www.puk.org/web/htm/news/nws/news030417.html
METHOD TO
MADNESS IN MUSEUM LOOTING - by Eleanor Robson - 17/4/03
"C'è del metodo nella pazzia del saccheggio del
museo"
(dal Los Angeles Times, ripubblicato dal sito dell'Unione
Patriottica del Kurdistan)
E' ormai quasi certo che
le scioccanti spoliazioni dei musei di Mossul e Baghdad
sono state organizzate da gang iraqene agli ordini di
collezionisti stranieri. I ladri sapevano cosa cercare.
Il bellissimo vaso di Uruk di 5000 anni fa è scomparso,
mentre una convincente copia dell'Obelisco nero di
Salmanassar III re d'Assiria è rimasta intatta al suo
posto, in un mare di vetrinette vuote e spaccate.
Schedari e computers rotti e bruciati senza speranza di
riparazione, in ciò che appare una mossa deliberata per
frustrare i tentativi degli esperti di catalogare gli
oggetti mancanti.
Intorno a questo furto centrale di oggetti di alto
valore, c'è stata una vasta penombra di saccheggio
opportunistico. Contenitori trascinati in strada, e i
passanti si servivano. Oggetti sugli scaffali
vandalicamente infranti. C'è da sperare che molti dei
pezzi più piccoli e meno pregiati saranno restituiti
alle moschee e ai centri delle comunità per effetto
dell'amnistia generale sui beni rubati. Molti altri
cambieranno di mano per pochi dollari, necessari a
comprare cibo, acqua e medicine.
Sigilli cilindrici, tavolette cuneiformi ed antiche
monete lasceranno il paese in valige e zaini.
La via d'uscita standard dall'Iraq è è attraverso
Israele per la Svizzera, e poi successivamente Londra,
Parigi e New York.
Questi esemplari appariranno in vendita per 50 o 100
dollari nei negozi d'antichità in tutto il MedioOriente,
Europa e Nordamerica, oppure su E-Bay (aste online). Gli
ignari e i privi di scrupoli li compreranno come regali
di Natale o soprammobili da casa.
Fin dalla guerra del 1991, decine di migliaia di piccoli
pezzi hanno lasciato l'Iraq in questo modo. Circa 4000
erano stati rubati dai musei delle province iraqene
durante le rivolte del 1991, ma la maggior parte sono
stati trafugati illegalmente da una manciata di siti che
il servizio archeologico iraqeno non è stato in grado di
proteggere.
In merito agli esemplari di grande valore presi dai ladri
professionisti, potremmo non rivederli mai più. Sono
troppo ben conosciuti a chiunque per rischiare di
portarli a un venditore o ad una casa d'aste. Diverranno
collaterali al commercio di droga o rimarranno nascosti
in camere blindate di banche. Alcuni dei furti, con tutta
probabilità, sono stati commissionati direttamente dai
collezionisti e andranno dritti al loro nuovo
"padrone".
Altre opere potranno essere deliberatamente danneggiate
per evitare il riconoscimento, non somigliando più alle
loro fotografie pubblicate.
Per esempio, i saccheggiatori possono tagliar via il naso
di una statua, affinchè sia diversa ma ancora valutabile
per il mercato. Oppure possono usare martello e scalpello
per cancellare le iscrizioni da un pezzo, più o meno
come un normale criminale farebbe rimuovendo il numero di
serie da una pistola. Quando questi esemplari alterati
verranno offerti in vendita sul mercato, sarà quasi
impossibile identificarli, e di conseguenza confiscarli e
rimpatriarli.
Il gioco vale la candela per le gang criminali. Dieci
anni fa un bassorilievo assiro dell'850 a.C. fu venduto
all'asta da Christies di Londra per 11 milioni di
dollari, a quell'epoca il più alto prezzo mai pagato per
un'antichità all'asta.
C'è bisogno di efficaci divieti su importazione ed
esportazione di tutte le antichità, e ne abbiamo bisogno
ora. Ciò non sarà d'aiuto per tutti i reperti trafugati
dall'Iraq, ma potrebbe prevenire il saccheggio in futuro.
I Paesi si devono attenere alla Convenzione di Parigi
dell'UNESCO del 1970, che proibisce e impedisce il furto
e l'esportazione della proprietà culturale. Inoltre, gli
Stati dovrebbero subito varare leggi che dispongono la
confisca su tutte le frontiere nazionali.
I funzionari delle Dogane dovrebbero essere addestrati
nell'identificazione e nel trattamento degli oggetti
d'arte, per evitare certi assurdi errori, come quello
commesso da agenti delle dogane britanniche che l'anno
scorso hanno esaminato delle statue afghane che si
sospettava contenessero droga.
La droga non c'era, ma i buchi fatti col trapano dagli
agenti per controllarle hanno mutilato le statue.
