La storia è racconto attraverso i libri  

Il primo testo che accompagna la presentazione è in genere quello diffuso dall'editore, dalla libreria o da critici che vengono indicati. Se non diversamente indicati sono del sito.

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LA REPUBBLICA "PARTIGIANA" DI MONTEFIORINO

di Ermanno Gorrieri

"nella lista c'eri anche tu"

1a parte - http://digilander.libero.it/lacorsainfinita/guerra2/schede/montefiorino.htm  link
i documenti http://digilander.libero.it/lacorsainfinita/guerra2/schede/montefiorinodocumenti.htm

2a parte      LA "FUGA" DI ARMANDO

 

pag 450 e segg.... Queste vicende*, tuttavia, non potevano non influire nella riorganizzazione delle forze partigiane, attuata nell'ultima settimana di agosto, approfittando della discreta tranquillità goduta nella zona di S. Martino. Davide e Armando si resero conto che non era possibile ricostruire, sic et simpliciter, l'organizzazione di Montefiorino. Tanto più che erano giunte nuove direttive da parte del CUMER (Comando Unitario Militare Emilia R.) Il CUMER, criticando implicitamente la condotta precedente, raccomandava al Comando di - non essere «settario ed esclusivista »: «Se vi sono dei gruppi o dei reparti, che intendano avere una loro fisionomia propria per tendenza politica, essi debbono essere rispettati, anzi debbono essere aiutati. L'essenziale è che essi combattano. Si deve essere intolleranti solo verso gli ignavi, cioè verso coloro che aspettano gli alleati (attendisti), vagabondando, facendo bagordi e piantando grane e disunione. A coloro che combattono, o aprite le file dei vostri reparti o concedete pure tutti gli aiuti che vi permettono i mezzi a vostra disposizione; affiancandoli o facendoli affiancare nel combattimento, senza pretendere da essi soggezione o accettazione di emblemi particolari». Due fattori influenzarono dunque la riorganizzazione di fine agosto: le nuove direttive del CUMER e, soprattutto, la necessità di tener conto di quanto era avvenuto durante il rastrellamento. Nello sbandamento, certi reparti si erano quasi volatilizzati, mentre altri ne erano usciti compatti e rafforzati: alcuni comandanti di alto livello non avevano ben figurato, mentre erano emersi uomini tenuti in secondo piano...

* la fine della esperienza della Repubblica di Montefiorino e altre vicende precedenti che avevano esacerbato gli animi

… Queste cinque brigate, insieme col « Battaglione d'assalto» di Fulmine, per un totale di circa 2000 uomini, si dislocarono ad ovest della via Giardini, con centro a S. Martino; mentre una sesta brigata, la 64a « Gramsci », al comando di Andrea (Fernando Camellini) fu costituita con le formazioni che erano rimaste ad est della via Giardini, nella Valle del Panaro; presso di essa rimase in permanenza il Vice Commissario generale Ercole (Adelmo Bellelli). Comandante, Commissario politico, Capo di stato maggiore e Intendente di quella che da quel momento venne denominata « Divisione Modena» rimasero Armando, Davide, Nardi e Villa. I democratici cristiani chiesero ed ottennero di inserire un loro uomo nell'equipe del Comando: e Luigi Paganelli (Lino) divenne uno dei due Vice Commissari di Divisione.  Offrendo a Claudio (Gorrieri) il comando di una brigata e togliendolo ad Angelo, Davide aveva attuato una svolta nei suoi rapporti con il Partito d'Azione e la Democrazia Cristiana. Con il primo si era rotta l'atmosfera di piena collaborazione del periodo di Montefiorino e Davide ne aveva ridimensionato l'influenza. Verso la Democrazia Cristiana aveva invece abbandonato la politica di esclusione dalle responsabilità direttive e di messa ai margini seguita a Montefiorino. Non aveva tuttavia rinunciato al criterio di unire in una sola brigata le formazioni dichiaratamente non comuniste, per avere mano libera nelle altre….

- Mentre qualcuno sull'onda dei successi degli alleati progettava di liberare non solo Bologna ma anche Modena e forse di finire la guerra prima dell'inverno, l'analisi presso i reparti era del tutto negativa vista la situazione ancora buona dei tedeschi e la debolezza congenita delle bande fuori dagli Appennini, dalle quote più alte e impervie. La lezione venne presto: l'11 e 12 settembre iniziò un nuovo rastrellamento nelle zone di stazionamento.

