La Storia di Massimo: Capitolo 99 

 

 

Capitolo 99 - Fine novembre, 179 d.C.

Massimo era seduto nella sua tenda ben arredata nell’accampamento base, a circa un miglio dal fronte della battaglia che ora era soltanto a poche ore a nord di Vindobona, con una lettera dell’imperatore tra le mani ed un cipiglio perplesso che gli solcava la fronte. Anche se la guerra era nella sua fase finale, Marco aveva deciso di rimanere a Vindobona, senza dare spiegazioni. Rassicurava Massimo che aveva completa fiducia nella sua capacità di condurre da solo le operazioni, e che non si sarebbe perso lo scontro finale per nessun motivo. Voleva essere testimone in prima persona della battaglia che avrebbe finalmente portato la pace nell’impero. Le lettere di Marco erano piene di elogi e incoraggiamento per il suo generale, ma invece che rassicurarlo lasciarono Massimo turbato e scontento.

- Qualcosa non va, signore? - chiese Cicero, mentre nell’aria fredda il vapore proveniente dal piatto che aveva in mano gli avviluppava la testa. Posò la cena di Massimo sul suo scrittoio, sapendo che il generale preferiva cenare da solo la sera prima di una battaglia, in modo da poter raccogliere i  pensieri. Cicero si voltò per versare a Massimo del vino, non del tutto certo che avrebbe ricevuto una risposta alla sua domanda e del tutto sereno sia che la ricevesse o no. Non si stava impicciando. Voleva soltanto che Massimo sapesse che lui era sempre conscio delle sue emozioni ed era contento di fargli da confidente, se il generale ne avesse avuto bisogno.

Massimo abbassò una mano in grembo stringendo ancora la lettera e posò l’altra sulla testa del grosso cane grigio, che teneva il mento appoggiato sul ginocchio del padrone, avendo percepito anche lui l’animo turbato di Massimo e desideroso di tranquillizzarlo. Il naso di Ercole si contrasse quando il cibo gli passò sopra la testa e la sua lunga lingua rosa saettò a tergere la bava che si era formata, spontanea, sulle sue labbra scure. A parte ciò non si mosse, del tutto contento di attendere che Massimo dividesse il pasto con lui, come sapeva avrebbe fatto. Nel frattempo, si sarebbe goduto lo sfregamento dell’orecchio e la sensazione della gamba vigorosa del padrone sotto la mascella e contro il petto.

Massimo gettò uno sguardo all’amico e sospirò.
- Non lo so, Cicero. Non è da lui evitare le battaglie. Quando era più giovane le comandava egli stesso dal dorso del suo stallone, ed ora si siede a Vindobona e affida tutto a me. Temo che mi stia nascondendo qualcosa.

- E’ vecchio, signore, e forse stanco. - Cicero non era sicuro che le sue parole sarebbero suonate rassicuranti come intendeva.

Massimo mise da parte la lettera e prese una posata, rigirando distrattamente il cibo nel piatto, lo stomaco troppo agitato per consentire la fame.
- Sì... ma ultimamente abbiamo conseguito un gran numero di grandi vittorie e nel giro di qualche settimana potremo realizzare quello che Marco ricerca da venti anni: la pace nell’impero. E’ difficile da immaginare, vero, Cicero? Pace. Basta uccisioni. Cesare dovrebbe essere qui a vedere finire questa guerra. Non posso credere che si stia perdendo questo momento.

- Sa che puoi farcela senza di lui. - Cicero si sedette in una sedia vicina, avvertendo che Massimo aveva bisogno di parlare.

- Io... Ho bisogno che sia qui. Ho bisogno del suo consiglio. Non mi basta comunicare per lettera. In realtà non lo vedo dalla primavera scorsa. - Massimo fissò ancora il papiro. - Ho bisogno della sua compagnia, - disse, la voce non più di un bisbiglio. - Suppongo che mi manchi e basta.-  Sorrise con aria ironica. - Forse voglio soltanto che accetti di persona la pace come mio dono...  per sentirlo dire quanto significa per lui.

- Lo ami moltissimo, vero?

Massimo non rispose. Non ce n’era bisogno. Si limitò ad allacciare le dita sotto il mento fissando le candele accanto al piatto, mentre la luce tremolava sul cibo che presto sarebbe finito in bocca ad Ercole. Il cane diede un colpetto al suo ginocchio proprio per ricordarglielo.

Cicero studiò il suo generale… la fronte aggrottata, gli occhi socchiusi, le spalle esauste. Offrì un cortese suggerimento.
- Forse l’imperatore vuole solo che tu glielo dica. Digli che hai bisogno di lui. A volte sei così forte che le persone non credono che tu abbia bisogno di qualcuno.

