Riflessioni su tempo, denaro e giustizia
di Paolo Coluccia
http://digilander.libero.it/paolocoluccia
Testo di base per la relazione all’incontro annuale del “Movimento per la Società di Giustizia e per la Speranza”, Università di Lecce, sala “B. De Maria”, Palazzo “Codacci Pisanelli”, 4 dicembre 2003.
(Jürgen Habermas)
Innanzitutto ringrazio Arrigo Colombo, coordinatore ed animatore instancabile del “Movimento per la Società di Giustizia e per la Speranza”, per il coinvolgimento nelle attività di studio, di ricerca e d’impegno e per quest’occasione pubblica, la prima nell’Università di Lecce, di esporre alcune mie riflessioni su temi presenti in libri e saggi pubblicati negli ultimi anni, tra cui tengo a ricordare La Banca del tempo (Torino, Bollati Boringhieri, 2001, con un’Introduzione di Serge Latouche), La cultura della reciprocità (Casalecchio-BO, Arianna Ed., 2002), Il tempo… non è denaro (Pisa, BFS, 2003).
E’ possibile una riflessione che accomuni tre concetti così complessi, ma ricchi di storia e di pensiero, come tempo, denaro e giustizia?
Esiste, comunque, tra loro un’inequivocabile correlazione. Sullo sfondo però aleggia un quarto concetto, il potere, che li influenza, direttamente o indirettamente.
Non c’è pretesa di scientificità in queste mie riflessioni: d’altronde, quale statuto può avere oggi la scienza, fluttuante tra gli estremi antagonismi rappresentati da un arrogante scientismo razionalistico ed una debole e arrendevole ragionevolezza?
Come osserva Latouche (2000), subiamo la sfida di Minerva, la lotta impari tra i due suoi figli – phrónesis e logos epistemonicós – appena visibile la prima, molto prepotente il secondo, anche se oggi, dopo l’ubriacatura funzional-struttural-razionalistica, comincia a farsi spazio una riflessione più pacata e cosciente.
Tempo, denaro e giustizia: rientrano nel vortice del progetto modernistico, spesso s’intersecano o s’impennano in formalismi ritualistici, ma tendono sempre a rifuggire dal loro senso più autentico, dal loro significato più intrinseco.
Nel vano tentativo di rifuggire i simboli espressi per un arco plurimillenario (il tempo: simbolo di mediazione, mediatore della nascita e della morte, estreme rappresentazioni della vita; il denaro: simbolo di pace, da pacare, mettere in pace gli attori dello scambio economico; la giustizia: simbolo di equilibrio, di ragione-non ragione, come codice binario diritto-torto, spesso sovraccarica d’intenzioni risolutorie per patologie sociali derivanti dai rapporti tra ego-alter) questi tre concetti si sono avviati su una via unilaterale, che definisco formale e funzionale (il tempo come funzionalità produttiva; il denaro come contabilità formale; la giustizia come sistema giuridico-formale).
C’è chiaramente un sovraccarico funzionale sui tre concetti: si tende a rifiutare la loro primaria portata, quella per la quale sono stati originariamente considerati, ovvero, il loro senso simbolico.
Non potrò esporre, in questo breve intervento, un loro approfondimento storico-filosofico-concettuale, ma limiterò la mia riflessione sulla concitata situazione contemporanea, concentrandomi in particolare su alcune recenti osservazioni definite in campo internazionale e portatrici di interrogativi inquietanti, ma anche di speranza.
Il tempo
(François Terris)
Per millenni e nelle più varie società il tempo ha conservato il suo fluire circolare, il suo carattere transitorio, sempre precario, ripetitivo, privo di turbolenze. Da un paio di millenni ha acquistato un senso escatologico, teleologico, lineare. Da Cristo in poi il tempo ha un inizio e tende verso una fine, infinita ed indefinita, ma sempre presente, spesso asfissiante a livello psicologico e sociale. Anche la visione marxiana del tempo si concentra su una visione teleologica, escatologica, lineare. Negli ultimi due secoli una sola voce contraddittoria: Federico Nietzsche, che ripropone la dottrina dell’eterno ritorno dell’identico. Il resto è tutto proteso nel primato del futuro, nella tendenza, nella finalità.
In quest’uniformità impressionante di pensiero il tempo acquista e fa proprio un drammatico profilo industriale legato alla progettualità, alla produzione, alla razionalizzazione dei processi, alla crescita economica, allo sfruttamento capillare e insensato delle forze e delle risorse, in una logica produttivistico-quantitativa che considera la forza-lavoro, soprattutto umana, ma anche degli animali, delle piante ed in ultimo delle macchine-robot – domani degli automi (mix inquietante di tecnologia e biologia) – prigioniera dei ritmi frenetici dell’orologio della fabbrica e della vita sociale in generale.
Ogni espressione sociale è legata al controllo dei flussi temporali. «Il tempo è denaro», sancisce Beniamino Franklin! Poi Maio, Taylor, Ford e tutto il resto. Si lavora in tempi preordinati, si studia in tempi definiti, si va in vacanza in giorni determinati, si fa sesso in orari prestabiliti, si prega in tempi ed orari precisi. Il tempo è razionalizzato, strumentalizzato, organizzato. Il tempo ha valore, ossessiona al valore. Ma cosa s’intende oggi per valore?
Ha detto Ivan Illich al Colloque International sur l’aprés-développement svoltosi all’UNESCO nel marzo del 2002: «Non ci sarebbe in latino una parola per tradurre il concetto di valore» (Atti del Colloquio, 2003). Questo termine, nell’accezione dominante, appartiene alla modernità, al comportamento economicistico, alla visione del tempo come misura finalizzata al guadagno, all’accumulo, al possesso.
Ma il tempo, simbolo di mediazione della nostra vita, può essere considerato un valore esclusivamente economico? E’ riconducibile soltanto al denaro?
Il nostro tempo, quello che dedichiamo a noi, ai nostri cari, alla comunità, alla vita in generale è qualcosa di più complesso, rappresenta una forma di ricchezza che nulla ha a che vedere con l’utilitarismo e con l’interesse finanziario.
Il tempo è la nostra vita. Una concezione esistenziale ri-conquistata del tempo permetterebbe di non ridurre il tempo a semplice misura, rappresenterebbe la condivisione e la convivialità, l’associazione e la reciprocità, la mutualità e la cooperazione. Sono tutte significazioni sociali che nel processo più sfrenato rivolto all’individualismo sociale ed economico abbiamo per certi versi dimenticato.
Occorre togliere al tempo la nozione di rendimento, per sostituirla con le pulsazioni del vivente. Questo è un nuovo e fondamentale fattore di ricchezza, osserva con fine semplicità Patrick Viveret nel suo Rapporto: Riconsiderare la ricchezza. Missione sui nuovi fattori di ricchezza (2003), elaborato per il Ministro dell’Economia solidale francese per il 2001-2002.
C’è inoltre una sostanziale differenza tra il tempo con gli altri e il tempo della storia. Quest’ultimo è un tempo artificiale, vuoto, che sta nella testa di un gruppo di sapienti, gli storici, appunto. «Uno strumento finto ma necessario ad ogni pensiero che vuole costruire la storia universale», osserva Angel Enrique Carretero Pasin (2003) sulla scia del pensiero di Halbwachs. Questa concezione storica del tempo non ha alcun rapporto con il tempo reale, che è quello vissuto con gli altri, quello che si concentra nel presente, punto di partenza della memoria, in quanto il pensiero cerca di ri-memorizzare il fatto vissuto con l’altro. Da qui l’immagine, l’immaginazione, il simbolico, per secoli esclusi dall’indagine scientifica delle discipline sociali perché ritenuti elementi irrazionali (rappresentano però oltre il 50% del pensiero umano!), emergono nella radicalizzazione concettuale della relazione uomo-alter, uomo-spazio, uomo-mondo «facendo apparire la sinergia che esiste tra l’immaginazione umana e lo spazio di fronte all’angoscia provocata dalla scomparsa del tempo e dalla sua attualizzazione, la morte» (Paschalis, 2003).
Se nella modernità il paradigma del tempo è legato alla produzione e all’utilitarismo, oggi, in questo medioevo post-moderno, lungo le derive della modernità, questo paradigma non può non cominciare a fare i conti con la vita, il mondo e il rispetto della dignità di ogni essere umano e del vivente in generale.
E’ importante perciò tornare a riconsiderare:
- il tempo come legame tra le persone e non come misura;
- il tempo ciclico delle stagioni;
- l’autonomia della persona dal tempo pianificato della produzione;
- il tempo soggettivo, emotivo e il ritmo personale e comunitario;
- il tempo di scelta e di condivisione;
- la complementarietà dei tempi (storico, presente, breve, medio, lungo termine);
- l’accordo tra il tempo dell’industria con il tempo biologico e geologico, per il problema delle materie prime, dell’energia e dei rifiuti;
- la riabilitazione del presente, il nostro presente insieme con quello del mondo e del vivente;
- concepire soprattutto la fine del nostro tempo di vita, cioè la nostra morte, come fondamento del nostro agire.
