stesso è andato in pensione nel
2000 dalla carica di vicepresidente del consiglio
d'amministrazione del Metropolitan Museum of Art di New
York, museo che -secondo il suo precedente direttore
Thomas Hoving- conserva molti manufatti saccheggiati da
tombe etrusche.
Prima che la guerra cominciasse, membri dell'ACCP hanno
avuto un incontro con i funzionari del Pentagono, in cui
hanno dichiarato la loro grande preoccupazione per le
antichità iraqene. Cosa questa preoccupazione significhi
è evidente dalle osservazioni di William Pearlstein, il
tesoriere del gruppo, che descrive le leggi iraqene sul
patrimonio archeologico come "protezioniste".
L'ACCP nega di volere un cambiamento nelle leggi iraqene,
ma i saccheggi del museo e della biblioteca di Baghdad
avranno come effetto concreto di aggirare questo
problema, se la Legge statunitense sul furto d'oggetti
d'arte e materiale archeologico verrà modificata.
Il Prof. John Merryman della Scuola Giuridica di Stanford
e membro dell'ACCP, ha auspicato una "applicazione
internazionale selettiva dei controlli
sull'esportazione" nei tribunali statunitensi. In
altre parole, sarebbe perfettamente legittimo importare
oggetti trafugati a Baghdad se un tribunale USA sceglie
di non riconoscere la legislazione iraqena.
Merryman ha stabilito i principi dell'organizzazione in
un testo del 1998, in cui sosteneva che il fatto che un
oggetto artistico fosse stato rubato non era in sé un
impedimento all'importazione legale negli Stati Uniti.
E nella sua rivendicazione si spinge anche oltre:
"L'esistenza di un mercato preserva gli oggetti
d'arte, che altrimenti potrebbero essere distrutti o
trascurati, fornendo loro un valore di mercato. Nel
quadro di un commercio legittimo e aperto, gli oggetti
possono spostarsi verso le persone e le istituzioni che
li valutano di più, e che per tale ragione sono più
adatti a prendersene cura".
Questa è un'argomentazione autogiustificativa che puzza
molto di ipocrisia. I ricchi collezionisti possono ora
additare il caos per le strade di Baghdad, il saccheggio
del museo e il rogo della biblioteca come prova che gli
Iraqeni, troppo poveri o troppo ignoranti, sono incapaci
o non interessati a prendersi cura dei loro tesori
artistici, tesori che sarebbero dunque meglio protetti
nei musei Americani o nelle collezioni private.
Le idee dell'ACCP rappresentano gli interessi di
settori particolarmente rapaci della classe dirigente
USA, che operano sul principio che tutto - persino
oggetti di incalcolabile valore artistico o scientifico -
è definito dal suo "valore di mercato".
Loro intendono il prezzo, naturalmente, dato che il vero
valore degli oggetti trafugati dal Museo di Baghdad e
dalla Biblioteca Nazionale Iraqena è incalcolabile.
Questi sono letteralmente gente che capisce IL PREZZO DI
TUTTO E IL VALORE DI NIENTE.
L'auspicio che il mercato determini il possesso
e l'accesso alle opere d'arte e ai reperti archeologici
metterebbe questi oggetti nelle mani di una facoltosa
minoranza, e renderebbe la possibilità di pubblico
accesso dipendente dalla buona volontà dei ricchi
possessori. Nonostante il fatto che molti membri
dell'ACCP abbiano fatto parte di istituzioni pubbliche,
il loro intento è profondamente contrario alla pubblica
diffusione dell'arte e dell'archeologia. Stanno tentando
non solo di cambiare le leggi degli altri paesi, ma
lavorano contro le tradizioni più progressiste della
società americana, che hanno sempre premiato i musei
pubblici.
UNA TRADIZIONE
SCIENTIFICA
Lo sviluppo dei musei pubblici è avvenuto di pari
passo con lo sviluppo di una comprensione scientifica dei
manufatti archeologici e delle società che li hanno
prodotti. I musei a finanziamento pubblico hanno
rappresentato una rottura con la vecchia tradizione di
tesaurizzazione privata. Le esposizioni avevano lo scopo
di mostrare gli oggetti del passato in modo scientifico e
razionale.