Massimo guardò Cicero, allarmato, con lo sguardo interrogativo.
- Davvero le persone mi vedono in quel modo? - Cicero annuì. - Anche tu?

- Tu sei forte, ma io conosco anche un lato diverso di te... un lato che la maggior parte degli altri non vede. Io ti ho visto giocare col tuo bambino, leggere e scrivere lettere tormentate a tua moglie, crucciarti su piani di battaglia, addolorarti per la perdita di uomini caduti in battaglia. Su... -  Cicero spinse il piatto più vicino a Massimo. - Mangia la cena prima che si raffreddi di più… poi scrivi all’imperatore per dirgli come ti senti e che lo vuoi qui. - Cicero afferrò l’avambraccio di Massimo e guardò con franchezza negli inquieti occhi azzurri. - Verrà qui per te qualunque sia il suo problema.

 

Gennaio, 180 d.C.

Massimo Decimo Meridio si trovava nel campo bruciato nel folto della foresta di pini a nord di Vindobona. Ceppi anneriti punteggiavano ora il paesaggio sterile laddove appena qualche giorno prima verdi alberi maestosi si erano innalzati ondeggiando nei venti impetuosi. Fiocchi di neve turbinavano, mescolati a ceneri bianche, rendendo difficile distinguere il nuovo e fresco dal vecchio e morto in quel rigido mattino di gennaio all’inizio dell’anno 180.

Avrebbe dovuto essere euforico, pensò, invece si sentiva soltanto terrorizzato davanti a ciò che le settimane a venire avrebbero potuto portare. Nei mesi precedenti, lui ed i suoi uomini avevano vittoriosamente conquistato la Germania, la loro forza e il loro vigore infiammati dalla consapevolezza che era quasi finita, che rimanevano soltanto alcune sacche di resistenza… ed ora erano alla loro battaglia finale. Oggi poteva essere il giorno che avrebbe portato infine la pace nell’impero. Avrebbe dovuto essere euforico.

Ma non lo era.

Su di una collina che dominava il campo di battaglia in cui i suoi uomini ora si schieravano in posizione, in attesa degli ordini del loro generale, Marco Aurelio sedeva in groppa al suo stallone bianco, la figura sottile coperta da un mantello pesante per ripararsi dai venti taglienti. Massimo era rimasto scosso quando una settimana prima aveva visto il suo imperatore per la prima volta dopo quasi dieci mesi. Com’era fragile! Com’era debole. Era evidente che il suo invincibile imperatore non era più invincibile. Quando Massimo lo aveva abbracciato, aveva temuto che le fragili ossa dell’uomo anziano si potessero spezzare. Era chiaro che stava morendo e che la sua morte avrebbe portato all’impero un nuovo regime spaventoso, e lasciato una ferita aperta nel cuore di Massimo, quale non  aveva mai sperimentato prima. Perfino adesso sentiva il petto dolorosamente contratto al pensiero di perdere l’uomo che amava come un padre. E quando sarebbe accaduto, Commodo avrebbe avuto tutti i poteri... un imperatore irresponsabile, vendicativo, pericoloso... e Massimo sapeva già che non avrebbe mai potuto servire un uomo del genere, anche se Massimo aveva avuto la possibilità di alterare la situazione tramite una prassi a cui onestamente non poteva piegarsi. Avrebbe chiesto a Marco di congedarlo e di farlo tornare dalla sua famiglia in Ispania… e di allontanarsi dalla morte inevitabile del suo adorato imperatore. Mai si era considerato un vigliacco, ma il pensiero di guardare Marco appassire lentamente e morire come le foglie di quercia sotto il gelo d’autunno era troppo duro da sopportare. Massimo aveva già perso un padre; non poteva sopportare di perderne un altro.

Sarebbe tornato alla casa cui apparteneva, alle braccia confortanti della moglie e del figlio amati, e avrebbe ripreso la vita da contadino che aveva dovuto interrompere. Avrebbe generato altri figli e li avrebbe guardati crescere felici e forti e in buona salute e si sarebbe deliziato dei suoi nipotini e, agli dèi piacendo, bis-nipotini.

Massimo guardò la terra bruciacchiata ai suoi piedi e usò la punta del suo stivale logoro e impolverato per scavare da parte un po’ di polvere e cenere, cercando un indizio di vita in quel posto terribile. Un delicato germoglio verde era tutto quel che cercava. Appena un segno che qualcosa ancora viveva in quella terra desolata e morta e che l’avrebbe rigenerata, e che anche la sua stessa vita si sarebbe rinnovata. Non trovò alcun germoglio. Al contrario, le sue narici furono assalite dal fumo acre, la gola gli bruciava e gli occhi gli pungevano e lacrimavano. Avrebbe cercato di autoconvincersi che le lacrime trattenute che offuscavano i suoi occhi erano causate dal fumo. Sbatté le palpebre per lenirli e deglutì a fatica.

