INTRODUZIONE
Trousseau nel 1902 scriveva : " Quando nel 1892 io studiai
le cause della cecità sui ricoverati del Quinze-Vingts mi
convinsi rapidamente che la metà degli individui pensionati
dallo Stato, in quanto condannati alla cecità, avrebbero
potuto con precauzioni igieniche, non gravare sui cittadini,
bastare a se stessi, far vivere le proprie famiglie". Questa
considerazione risalente ad un secolo fa ci sembra di
straordinaria attualità se consideriamo gli aspetti sociali
della cecità e dell'ipovisione oggi. Sebbene sia difficile
se non impossibile, tracciare un limite netto tra "malattie
oculari sociali" e non, in quanto tutte le condizioni
invalidanti la vista determinano sia pur indirettamente un
danno sociale, va detto che alcune di esse se non altro per
la loro frequenza e incidenza meritano questa definizione.
Sono malattie sociali per eccellenza i vizi di refrazione,
l'ambliopia, la cataratta e non ultimo il glaucoma per il
grave grado di ipovisione che si può raggiungere. Questa
sindrome responsabile di un gran numero di cecità, per la
sua frequenza, per la sua incidenza sulla capacità
lavorativa e le conseguenze economiche che apporta alla
società, deve essere considerata, forse più di tante altre
malattia sociale. La legislazione italiana oggi non precisa
in maniera esauriente chi debba considerarsi ipovedente e
pertanto la commissione per lo studio della cecità ha
proposto una classificazione degli handicaps visivi
articolata in tre livelli dove si tiene conto del visus e
del residuo del Campo Visivo minore o uguale a 5 gradi o a
20 gradi. Meher e Freid definiscono vista parziale o vista
bassa una riduzione dell'acutezza centrale o una perdita
del CV che, anche con la migliore correzione ottica, dia una
minorazione visiva che ostacoli l'individuo nella vita
pratica. Geneski distingue tra persona cieca e persona
funzionalmente vedente in base alla capacità di scrivere,
leggere, muoversi senza pericolo in ambiente non familiare,
e indicare oggetti familiari.
EPIDEMIOLOGIA
"Se per glaucoma ad angolo aperto si intende la presenza
delle sue tre componenti peculiari (aumento della pressione
intraoculare, escavazione della papilla ottica, alterazioni
caratteristiche del Campo Visivo -Triade di Von Graefe-),
l'incidenza è più bassa; inferiore all'1% nelle persone al
di sotto dei 65 anni, dal'1 al 2% nel decennio 65/75,
intorno al 3% nelle età più avanzate. Se il rilievo di
pressioni intraoculari superiori ai 21mmHG è invece
considerato un fattore di rischio di glaucoma allora queste
cifre sono sottostimate e l'incidenza sale al circa il 7%
della popolazione adulta anche se solo una minoranza
svilupperà la malattia. Rappresenta comunque circa il 60% di
tutti i glaucomi" (Frezzotti). Le statistiche ufficiali sono
in genere parziali o incomplete ed hanno quindi
un'importanza relativa che è comunque indicativa.
Riporteremo una serie di dati epidemiologici anche di
carattere storico che inquadrano la rilevanza della malattia
glaucomatosa tra le cause di menomazioni visive gravi fina
alla cecità. I dati epidemiologici sono tratti da fonti
quali OMS, ISTAT, AIPC (agenzia internazionale per la
prevenzione della cecità), UIC (unione italiana ciechi).
Dati risalenti ai primi anni 60 evidenziavano che il
glaucoma incide sulla cecità mondiale con cifre variabili
dal 12 al 25% a seconda dei paesi: Cosi Paterson sostiene
un'incidenza del 13,6%, secondo Hoffmann essa è dell'11%,
secondo Pisano e Mammarella del 5,2%. In una statistica del
1954 in Italia su cinquantamila ciechi quindicimila debbono
la loro mutilazione al glaucoma (Grignolo e Boles-Carenini).
