La Storia di Massimo: Capitolo 99
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Massimo era
seduto nella sua tenda ben arredata nell’accampamento base, a circa un miglio
dal fronte della battaglia che ora era soltanto a poche ore a nord di
Vindobona, con una lettera dell’imperatore tra le mani ed un cipiglio perplesso
che gli solcava la fronte. Anche se la guerra era nella sua fase finale, Marco
aveva deciso di rimanere a Vindobona, senza dare spiegazioni. Rassicurava Massimo
che aveva completa fiducia nella sua capacità di condurre da solo le
operazioni, e che non si sarebbe perso lo scontro finale per nessun motivo. Voleva
essere testimone in prima persona della battaglia che avrebbe finalmente portato
la pace nell’impero. Le lettere di Marco erano piene di elogi e incoraggiamento
per il suo generale, ma invece che rassicurarlo lasciarono Massimo turbato e
scontento.
- Qualcosa non va, signore? - chiese Cicero, mentre nell’aria fredda il vapore proveniente
dal piatto che aveva in mano gli avviluppava la testa. Posò la cena di Massimo
sul suo scrittoio, sapendo che il generale preferiva cenare da solo la sera
prima di una battaglia, in modo da poter raccogliere i pensieri. Cicero si voltò per versare a
Massimo del vino, non del tutto certo che avrebbe ricevuto una risposta alla
sua domanda e del tutto sereno sia che la ricevesse o no. Non si stava impicciando.
Voleva soltanto che Massimo sapesse che lui era sempre conscio delle sue
emozioni ed era contento di fargli da confidente, se il generale ne avesse
avuto bisogno.
Massimo abbassò una mano in grembo stringendo ancora la lettera e posò l’altra sulla
testa del grosso cane grigio, che teneva il mento appoggiato sul ginocchio del
padrone, avendo percepito anche lui l’animo turbato di Massimo e desideroso di
tranquillizzarlo. Il naso di Ercole si contrasse quando il cibo gli passò sopra
la testa e la sua lunga lingua rosa saettò a tergere la bava che si era formata,
spontanea, sulle sue labbra scure. A parte ciò non si mosse, del tutto contento
di attendere che Massimo dividesse il pasto con lui, come sapeva avrebbe fatto.
Nel frattempo, si sarebbe goduto lo sfregamento dell’orecchio e la sensazione
della gamba vigorosa del padrone sotto la mascella e contro il petto.
Massimo gettò uno sguardo all’amico e sospirò.
- Non lo so, Cicero. Non è da lui evitare le battaglie. Quando era più giovane
le comandava egli stesso dal dorso del suo stallone, ed ora si siede a
Vindobona e affida tutto a me. Temo che mi stia nascondendo qualcosa.
- E’ vecchio, signore, e forse stanco. - Cicero non era sicuro che le sue
parole sarebbero suonate rassicuranti come intendeva.
Massimo mise da parte la lettera e prese una posata, rigirando distrattamente il
cibo nel piatto, lo stomaco troppo agitato per consentire la fame.
- Sì... ma ultimamente abbiamo conseguito un gran numero di grandi vittorie e
nel giro di qualche settimana potremo realizzare quello che Marco ricerca da
venti anni: la pace nell’impero. E’ difficile da immaginare, vero, Cicero? Pace.
Basta uccisioni. Cesare dovrebbe essere qui a vedere finire questa guerra. Non
posso credere che si stia perdendo questo momento.
- Sa che puoi farcela senza di lui. - Cicero si sedette in una sedia vicina, avvertendo
che Massimo aveva bisogno di parlare.
- Io... Ho bisogno che sia qui. Ho bisogno del suo consiglio. Non mi
basta comunicare per lettera. In realtà non lo vedo dalla primavera scorsa. -
Massimo fissò ancora il papiro. - Ho bisogno della sua compagnia, - disse, la
voce non più di un bisbiglio. - Suppongo che mi manchi e basta.- Sorrise con aria ironica. - Forse voglio
soltanto che accetti di persona la pace come mio dono... per sentirlo dire quanto significa per lui.
- Lo ami moltissimo, vero?
Massimo non rispose. Non ce n’era bisogno. Si limitò ad allacciare le dita
sotto il mento fissando le candele accanto al piatto, mentre la luce tremolava
sul cibo che presto sarebbe finito in bocca ad Ercole. Il cane diede un colpetto
al suo ginocchio proprio per ricordarglielo.
Cicero studiò il suo generale… la fronte aggrottata, gli occhi socchiusi, le
spalle esauste. Offrì un cortese suggerimento.
- Forse l’imperatore vuole solo che tu glielo dica. Digli che hai bisogno di
lui. A volte sei così forte che le persone non credono che tu abbia bisogno di
qualcuno.
