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Titolo NANA

Nana gitana

Testo e Traduzione

Federico Garcia Lorca visse un momento importante della sua vita quando incontrò Manuel de Falla (1920). Da quel momento lo considerò una guida che lo portò a ripercorrere la musica popolare che aveva conosciuto in modo intuitivo nell’infanzia: i canti dei contadini granadini. Ecco cosa disse in una conferenza sulle “nanas”:

“Anni fa, mentre passeggiavo nei dintorni di Granada, ho sentito cantare una donna del paese mentre addormentava suo figlio. Avevo sempre avvertito la acuta tristezza delle ninne nanne del nostro paese; ma mai come allora percepì questa  verità in modo così reale. Quando mi sono avvicinato alla <cantora> per annotare la canzone, osservai che era una andaluza molto bella, allegra e senza la più minima ombra di malinconia; ma una tradizione viva esercitava su di lei una spinta verso la fedeltà, come se ascoltasse le vecchie voci imperiose della tradizione scivolare via nel suo sangue.”

Da quel momento, Lorca ha voluto raccogliere ninne nanne di tutti gli angoli della Spagna, voleva sapere come le donne della sua terra “usavano le melodie per colorare il primo sonno dei loro bimbi”, riscontrando che in tutte le regioni vengono accentuate il carattere poetico e lo sfondo di tristezza.

Questa tradizione orale difficilmente risulta trascrivibile, infatti Lorca riteneva che la trascrizione costituiva un impoverimento della musica. Ma la cristallizzazione di queste melodie e ritmi risultano un passaggio obbligatorio se si utilizzano il pianoforte o l’orchestra. Ciò non toglie che certe sfumature, impossibili di essere rese con la scrittura musicale, possano verificarsi in interpretazioni come quella di Victoria de los Angeles. In confronto, Teresa Berganza ci rende una versione sentita e corretta, ma la versione di Victoria de los Angeles è quanto di più vicino possa esserci al cante hondo e soprattutto ci ricorda quanto dolce deve essere la voce di una madre che negli acuti riesce a fare dei pianissimi sostenuti e pieni (ricorda molto Monteserrat Caballé) che (parafrasando Lorca)  con la melodia, colora dolcemente il sonno del piccolo.

La tristezza di questa ninna nanna, come quelle che ci restituisce la tradizione popolare spagnola, può essere capita solo se si pensa che il sonno e la morte sono profondamente simili, e il sonno è l’unico momento di distacco, seppur temporaneo, tra madre e figlio, che veste questo attimo con un velo di amorevole e dolce tristezza. La versione di Victoria de los Angeles “tiene duende, è magica.