Da tutte le indagini espletate risulta che il glaucoma è
presente per oltre il 2% in tutti i soggetti che hanno
superato i 40 anni, dal che si desume che, calcolando la
popolazione italiana presso a poco intorno ai 60 milioni di
abitanti, circa trecentomila soggetti sarebbero glaucomatosi
o inconsapevolmente glaucomatosi. Statistiche più recenti
dell'OMS indicano il glaucoma come terza causa di cecità nel
mondo seppure con profonde differenze tra i vari paesi
(Brasile 31,3%-India meno del 5%-Italia 9,8%). Nel nostro
paese stime recenti calcolano che su centomila ciechi circa
diecimila di essi sono glaucomatosi (D'Ermo 1974).
Le menomazioni di natura glaucomatosa rappresentano una
quota assai importante delle menomazioni visive che anche in
paesi progrediti come l'Inghilterra, gli Stati Uniti il
Canada, può raggiungere il 10-14%.
FATTORI DI RISCHIO
Fattori di rischio evidenziati da indagini epidemiologiche
possono essere rappresentati da.
1) Età : la malattia glaucomatosa aumenta progressivamente
con l'età
2) Familiarità glaucomatosa : sembra che nel 20% dei casi
di glaucoma ad angolo aperto esistono precedenti familiari
3) Diabete
4) Ipotensione arteriosa : fattore che aumenterebbe il
rischio di glaucoma per riduzione della perfusione ematica
del nervo ottico
5) Miopia elevata : l'occhio è più vulnerabile a variazioni
di tono
6) Vasculopatie : che introducono il concetto di gradiente,
cioè rapporto tra pressione da un lato e vascolarizzazione a
livello della testa del nervo ottico dall'altro.
NOSOLOGIA
Molte definizioni vengono date per spiegare cosa è il
glaucoma.
Una definizione del passato affermava che il glaucoma è
quella condizione dell'occhio in cui la pressione
intraoculare supera il limite che consente una normale
funzione del nervo ottico.
Tale definizione, anche se alquanto semplice ci aiuta ad
introdurre due concetti:
-in primo luogo il concetto di pressione oculare normale
che in genere è di 21mmHg
-in secondo luogo il concetto di pressione oculare anomala
crea difficoltà e danno sulle fibre nervose che
costituiscono il nervo ottico.
Glaucoma è un termine generale che accomuna alcune malattie
con eziopatogenesi diversa ma che presentano tutte un
sintomo in comune : l'aumento della pressione intraoculare
(assoluto o relativo alla maggiore vulnerabilità della
testa del nervo ottico). La pressione oculare viene
mantenuta costante dall'equilibrio che si viene ad avere fra
continua formazione di umore acqueo da parte del corpo
ciliare (3,7 mm3/minuto) e deflusso dell'umore acqueo nella
medesima quantità attraverso il trabecolato irido corneale,
il canale di Schlemm, le vene acquose, per finire poi nelle
vene episclerali. Questo equilibrio tra produzione ed
eliminazione consente all'occhio di avere una sua tonicità.
In un sistema chiuso ed a pareti poco elastiche, come è
l'occhio dell'adulto, la pressione oculare Po dipende dalla
quantità di acqueo prodotto F, dalla pressione esistente
nelle vene episclerali al termine del sistema di deflusso Pv,
dalle resistenze al deflusso R (l'inverso di R è C, cioè R =
1 : C). Se uno di questi elementi aumenta, anche la
pressione intraoculare aumenta. Il fenomeno può anche essere
espresso matematicamente con l'espressione di Goldmann : Po
= (RF) + Pv.
In sostanza, per mantenere costante la pressione
intraoculare, alla quantità di acqueo prodotto deve
corrispondere una uguale quantità di acqueo escreto. La
misurazione di detta pressione viene eseguita con la
tonometria che può essere praticamente eseguita mediante
varie tecniche, tutte con una loro validità.
Von Graefe (1858) che per primo identificò il glaucoma,
attribuiva un ruolo dominante nello sviluppo della malattia
glaucomatosa all'aumento della pressione intraoculare.