(Dal
Forum elettronico “Participa” in
www.alliance21.org)
Su quest’ultimo punto, mi sembra opportuno ricordare ancora le parole di Patrick Viveret: «Per la specie umana si può in effetti avanzare l’ipotesi che ciò che costituisce in definitiva la gerarchia dei valori della vita è la coscienza della morte» (2003).
A parte questo genere di riflessioni filosofiche ed esistenziali sul tempo, sarebbe opportuno riprendere concretamente l’abitudine a dedicare un po’ del nostro tempo agli altri, a trovare il tempo per gli altri, per la nostra comunità. Infatti, scambiare del tempo alla pari e senza uso del denaro potrebbe riabituare a riscoprire la condivisione e la convivilalità, che una società paranoica ed individualistica sembra voler a tutti i costi farci dimenticare.
E visto che di tempo ne abbiamo tanto, oggi, molto più di qualche decennio addietro – anche se molti si ostinano a ritenere e a sostenere tutto il contrario, trincerandosi dietro la banalissima frase “non ho avuto tempo…” – queste pratiche potrebbero farci riscoprire il fascino della vita insieme con gli altri e a darci la possibilità di comprendere le nostre risorse e le nostre capacità più nascoste.
Mi riferisco, ovviamente, alle esperienze di Banche del tempo e di sistemi di scambio locali, con o senza moneta sociale. Ho scritto in un mio libro sull’argomento: «Sembra un paradosso che in una società dove il tempo a disposizione delle persone è davvero tanto, sia per chi lavora, sia per chi non fa nulla, esso non basti mai. Nel tentativo di recuperare gran parte del tempo che si perde e si spreca, la Banca del tempo può svolgere un ruolo propedeutico importante. Può cioè educare a far uso positivo della risorsa tempo, non in una logica mercantile o di prestazione assistenziale, ma nel quadro di rapporti comunitari improntati alla reciprocità dello scambio non solo economico tra le persone» (2001). Ho preparato un’appendice per chi volesse approfondire l’argomento delle Banche del tempo.
Devo sprecare a questo punto alcune parole sulla legislazione sociale del nostro Paese, che ha dedicato una norma ben precisa ai tempi sociali e in particolare a queste esperienze di scambio e di reciprocità. Mi riferisco alla Legge 8 marzo 2000, n. 53, “Disposizioni per il sostegno della maternità e della paternità, per il diritto alla cura e alla formazione e per il coordinamento dei tempi delle città”, che con l’articolo 27 tenta di stimolare le attività di vicinato e di auto aiuto, mediante l’uso del tempo e dello scambio reciproco di attività, servizi e saperi.
Ma l’intera legge affronta il tema dei tempi delle città e delle famiglie, i tempi sociali. Purtroppo, specie al sud, non è per niente applicata e per molti versi persino ignorata, soprattutto dagli Enti locali e dalle organizzazioni sociali, che dovrebbero essere i primi interessati, perché destinatari diretti di questa norma.
Il denaro
Gli indici trionfalistici della crescita della produttività,
che dimostrano inequivocabilmente il progresso del benessere,
risultano spesso essere semplici artifici contabili.
(Serge Latouche)
Per una storia del denaro rimando ad opere di comprovato valore scientifico.
Definito sterco del demonio, il denaro è diventato l’emblema della ricchezza, del potere, per molti anche della libertà.
Il passaggio cruciale nell’immaginario sociale ed economico è quello che va dal forziere (accumulo di moneta e di valuta) al capitale (proprietà e controllo dei mezzi di produzione e dei beni di consumo). Negli ultimi cinquant’anni il denaro influenza con un severo indicatore (il PIL) la vita delle persone, delle istituzioni e degli stati.
La società dell’informazione ha inaugurato un nuovo modo di concepire il denaro e la moneta. Oggi il 90% delle transazioni finanziarie non avvengono più con moneta sonante, né in valuta né in metalli preziosi: si usa l’informazione elettronica, la moneta elettronica, bit ed input che muovono giornalmente sul pianeta migliaia di miliardi di valute. Ciò ha determinato un’enorme bolla speculativa. Chi possiede la chiave informativa ne approfitta per arricchirsi enormemente.
Voglio però fissare l’attenzione su un fenomeno piuttosto sconcertante, di cui è attore il dollaro americano, in un contesto che è stato definito «un’ironica asimmetria» (Catrame, 2003). Come si sa, il dollaro è stato, e lo è tuttora, la principale moneta di scambio sul pianeta. E’ per così dire una moneta unica, mondiale, globalizzata, imperante (nel senso imperialistico del termine), con cui si scambia ogni bene e servizio ad ogni latitudine e longitudine della Terra.
Il dollaro ha acquistato nel tempo un’ulteriore caratteristica: chissà per quale strana alchimia, è diventato la pietra filosofale del mondo contemporaneo, capace di trasformare tutto in oro, pur essendo un semplice pezzo di carta con sopra scritte le credenziali politiche ed economiche di uno stato federale che somma appena 300 milioni di abitanti sui 6 miliardi dell’intero pianeta.
Il dollaro americano ha rappresentato nell’immediato dopoguerra e per almeno 30 anni il vero potere finanziario, forte del suo riferimento all’oro conservato nella Federal Reserve. Poi, dopo il disastro socio-economico e politico del Vietnam, l’amministrazione Nixon, per evitare il collasso finanziario, decise di sganciare il dollaro dall’oro.
Era il 1971, si preannunciava la crisi energetica, e si pretese che un dollaro USA avesse un valore intrinseco, nominale, politico, ma inferiore di molto al valore aureo in precedenza garantito. Sembrava una sconfitta finanziaria per gli USA, ma una volta bloccati i pagamenti in oro, alle banche del resto del mondo, succubi della politica aurea degli anni precedenti, non rimase che accettare di essere inondate da dollari di carta. I maggiori possessori di dollari risultarono essere i produttori petroliferi dell’OPEC, i quali non potettero far altro che reinvestire i petro-dollari in azioni immobiliari e in Buoni del Tesoro USA. «Ora che l’oro era stato demonetizzato, tutto quello che le banche centrali estere potevano fare con i loro dollari in eccedenza era di ritornarli all’Amministrazione USA, acquistandone Buoni del Tesoro» (Catrame, 2003).
Se fin dalla Prima Guerra mondiale ci si era trovati di fronte ad un unilateralismo tratteggiato dalla potenza finanziaria, valutaria ed aurea degli USA, dal 1971 ci si trovò di fronte ad un «unilateralismo finanziario» incontrollato. «Mentre in precedenza il sistema finanziario mondiale era ancorato all’oro, ora le riserve delle banche centrali sono costituite da ‘pagherò’ del Tesoro USA che vengono accumulati senza limiti» (Catrame, 2003).
Si è registrata nelle nostre economie globalizzate l’essenza dell’oro di carta, che può essere considerata una vera e propria ironia asimmetrica, uno sfruttamento internazionale, dove i creditori (le banche di molti Paesi) non possono avanzare pretese di solvenza del debito e dove il debitore in assoluto (gli USA) ricatta tutto e tutti gonfiando a dismisura la bolla speculativa, il suo azionariato e i sempre presenti Buoni del Tesoro.
Quando si è indebitati fino al midollo si può mandare in rovina tutti i creditori se qualcuno di questi, per far valere i propri diritti, azzarda l’ipotesi di solvenza dei propri titoli, ovvero se pretende la restituzione del credito un tempo sottoscritto.
Simmel ha sottolineato come il denaro, a causa della sua astrattezza, non solo è la cosa più conosciuta, ma anche accumulabile all’infinito ed immune dal causare delusioni. Ma Simmel non poteva conoscere le formule magiche di quello stuolo di economisti (anglosassoni e non), spesso Premi Nobel per l’economia, che hanno inventato il cosiddetto miracolo americano, che affascina ancora e fa tanti proseliti nella politica e nell’economia internazionali.
Nutro seri dubbi e perplessità sull’effettiva efficacia e bontà di questo sistema socio-economico. La conferma arriva proprio da personaggi di spicco che elaborano le teorie e le pratiche economiche legate alla dollarizzazione del mondo: l’economista Lester Thurrow e il finanziere George Soros.
Il primo, in un’intervista a Ilsole24ore (24-10-2001), alla domanda ‘Che libro sta scrivendo adesso?, rispondeva: «Vorrei scriverne uno sul deficit commerciale americano, ma oggi nessuno lo leggerebbe, se non quando scoppierà la crisi». ‘Vuol dire – aggiungeva l’intervistatore – che lei prevede una crisi del trade deficit?’. Risposta: «Un deficit che cresce di 420 miliardi di dollari all’anno è insostenibile. Ma sui tempi della crisi ci siamo trovati in disaccordo: si presenterà entro quattro anni o più tardi? Su questo punto posso avere pareri, ma nessuna certezza. Quindi credo che scriverò un libro lasciando una ventina di pagine in bianco. Poi lo finirò al momento giusto».
Economista classico ed utilitarista fino in fondo! Quanto candore e quanto cinismo nella sua confessione d’impotenza, ma deciso comunque a far soldi con un libro, che descrive un evento disastroso e drammaticamente certo, che trascinerà nella miseria miliardi di persone!
Il secondo, invece, richiama ed annuncia spesso lo spettro della crisi finanziaria globale e sistemica.
