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SVILUPPO SOSTENIBILE.
COME IL BATTITO D'ALI DI UNA FARFALLA

Carlo Baroncelli

 Una premessa e un Grazie!
Mi sia concessa qualche nota personale: questo è stato il mio secondo Convegno Cem e il primo in qualità di conduttore. In questa mia prima esperienza ero sorretto psicologicamente dal sapere che sarei stato coadiuvato dalla competenza dell'amico Gianni Caligaris. Lascio immaginare a tutti voi lo stato d'animo nel quale piombai nel corso della telefonata - ricevuta pochissimi giorni prima dell'inizio del Convegno - con la quale Gianni mi comunicava, rammaricandosene, che non avrebbe potuto parteciparvi a causa di decisioni che sfuggivano, purtroppo, alla sua volontà. È per questo che adesso, a Convegno concluso, voglio ringraziare fortemente tutti i partecipanti al laboratorio per la disponibilità al dialogo, la capacità di ascolto, la pazienza, e, non ultima, la simpatia dimostrate!

Il laboratorio
L'idea dalla quale era partito questo laboratorio era quella di offrire niente di più che alcuni spunti per stimolare una riflessione sulle complesse relazioni che intercorrono tra economia, ecologia e giustizia sociale, affrontando al contempo i possibili risvolti educativi di queste tematiche.
Molte sono le domande che si fanno avanti di questi tempi:
in che modo le leggi di un mercato sempre più deregolamentato a livello globale si ripercuotono sulle economie locali e individuali?
Possono scelte e comportamenti individuali avere pesanti ripercussioni ecologiche o contribuire alla sperequazione globale di risorse e capitali?
Le leggi dell'economia, del mercato, hanno qualche rapporto con quelle dell'ecologia; sono con queste compatibili?
In che modo ciascuno di noi può contribuire alla creazione del cosiddetto "sviluppo sostenibile?"
Cosa intendiamo, soprattutto, con questo concetto "sviluppo sostenibile"?
Siamo ancora capaci di immaginare un futuro privo delle cupe tonalità della catastrofe annunciata?
Possiamo in qualche modo "scegliere" quale futuro consegnare ai nostri figli, alle future generazioni?

Questi interrogativi non solo ci riguardano tutti personalmente ma, in quanto educatori, ci coinvolgono in modo particolare, ci pongono di fronte a dei dilemmi, ci imbarazzano, implicano scelte e chiare prese di posizione. Cosa vuol dire educare alla sostenibilità? educare al futuro? Quali strumenti potrebbero aiutarci a muoverci nella complessità di questi interrogativi?

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Il tempo come variabile fondamentale
Fin dall'attività iniziale di presentazione reciproca abbiamo voluto porre l'accento sulla dimensione temporale, che avrebbe potuto rappresentare un filo rosso di tutto il laboratorio: i partecipanti sono stati invitati a presentarsi disegnando una linea del tempo personale, che ciascuno ha realizzato e interpretato liberamente. Ecco allora che, accanto a diagrammi più lineari, sono emerse forme diverse: ondulate, spiraliformi, segmentate…
Al di là delle differenze specifiche, le linee del tempo ci hanno permesso di avvicinare l'idea del futuro, come sempre caratterizzato da sentimenti ambivalenti: ansia, incertezza, speranza, paura, possibilità, ottimismo…
Abbiamo poi discusso quindi sulla tensione tra futuro probabile (cosa penso che accadrà?) e futuro preferibile (cosa vorrei che accadesse?). In maniera cooperativa il gruppo ha costruito dei diagrammi che rappresentavano visivamente questa tensione. Vedere questa forbice tra i due futuri pone una questione urgente: cosa fare, qui ed ora, per far sì che il futuro probabile venga a coincidere con quello preferibile?

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 Una seconda attività volta ad approfondire la "questione" del tempo è stato il brainstorming con il quale il gruppo è stato invitato ad esprimersi attorno al concetto di entropia. Dal giro di idee sono emerse parole chiave importanti per la riflessione e che sarebbero ritornate più avanti. Le riportiamo qui di seguito: 

Entropia
caos - spreco - vitalità - associazione d'idee - movimento - corpo - calore - equilibrio - vita - energia - disordine - degrado - reversibilità - non equilibrio - possibilità - interno - dS = dQ/T - uscire da…

È stato così possibile cominciare a individuare delle relazioni tra queste parole e riflettere sul fatto che, ad esempio, se l'idea di vita è correlata con quelle di energia, possibilità, movimento, equilibrio, calore, lo è altrettanto con quelle di degrado, disordine, spreco, non-equilibrio.
Cosa significa, ed ha significato fino ad ora, l'aver trascurato o sottovalutato questo "lato oscuro" del fenomeno vita? Può l'umanità permettersi di continuare ad attingere ai pozzi energetici del pianeta ai ritmi quantitativi e qualitativi attuali senza preoccuparsi del fatto che se, da un lato, consumare e trasformare energia significa poter crescere e svilupparsi, dall'altro, significa accrescere il degrado (energetico e ambientale) determinando un avvicinamento del sistema globale alle condizioni dell'equilibrio termico, raggiunte le quali nessun tipo di energia pregiata sarà più disponibile?

