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PARADISI FISCALI E LORO USI

di Nico Gibaldo

 

 

Per sottrarre dagli occhi indiscreti della polizia finanziaria, dei magistrati e delle società di revisione i propri traffici illeciti, industrie private ma anche pubbliche, banche e soprattutto società finanziarie, ricorrono ai cosiddetti "paradisi fiscali", vale a dire quei paesi off-shore sparsi nel mondo, quelle zone franche dove i governi per facilitare l’afflusso di capitali, attuano tutta una serie di facilitazioni e agevolazioni fiscali non mettendo in atto alcun tipo di controllo sulle società estere.

Per questi porti franchi i soldi non hanno identità per cui anche le organizzazioni criminali si servono di questi paradisi per il riciclaggio di danari sporchi che vengono "lavati" e reimpiegati nell’economia lecita.

Grosse società del mondo economico creano all’estero misteriose finanziarie nelle quali vengono dirottate centinaia di miliardi con fatture false o con depositi all’estero al riparo da ogni curiosità.

Ancora più grave è se poi a compiere queste pratiche sono aziende pubbliche come gli istituti o gli enti a partecipazione statale. Tutto questo significa sottrarre soldi pubblici e truffare i contribuenti.

Purtroppo ci sono centinaia di casi del genere, in tutto il mondo. Ma quali sono i paradisi fiscali?

Le più tradizionali zone franche sono il Liechtenstein, le Bahamas, Panama, le isole Cayman, Hong Kong, Singapore, Dubai e Guernesey. Quelle che invece si stanno imponendo e che sono in forte espansione sono la Malesia, l’Indonesia e Taiwan nel versante asiatico ma ora si aggiunge anche l’Est europeo dove si assiste allo spuntare come funghi di banche e finanziarie che danno occasione di investire capitali illeciti.

Per capire il fenomeno dell’off-shore bisogna vedere quali sono quelle caratteristiche, i tipi di governo e i vantaggi fiscali che possono derivare dalla domiciliazione delle persone fisiche e giuridiche (le società). Fra tutte spiccano l’esenzione delle imposte dirette dei redditi, l’esenzione da IVA e imposte doganali e la mancanza di vincoli valutari con incentivi finanziari e semplificazioni amministrative.

Ad esempio, si può costituire in Lussemburgo un’associazione in partecipazione (che è prevista dal nostro codice civile) e optare per un sistema di imposizione fiscale con aliquota aggiratesi sul 15% sui dividendi pagati da una società residente in uno Stato a un residente dell’altro Stato, e del resto non c’è bisogno alcuno di operazioni di trading, cioè non c’è necessità di operare con l’estero. E’ necessario solo costituire una società madre in Lussemburgo che incorpori una italiana di qualsiasi tipo, anche una ditta individuale.

Il Fisco ha comunque da anni puntato l’attenzione sui paradisi per combattere la lotta all’evasione.

In Italia, poi fa scalpore la notizia che il noto tenore Luciano Pavarotti è stato condannato al pagamento di 4 miliardi e 600 milioni di lire, dopo aver perso il ricorso in primo grado presso la commissione tributaria di Modena che non ha riconosciuto efficace ai fini fiscali il trasferimento del suo domicilio a Montecarlo. Questo esempio ci dimostra anche il dilagante fenomeno del fittizio trasferimento di residenza verso quei paradisi fiscali dove si rifugiano artisti, sportivi e imprenditori vogliosi di far gestire le loro fortune, al riparo da occhi indiscreti per speculazione, aggiotaggio e frode fiscale, fuori dal controllo dell’autorità. Per non parlare poi di tutte quelle operazioni legate alla criminalità finanziarie e al riciclaggio dei profitti delle organizzazioni criminali, attraverso una serie di operazioni successive che vanno dal dislocamento, ripartizione su vasto numero di conti di denaro liquido e valuta verso istituti finanziari di altri paesi, all’accatastamento o rimescolamento che rende impossibile risalire all’origine dei profitti leciti.

In questi paradisi fiscali viene proposta, a prezzi assai competitivi, una vasta gamma di convenienti servizi finanziari: segreto bancario protetto penalmente; assenza di controllo dei cambi; diritto di stipulare ogni tipo di contratto; di effettuare ogni transazione e costituire qualsiasi società, anche fittizia, con la garanzia dell’anonimato per le parti; esonero fiscale o tassazione forfetaria simbolica.

Se sono pochi i posti che offrono la gamma completa di tali opportunità, poiché la maggior parte si specializza in un particolare tipo di servizi, tutti sono comunque legati tra loro da un circuito operativo che garantisce all’utente il massimo dell’efficienza, sia nella gestione degli affari illeciti sia nella protezione dalle inchieste giudiziarie e dalle indagini di polizia. E’ così per le banche della Svizzera che è "regina" del riciclaggio.

L’organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economica (OCSE) ha pubblicato recentemente una lista di 35 paesi considerati paradisi fiscali – tra cui il principato di Monaco- minacciandoli si sanzioni se entro un anno non avranno riformato il loro sistema fiscale. Il principato monegasco non figurava sulla lista nera redatta dal Gafi, il gruppo di azione finanziaria sul riciclaggio dei capitali. Questi 35 paradisi fiscali sono accusati dall’OCSE di praticare una concorrenza fiscale pregiudizievole, cercando di attirare i privati e le società che vogliono evitare di pagare imposte nel proprio paese.

Il nostro ministro del tesoro Visco ha poi aperto la caccia agli evasori vip che per eludere il fisco hanno dichiarato false residenze all’estero. Il decreto pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale è frutto dell’ultima Finanziaria. A partire da quest’anno saranno considerati residenti in Italia "salvo prova contraria" i cittadini cancellati dalle anagrafi della popolazione residente e trasferiti in Stati considerati paradisi fiscali. Anche a livello internazionale si stanno movendo i paesi del G8 (gli otto paesi più industrializzati del mondo), l’OCSE, l’Unione Europea, gli Stati Uniti e il Fondo monetario internazionale, ma sappiamo però che non saranno solo i governi e gli organismi internazionali a fare pulizia. Spetta anche alla società civile "mandare questi paradisi all’inferno".

 

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