Durante la crisi dell’ottobre 1998, in una riunione tra la FED e le principali istituzioni finanziarie private, ad una domanda riguardo ai mezzi per impedire la cascata dei fallimenti che si preannunciava, un responsabile della FED avrebbe risposto: ‘Pregate!’.
Oggi il denaro è capace di stritolare il lavoro e la rendita, permette all’individuo di estraniarsi oppure di eliminare totalmente i propri legami sociali. Spesso tutto questo è visto come una conquista. Solo alcuni pensano che sia un grande danno per l’umanità. Purtroppo questo è il sapore della «torta economica» sempre più grande auspicata proprio da Thurrow (2000). Chi ha il pezzo più grosso, spesso però è anche più solo. L’individualistico homo economicus ha soppiantato negli ultimi tempi l’uomo come essere sociale, come zoón politikón.
Ciò ha determinato l’appiattimento della vita sociale, la sottomissione dell’essere umano all’economia di mercato, e con lui il tempo, la vita, la giustizia e lo stesso simbolo rappresentato dal denaro, che non rappresenta più la sua più autentica e simbolica essenza, quella di pacificare gli attori dello scambio economico, ma solo uno strumento di dominazione e di speculazione. E’ risaputo che chi ha più soldi può difendersi meglio nei tribunali, curarsi meglio nelle cliniche ecc.
Il pensiero unico considera il denaro potere (nel senso espresso dal sostantivo, non dal verbo), che si estrinseca nei processi di dominazione, sfruttamento, ricatto, asservimento, nella mancanza assoluta di scrupoli. La visione della realtà umana è diventata quasi esclusivamente mercantile: ogni attività umana deve rientrare nella sfera del mercato, comprese le relazioni, le emozioni, gli affetti, la cultura, la preghiera, la politica, l’educazione, la scienza, la giustizia.
La nostra speranza è che come tutte le costruzioni umane ed i grandi imperi, anche questa rappresentazione economicistico-tecnocratico (o neo-imperialista) del denaro ad un certo punto collassi, così come ci mostrano le vicende della storia dell’umanità riguardo ai grandi poteri imperiali, politici ed economici del passato, puntualmente collassati e crollati.
Su questo la mia riflessione sulla speranza tende a far coincidere i suoi ampi confini con il senso e con la giustizia.
L’accesso ai servizi sociali di base; il costo della realizzazione
e del mantenimento di un accesso universale all’educazione di base,
alle cure sanitarie di base, ad un nutrimento adeguato,
all’acqua potabile e alle infrastrutture sanitarie
è stimato in 40 miliardi di dollari l’anno.
Le spese di pubblicità sono dieci volte superiori:
400 miliardi di dollari l’anno!
(Rapporto del PNUS, 1998)
Sicuramente l’epoca delle dichiarazioni dei diritti umani fondamentali ed inalienabili non è finita. In molte parti del mondo, però, ancora non è nemmeno cominciata e in quelle società dove si ritiene che sia ad uno stadio avanzato spesso emergono enormi contraddizioni e affiorano situazioni oscure per nulla trascurabili.
Si tende ad evidenziare i diritti della persona e dei popoli, ma ci si dimentica sempre di mettere nella giusta evidenza i torti che si subiscono ogni giorno, a livello sia individuale sia collettivo. Occorre stabilire una volta per tutte una scala delle responsabilità, umane s’intende, dirette ed indirette, personali e collettive.
Ha osservato a ragione Sebastiano Maffettone in questa stessa sede qualche mese fa che un’azione, per essere compiuta, deve essere giustificata e legittimata; ma questo non basta: occorre che l’attore sia condizionato dal principio di responsabilità individuale e collettiva. E questo ricade fino ad oggi sul suo senso personale di responsabilità, sulla sua coscienza.
Non è assurdo pensare che accanto alla “Dichiarazione universale dei Diritti dell’uomo”, formulata nell’ambito delle Nazioni Unite, si affianchi una “Dichiarazione delle Responsabilità umane”.
E’ la finalità che si è posta di recente un Forum elettronico internazionale, ospitato sul sito Internet www.alliance21.org, a cui ho partecipato. Il materiale documentario prodotto è enorme. Oggi si è nella fase della proposta, si stanno elaborando principi e linee guida che dovranno portare all’elaborazione di una “Carta delle Responsabilità umane”, la cui bozza ormai già circola in varie lingue su Internet (ho curato la traduzione italiana che è sul mio sito http://digilander.libero.it/paolocoluccia). Vi si affrontano i problemi fondamentali dei popoli e delle persone: sistemi sociali in collisione, alterazioni ambientali, sfruttamento energetico incontrollato, polarizzazione dei generi, sfruttamento dei deboli, politiche di sviluppo demenziali.
E’ importante porre le urgenze e proporre i rimedi. Non è questione di mancanza di tempo o di denaro risolvere i problemi che attanagliano l’umanità – come la povertà, l’esclusione, le guerre – ma di volontà, di responsabilità, di senso della giustizia. Ma soprattutto di un insensato squilibrio economico e sociale.
Il Rapporto del Programma delle Nazioni Unite per lo Sviluppo del 1998 lo conferma a chiare lettere:
“Le 225 più grandi fortune del mondo rappresentano un totale di più di mille miliardi di dollari, ossia l’equivalente del guadagno annuale del 47% degli individui più poveri della popolazione mondiale.
Le tre persone più ricche del mondo hanno una fortuna superiore al PIL totale dei 48 paesi più poveri in via di sviluppo.
L’accesso ai servizi sociali di base; il costo della realizzazione e del mantenimento di un accesso universale all’educazione di base, alle cure sanitarie di base, ad un nutrimento adeguato, all’acqua potabile e alle infrastrutture sanitarie è stimato in 40 miliardi di dollari l’anno. Le spese di pubblicità sono dieci volte superiori: 400 miliardi di dollari l’anno!
La comparazione di ciò che rappresenta il sovraccosto annuale, al fine di permettere l’accesso universale ai servizi sociali e per i consumi vitali di ogni essere umano, permette di constatare che ci sono abbondanti risorse suscettibili di essere liberate in favore dello sviluppo umano.
Le comparazioni non hanno che un valore d’esempio, ma non ci illustrano il modo in cui colpisce l’utilizzazione che viene fatta delle risorse del pianeta”.
(Spese annuali in miliardi di dollari)
- Educazione per tutti : 6
- Spese di cosmetici negli USA: 8
- Accesso all’acqua e bonifica per tutti: 9
- Spese di gelati in Europa: 11
- Cure ginecologiche e ostetriche per tutte le donne: 12
- Consumi di profumi in Europa e negli USA: 12
- Soddisfazione di bisogni nutrizionali e sanitari di base: 13
- Spesa di alimenti di animali in Europa e negli USA: 17
- Budget divertimenti delle imprese giapponesi: 35
- Consumo di sigarette in Europa: 50
- Spese di bevande alcoliche in Europa: 105
- Consumo di stupefacenti nel mondo: 400
- Spese militari nel mondo: 780
(Fonte: Rapporto del PNUS, 1998)
Si tratta di una vera e propria frattura sociale mondiale. «Il discorso sulla società di giustizia – osserva giustamente Arrigo Colombo nel suo libro L’Utopia – è tutto intessuto di problemi economici».
Quali priorità per il mondo? Ecco alcuni punti messi a fuoco dal Forum:
Premessa e diagnosi
Se le nostre società continueranno ancora per lungo tempo a vivere e a svilupparsi nel modo in cui lo fanno, l’umanità si autodistruggerà.
Per evitarlo dobbiamo trasformare profondamente il nostro modo di pensare e di vivere.
Soffriamo tre squilibri molto grandi:
Questi tre squilibri riflettono una triplice crisi delle relazioni e dello scambio:
Queste tre crisi sono inseparabili.
Esse sono il frutto estremo della Modernità.
Principi comuni per un mondo responsabile, plurale e solidale
a) Principio di salvaguardia: la terra non è soltanto nostra, dobbiamo lasciarla alle generazioni future; dobbiamo salvaguardare i beni essenziali, come l’acqua, l’aria, i suoli, gli oceani, il vivente e i grandi equilibri necessari alla vita.
b) Principio di umanità: una vita dignitosa, il rispetto, l’equità e la solidarietà tra gli uomini e le società.
c) Principio di responsabilità: gli individui, le imprese, gli stati, gli organismi internazionali devono assumersi le loro responsabilità nella costruzione di un’armonia delle società e degli esseri umani, tra loro e con i loro luoghi. I popoli sono corresponsabili del destino dell’umanità.
d) Principio di moderazione: i più ricchi, quelli che sono presi dal turbinio dello sperpero, devono riformare il loro modo di vivere, moderare i loro consumi.
e) Principio di prudenza: occorre essere capaci di individuare i rischi presenti e futuri.
f) Principio di diversità: la diversità delle culture, come quelle degli esseri viventi, è un bene comune che tutti gli uomini devono preservare. Le risorse genetiche del pianeta devono essere protette.
g) Principio di cittadinanza: tutti gli esseri umani fanno parte dell’immensa comunità umana.
Bozza di una strategia d’azione
Nonostante Agenda 21 e gli impegni presi al livello internazionale, ciò che predomina attualmente è un profondo sentimento d’impotenza.