L'accumulo di reperti archeologici in mani
private tende a disgregare il lavoro scientifico,
dato che il materiale si disperde ed è perciò difficile
da catalogare, senza contare che molto di esso rimane
sconosciuto agli studiosi del campo specifico. I musei
pubblici sono tali non solo per il loro finanziamento e
per il fatto che aprano le sale ai visitatori, ma
soprattutto nel senso che rendono disponibile a tutti la
conoscenza, cioè qualcosa che è riconosciuto come
requisito primario del processo scientifico, fin dalla
rivoluzione scientifica del 17° secolo.
Uno degli effetti del saccheggio del museo di Baghdad è
stata la distruzione del catalogo cartaceo del museo e
dei relativi dati digitali sul patrimonio conservato
nelle sale del museo. Questo ha reso non solo più
difficile il tracciamento degli oggetti, ma ha anche
minato alla base intere generazioni di paziente lavoro
archeologico. Distruggere un simile catalogo significa
rendere privata una collezione, sia in senso simbolico
che concreto, dato che il suo contenuto diventa
sconosciuto al mondo esterno.
Mentre gli oggetti più importanti sono ben conosciuti a
livello internazionale, i dati contenuti in un museo
vanno molto oltre queste spettacolari opere d'arte.
Includono tutti i ritrovamenti minori degli scavi
archeologici, che in sé stessi non sono appariscenti, ma
se studiati tutti insieme producono l'immagine di una
società che non potrebbe essere ottenuta altrimenti solo
dalle opere d'arte.
Gli archeologi passano il loro tempo a setacciare i
detriti delle civiltà passate, anche in senso letterale.
Possono passare al setaccio tonnellate di terra cercando
ali di scarabeo o semi. Antiche latrine e mucchi di
rifiuti producono ricchezza conoscitiva. Ciò che viene
gettato o scartato fornisce il contesto dei reperti di
grandi templi, palazzi e tombe reali.
Un recente libro sulla Mesopotamia di Petr Charvat
contiene immagini di pezzi d'argilla con impronte di
stuoie di giunco intrecciate. Questa non è roba che può
abbellire la teca di un collezionista, ma rivela
importanti informazioni sulle capacità artigiane e sul
modo di vita degli antichi abitanti della Mesopotamia.
UN DURO COLPO ALLA
COMUNITA' SCIENTIFICA MONDIALE
Il Museo di Baghdad era più di un semplice luogo
d'esposizione di manufatti. Tutti gli scavi condotti in
Iraq da squadre internazionali di archeologi vi erano
riportati. Il museo possedeva un database di conoscenza
accessibile a tutti i ricercatori del mondo, ed era il
centro di una vasta rete cooperativa. Il saccheggio e la
distruzione di tutti i dati sono un colpo per la
comunità internazionale degli studiosi. Questo minaccia
di riportare indietro l'orologio a più di 150 anni fa,
prima dell'inizio dell'archeologia scientifica in
Mesopotamia.
I primi scavi non furono "scientifici" per gli
standards attuali, gli archeologi stavano ancora
imparando la propria disciplina attraverso un processo
per prove ed errori. Una delle lezioni più elementari di
questo processo d'apprendimento fu che IL
CONTESTO è tutto in archeologia. Un manufatto
può raccontare la sua intera storia solo se è
conosciuto il contesto in cui è stato ritrovato.
Per contesto si intende la posizione fisica dell'oggetto
nel terreno, la sua relazione con altri manufatti, e gli
strati di terreno intorno. Da questa informazione è
possibile determinare la datazione relativa di un oggetto
e considerevoli altre informazioni sul suo uso pratico e
sul significato sociale. Strappato dal suo contesto,
perde molto del suo significato. Persino la più bella
opera d'arte può essere meglio apprezzata quando il suo
contesto e le condizioni sociali del suo creatore sono
conosciute.
In senso lato, la comprensione del contesto di un oggetto
significa comprendere le sue relazioni con l'intero sito
in cui è stato trovato, con altri siti vicini, e con
l'ambiente storico di cui fa parte. Se i sentimenti
nazionalistici vengono spesso evocati per giustificare il
mantenimento dei reperti nel loro paese d'origine, in
realtà la ragione scientifica più importante per farlo
è che il contesto del manufatto viene preservato proprio
mantenendolo vicino a dove è stato ritrovato.