Stabiliva quindi un ruolo di causa effetto. Oggi una parte
essenziale della definizione accettata della malattia pone
in risalto il DANNO provocato dal glaucoma. Alcuni autori
definiscono oggi il glaucoma come un tipo particolare di
danno del nervo ottico che si manifesta in associazione e
non ad una elevata pressione intraoculare. Il concetto del
danno è in qualche modo legato al concetto dell'ipovisione
che il glaucoma determina. Il danno che si ha nel glaucoma
anche in uno stadio molto avanzato, può far mantenere un
visus centrale buono, ma il paziente agli effetti
medico-legali risulta essere funzionalmente cieco, incapace
di muoversi nell'ambiente. Questo apparente paradosso
risulta chiaro se si pongono in evidenza quelle situazioni
cliniche in cui ciò che viene ad essere compromesso non è il
visus centrale ma il CV periferico. Se il danno non è
dimostrabile attraverso il CV o attraverso lo studio della
testa del nervo ottico, la diagnosi per definizione, non può
essere di glaucoma, a prescindere dalla elevazione della
pressione endooculare (il glaucoma infatti può essere
presente anche quando la pressione endooculare sia compresa
in valori statisticamente nella norma). Di conseguenza, come
definizione, associare al glaucoma il solo aumento della
pressione oculare non è corretto poichè per esempio
individui con pressione oculare più alta della media possono
non sviluppare alcun danno nel campo visivo, mentre altri
che fanno registrare elevazioni modeste della Po possono
addirittura presentare gravi deficit. Oggi una definizione
accettabile potrebbe essere : "Il glaucoma è una condizione
generica che abbraccia e comprende un gruppo di altre
condizioni specifiche in cui l'alterazione della pressione
intraoculare rappresenta il fattore unificante, ma di certo
non l'unico. Quando si manifesta con sufficiente intensità e
durata una CONCOMITANZA DI FATTORI, compresa una pressione
intraoculare più alta di quella che l'occhio può tollerare,
sviluppa una lesione del nervo ottico.
QUALITA' DELLA VISIONE (scuola di Genova)
Per valutare se esisteva una correlazione tra test
funzionali e sensazioni soggettive è stato eseguito dalla
scuola di Genova uno studio in pazienti glaucomatosi
sottoponendoli ad una serie di test psico-fisici.
Oltre all'esame del campo visivo statico e cinetico è stata
determinata la soglia foveale di sensibilità luminosa,
l'acutezza visiva per vicino e per lontano, la sensibilità
al contrasto, la resistenza all'abbagliamento e lo studio
del senso cromatico.
Pur essendo un campione dove il danno era nella maggior
parte dei casi limitato o soprattutto interessante un solo
occhio e quindi con una integrazione funzionale positiva del
controlaterale, è stata dimostrata una scarsa qualità della
visione.
Discreta è stata l'influenza psicologica sulla valutazione
della qualità della visione, influenzata soprattutto dalla
conoscenza da parte del paziente della malattia che è
potenzialmente molto invalidante ed è destinata a durare per
tutta la vita. Anche l'uso di alcuni farmaci usati
localmente può in qualche modo determinare disagio alla
visione amplificando la sensazione di difficoltà che il
glaucomatoso spesso avverte.
Dal complesso delle indagini cliniche, mediante la
valutazione dello stato anatomico della papilla ottica e
della curva tonometrica è possibile avere una idea della
funzione visiva dei pazienti glaucomatosi, ma è difficile
comprendere le reali alterazioni della qualità della visione
ed il loro influsso sulla qualità della vita di questi
pazienti.
Preziosi esami statistici di soglia, mirati a cogliere i
difetti iniziali esprimono difficilmente le reali difficoltà
del paziente.
Le modifiche della sensibilità al contrasto, discutibili
sotto il profilo diagnostico, giustificano le difficoltà del
paziente glaucomatoso nel riconoscere i visi, identificare i
limiti dei gradini da scendere o distinguere particolari in
condizioni di modesta illuminazione.
Per l'evoluzione lenta del disturbo funzionale, il paziente
glaucomatoso si abitua a convivere con la malattia ed il
danno che ne deriva escogitando strategie visive quali
l'esecuzione di rapidi movimenti del capo a brandeggio (scanning),
per coprire le parti scure del campo visivo, la
deambulazione a testa china per compensare i danni del campo
visivo inferiore o adeguare l'illuminazione degli ambienti
in cui vive alla richiesta di maggiore luminosità della
soglia.
Considerazione va data nella prescrizione della terapia
miotica in presenza di una cataratta che riduce in misura
importante la sensibilità al contrasto.
Particolarmente drammatiche le condizioni visive nel
glaucoma avanzato. Le alterazioni della sensibilità luminosa
sono spesso scotomi assoluti ed il paziente presenta delle
aree nel campo visivo incapaci di fornire qualsiasi
informazione dall'ambiente esterno.