Occorre un’azione comune e coordinata, occorre individuare le priorità ed articolare diversi livelli d’azione, locale, regionale, planetario.
E’ essenziale rendere visibile un processo coerente di cambiamento.
Questo processo deve dispiegarsi in modo pluridimensionale, a partire dal cambiamento del comportamento dei cittadini e dei consumatori e dalle azioni locali fino alle decisioni prese su scala planetaria.
Programmi di mobilitazione
I paesi ricchi dovranno apportare un contributo maggiore.
La Piattaforma è alla base di una profonda e capillare discussione tra gruppi geoculturali. La via geoculturale riflette la diversità dei luoghi e delle culture.
Gruppi Geoculturali
Dal testo Piattaforma per un mondo responsabile, plurale e solidale
Programma PSES (Polo di Socio-Economia Solidale, www.alliance21.org)
Trad. it. di Paolo Coluccia.
In http://digilander.libero.it/paolocoluccia/piattaforma.htm
Seguono i punti fondamentali d’arrivo attualmente elaborati e in discussione nella “Carta delle Responsabilità umane”:
La redazione collettiva di una Carta è diventato il principale obbiettivo dell’Alleanza.
Le principali caratteristiche della Carta sono le seguenti:
Così come le nazioni del mondo hanno accettato l’idea dei “Diritti umani”, diventa ora necessario introdurre la nozione di “Responsabilità umane”. La vita non è creata dagli esseri umani, ma attraverso di loro, che ne fanno parte: la vita è il mistero che collega tutto ciò che è vivente, ciò che si perpetua nella natura, in seno all’umanità. La responsabilità è nei confronti della vita stessa. Una Carta basata su tale presa di coscienza è “universale”. E’ questa visione che ispira la proposta della Carta delle Responsabilità umane.
Nella storia dell’umanità, le tradizioni di saggezza, che siano religiose o filosofiche, hanno insegnato i valori guida per il comportamento umano verso un modo di essere responsabile.
Principi guida per l’esercizio delle responsabilità umane:
Dal testo La Carta delle Responsabilità umane, a cura dell’Alleanza per un mondo responsabile, plurale e solidale (Testo in fase di elaborazione, www.alliance21.org).
Trad. it. di Paolo Coluccia.
Inoltre, è stata predisposta una Sintesi provvisoria del Forum elettronico internazionale, organizzato dal PSES (Programma di Socio-Economia Solidale) sul sito www.alliance21.org , di valutazione trasversale delle 35 proposte per un mondo responsabile, plurale e solidale, elaborate settimanalmente nel 2003 in tre lingue e inviate agli iscritti e naturalmente pubblicate sul sito. Riporto una puntualizzazione di questa sintesi:
I. Elaborazione di un nuovo paradigma
II. Costruire un governo globale
III. Promuovere lo sviluppo integrale e durevole
IV. Una soluzione integrale al problema del debito estero
V. Lo sviluppo del commercio equo
VI. Sviluppare e difendere la cultura come base del cambiamento
VII. La formazione per un’economia solidale durevole
VIII. La valorizzazione del lavoro delle donne
IX. La moneta sociale per un’economia solidale
X. Il bisogno di un progetto politico
1. Approfondire ed arricchire la riflessione di un nuovo paradigma economico:
· Multifunzionalità delle attività “produttive” e del lavoro della donna.
· Divisione (de-compartimentazione) e condivisione del lavoro e delle responsabilità.
· Riconoscimento della conciliazione dei ruoli e condivisione equa dei tempi.
· Riconoscimento dei saperi tradizionali e dei saperi derivanti
· Organizzazione degli spazi di produzione e di vita sulla base del tempo e dei bisogni delle persone e della comunità.
· Gerarchia delle priorità che prendano in considerazione la vita e le persone umane.
· Trasparenza delle pratiche ad ogni livello.
2. L’Università deve salvaguardare una relazione fondamentale con la cultura; questo vuol dire che non deve essere strumentalizzata dalle leggi dell’economia di mercato, al contrario deve salvaguardare il sapere fondamentale: l’universitas. L’università deve diventare quel luogo privilegiato dove si coniugano pensiero, sapere, insegnamento, riflessione, educazione, un luogo dove si incontrano le culture, le lingue, dove dovrà essere messa a disposizione dell’intelligenza pubblica, quale che sia, la possibilità di imparare, di guardare, di ascoltare, di apprezzare, di criticare, di valutare le scienze e le tecniche, la qualità di un testo, di una rappresentazione, di un’interpretazione, di un’opera artistica. Questi sono gli strumenti necessari perché ciascuno possa costruirsi la propria visione del mondo.
3. Avviarsi verso un nuovo sistema di procedure e di istituzioni di governo mondiale.
4. Il governo mondiale ha bisogno di fondamenti comuni: a) obiettivi comuni: sviluppo durevole, riduzione delle ineguaglianze, la pace; b)una base etica comune: Dichiarazione universale dei Diritti dell’Uomo e Carta delle Responsabilità umane.
5. Regolazione globale dei principi di salvaguardia dell’ecosistema, dell’umanità, di moderazione nel consumo, di precauzione, di protezione della diversità, della cittadinanza, di riduzione al minimo delle sostanze inquinanti, di cooperazione
6. L’acqua è un diritto indiscutibile per ogni essere umano. L’acqua è un bene collettivo per l’uomo. L’acqua è ugualmente un bene economico e sociale.
7. Rendere trasparenti i sistemi finanziari nazionali e abolire i paradisi fiscali.
8. Definire azioni per opporsi all’offensiva monopolistica.
9. Creare un’imposta sulle transazioni finanziarei.
10. Analisi precisa degli effetti dei modi di produzione e degli scambi internazionali sull’ambiente.
11. Il debito illegittimo deve essere chiaramente definito e legalmente riconosciuto. Si deve stabilire che il debito illegittimo è
· quello che viola i diritti umani o il cui pagamento impoverisce la popolazione;
· quello contratto dai debitori illegittimi o dai creditori che agiscono di fatto illegalmente;
· quello contratto per fini illegittimi, come sarebbero i debiti derivati dalla guerra fredda;
· quello contratto in modo illegittimo, che include il debito privato, che finisce per diventare debito pubblico;
· tutti quei debiti che emergono col fine di rifinanziare i debiti anteriori.
12. Ridefinire il concetto di sviluppo ed elaborare nuovi indicatori che prendano in considerazione la conservazione dell’ambiente, la sostenibilità sociale, la non discriminazione dei generi e gli effetti di esternalità negative.
13. I consumatori sono un punto di riferimento indispensabile del commercio equo. Essi hanno a loro volta diritto ad un’informazione completa e trasparente.
14. La comunicazione e l’articolazione tra gli attori e le esperienze del commercio equo su differenti scale.
15. Considerare criteri sociali per le etichette biologiche e criteri ambientali sulle etichette del commercio equo.
16. Definire criteri precisi che permettano di distinguere le forme di commercio equo dalle forme convenzionali.
17. Gli attori del commercio equo devono promuovere l’integrazione delle norme e dei criteri che sono definiti per la filiera equa in tutti gli scambi economici.
18. Rinforzare la diversità culturale dei differenti paesi e delle differenti regioni e stimolare l’interculturalità. Alcune culture sono ad un tempo ricche di tradizioni e di miti, ma non rispettano i diritti dell’uomo. Questo è inaccettabile.
19. Rinforzare l’identità culturale di fronte ai processi di globalizzazione. L’essenza risiede nel locale e l’apparenza nel globale.
20. Evitare l’etnocentrismo e stimolare l’apertura di ogni cultura su altre matrici culturali.
21. Costruire la cultura della pace.
22. L’università deve sviluppare la nozione della responsabilità individuale.
23. Stimolare una cultura del consumo etico.
24. L’educazione allo sviluppo durevole: formazione in termini di valori e di conoscenze.
25. Definire progetti di scambio accademico. Appoggiare mondialmente presso i governi la gestione della promozione di esperienze di economia solidale nell’ambito dello sviluppo locale.
26. Concepire indicatori adatti e diversificati della ricchezza e del lavoro. Solo indicatori rivisti potranno rendere visibili le attività tradizionali delle donne, le attività volontarie delle donne e degli uomini, gli aspetti immateriali della qualità della vita delle persone, le attività creatrici di legame sociale, l’importanza degli scambi gratuiti, conviviali e “non-produttivi”.
27. Utilizzazione di monete sociali: evoluzione, limiti e possibilità di avanzare nella costruzione di un’economia solidale.
28. Proposte di sistemi ibridi di moneta sociale e di moneta ufficiale.
29. Per favorire lo sviluppo integrato, il commercio equo deve cercare di articolare le sue azioni con le altre pratiche di economia solidale nell’ambito dei produttori e dei consumatori.
30. Le decisioni suscettibili di cambiare i rapporti economici necessitano ampiamente di un progetto politico; appare perciò essenziale favorire la partecipazione attiva delle donne ai processi politici.
Dalla Sintesi provvisoria del Forum di valutazione trasversale di proposte per un mondo responsabile, plurale e solidale (www.alliance21.org
)
Traduzione italiana di Paolo Coluccia
in
http://digilander.libero.it/paolocoluccia/sintesiForum.htm
L’elaborazione riflessiva e la discussione sono tuttora in corso. Si può partecipare collegandosi e registrandosi sul sito anzidetto.