Massimo guardò Cicero, allarmato, con lo sguardo interrogativo.
- Davvero le persone mi vedono in quel modo? - Cicero annuì. - Anche tu?
- Tu sei forte, ma io conosco anche
un lato diverso di te... un lato che la maggior parte degli altri non vede. Io
ti ho visto giocare col tuo bambino, leggere e scrivere lettere tormentate a
tua moglie, crucciarti su piani di battaglia, addolorarti per la perdita di
uomini caduti in battaglia. Su... -
Cicero spinse il piatto più vicino a Massimo. - Mangia la cena prima che
si raffreddi di più… poi scrivi all’imperatore per dirgli come ti senti e che lo
vuoi qui. - Cicero afferrò l’avambraccio di Massimo e guardò con franchezza
negli inquieti occhi azzurri. - Verrà qui per te qualunque sia il suo problema.
Gennaio, 180 d.C.
Massimo Decimo Meridio si trovava nel campo
bruciato nel folto della foresta di pini a nord di Vindobona. Ceppi anneriti punteggiavano
ora il paesaggio sterile laddove appena qualche giorno prima verdi alberi
maestosi si erano innalzati ondeggiando nei venti impetuosi. Fiocchi di neve
turbinavano, mescolati a ceneri bianche, rendendo difficile distinguere il nuovo
e fresco dal vecchio e morto in quel rigido mattino di gennaio all’inizio
dell’anno 180.
Avrebbe dovuto essere euforico, pensò, invece si sentiva soltanto terrorizzato
davanti a ciò che le settimane a venire avrebbero potuto portare. Nei mesi
precedenti, lui ed i suoi uomini avevano vittoriosamente conquistato la
Germania, la loro forza e il loro vigore infiammati dalla consapevolezza che
era quasi finita, che rimanevano soltanto alcune sacche di resistenza… ed ora
erano alla loro battaglia finale. Oggi poteva essere il giorno che avrebbe
portato infine la pace nell’impero. Avrebbe dovuto essere euforico.
Ma non lo era.
Su di una collina che dominava il campo di battaglia in cui i suoi uomini ora
si schieravano in posizione, in attesa degli ordini del loro generale, Marco
Aurelio sedeva in groppa al suo stallone bianco, la figura sottile coperta da
un mantello pesante per ripararsi dai venti taglienti. Massimo era rimasto
scosso quando una settimana prima aveva visto il suo imperatore per la prima
volta dopo quasi dieci mesi. Com’era fragile! Com’era debole. Era evidente che
il suo invincibile imperatore non era più invincibile. Quando Massimo lo aveva
abbracciato, aveva temuto che le fragili ossa dell’uomo anziano si potessero
spezzare. Era chiaro che stava morendo e che la sua morte avrebbe portato all’impero
un nuovo regime spaventoso, e lasciato una ferita aperta nel cuore di Massimo, quale
non aveva mai sperimentato prima.
Perfino adesso sentiva il petto dolorosamente contratto al pensiero di perdere
l’uomo che amava come un padre. E quando sarebbe accaduto, Commodo avrebbe
avuto tutti i poteri... un imperatore irresponsabile, vendicativo, pericoloso...
e Massimo sapeva già che non avrebbe mai potuto servire un uomo del genere,
anche se Massimo aveva avuto la possibilità di alterare la situazione tramite una
prassi a cui onestamente non poteva piegarsi. Avrebbe chiesto a Marco di
congedarlo e di farlo tornare dalla sua famiglia in Ispania… e di allontanarsi
dalla morte inevitabile del suo adorato imperatore. Mai si era considerato un
vigliacco, ma il pensiero di guardare Marco appassire lentamente e morire come
le foglie di quercia sotto il gelo d’autunno era troppo duro da sopportare.
Massimo aveva già perso un padre; non poteva sopportare di perderne un altro.
Sarebbe tornato alla casa cui apparteneva, alle braccia confortanti della
moglie e del figlio amati, e avrebbe ripreso la vita da contadino che aveva dovuto
interrompere. Avrebbe generato altri figli e li avrebbe guardati crescere
felici e forti e in buona salute e si sarebbe deliziato dei suoi nipotini e,
agli dèi piacendo, bis-nipotini.
Massimo guardò la terra bruciacchiata ai suoi piedi e usò la punta del suo
stivale logoro e impolverato per scavare da parte un po’ di polvere e cenere,
cercando un indizio di vita in quel posto terribile. Un delicato germoglio
verde era tutto quel che cercava. Appena un segno che qualcosa ancora viveva in
quella terra desolata e morta e che l’avrebbe rigenerata, e che anche la sua
stessa vita si sarebbe rinnovata. Non trovò alcun germoglio. Al contrario, le
sue narici furono assalite dal fumo acre, la gola gli bruciava e gli occhi gli
pungevano e lacrimavano. Avrebbe cercato di autoconvincersi che le lacrime
trattenute che offuscavano i suoi occhi erano causate dal fumo. Sbatté le
palpebre per lenirli e deglutì a fatica.