Al contrario di altre forme di danno campimetrico dove la
diminuzione della sensibilità lascia la possibilità di un
qualche tipo di percezione sfruttabile da parte del paziente
nel danno da glaucoma un campo visivo tubulare non permette
una vita autonoma.
Utile può risultare insegnare particolari strategie di
comportamento della visione al paziente ed ai suoi familiari
come per esempio la conoscenza dell'organizzazione
dell'ambiente nel quale si vive (illuminazione,
distribuzione degli oggetti) in modo tale da aumentare le
performance e diminuire gli handicap.
CLINICA
Si possono distinguere tre tipi di glaucoma : GLAUCOMA
PRIMARIO, GLAUCOMA SECONDARIO, GLAUCOMA CONGENITO. Il
glaucoma primario non ha alcuna relazione con altre
patologie oculari, mentre il glaucoma secondario si verifica
come complicazione di un'altra malattia oculare. Il glaucoma
congenito, infine, è una malattia tipicamente malformativa
congenita dovuta ad una anomalia dell'angolo irido-corneale.
Il glaucoma primario è certamente di gran lunga il più
frequente, nelle sue due forme: il glaucoma cronico ad
angolo aperto e il glaucoma ad angolo stretto. Come si può
comprendere, il primo, ad evoluzione cronica, presenta
l'angolo della camera anteriore aperto. Il secondo ad
evoluzione clinica acuta, presenta invece un angolo molto
stretto o chiuso per lo spostamento in avanti della radice
iridea che va a chiudere le vie di deflusso dell'umore
acqueo. Mentre nel glaucoma acuto l'aumento repentino della
pressione oculare determina una brusca riduzione della
funzione visiva, nel glaucoma cronico, l'aumento della
pressione intraoculare precede di anni la comparsa di
lesioni del nervo ottico e le alterazioni del campo visivo.
MANIFESTAZIONI CAMPIMETRICHE
La riduzione dell'acutezza visiva per l'atrofia delle fibre
del nervo ottico, nel glaucoma cronico semplice, non è
avvertita da molti pazienti fintanto che tale riduzione non
abbia raggiunto una certa gravità. Il decorso della malattia
è quindi subdolo e insidioso ed il suo riconoscimento
avviene spesso occasionalmente, durante una visita per la
prescrizione di lenti per la presbiopia. L'aumento della
pressione intraoculare può precedere di anni la comparsa di
lesioni del nervo ottico e le alterazioni del campo visivo.
Ne deriva che una diagnosi precoce, oggi possibile con il
perfezionamento delle tecniche diagnostiche e strumentali e
per le maggiori conoscenze riguardanti le variazioni
strutturali e funzionali relative alle fasi iniziali del
glaucoma, rappresenta l'unico modo per cercare di evitare la
progressione delle alterazioni campimetriche. Nell'analisi
della ipovisione che il glaucoma determina vanno
differenziate le varie fasi della malattia con segni e
difetti campimetrici diversi fra loro :
1) Segni iniziali del glaucoma (senza gravi fenomeni di
ipovisione) |
2) Alterazioni del campo visivo nel glaucoma in atto |
3) Alterazioni del campo visivo negli stadi più avanzati |
Il glaucoma al suo esordio provoca una serie di difetti
perimetrici, più o meno facilmente identificabili con la
perimetria di tipo tradizionale o meglio con quella
computerizzata, fra i quali dobbiamo soprattutto ricordare:
DIFETTI PERIMETRICI
|
- accentuazione degli angioscotomi |
- contrazione circoscritta delle isoptere paracentrali ed
esclusione della macchia cieca |
- ingrandimento della macchia cieca |
- scotomi isolati nell'area paracentrale di Bjerrum |
- difetti periferici isolati |
Queste alterazioni si farebbero però evidenti solo quando
un certo numero di assoni delle cellule ganglionari
retiniche (circa il 30%) ha ormai cessato di funzionare.
Esse sarebbero perciò segno di danno già evoluto e di una
certa gravità. La perimetria automatica permette di
individuare segni più precoci di sofferenza glaucomatosa del
CV. Tali difetti iniziali, rappresentati da una lieve
riduzione della sensibilità in aree circoscritte (scotomi
relativi), sono in realtà preceduti da una instabilità della
sensibilità (fluttuazione della soglia) delle stesse aree,
rilevabile con una duplice misurazione della soglia per ogni
punto testato. Solo successivamente si manifesta una
riduzione della sensibilità in punti disposti dapprima in
gruppi (cluster) e poi confluenti nei tipici scotomi
relativi, riscontrabili anche con la perimetria manuale.