Non siamo in grado di reintegrare il patrimonio storico
archeologico iraqeno, ma possiamo almeno rimpatriare
alcuni oggetti e prevenire i futuri crimini contro il
patrimonio artistico mondiale.
(Eleanor Robson è
Professoressa ad Oxford e membro della British School of
Archaeology in Iraq)
schedari e computer dell'Iraq National
Museum a Baghdad
.
interno
della Maktabah Wataniyyah (Biblioteca Nazionale):
scale e pareti
|
|
www.theage.com.au/articles/2003/04/18/
1050172756767.html
ASH TO ASHES,
BOOKS TO DUST - 19 aprile
dal Los Angeles Times Nella penombra della sala di lettura
carbonizzata, Shakur Khozai raccoglie una manciata di
cenere, rabbrividisce e la rigetta al suolo. In qualità
di Direttore della Biblioteca Nazionale Iraqena, ha
passato molti anni prendendosi cura della collezione
nazionale di libri rari e archivi.
Ora c'è rimasto ben poco, se non fuliggine e vetri
rotti. La maggior parte del milione di volumi esistenti
sono andati persi quando è stato dato fuoco alla
biblioteca, deposito di libri antichi insostituibili,
mappe e archivi di manoscritti.
"Hanno bruciato la storia di questo paese", ha
detto Khozai. "Ora siamo qui a ripartire da
zero". Dopo essere sopravvissuti ai bombardamenti
anglostatunitensi, molti degli oggetti storici principali
della nazione sono andati persi nella rabbiosa rivolta.
C'erano antichi esemplari del Corano ed altri testi sacri
dell'Islam, che resistettero al sacco dei Mongoli, solo
per finire bruciati in questa settimana.
Il museo nazionale, con le sue colossali sculture e il
primo calendario conosciuto: razziato. Strumenti
musicali: trafugati dal Conservatorio. Università:
saccheggiate. Archivi statali: persi o bruciati.
Molti iraqeni accusano gli USA per non aver protetto i
loro tesori nazionali dalle folle che calavano negli
edifici delle istituzioni culturali di Baghdad.
Alcuni hanno incolpato del saccheggio lo scoppio di
rabbia a lungo repressa sotto il regime di S.Hussein.
"Fanno tutto ciò senza pensare perché odiavano il
governo" ha detto Ehmad al Aziz, 49 anni, guardiano
del Teatro nazionale, anch'esso saccheggiato.
"Avevano i fucili, cosa potevo fare?"
Con le istituzioni culturali distrutte, gli intellettuali
e gli artisti temono che la nazione sia stata derubata
della sua anima. "Come possiamo costruire un nuovo
Iraq dopo tutto ciò?" ha detto il bibliotecario
Saib al Suhaib. "Possiamo comprare computers,
possiamo costruire nuovi edifici. Ma non possiamo
comprare un museo, o questi libri, o la storia".
Al pianterreno della Biblioteca nazionale, il personale
della biblioteca si trascina luttuosamente tra i mucchi
di fuliggine.
"Vogliamo la libertà, sì, ma non questa
libertà" ha detto Abdul Rahmad Hamed, che insegna
Storia all'Università di Baghdad. "Questa è
distruzione, e mi sento terribilmente male per il mio
popolo".
http://www.boston.com/dailyglobe2/111/living/
Reconstruction_time_again+.shtml
RECONSTRUCTION
TIME AGAIN - burned libraries make iraq's history a war
casualty - 21/4/03
by David Mehegan - Boston Globe
Nello shock per il
saccheggio di opere d'arte di valore incalcolabile dal
Museo Nazionale iraqeno, è stata data relativamente poca
attenzione all'incendio delle biblioteche iraqene la
settimana scorsa. Mentre non si conosce ancora la vera
entità del danno, due grandi biblioteche con antiche
collezioni senza prezzo sono state bruciate, ed altre due
saccheggiate.
"Sotto molti aspetti, ciò che è accaduto è la
completa distruzione della storia", dice Traianos
Gagos, capo archivista della Collezione di Papiri
dell'Università del Michigan. "I manoscritti sono
il materiale principale che viene usato per scrivere la
storia - né è la prova stessa. I libri pubblicati negli
ultimi 30 anni possono essere rimpiazzati. Ma i
manoscritti rari non potranno mai esserlo."
"Il saccheggio e il rogo di tutte queste
collezioni" dice Andras Riedlmayer, bibliografo di
arte islamica alla Harvard Fine Arts Library e
specialista di patrimonio culturale minacciato da
conflitti armati, "è una perdita incalcolabile e e
in larga misura non riparabile. Immaginate la Biblioteca
del Congresso e gli Archivi Nazionali USA vandalizzati e
incendiati".
Secondo le notizie riportate, le biblioteche incendiate
includono: (contenuti descritti da Riedlmayer)
-- la Biblioteca Awqaf (Biblioteca del
Ministro degli Affari Religiosi), che conteneva 8500
codici manoscritti islamici in arabo, così come
centinaia di manoscritti in persiano e turco ottomano.
