LETTERATURA ITALIANA: IL CINQUECENTO

 

Luigi De Bellis

 


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Il Cinquecento

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Il Cinquecento


Torquato Tasso: la Gerusalemme liberata

Poema in venti canti di ottave, sulla prima crociata, composto fra il 1565 e il 1575 circa. L’azione comincia nella primavera dell’ultimo anno di guerra, quando i crociati hanno eletto loro capo Goffredo di Buglione e marciano verso Gerusalemme, difesa da Aladino. Al racconto propriamente epico dell’assedio, che fra varie difficoltà si protrae per circa tre mesi, s’intrecciano patetiche storie d’amore: della fanciulla Erminia per Tancredi, di Tancredi per Clorinda che l’eroe cristiano uccide in duello non avendola riconosciuta, di Armida e Rinaldo, per non dire del significativo episodio di Olindo e Sofronia nel canto II. Gli ostacoli maggiori alla vittoria cristiana sono posti, oltre che dal valore di guerrieri pagani quali Argante e Solimano, dall’incantesimo fatto dal mago Ismeno alla selva da cui i cristiani dovrebbero prendere legname per le loro macchine di guerra, da una spaventosa siccità e, prima di tutto, dalla diserzione di Rinaldo. Questi infatti, venuto a contesa con Gernando di Norvegia, lo uccide e per sottrarsi alla giusta punizione abbandona l’esercito e finisce per cedere agli incantesimi di Armida, la bellissima maga che era venuta nel campo dei crociati per distogliere dalla guerra il fiore degli eroi. Dal luogo di delizie creato per lui da Armida nelle Isole Fortunate, Rinaldo viene però distolto da Carlo il Danese e Ubaldo. Egli ritorna così all’impresa, cui è chiamato per destinazione divina, come già Achille all’assedio di Troia; ma Armida, da incantatrice divenuta una infelice donna innamorata, giura la vendetta. Avvenuta la purificazione dell’eroe sul monte Oliveto, si combatte intorno a Gerusalemme la battaglia decisiva, che dà la città santa in mano ai crociati: Rinaldo si riconcilia con Armida e dalla loro unione discenderà la stirpe degli Estensi; Goffredo scioglie il voto entrando nel tempio di Gerusalemme e deponendovi le armi. Anticipato dalle centosedici ottave del giovanile Gierusalemme, il poema del Tasso venne pubblicato, contro la volontà dell’autore, in forma scorretta e pietosamente mutilato da Celio Malespini a Venezia nel 1579. Due edizioni complete e corrette vennero procurate l’anno seguente da Angelo Ingegneri, al quale si deve il titolo di Gerusalemme liberata.

Il poema, che formalmente si lega ai tentativi dei letterati del maturo Cinquecento di accordare la materia epica con la cavalleresca, come ogni autentico capolavoro è risultato opera originalissima. C’era nel Tasso una sincera aspirazione all’eroico, ma in lui più forti erano il sentimento tragico della vita e una profonda aspirazione a un mondo di felicità perduta. Perciò nella compagine epica prevalgono gli accenti lirici e patetici, e assumono un rilievo eccezionale le storie d’amore; l’ottava stessa, dopo le sapienti orchestrazioni dell’Ariosto, trova una musicalità franta e patetica. Per questi caratteri, nonostante la grande sapienza letteraria di cui il Tasso dà prova, il poema fu, come poche altre opere della letteratura italiana, veramente popolare; e creò uno stile nuovo che, se si estenuò nelle grazie melodrammatiche del Settecento, poté ancora suggestionare poeti quali Foscolo e Leopardi.



2000 © Luigi De Bellis - letteratura@tin.it  - Collaborazione tecnica Iolanda Baccarini - iolda@virgilio.it