Conclusioni e proposte
Su un pianeta ricco di ecosistemi e di alta tecnologia
non c’è giustificazione per la povertà e per l’inquinamento.
La ragione di questo doppio dramma si trova nell’illusione
che gli uomini possiedono i prodotti di base.
Questa sciocchezza economica ha creato il denaro.
(Global Resource Bank – www.grb.net)
Con queste parole in epigrafe Global Resource Bank (Banca globale delle risorse) inaugura il suo sito Internet. Il progetto prevede una complessa connessione di persone finalizzata alla «gestione globale delle risorse», mediante «un’istituzione democratica diretta».
E’ ancora possibile ri-appropriarsi della ricchezza della terra per «godere della prosperità globale e di un ambiente naturale».
Il modello economico occidentale porta all’individualizzazione e alla dispersione delle comunità locali. Occorre riflettere ed agire, anche in contesti limitati geograficamente, per innovare i comportamenti degli individui, per un «progetto locale» (Magnaghi, 2000).
Occorre ideare un nuovo settore sociale, spontaneo e informale, basato sulla parità, sulla condivisione, sulla ragionevolezza.
Inventare uno spazio sociale, dunque, per riqualificare le relazioni tra le persone, i gruppi e le istituzioni, in poche parole riscoprire «lo spazio comune del libero associarsi umano» (Donati, 1997).
I sistemi di scambio locale non monetario (LETS, SEL, Tauschring, Clubs de Trueque, Banche del tempo ecc.), insieme con tutti i movimenti alternativi ed innovativi comparsi recentemente nella società e in ogni parte del pianeta, possono inaugurare uno spazio comune. Se questi micro-sistemi socio-economici contabilizzano i loro scambi, lo fanno per rendere evidente quanta ricchezza relazionale essi producono, che nessun PIL potrebbe contabilizzare.
Non ci può essere comunità e scambio sociale se non c’è legame e relazione sociale. E’ la lezione di Marcel Mauss (2002).
E’ tutto il contrario di ciò che il pensiero unico continua a propagandare e ad imporre. Si pensi alla demenziale «piramide della ricchezza» di Lester Thurrow (2000), finalizzata alla produzione infinita della crescita economica. «Soltanto una torta economica che cresce velocemente – egli dice – può creare le società ricche in cui ciascuno può partecipare alla creazione della ricchezza».
La strada della crescita infinita porta inevitabilmente ad una società duale: chi è sempre più ricco e chi invece diventa sempre più povero. «Va combattuta l’attuale tendenza alla dualizzazione delle nostre società» (2000), afferma Alain Touraine.
Molti affermano che ci si deve orientare verso una crescita ed uno sviluppo sostenibile. Spesso, però, in un sistema sociale sbilanciato, lo sviluppo sostenibile «è una grande ipocrisia» (Amoroso, 2001), o, come dice spesso Latouche, è un ossimoro.
All’economicismo istituzionalizzato ed individualistico si può rispondere con l’autoreferenzialità di sistemi locali di scambio non monetario, basati sulla libertà, sulla condivisione e sull’inclusione. Jeremy Rifkin osserva: «La vera libertà è figlia della condivisione, non del possesso» (2000).
Globalizzazione, ricchezza, sviluppo, progresso, crescita: queste parole circolano freneticamente. Il sistema societario mondiale è ormai prigioniero del sistema economico finanziario. Il «processo di occidentalizzazione» (Latouche, 1992) sembra ormai inarrestabile. Si vuole esportare ovunque il modello di società europeo ed occidentale, esagerato dall’estremismo produttivistico e consumistico americano e giapponese.
Lo scenario di crisi del progetto della modernizzazione è ormai evidente. La complessità strutturale è evidente. Il rischio sembra essere la sola certezza. E’ difficile trovare una rotta e, purtroppo, complicato decidere di invertire rotta. «Spesso - osserva Ulrich Beck - la facciata del benessere, del consumo, dello sfarzo ci impedisce di vedere quanto il baratro sia prossimo» (2000).
Siamo alla deriva. «L’unico scampo per il naufrago è di costruirsi una zattera per sopravvivere» (Touraine, 1998). E spesso il LETS ha rappresentato per molte persone la scialuppa di salvataggio del Titanic!
Se la teoria utilitaristica ha contagiato e condizionato in generale le scienze umane e sociali, l’economia, spesso qualificata come scienza sociale “dura”, e qualche volta anche “triste” (avete notato la tristezza della faccia degli economisti?), ha imboccato un percorso di uniformità unilaterale, imponendo i principi di «Efficienza, Calcolabilità, Prevedibilità, Controllo», per costringerci nella weberiana gabbia d’acciaio e nella «mcdonaldizzazione [che] sta dilagando in ogni angolo della società» (Ritzer, 1997). Il tutto infarcito di droga e di prozac!
L’esasperazione razionalistica ha disincantato il mondo e lo ha reso irrazionale e disumano: «La disumanizzazione è, inutile dirlo, un’irrazionalità fondamentale della razionalità» (ibidem).
La nuova religione è quella dei consumi, con le sue cattedrali (i centri commerciali, disneyland, fast food, casino per il gioco d’azzardo ecc.), i pellegrinaggi di massa e i riti del fine settimana e della domenica (partite di calcio, megaconcerti, notti in discoteche luccicanti), con ingorghi, code di automobili ed incidenti stradali (Ritzer, 2000).
Cosa fare per re-incantare il mondo?
Abbiamo bisogno dell’illusione e nello stesso tempo della chance di un sistema sociale diverso e più semplice. Non sarà facile! «Certo - osserva Latouche - non si rifarà il mondo dall’oggi al domani... [Ma] è tempo ormai di cominciare a decolonizzare il nostro immaginario» (2000).
E così il dono può diventare «politico», può «costruire società» (Caillé, 1993, 1998). Dice Alain Caillé. «Il dono è il modo per eccellenza per costituire rapporti sociali» (Caillé, 2000), anche se si tratta non del dono gratuito e unidirezionale (la carità, la beneficenza, la filantropia), ma di quello libero, quello dei nuovi stili di vita che si evidenziano in modo particolare nei sistemi di scambio locale non monetario, nella finanza etica, nel commercio equo solidale, nel turismo responsabile, nell’acquisto critico ecc.
Si dona dignità a chiunque scambiando alla pari, comprando un prodotto ad un prezzo equo e compensativo, assumendo un atteggiamento critico nei consumi, dimostrando responsabilità nello smaltimento dei rifiuti, rispettando le culture, i luoghi e l’ambiente. In questi nuovi sistemi di vita si realizza la complessa dimensione dell’in-timità, ovvero il giusto riconoscimento (timós) dell’altro. Il dono è sempre spontaneo; ma, contemporaneamente, è un obbligo, una «tensione fondatrice del legame sociale, di fronte al quale il sociologo dovrà sempre restare modesto, riconoscere i propri limiti, ed essere pronto a far posto, ovvero a cedere il posto alle altre discipline delle scienze umane, ai filosofi e ai poeti» (Godbout, 1998).
E soprattutto gli economisti avranno poco da dire. Essi non sanno spiegare e giustificare il dono.
Con il paradigma del dono la società può nuovamente essere «capace di intervenire su se stessa e con le sue idee, i propri conflitti e le proprie speranze», per poter vivere ancora insieme, «liberi, uguali e diversi» (Touraine, 1998).
E’ possibile tutto questo? Io credo di si!
Una comunità sopravvive se i suoi membri riescono a dedicare parte delle loro azioni, del loro tempo, delle loro energie ai loro compaesani, amici, vicini di casa, parenti. «La vera ricchezza di un paese – ha detto François Terris – sono le ore che ciascuno va a donare alla sua comunità» (1998). Ma non fraintendiamo questo tipo di dono con il consumismo demenziale che, come un rituale, si compie a Natale, a Pasqua e nelle più svariate ricorrenze.
E’ importante sottolineare il significato etimologico della parola comunità: deriva dal latino e significa semplicemente cum munus, con dono (Viviani, 1998), cioè l’ego che entra in comunicazione con alter, crea legame e relazione sociale e fonda il noi.
E cosa si ottiene, infatti, capovolgendo la parola comunicazione? Semplicemente questo: «azione-comune». «Chiamiamo comunicazione – osservano Humberto Maturana e Francisco Varela – la mutua induzione di comportamenti coordinati che si verifica fra i membri di una unità sociale» (Maturana/Varela, 1999). In effetti: «Senza amore, senza accettazione dell’altro da parte di ciascuno, non c’è socializzazione, e senza socializzazione non c’è umanità» (ibidem). E per nostra pace e serenità «abbiamo a disposizione solo il mondo che creiamo con gli altri, e che solamente l’amore ci permette di creare un mondo in comune con gli altri» (ibidem).
I sistemi di scambio locale non monetari, le banche del tempo, i sistemi di equità e di solidarietà possono svolgere un ruolo cruciale in questo tentativo di ri-cucitura della società. Sono un percorso obbligato per la mediazione e per la comunicazione sociale. «Le banche del tempo, i cerchi di scambio e tutti i sistemi di scambio locale non monetario [...] sono delle utopie realizzate che ci mostrano un’idea di futuro ancora in gestazione», ha detto Jean-Michel Servet (1998).