L'evoluzione dei difetti nell'area para centrale si
manifesta nell'80% dei casi ed in questa zona va rivolta la
massima attenzione nell'effettuazione dell'esame del campo
visivo senza dimenticare che un 10% può iniziare nella
periferia retinica.
2) L'espressione più tipica del danno glaucomatoso è
rappresentata dal difetto fascicolare del CV. Esso esprime
la sofferenza di un fascio di fibre ben individuate a
livello della papilla ottica e si manifesta quasi sempre con
aspetti così caratteristici da poter essere considerato
tipico, anche se non strettamente patognomonico della
malattia.
Difetti fascicolari primari |
|
- scotoma di Seidel |
- scotoma arciforme di Bjerrum : paracentrale semplice o
doppio (anulare) |
- scotomi isolati dell'area paracentrale |
- salto nasale di Ronne : asimmetria della sensibilità
fra gli emicampi superiore ed inferiore dal lato nasale |
- difetto cuneiforme (raro) |
- difetto juxtacecale |
Talvolta il difetto iniziale è rappresentato da un lieve
restringimento concentrico delle isoptere, segno di una
depressione globale della sensibilità.
3) Alterazioni campimetriche terminali.
Il persistere e l'aggravarsi della condizione glaucomatosa
porta alla moltiplicazione ed all'estensione dei difetti
fascicolari tipici. Contemporaneamente, la sensibilità
globale si riduce, il danno periferico si fonde con quello
paracentrale e si arriva a fasi di gravissima compromissione
del CV. In caso di malattia non curata o ad evoluzione
fatalmente progressiva malgrado la terapia instaurata, si
assiste ad un allargamento degli scotomi paracentrali ed
alla loro trasformazione in scotomi assoluti. Il salto
nasale ed i difetti periferici si accentuano fino ad
irrompere negli scotomi dell'area di Bjerrum. Nello stadio
"penultimo di Malbran" si verifica la fusione del danno
assoluto dell'intera area paracentrale con quello dei
quadranti nasali del CV: ne deriva la sopravvivenza di
un'isola residua di visione periferica temporale e di una
piccola area centrale che consente spesso una acutezza
visiva normale. Il paziente ha tutte le caratteristiche di
un ipovedente non autonomo pur mantenendo un buon visus.
Nello stadio terminale, infine, persiste solo una piccola
zona dotata di sensibilità o centrale (CV tubulare) o
temporale (stadio "ultimo di Malbran").
Esistono oggi delle possibilità di analisi di alcuni segni
precoci associati alla malattia glaucomatosa : pazienti con
ipertono oculare occasionalmente lamentano la percezione di
aloni attorno a sorgenti luminose; disturbi della visione
dei colori ed in particolare l'incapacità di distinguere tra
il blu ed il giallo sembrano essere tipici dei pazienti
affetti da glaucoma come risulta dagli studi di Drace del
1983. E' stato riscontrato che i soggetti che mostrano
anomalie nella visione cromatica sono quelli che sviluppano
i difetti campimetrici maggiori. Sempre Drace ha ipotizzato
che le alterazioni della visione cromatica sarebbero
correlabili con le precoci modifiche a carico della testa
del nervo ottico e potrebbero indicare uno stadio di
malattia ancora reversibile con la terapia farmacologica.
Ross e coll. hanno evidenziato degli alterati valori
relativi alla sensibilità al contrasto senza altre evidenti
anomalie del campo visivo. E' stato dimostrato che difetti
precoci dell'emicampo nasale periferico si possono
manifestare nel 10-15% dei glaucomi, anche quando nessun
difetto è presente nei 30° centrali.
Si deve dire infine, che si stanno aprendo oggi delle
frontiere nuove per l'identificazione di danni precoci a
livello dello strato delle fibre nervose retiniche. Si tende
cioè, mediante una moderna semeiologia strumentale a rendere
obiettivabili danni precocissimi, prima ancora quindi che
sia minimamente compromesso il campo visivo. |