Ma cos'è questo sviluppo sostenibile?
Ovvero cosa c'entra l'economia con la termodinamica?
Secondo la nota definizione del Rapporto Brundtland, lo sviluppo sostenibile è quello che provvede al soddisfacimento dei bisogni delle generazioni presenti senza compromettere la possibilità di soddisfacimento dei bisogni di quelle future.
Abbiamo cercato di problematizzare questa definizione apparentemente pacifica, sottoponendo al gruppo delle letture, dei brevi brani che rendessero evidenti le diverse accezioni che di questo concetto sono state date, finendo per farlo diventare un termine buono per tutti gli usi tanto che l'idea di sostenibilità è stata pienamente (strumentalmente) adottata da certo mondo industriale proprio mentre veniva sottoposto a dure critiche da parte degli ambientalisti ed ecologisti più accorti.
In particolare è emerso dalla discussione stimolata dalle letture, come la problematica ambientale non debba, e non possa, che essere affrontata contemporaneamente a quella della giustizia economica e sociale: uno sviluppo che volesse prescindere da queste problematiche sarebbe ben poco sostenibile.
Abbiamo anche cominciato a intravedere come economia e termodinamica abbiano in effetti molti punti in comune e che uno sviluppo economico sostenibile dovrà fare i conti con la legge dell'entropia crescente. La teoria economica classica considera infatti il mercato come un sistema autonomo e svincolato dall'ambiente. Quest'ultimo viene visto solo come un'insieme di risorse potenzialmente infinite alle quali attingere: è il mercato che crea propriamente la ricchezza. Questa visione astratta e deterministica dell'economia non tiene in nessuna considerazione il fatto che l'attività economica stessa possa progressivamente intaccare il vero patrimonio sul quale si regge la sua produttività.
Si capisce quindi in che senso l'espressione sviluppo sostenibile possa essere diventata - come ha riconosciuto Leonardo Boff - "la maschera dietro la quale si cela il paradigma moderno che si realizza sia nel capitalismo che nel socialismo, anche quello di tipo verde, sempre per e con la sua logica vorace". Diceva bene una severa analista brasiliana: "L'espressione 'sviluppo sostenibile' confonde e non simboleggia un nuovo modo di pensare il mondo".
Più esplicitamente Serge Latouche si è espresso così: "Lo sviluppo durevole, sostenibile, o sopportabile è soltanto l'ultimo nato di una lunga serie d'innovazioni concettuali tendenti a fare entrare una parte di sogno nella dura realtà della crescita economica. Questa inflazione di qualificativi aggiunti a "sviluppo" è un tentativo di scongiurarne magicamente gli effetti negativi. Ci sono stati successivamente sviluppi endogeni, autocentrati, socialisti, integrati, integrali, armoniosi, partecipativi, autonomi e popolari, e ora umani e sociali, senza parlare dell'autosviluppo e dell'etnosviluppo. È questo un bell'esempio di diplomazia verbale, che consiste nel cambiare le parole quando non si riesce a cambiare le cose.
Se è lo sviluppo e non l'ambiente che si tratta di rendere durevole, si ha a che fare con una mistificazione. Se durevole vuol dire preservare l'ambiente, allora è incompatibile con la logica economica".
Rischiamo davvero che la nostra nozione di sottosviluppo non sia altro che "un prodotto povero e astratto della nozione povera e astratta di sviluppo" (Edgar Morin).

Abbiamo poi proceduto ad affrontare una serie di interrogativi.
Quanta terra abbiamo ha disposizione?
Può esistere una città sostenibile?
Cosa significa educare alla sostenibilità?

L'elaborazione di questi punti i lettori di CEM Mondialità possono incontrarla in internet
www.saveriani.bs.it/CEM/Rivista/Atti-dicembre.

Educare al futuro
Educare alla sostenibilità passa necessariamente per una educazione al futuro, o meglio, ai futuri. Per non rimanere paralizzati davanti alla portata delle problematiche ambientali globali, alle diseguaglianze sociali ed economiche in continuo aumento, è necessario re-imparare la capacità di pensare costruttivamente al futuro, alle possibilità che possono dispiegarsi a partire da scelte personali, qui e ora. Questa riflessione ha chiuso idealmente il ciclo delle attività proposte, cominciate con il disegno delle linee del tempo. Immaginiamo, allora, che le generazioni future si trovino nella possibilità di scriverci una lettera: quale sarà il suo contenuto? Su quali temi porrà l'accento? Quali argomentazioni esprimerà? Riportiamo l'incipit e la conclusione della missiva dal futuro elaborata da un gruppo:

"Cara bisnonna,
quando leggo dai trapezoidi della biblioteca universitaria i titoli dei giornali di solo settant'anni fa, mi sembra impossibile che le donne e gli uomini della Terra abbiano potuto intraprendere una svolta tanto radicale in così poco tempo. Raccogliendo il materiale per la mia tesi in macroantropologia storico-economica mi sono progressivamente appassionato al punto da ostinarmi a indagare su cosa possa avervi spinto - d'un tratto - a rivoluzionare il vostro modo di essere…
Mi è parso di capire che proprio questa presa di coscienza globale (nel senso che interessò in qualche modo l'intero genere umano) che riguarda la visione ecologica (cioè globale) del mondo vi salvò e ci salvò. Un bacio dal tuo bisnipote".

 

 

 

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