Il Premio Nobel 2001 per l’economia è stato dato a tre economisti (George A. Akerlod, Michel A. Spence, Joseph E. Stiglitz) che hanno condotto alcune ricerche empiriche sulle informazioni asimmetriche dell’economia di mercato, ovvero quelle possibilità di imbroglio economico generate dalla non reale conoscenza di ciò che si acquista, come per esempio quando si compra un’auto usata, i cui difetti, sotto il cofano o del telaio, sono conosciuti solo dal venditore. «Da questa asimmetria informativa discendono alcune distorsioni del mercato», ma soprattutto «l’iniquità degli esiti (l’arricchimento indebito dell’insider)» (Il Sole24Ore, 11-10-2001).
Io non credo che le esperienze di scambio locale non monetario e di solidarietà potranno ricevere un Nobel per lo sforzo di informazione simmetrica che cercano di instaurare tra i membri dei loro sistemi. Ma la reciprocità è fondata sulla simmetria, sullo scambio alla pari di servizi, di lealtà e di informazione.
Tutti conoscono tutto di tutti: offerte, richieste, bisogni; scambi, contabilità, moneta; creatività, illusioni e sogni. Unico difetto, si fa per dire: non si usa il denaro negli scambi! E allora?… Addio Premio Nobel per l’economia!
Nel Colloquio internazionale sul “dopo sviluppo” organizzato all’UNESCO (Parigi, 2002), dove siamo stati in tanti a riflettere su come “Disfare il progresso, per rifare il mondo”, a come ri-appropriarsi dei simboli del tempo e del denaro, anche per andare oltre il denaro e verso una società di giustizia, più equa e più solidale, ho colto l’occasione per ricordare, in un momento di trasfigurazione riflessiva, alcune parole di Roland Barthes, un augurio che rinnovo qui anche a voi:
«Vorrei dunque che la parola e l’ascolto che s’annoderanno qui siano simili al va e vieni di un bimbo che giochi intorno alla mamma, che se ne allontani, e poi a lei ritorni, per offrirle un ciottolo, un filo di lana, disegnando così, intorno a quel centro di pace, tutto un alone di gioco, all’interno del quale, il ciottolo, il filo di lana meno contano che il dono pieno di trasporto che viene fatto».
Grazie.
Lecce, 4 dicembre 2003
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(a cura di Paolo Coluccia – http://digilander.libero.it/paolocoluccia)
1) Un po’ di storia e le esperienze straniere
Questi sistemi di scambio locale si diffondono nel mondo con motivazioni e modelli differenti, anche se è unanimemente riconosciuto che il sistema iniziale e trainante è stato il sistema LETS di M. Linton, elaborato in Canada sulle ceneri di un’esperienza analoga fallita per ingenuità e per inesperienza dei promotori.
Dal 1975 si organizzarono in Canada i LETSystem (Local Echange Trading System), che utilizzarono monete locali riferite alla valuta nazionale, al dollaro o al tempo inteso come ora di lavoro. Dal 1985 i LETS, dopo qualche clamoroso fallimento e qualche affinamento tecnico-contabile e con l’apertura della gestione e dell’organizzazione agli aderenti, si sono diffusi rapidamente in Europa (Inghilterra, Germania, Francia, Belgio, Scozia, Italia ecc.) e nel mondo (Argentina, Messico, Venezuela, Brasile, Australia, Senegal ecc.). La parola lets, oltre che il significato dell’acronimo, può significare provocatoriamente anche ‘Lasciatecelo fare!’. In Inghilterra si cercò di arginare le difficoltà causate dalle politiche tatcheriane.
In Francia oltre ai SEL (Sistème d'Echange Local), orientati in senso ecologico ed anti utilitarista, si sono organizzati RERS (Réseau d'Echange Réciproque de Savoir - Rete di scambio reciproco di sapere) e Troc-Temp (Baratto di tempo). Interessante la Route des SEL, organizzazione nazionale di ospitalità per viaggiatori aderenti ai SEL che permette il pernotto gratuito presso le famiglie che vi aderiscono.
In Germania esistono diverse configurazioni di sistemi di scambio: i Tauschringe (Cerchi di scambio), i Talents (sistema Talenti), le Zeitbörse (Borse del tempo). Singolare il motto dei Tauschringe: ‘Vai, anche senza marchi!’.
In Belgio è testimoniata la presenza e la sperimentazione di SEL e di LETS: questo ultimo acronimo, a differenza di quello inglese riferito allo scambio commerciale ed economico, significa soprattutto Locale Scambio di Talenti e di Servizi, dove per talenti s’intendono le capacità personali creative dell’individuo.
In Olanda è attivo un gruppo che divulga e sostiene i sistemi di scambio locale: Aktie-Strohalm. Questa associazione ha organizzato a Strasburgo nel 1998 un Seminario Internazionale Lets con il fine di sviluppare questi sistemi non monetari nelle nazioni dell’Est dell’Europa. Oggi la divulgazione si è fatta ancora più ampia e punta decisamente su alternative economiche.
Nel 1991 ad Ithaca (New York) parte un sistema orientato a controllare gli effetti negativi dell’economia di mercato. Si stampano le Ore di Ithaca, monete locali multicolorate dipinte su carta filogranata o su canapa tessuta a mano con inchiostro termico, alle quali si è dato un corso legale parallelo. Alcuni bar, ristoranti e cinema accettano le Ithaca-Hours. Questo contante rispetta l’ambiente, non è speculativo e crea lavoro e consumo responsabile.
In Argentina, sempre agli inizi degli anni 90, si formano i Clubs de Trueque (Clubs di scambio) riuniti successivamente in un progetto di comunicazione denominato Red de Trueque. Con queste associazioni si tenta di rilanciare il dinamismo economico perduto dalle comunità negli anni ’80. La Red cerca di mettere le popolazioni in condizione di rispondere ai problemi di esclusione generati dalla globalizzazione dei mercati. Il motto è: ‘Il futuro non sta scritto!’. Interessante il forum organizzato sul sito http://money.socioeco.org dal 5 febbraio al 5 aprile 2001 sul tema della Moneta Sociale e in preparazione del Seminario internazionale di Santiago (Cile) rivolto alla creazione di un Polo di Socio-Economia Solidale in seno all’Alleanza per un Mondo Responsabile, Plurale e Solidale. Seguì dopo qualche mese un altro incontro a Findorm, in Scozia. Di recente ci sono stati grossi problemi nella gestione dei creditos (moneta sociale del Trueque), che hanno invaso la società argentina e sud-americana, per abusi di emissione compiuti da organizzazioni malavitose.
L’Australia conta il sistema Lets più numeroso per numero d’iscritti (si parla di 1800 aderenti) e di famiglie coinvolte nello scambio: il Blue Mountain. Ma le notizie sono molto superficiali, a parte un tour di conferenze in Europa di una sua animatrice, Gil Jordan, verso la metà degli anni ‘90.
In Senegal sono nati i SEC (Sisthèmes d’Echange Communautaire). Si prefiggono non tanto di generare legame sociale (l’Africa ne ha da ‘vendere’) ma di dinamizzare gli scambi economici, la reciprocità e l’auto-aiuto, mediante reti locali e gruppi di vicinato e di prossimità, con una particolare attenzione alle persone svantaggiate.
Interessante la recente attività di scambio on-line sulla rete Internet da parte di due organizzazioni: Notmoney in Venezuela (si scambia di tutto: vacanze, viaggi, attività ecc. Stimolante il progetto Interser coordinato da Alberto Moron, anche se ultimamente, dai momenti difficili del paese, non ho più notizie dirette) e GRB (Global Resource Bank) negli USA (una Banca globale di risorse che produce ricchezza in maniera conforme alle necessità della produzione e dell’ecosistema: si può godere la prosperità globale, eliminare la povertà, l’inquinamento e rendere l’ambiente naturale sano e generoso mediante gli eco-crediti, la vera ricchezza della terra).
Ultimamente M. Linton ha spostato il suo campo d’azione in Giappone dove sta stimolando, tra tanti problemi e preoccupazioni, sistemi di scambio basati sulla moneta sociale. Ne sono sorti di diverso genere, anche sulla spinta di un programma televisivo.
2) Le Banche del tempo in Italia
In Italia il fenomeno delle Banche del tempo e dei sistemi locali di scambio non monetario che generano altruismo reciproco generalizzato è molto differenziato. Possiamo distinguere, in modo molto approssimativo, tre modelli di Banca del tempo:
- la Bdt organizzata, finanziata e gestita dal Comune, a seguito di deliberazione della giunta comunale, con un funzionario pubblico che fa l’animatore, il coordinatore e il segretario dell’esperienza. Questo modello, sviluppatosi in molte città italiane del centro-nord, vede nella Bdt un servizio pubblico da fornire al cittadino, qualificato come utente o cliente, che per le sue necessità si rivolge ad uno sportello, stacca degli assegni per le prestazioni, si accredita o si indebita per le prestazioni date o ricevute, riceve il suo bravo estratto conto periodico…, proprio come avviene nell’immaginario economico e monetario del sistema bancario, solo che al posto delle monete in queste organizzazioni si deposita e si conteggia il tempo.