E' ancora possibile vedere nell'Iraq attuale case
costruite con metodi simili a quelli usati dagli antichi
costruttori, e vedere barche costruite con modelli
simili. Il vero significato dei reperti mesopotamici può
essere apprezzato solo guardandoli nel contesto dello
straordinario paesaggio dell'Iraq moderno, un paese dove
ogni collina che si alza sulla pianura è stata originata
da strati e strati successivi di mattoni di fango che
testimoniano intere generazioni di occupazione del sito.
L'amministratore coloniale americano, il generale in
pensione Jay Garner, ha tentato di cooptare l'impatto
emotivo del paesaggio per i suoi scopi politici, tenendo
i suoi meeting sotto una grande tenda eretta presso la
ziggurat di Ur di 4000 anni fa, che serviva da
piattaforma del tempio del dio lunare Nanna. Ma
permettendo il saccheggio del museo di Baghdad, le
autorità statunitensi hanno mostrato chiaramente di non
avere alcun riguardo per la vera importanza dell'Iraq
nella storia umana.
Quando i cartografi medievali europei disegnarono nel
13° secolo la mappa del mondo, misero l'Asia in testa
perché per loro era il continente più importante.
C'erano le terre della Bibbia. Gerusalemme era al centro
della loro visione del mondo, e poco oltre si stendeva
Babilonia, il luogo della prigionia ebraica, la Torre di
Babele e la casa di Abramo nella città di Ur.
Nella mente degli europei l'immagine biblica del mondo
era così scolpita che i primi scavatori di antichi siti
in questa regione cercarono una conferma della Bibbia.
Persino nel 20° secolo Leonard Woolley si riferiva ai
suoi scavi a Warka con il nome biblico di Ur dei Caldei.
Eppure il materiale che venne fuori dagli scavi scosse la
visione biblica del mondo. Una importante scoperta fu che
la storia narrata nella Bibbia di Noè e del Diluvio ebbe
origine in Mesopotamia molto prima che la Bibbia venisse
scritta. Quando la scrittura cuneiforme di migliaia di
tavolette d'argilla fu decifrata, ci si rese conto che
molte civiltà complesse ed avanzate erano esistite in
Mesopotamia, e di una antichità mai immaginata prima.
Il vero quadro della storia apparve chiaro solo con la
messa a punto delle tecniche di datazione al carbonio14.
Nella seconda metà del 20° secolo ci si rese conto che
l'agricoltura stanziale in Medioriente risaliva a 11
millenni prima di Cristo.
LA CULLA DELLA
CIVILTA'
[..] (N.d.T.:ho omesso alcune note storiche per non
allungare troppo la lettura, vedere articolo originale)
In quell'epoca in Iraq lo sviluppo delle tecniche di
irrigazione aumentò di molto la produttività agricola,
il surplus della quale a sua volta favorì l'emergere
della prima civiltà urbana del pianeta, proprio
in quella terra che oggi le forze militari congiunte di
USA e Gran Bretagna stanno riducendo a un deserto.
[..] Grazie alla produttività di questo sistema di
irrigazione in Mesopotamia si sono succedute molte
civiltà. Persino i Greci erano in soggezione davanti
alle conquiste intellettuali della Mesopotamia.
Uno dei ministeri che sono stati sistematicamente
distrutti nei recenti giorni di razzia, è stato il
Ministero dell'Irrigazione. Potremmo dire che con questo
atto l'amministrazione USA vuole ricondurre l'Iraq ai
secoli bui, tranne il fatto che l'Iraq non ha mai
conosciuto secoli bui (nel senso in cui l'Europa li ha
conosciuti). Gli imperi potevano succedersi, nascere e
cadere, ma finchè il sistema di irrigazione continuava a
funzionare la terra tra i due fiumi poteva produrre più
cibo di quanto ne abbisognasse. Attaccando il
sistema di irrigazione, l'amministrazione USA ha causato
più danno in poche settimane di quanto abbia fatto ogni
altro invasore nella storia.
Il significato culturale dell'Iraq non ebbe fine
con la caduta dell'impero persiano. Attraverso le epoche
buie dell'Europa, rimase un porto sicuro di cultura,
preservando -sotto i Califfi Abbasidi- i testi classici
ormai persi in Occidente. L'erudizione e il valore
scientifico islamico si rivelarono vitali per il
riemergere della filosofia aristotelica in Europa e per
il Rinascimento.
La misura reale delle perdite si rivelerà pienamente
quando verrà fatto il conto degli esemplari alla
Biblioteca Nazionale.