I suoi uomini erano pronti, lo sapeva, per questa battaglia finale e anche loro
sognavano le loro case ormai a portata di mano. Erano pronti a seguire ogni
mossa del loro coraggioso generale, a scattare ad ogni comando di quell’uomo
che li aveva condotti in salvo battaglia dopo battaglia. Egli avrebbe messo
fine a quella guerra interminable e li avrebbe mandati tutti a casa, ne erano
convinti. Ma tutto doveva ancora accadere, in un futuro comunque prossimo o
remoto, ed ora dovevano concentrarsi sull’attuale missione, la battaglia
finale, e Massimo anche.
Raddrizzò le spalle e sentì il confortante peso delle insegne del suo grado: la
corazza d’ottone, il mantello e le pellicce. Lentamente sollevò la testa e
convogliò i suoi pensieri sulla battaglia a venire. Respirò a fondo, in modo
controllato, poi si voltò ed esitò, lo sguardo attratto da una lieve nota di
colore in quella terra grigia e brulla. Era un pettirosso, piccolissimo, in un
luogo in cui era fin troppo presto vedere pettirossi durante l’anno. Stava
appollaiato su un nudo ramoscello, rimbalzando leggermente nella brezza fredda,
apparentemente ignaro della devastazione che era stata arrecata e della
violenza che doveva ancora venire. Il trovare un pizzico di bellezza e di vita
fra le rovine strappò un vago sorriso alla bocca di Massimo.
Mentre lo guardava, il pettirosso frullò le ali minuscole e volò via sulla
destra. Un buon segno, pensò Massimo, e sorrise mentre lo guardava volare fino
a che fu inghiottito dai plumbei cieli invernali. Un buon segno, concluse di
nuovo, e scacciò ogni pensiero dalla sua mente fuorché l’incombente dovere...
vincere la battaglia imminente. Il suo viso s’indurì nella maschera
inalterabile che tanto terrorizzava i suoi nemici, impassibile e indecifrabile,
segnalando al mondo che era pronto a scontrarsi e a sconfiggere ogni ostacolo
che si ergeva fra sé e ciò che voleva.
Si voltò con un movimento armonioso, il mantello turbinandogli intorno alle
ginocchia, e riattraversò il tetro campo per tornare dai suoi uomini che
attendevano i suoi ordini... e dall’imperatore che amava così caramente, e per
il quale Massimo avrebbe volentieri sacrificato la propria vita sul campo di
battaglia, per fargli realizzare il suo più grande desiderio: la pace e la
stabilità nell’impero romano.
Fine
Ecco, non riesco
a crederci di aver finito. Ho cominciato a scrivere questa storia nel giugno
del 2000 e l’ho conclusa il 26 maggio 2001... quasi un anno. Avevo progettato
di completarla entro la fine
dell’estate 2000, perciò ho un po’ superato la mia data scadenza. Vorrei
ringraziare tutti i lettori che mi hanno offerto incoraggiamento lungo la
strada. I miei ringraziamenti più sinceri a coloro che mi hanno aiutato con le
loro ricerche, i suggerimenti e l’infinito aiuto. Voi sapete chi siete.
Ciò detto, non ho idea del perché sto per fare quello che sto per fare...
continuare a scrivere la storia di Massimo. No... Non sto per ri-scrivere il
film Il Gladiatore o interferire con la conclusione. Però, penso solamente che ci sia
molto da aggiungere... lacune da colmare... nella storia di Massimo, e vorrei
dirle attraverso gli occhi di un altro personaggio che non c’era nel film e che
è stato appena accennato nel Prequel, e anche attraverso flashbacks di
scene che non erano nel film, ma avrebbero potuto esserci. Avete capito?
Insomma, sto scrivendo un’altra storia. Vi troverete molti personaggi che vi
sono già familiari e molti altri nuovi, perché analizzerò la storia di Massimo dopo
il film.
Andate qui http://www.geocities.com/maxstory2000/glaucus/index.html per Glaucus' Story. Spero che vi piaccia.
Susan Spicer
Ringrazio con affetto sincero tutti coloro che
hanno avuto la pazienza di seguire la traduzione di Maximus’ Story e che
mi hanno incoraggiato e pregato di tradurre anche Glaucus’ Story. Continuate
a seguire le vicende di Massimo, Glauco e Giulia su Storie de Il Gladiatore. Se
volete, potete contribuire con le vostre fiction, inviandomele in
formato .doc all’indirizzo e-mail. Grazie a tutti.
Anna
Maria Tagliavia
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