- la Bdt che nasce all'interno di un’associazione, di una cooperativa o di un’organizzazione sindacale (Arci, Misericordie, Mag, Auser ecc.). Questi gruppi già costituiti e funzionanti fanno muovere (a mo’ di balie) i primi passi alla neonata iniziativa sociale In positivo, si lascia alla fine che la Bdt proceda con le proprie gambe e che si apra alla comunità; in negativo, può avvenire che il rapporto ideologico di fondo crei dipendenza, perduri all'infinito e che il sistema rimanga chiuso ed individualizzato all’ambiente sociale.
- la Bdt come sistema autonomo, autofinanziato e autogestito che nasce su iniziativa di alcuni individui ampiamente motivati, spesso carburati ideologicamente (in senso politico, ambientalista, solidaristico ecc.), che si riuniscono ed elaborano un progetto di azione comune, che si autofinanziano e che si autonormano con uno statuto ed un regolamento e con degli strumenti semplici di informazione e di contabilità, per favorire e per registrare gli scambi di reciprocità generalizzata Non nascondo una certa simpatia per questo modello, pur con qualche riserva. Infatti, il substrato ideologico, se per un verso fa da collante, dall’altro può isolare il gruppo dalla comunità. Inoltre, quando le controversie non si ricompongono facilmente si rischia l’implosione del sistema.
Il modello di Banca del tempo che divulgo e promuovo è comunque quello autonomo e autogestito, possibilmente non inficiato da significazioni ideologiche o settarie.
E’ stata emanata qualche anno fa una Legge dello Stato (Legge 8 marzo 2000, n. 53 “Disposizioni per il sostegno della maternità e della paternità, per il diritto alla cura e alla formazione e per il coordinamento dei tempi delle città”) che tenta di stimolare la nascita di Banche del tempo. Come tutte le leggi in materia di legislazione sociale, tale norma disciplina (o almeno cerca di disciplinare) e istituzionalizza, lo spazio d’azione pubblico, che è cosa ben diversa dallo spazio comune.
Recita l’ Art. 27 (Banche dei tempi):
1. Per favorire lo scambio di servizi di vicinato, per facilitare l'utilizzo dei servizi della città e il rapporto con le pubbliche amministrazioni, per favorire l'estensione della solidarietà nelle comunità locali e per incentivare le iniziative di singoli e gruppi di cittadini, associazioni, organizzazioni ed enti che intendano scambiare parte del proprio tempo per impieghi di reciproca solidarietà e interesse, gli enti locali possono sostenere e promuovere la costituzione di associazioni denominate «banche dei tempi».
2. Gli enti locali, per favorire e sostenere le banche dei tempi, possono disporre a loro favore l'utilizzo di locali e di servizi e organizzare attività di promozione, formazione e informazione. Possono altresì aderire alle banche dei tempi e stipulare con esse accordi che prevedano scambi di tempo da destinare a prestazioni di mutuo aiuto a favore di singoli cittadini o della comunità locale. Tali prestazioni devono essere compatibili con gli scopi statutari delle banche dei tempi e non devono costituire modalità di esercizio delle attività istituzionali degli enti locali.
In seno all’associazione sindacale CGIL è sorto verso la metà degli anni ‘90 un osservatorio (Tempomat) delle Banche del tempo, che ha censito, registrato e stimolato la nascita di queste associazioni. Verso la fine dell’anno 2002 Tempomat è ‘passato di mano’, cioè, avendo la principale sostenitrice, per intervenuti ulteriori impegni, deciso di lasciare questo impegno, l’attività dell’osservatorio è stata divisa in tre parti (sito internet, software di gestione Bdt, formazione). Il tutto è passato alla gestione di alcune persone che nel proprio territorio avevano implementato una Banca del tempo o qualcosa di simile.
La regione Emilia-Romagna ha svolto e continua a svolgere un ruolo propositivo e divulgativo, soprattutto nell’ambito delle politiche sociali, curando di recente innanzitutto la bibliografia e le pubblicazioni inerenti questi sistemi di scambio e sostenendo un progetto di Banca del tempo-on-line su internet. Ma anche altri Enti locali, ai vari livelli, hanno cercato di sostenere con mezzi finanziari e divulgativi queste associazioni. Spesso, però, lo sforzo non è stato ripagato e parecchie esperienze sono rimaste a livello di progetto, si sono arenate dopo i primi tempi o sono diventate delle scatole vuote. Non sono mancate, comunque, Bdt attive ed interessanti, almeno nei periodi di punta del fenomeno (anni 1997-2000).
L’organizzazione no profit Lunaria di Roma ha fatto una notevole attività di divulgazione di questi sistemi locali di scambio non monetario. Con il patrocinio della Commissione Europea ha organizzato il 7 giugno 2001 il primo meeting dell’European Network of Non-Monetary Echange Systems (ENNES), al fine di formalizzare una rete cui aderiscono le più significative esperienze di scambio europee. La rete persegue la promozione dei sistemi non monetari, considerati strumenti di inclusione sociale, mediante la divulgazione di informazioni sulle esperienze attive e significative. I sistemi di scambio non monetario ricreano le reti della comunità riequilibrando il tempo di lavoro con il tempo della vita e facendo emergere le risorse locali, sviluppando le opportunità per uomini e donne e favorendo le buone relazioni. Purtroppo, anche in questo caso, dopo una prima riunione a Bruxelles, l’azione non è continuata e non è stata approfondita.
Il mondo della ricerca universitaria non è stato a guardare. Numerose le tesi di laurea, nelle più disparate facoltà e discipline (Sociologia, Antropologia, Giurisprudenza, Servizi sociali, Scienze della formazione, Economia ecc.), e i dottorati di ricerca, in università prestigiose, come la Sapienza, la Bicocca ecc.
Futile, fuorviante e soprattutto deludente l’intervento di giornalisti, soprattutto della carta patinata, che hanno ricalcato nelle loro pagine, in un certo determinato periodo (1997-1998), una lunga serie di luoghi comuni, senza riuscire a cogliere gli aspetti significanti e qualificanti di questi sodalizi. Inutile dire che è mancato l’approfondimento, a parte qualche rara eccezione, come la rubrica Diario dell’Unità (1996) o qualche trasmissione televisiva (Speciale TG1, 1997) o radiofonica (Gr2-cultura e I misteri della notte-Gr2, 2001, 2002) della RAI.
A Martano (LE), il comune dove abito, l’esperienza di Banca del tempo autogestita nell’associazione ASSEM (Associazione per lo Sviluppo Sociale ed Economico di Martano), a cui ho partecipato e che ho animato, parte verso la fine del 1996. All’inizio il sistema è molto simile ad un LETS, infatti viene denominato Sistema di Scambio Locale (SSL), ed è finalizzato alla fondazione di relazioni d’aiuto sociali ed economiche (reciproche ed indirette) tra gli aderenti, mediante un sistema non-monetario. Il richiamo economicistico in alcuni aderenti è predominante. Si utilizza una unità locale fittizia per conteggiare gli scambi: il mistòs, rapportato alla lira, (un mistòs = una lira) (dal grìco – antica lingua locale – che significa ‘soldo’: ‘Vali quanto un soldo!’ nel linguaggio popolare martanese significa ‘non conti nulla!’). Dopo qualche mese, nella primavera-estate del 1997, il sistema di scambio non monetario si evolve. L’idea di fondo diventa il ‘dono’, quello ‘libero’, riconducibile al triplice comportamento del dare, del ricevere e del ricambiare, così felicemente descritto da Marcel Mauss. Con la trasformazione del SSL in SRI si passò ad un rapporto con il ‘tempo’ (base oggettiva: un’ora = 10 mistòs) e al grado di ‘riconoscenza e di libertà’ del gesto del donante percepito dal ricevente (su base soggettiva). Ne è venuto fuori un modo di ‘quantificare’ completamente estraneo alla logica economica, sia essa onerosa (di mercato) che temporale (delle BdT in generale). Anche la registrazione della prestazione non avveniva con assegni-tempo, ma con ‘attestazioni di dono’ che il ricevente rilasciava alla fine della prestazione. Non erano depositate ore come in molte BdT e i soci non erano ‘clienti’ del sistema ma ‘fruitori’ del ‘loro’ sistema. L’associazione garantiva che l’informazione fosse trasparente, comune. Tutti i soci potevano conoscere in qualsiasi momento la propria e la altrui situazione di conto. Anche l’ASSEM era un ‘socio’ del sistema, che accorpava sul suo conto le quote tessera in mistòs (50 mistòs per socio) che servivano per gestire il sistema in modo completamente non-monetario, per la tenuta della contabilità, per la redazione del bollettino cerca-trova, per il recapito della posta ai soci ecc. Nel sistema è transitato di tutto: verdure spontanee, ortaggi ecologici, trasporto di cose e persone, aiuto allo studio, piccole manutenzioni, consigli estetici, lavori al computer, attività di cucito, artistiche, sportive, lavori di giardinaggio, cibi, torte ecc. Ma è transitata soprattutto tanta socialità, promozione sociale e comunicazione. C’è stato un notevole interesse per l’esperienza da parte di mass-media locali e nazionali. Alcune tesi di laurea discusse in varie facoltà universitarie italiane hanno trattato quest’esperienza associativa di scambio locale. I risultati previsti dall’idea-progetto dell’ASSEM erano: 1) la presenza di un sistema di scambio non monetario; 2) una rete tra associazioni; 3) una comunità interagente ed associata, partecipativa, capace di programmare lo sviluppo locale; 4) la presenza di gruppi tematici e territoriali dinamici e propositivi; 5) la costituzione di un ‘fondo non-monetario’ di partecipazione allo sviluppo locale, alimentato con percentuali prelevate sul volume annuale degli scambi da destinare alla comunità. I risultati ottenuti sono stati il sistema non-monetario e la costituzione di alcuni gruppi di base tematici e territoriali, purtroppo non tutti dinamici. Non sono nate reti tra associazioni ed è stato complicatissimo spiegate il concetto di comunità interagente e associativa, cioè partecipativa. Ci sono state alcune riunioni con altri gruppi, con associazioni e con l’Amministrazione comunale, per spiegare l’idea-progetto e per attivare una rete, ma non si sono viste concrete convergenze e tutto è rimasto nel vago e nel provvisorio, soprattutto la costituzione del fondo di partecipazione allo sviluppo locale. Possiamo affermare che l’idea-progetto dell’Assem ha sempre navigato in acque difficili e a volte anche controcorrente. Inoltre, non ha avuto un impatto significativo sul territorio e sulla popolazione. Anche tra gli stessi soci ci sono state attese, motivazioni, approcci e dinamiche differenti e discordanti. Non è mancato, come in ogni buona famiglia, lo scontro e il diverbio, la lite e la chiacchiera. Ci sono stati momenti buoni, altri difficili, altri dolorosi, altri entusiasmanti. Ma tanti sono stati i problemi e i momenti di difficoltà dovuti a fraintendimenti, incomprensioni, polemiche che ne hanno rallentato cospicuamente l’attività nel 2000, fino a far cessare totalmente nel 2001 gli scambi tra i soci.