Ciò che è già chiaro fin da ora invece è che un
enorme crimine è stato commesso, non solo contro il
popolo iraqeno, ma CONTRO L'UMANITA' INTERA, dato che la
storia dell'umanità è stata attaccata. Per questa
ragione il sacco di Baghdad segna un punto
significativo nella traiettoria dell'amministrazione Bush
del suo tentativo di sprofondare il pianeta nella nuova
barbarie, che cancellerebbe tutto ciò che la
storia ci mostra del passato.
|
|
Qui di seguito
una rassegna (del tutto incompleta) di articoli
della stampa internazionale su questo evento di
gravità eccezionale.
In ognuno di essi ci sono dettagli diversi
dell'accaduto, complementari o contraddittori,
considerazioni diverse dei vari studiosi, e
persino la sensazione di come certi intellettuali
americani dalla mentalità patriottica e
CNN-credulona si risveglino all'orrore della
guerra solo attraverso questo
"mnemocidio" che investe direttamente i
loro campi di ricerca.
E' ancora un work in progress, da integrare con
tutte le notizie che arriveranno... (se si avesse
molto tempo a disposizione e molte persone che ci
lavorano). |
pagina
creata il 28/4/03
ultima modifica 3/5/03
-INDICE-
PAGINA 1
U.S. IMPLICATED IN PLANNED
THEFT IRAQI ANTIQUITIES
Ann Talbot - 19/4/03
"USA implicati nel furto preordinato
dei reperti storici iraqeni"
PAGINA
2
METHOD
TO MADNESS IN
MUSEUM LOOTING
by Eleanor Robson - 17/4/03
"C'è del metodo nella pazzia
del saccheggio del museo"
ASH TO
ASHES, BOOKS TO DUST
"Cenere alla cenere e libri in polvere"
19 aprile
dal Los Angeles Times
RECONSTRUCTION
TIME AGAIN
burned libraries make iraq's
history a war casualty
21/4/03
by David Mehegan - Boston Globe
PAGINA 3
THE
SACKING OF IRAQ'S MUSEUM:
U.S. WAGES WAR AGAINST
CULTURE AND HISTORY
16 aprile
by Patrick Martin
THE
DAY OF THE JACKALS
- disturbing questions about the
looting of antiquities from the
Iraqi National Museum in Baghdad
19 aprile
by Rod Liddle
LOOTING
IS WHAT THIS WAR
IS ALL ABOUT
24 aprile
HOW
AND WHY THE U.S.
ENCOURAGED LOOTING IN IRAQ
15 aprile
HANG
BLACK BANNERS
MOURNING CULTURAL LOSS
21 aprile
WHEN
A MUSEUM FALLS
VICTIM TO WAR
23 aprile
U.S.
ACCUSED OF PLANS TO LOOT
IRAQI ANTIQUITIES
Liam McDougall
IRAQ
AND RUIN
24 aprile
LIBERATION
AND LOOTING IN IRAQ
14 aprile
IRAQ'S
LOOTED ARTEFACTS
BEGIN TO EMERGE
23 Aprile
THE
RAPE OF HISTORY
- THE WAR ON CIVILIZATIONS
19 aprile
MNEMOCIDE
PAGINA 4
Alcuni
articoli apparsi sulla stampa italiana
o su siti italiani
BAGHDAD,
SACCHEGGI PREMEDITATI
Predoni con arnesi professionali e la mappa
dei pezzi migliori: tutto pianificato?
JOHN ANDREW MANISCO
da IL MANIFESTO, 25/4/03
WWW.
IRAQSVENDESI. COM
Saccheggiato il patrimonio archeologico
delle mille e una notte
I beni meno preziosi sono finiti in Internet:
per acquistarli bastano 20 dollari
di Umberto Rapetto
da AVVENIMENTI n.16 del 25/4/03
LA
DENUNCIA DEGLI ARCHEOLOGI CONTRO
L'INDIFFERENZA AMERICANA AI SACCHEGGI
La Stampa - 19/4/03
BOTTINO
DI GUERRA
IRAQ
ANNO ZERO
LA MEMORIA BRUCIATA
NERONE A BAGHDAD
IRAQ:
MONITORAGGIO DEL PATRIMONIO CULTURALE
Facoltà di Studi Arabo-Islamici
dell'Università L'Orientale di Napoli
BAGHDAD
CHIAMA TORINO
|