Conteneva anche antichi esemplari di Corano. L'opera più
antica era un commentario del nono secolo di Ibn Qutayba,
copiato nell'anno 1079.
-- la Biblioteca Nazionale d'Iraq e il
Centro Nazionale degli Archivi, noto sotto il nome di Dar
al-Hikma (Casa della Saggezza), paragonabile alla
Biblioteca del Congresso USA. Conteneva 417.000 volumi,
2618 periodici dell'epoca ottomana e moderna, e una
collezione di 4412 libri rari e manoscritti.
Secondo Riedlmayer, gli archivi nazionali
"contenevano centinaia di migliaia di documenti che
costituivano una registrazione scritta della vita
pubblica e della storia dell'Iraq e delle regioni vicine,
come la corrispondenza del 16°secolo tra i governatori
di Baghdad e il governo di Istanbul, cinque secoli di
relazioni, petizioni, lettere, su questioni che
spaziavano da commercio e tassazione a carovane di
pellegrini, ribellioni, riforme."
Saccheggiata anche la Biblioteca dell'Università di
Mossul, che aveva 890.000 volumi, inclusi molti libri
rari e manoscritti, e la Biblioteca dell'Università di
Bassora, con 190.000 volumi e 700 manoscritti.
I bibliotecari USA che si occupano di raccolte
specialistiche sono scioccati dalle notizie che arrivano.
W.P.Stoneman della Biblioteca Houghton di Harvard,
definisce questa perdita sia come intellettuale che
simbolica. "Questi esemplari sono gli strumenti di
base usati dagli studiosi per studiare una civiltà"
dice Stoneman. Ma aggiunge che il valore simbolico di una
cultura è al di là di ogni prezzo: "Se la Statua
della Libertà fosse distrutta, significherebbe che non
si avrebbe più quel legame col passato, che è
importante per costruire il futuro."
"Mi fa star male" dice C.T.Cullen, presidente
della Biblioteca Newberry di Chicago, specializzata
sull'Europa occidentale e le Americhe. "Schopenauer
diceva che una biblioteca è la memoria di un popolo: la
memoria è persa se queste cose scompaiono. Vengono usate
dagli studiosi per portare ad una comprensione del
passato. Nella Newberry ce ne sono così tanti che
perderemmo molte chiavi del nostro passato se venisse
distrutta".
Se le antiche opere sono senza dubbio preziosissime, per
molti studiosi la perdita dei periodici del 20° secolo
è ugualmente devastante, dato che l'Iraq non è esistito
come paese unificato fino al 1922.
"La tragedia di tutto ciò è che conosciamo assai
poco della storia iraqena dal 1920 in avanti", dice
K.D.Watenpaugh, professore di Storia al Moyne College ed
esperto di storia ottomana. "Esiste qualcosa di
scritto, ma non abbiamo mai avuto la possibilità di
esaminare la storia della società a livello più locale.
Questi giornali e documenti erano testimonianze storiche.
Immaginatevi se noi non potessimo più leggere i New York
Times dal 1922 fino ad oggi. Se dobbiamo aiutare gli
iraqeni a costruire una nuova nazione, questo non si fa
lasciando che il passato venga distrutto."
Riedlmayer, che ha coordinato un progetto di restauro dei
libri e manoscritti distrutti nella Biblioteca di
Sarajevo durante la guerra in Bosnia, e spera di fare lo
stesso in Iraq, ha il sospetto che il rogo non sia stato
vandalismo casuale ma opera degli stessi organizzati
ladri che hanno saccheggiato il Museo Nazionale.
"Ciò costituisce sia speranza che orrore",
dice, "E' del tutto probabile che siano andati per
rubare dei rari esemplari, e dopo aver preso ciò che
volevano, hanno gettato un fiammifero per coprire le loro
tracce". E mantiene viva la speranza che almeno
alcuni dei preziosissimi libri e manoscritti possano
essere ritrovati.
"La mia sola speranza è che il governo USA promuova
immediatamente un'amnistia con un programma di riacquisto
dei beni rubati", dice, "perché se ci sarà un
divieto internazionale, molti oggetti saranno gettati
via."
Riedlmayer è furioso con i vertici militari che non
hanno protetto le biblioteche e i musei, e spera in una
inchiesta del Congresso. "Non solo è una vergogna,
è un crimine. E' contro tutte le leggi di guerra."
Prima della guerra, dice, "mi è stato chiesto dal
Dipartimento di Stato quali erano i siti del patrimonio
culturale che dovevano essere protetti. Tutti li avevano
avvisati che il più grosso pericolo non sarebbe venuto
dai missili Tomahawk ma dal saccheggio. Però il
messaggio proprio non è arrivato."
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