(Per un approfondimento complessivo dell’esperienza si può visitare il mio sito Internet e leggere la seconda parte del mio libro del 2002). Dove più, dove meno, queste problematiche compaiono in quasi tutte le esperienze finora conosciute in Italia e nel mondo. Forse un po’ tutti abbiamo anticipato ‘i tempi’ o sbagliato in molte cose! Ma non bisogna abbattersi. Al contrario, occorre stimolare le esperienze a continuare e a ricrearsi, anche seguendo le derive e i nuovi orientamenti sociali e culturali.
Per un approfondimento dell’argomento:
COLUCCIA Paolo, La Banca
del Tempo. Un’azione di solidarietà e di reciprocità,
Introduzione di Serge Latouche, Bollati Boringhieri, Torino 2001.
IDEM, La cultura della reciprocità. I sistemi di
scambio locale non monetari, Arianna Editrice, Casalecchio (BO) 2002.
IDEM, Monete locali per il bene comune. Lo spirito del SEL, in Processo alla
globalizzazione, a cura di E. Goldsmith, Arianna
Editrice, Casalecchio (BO) 2002.
IDEM, Il tempo… non è denaro. Riflessioni sulle Banche del
tempo e sui sistemi di scambio locale non
monetari, BFS, Pisa 2003.
Nota biografica di Paolo Coluccia:
Dottore in Pedagogia,
saggista e ricercatore sociale indipendente, sensibile ai temi sociali,
economici, ambientali e culturali, ad una formazione filosofica e
psicopedagogica associa una buona conoscenza della legislazione sociale e del
lavoro. Implementa dal 2000 delle pagine web all’indirizzo
http://digilander.libero.it/paolocoluccia,
che tra l’altro contiene una piccola casa editrice virtuale,
Lilliput-on-line.
Tra le varie
testimonianze e presenze a livello nazionale e internazionale, è stato
relatore:
- nel Colloque International sur l'après-développement "Défaire le
développement, refaire le monde", Parigi, Palazzo dell'UNESCO, 28 feb.-1-2-3
marzo 2002,
- nel Seminario sulle Reti di Economia Solidale
dell'European Social Forum "Un'altra Europa è possibile", Firenze, 6-10
novembre 2002, e
- alle giornate finali del
Forum Andaluz por un Reparto Igualitario del
Tiempo,
organizzato dall'Instituto de la Mujer-Junta de Andalucia, Granada (Spagna),
12-13 dicembre 2002.
Da diversi anni svolge
un’intensa attività di pubblicazione on-line e nell’editoria convenzionale. Il
suo ultimo lavoro è la traduzione in
lingua italiana dei “Rapporti di tappa e di sintesi” di Patrick Viveret al
Governo francese (2001 e 2002) che formano il testo intitolato
Riconsiderare la ricchezza. Missione sui ”nuovi fattori di
ricchezza”, Edizioni Lilliput-on-line, Luglio
2003.
Ha pubblicato i seguenti libri:
- Il tempo... non è denaro. Riflessioni sui sistemi di
scambio locale non monetari, Biblioteca
Franco Serantini, Pisa 2003.
- La cultura della reciprocità. I sistemi di
scambio locale non monetari, Arianna
Editrice, Casalecchio (BO) 2002.
- La Banca del Tempo. Un'azione di
reciprocità e di solidarietà, con
un'introduzione di Serge Latouche, Bollati Boringhieri Editore, Torino 2001.
Tra i suoi principali
saggi in riviste e volumi collettanei:
- La filosofia della reciprocità. Banche del tempo e sistemi di scambio non
monetario, in “M@GM@. Rivista elettronica di scienze umane
e sociali”, vol I,
n. 4 ottobre/dicembre 2003 (www.analisiqualitativa.com)
- Monete locali per il bene comune. Lo
spirito del SEL, in Edward Goldsmith (a cura
di), Processo alla globalizzazione,
Prefazione di Serge Latouche, Arianna Editrice, Casalecchio
(BO) 2002.
- Sistemi di scambio e BdT: le basi di un progetto locale,
in "MERIDIONE. Sud e Nord nel Mondo", Rivista bimestrale sul tema: "Questione
Meridionale e Globalizzazione", Anno II, n. 4,
2002, Napoli, Edizioni Scientifiche Italiane.
- L'illusione e la chance: una filosofia per i sistemi
di scambio locale non monetari, in "MERIDIONE. Sud e Nord nel
Mondo", Rivista bimestrale sul tema: "Questione Meridionale e Globalizzazione",
Anno I, n. 5, 2001, Napoli, Edizioni Scientifiche
Italiane. Lo stesso saggio è stato pubblicato in francese nel volume che
raccoglie gli Atti del Colloque International sur l’aprés-développement –
UNESCO, 2002 (ed. L’Aventurine, Paris, 2003).
- Il dono del tempo perduto e ritrovato, in "Da QUI.
Rivista di letteratura arte e società fra le regioni e le
culture mediterranee", Edizioni Poiesis-Veltrend, Alberobello-Napoli, n. 6,
gennaio 2001.
- Le Système de Réciprocité Indirecte, in "SILENCE. Revue de Ecologie,
Alternatives, Non-violence", Lyon (F), nn. 246/247,
luglio-agosto 1999.
- (a cura di), I sistemi locali di reciprocità indiretta, Atti del
Colloquio internazionale di Martano 11 e 12 agosto 1998, 2volumi,
Edizioni Lilliput on-line, Martano 1999.
Il suo indirizzo di posta elettronica è paconet@libero.it
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(Locandina incontro)
MOVIMENTO PER LA SOCIETA’ DI GIUSTIZIA E PER LA SPERANZA
L E C C E
http://digilander.libero.it/altroparadigma/MSGS/homeMovimento.htm
A tutti gli aderenti ed amici del Movimento
si terrà giovedì 4 dicembre 2003 nella Sala “De Maria” dell’Università di Lecce, Palazzo “Codacci Pisanelli” (primo piano), Porta Napoli, ore 16-20,
con il seguente programma:
Ore 16,00 – Apertura dei lavori.
Relazioni:
- Paolo Coluccia: Riflessioni su tempo, denaro e giustizia
- Arrigo Colombo: Problemi del lavoro, problemi di giustizia
Ore 18,00 – Pausa
Ore 18,15 – Tavola rotonda sul Movimento, la sua espansione, le iniziative, le esperienze locali
Introducono: Arrigo Colombo, Maddalena Ascalone, Carmela Stella
Discussione, problemi e proposte
Moderatore Mario Schiattone
Ci ritroviamo per riflettere insieme su alcuni temi del grande progetto e processo della società di giustizia, per scambiarci notizie ed idee: un consuntivo sull’espansione del Movimento, sulle sue iniziative, sul lavoro e l’esperienza dei Gruppi locali d’impegno e d’azione. Consuntivo, programma, proposte e anche difficoltà non piccole che s’incontrano.
A tutti un invito e un saluto fraterno da
Arrigo Colombo
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Coordinamento:
Arrigo Colombo, Via Monte San Michele 49, 73100 Lecce, Tel/Fax 0832 314160
e-mail arrigo.colombo9@tin.it
Internet http://digilander.libero.it/altroparadigma/MSGS/homeMovimento.htm