I suoi uomini erano pronti, lo sapeva, per questa battaglia finale e anche loro sognavano le loro case ormai a portata di mano. Erano pronti a seguire ogni mossa del loro coraggioso generale, a scattare ad ogni comando di quell’uomo che li aveva condotti in salvo battaglia dopo battaglia. Egli avrebbe messo fine a quella guerra interminable e li avrebbe mandati tutti a casa, ne erano convinti. Ma tutto doveva ancora accadere, in un futuro comunque prossimo o remoto, ed ora dovevano concentrarsi sull’attuale missione, la battaglia finale, e Massimo anche.

Raddrizzò le spalle e sentì il confortante peso delle insegne del suo grado: la corazza d’ottone, il mantello e le pellicce. Lentamente sollevò la testa e convogliò i suoi pensieri sulla battaglia a venire. Respirò a fondo, in modo controllato, poi si voltò ed esitò, lo sguardo attratto da una lieve nota di colore in quella terra grigia e brulla. Era un pettirosso, piccolissimo, in un luogo in cui era fin troppo presto vedere pettirossi durante l’anno. Stava appollaiato su un nudo ramoscello, rimbalzando leggermente nella brezza fredda, apparentemente ignaro della devastazione che era stata arrecata e della violenza che doveva ancora venire. Il trovare un pizzico di bellezza e di vita fra le rovine strappò un vago sorriso alla bocca di Massimo.

Mentre lo guardava, il pettirosso frullò le ali minuscole e volò via sulla destra. Un buon segno, pensò Massimo, e sorrise mentre lo guardava volare fino a che fu inghiottito dai plumbei cieli invernali. Un buon segno, concluse di nuovo, e scacciò ogni pensiero dalla sua mente fuorché l’incombente dovere... vincere la battaglia imminente. Il suo viso s’indurì nella maschera inalterabile che tanto terrorizzava i suoi nemici, impassibile e indecifrabile, segnalando al mondo che era pronto a scontrarsi e a sconfiggere ogni ostacolo che si ergeva fra sé e ciò che voleva.

Si voltò con un movimento armonioso, il mantello turbinandogli intorno alle ginocchia, e riattraversò il tetro campo per tornare dai suoi uomini che attendevano i suoi ordini... e dall’imperatore che amava così caramente, e per il quale Massimo avrebbe volentieri sacrificato la propria vita sul campo di battaglia, per fargli realizzare il suo più grande desiderio: la pace e la stabilità nell’impero romano.

Fine

Ecco, non riesco a crederci di aver finito. Ho cominciato a scrivere questa storia nel giugno del 2000 e l’ho conclusa il 26 maggio 2001... quasi un anno. Avevo progettato di completarla entro  la fine dell’estate 2000, perciò ho un po’ superato la mia data scadenza. Vorrei ringraziare tutti i lettori che mi hanno offerto incoraggiamento lungo la strada. I miei ringraziamenti più sinceri a coloro che mi hanno aiutato con le loro ricerche, i suggerimenti e l’infinito aiuto. Voi sapete chi siete.

Ciò detto, non ho idea del perché sto per fare quello che sto per fare... continuare a scrivere la storia di Massimo. No... Non sto per ri-scrivere il film Il Gladiatore (Gladiator, 2000) o interferire con la conclusione. Però, penso solamente che ci sia molto da aggiungere... lacune da colmare... nella storia di Massimo, e vorrei dirle attraverso gli occhi di un altro personaggio che non c’era nel film e che è stato appena accennato nel Prequel, e anche attraverso flashbacks di scene che non erano nel film, ma avrebbero potuto esserci. Avete capito? Insomma, sto scrivendo un’altra storia. Vi troverete molti personaggi che vi sono già familiari e molti altri nuovi, perché analizzerò la storia di Massimo dopo il film.

Andate qui
http://www.geocities.com/maxstory2000/glaucus/index.html per Glaucus' Story. Spero che vi piaccia.

Susan Spicer

 

 

Nota della traduttrice

Ringrazio con affetto sincero tutti coloro che hanno avuto la pazienza di seguire la traduzione di Maximus’ Story e che mi hanno incoraggiato e pregato di tradurre anche Glaucus’ Story. Continuate a seguire le vicende di Massimo, Glauco e Giulia su Storie de Il Gladiatore. Se volete, potete contribuire con le vostre fiction, inviandomele in formato .doc all’indirizzo e-mail. Grazie a tutti.

Anna Maria Tagliavia