Ermanno Gorrieri pag 464 e segg…
Gorrieri, S.Ten Alpino, dall’agosto 1943, si trova in licenza quando viene dato l’annuncio dell’armistizio. Organizza con altri giovani, il recupero di armi e crea depositi ed equipaggiamenti sull’Appennino modenese. Nominato rappresentante della Democrazia Cristiana nel Comitato militare, organo del CLN, organizza la stampa clandestina e piccole attività di sabotaggio collaborando con Don Monari nel salvataggio di militari alleati e soprattutto di ebrei. Nell’aprile del 1944 sfugge alla cattura da parte della polizia fascista e, in maggio, guida in montagna il primo nucleo partigiano democristiano col nome di battaglia “Claudio”. Al termine dei 45 giorni della Repubblica di Montefiorino viene nominato comandante della 27° Brigata Garibaldi “Antonio Ferrari”, di composizione mista (democristiani, partito d’azione, comunisti). Gorrieri nel frattempo promuove e coordina l’organizzazione delle formazioni armate democristiane della pianura, le quali, riunite sotto il nome di Brigata Italia Pianura, parteciperanno ai combattimenti della Liberazione. Nel dopoguerra ricopre varie posizioni all’interno del sindacato, partito e associazioni cattoliche fino alla sua lezione a deputato al Parlamento per la D.C. nel quinquennio 1958-1963. Dal 1966 è membro del Consiglio Nazionale della DC, fino a tutti gli anni settanta. Rinuncia alla ricandidatura al parlamento per dedicare maggiore impegno nelle organizzazioni locali. Dal 1970 al 1975 è consigliere regionale dell’E. Romagna. 

Quello di metà settembre nella zona di S. Martino fu un rastrellamento vero e proprio, non una puntata isolata. I tedeschi si proponevano evidentemente di snidare i partigiani dalla zona in cui si erano sistemati, che era diventata una base di partenza per troppo frequenti attacchi alle loro comunicazioni: evidentemente questi attacchi, uniti alla continua offesa aerea alleata, mettevano in seria difficoltà la libertà di movimento delle truppe nelle immediate retrovie del fronte. Il rastrellamento fu accompagnato dagli incendi, dalle deportazioni, dalle razzie, purtroppo ormai consuete in simili occasioni. Le perdite partigiane furono di poche unità e anche le rappresaglie sulla popolazione non furono di entità paragonabile a quelle precedenti: nessun paese, ad esempio, fu bruciato. Non ci fu, in genere, sbandamento nelle formazioni: queste riuscirono a sganciarsi in modo abbastanza ordinato e si portarono, praticamente intatte, fuori della zona rastrellata: alcune nel Reggiano, altre ad est della via Giardini (valle Panaro). Tuttavia le conseguenze del rastrellamento sull'organizzazione partigiana furono notevoli. Riprese vigore la tendenza a frazionarsi in raggruppamenti di entità più ridotta: le unità operative divennero i battaglioni e talora anche i singoli distaccamenti, piuttosto che le brigate; ogni reparto si orientò a spostarsi e ad acquartierarsi con una certa autonomia, fermo restando il collegamento fra di loro e il comando. Ogni reparto riceveva autonomamente anche i fondi dal Cumer.

L'ordine del CUMER, di prepararsi a marciare su Bologna, raggiunse Armando quando si trovava già, con la Brigata Gramsci, nella Valle del Panaro, che confina appunto col Bolognese. Armando, nativo di Pavullo, aveva una naturale propensione ad operare nelle zone che conosceva meglio, nelle quali aveva iniziato la sua attività partigiana l. Per questo, dopo lo sbandamento di Montefiorino, si era stabilito ad est della via Giardini, salvo una breve parentesi, fra la fine di agosto e i primi di settembre, quando aveva partecipato alle riunioni per la riorganizzazione delle brigate nella zona di San Martino. Probabilmente a ciò lo aveva spinto anche il desiderio di mantenersi in stretto contatto con gli esponenti antifascisti di Pavullo, nell'imminenza della liberazione. L'atmosfera politica di Pavullo, e gli stessi rapporti tra fascisti e antifascisti, erano di carattere piuttosto singolare. Il Comitato di liberazione locale, che faceva capo al socialista prof. Italo Cornia (designato futuro Sindaco del paese), si era sempre preoccupato di evitare, per quanto possibile, spargimenti di sangue e rappresaglie in Pavullo; al punto di mantenere rapporti anche con l'esponente del fascismo locale, Bruno Rivaroli, comandante della Brigata Nera. Nell'agosto del 1944, sollecitato dal CLN, Armando si era incontrato con Rivaroll a Costa del Rosso, nelle vicinanze di Pavullo, nella casa di campagna di un membro del Comitato, il comm. Vincenzo Ghibellini. All'incontro avevano partecipato lo stesso Ghibellini, Corna, Armando e Rivaroli. Ne era uscito una specie dl «patto di non aggressione» fra partigiani e brigate nere: queste non avrebbero condotto rastrellamenti contro i partigiani, i quali, a loro volta, avrebbero combattuto solo contro i tedeschi (Notizie fornite da Vincenzo Ghibellini). L'episodio ebbe uno strascico quando, verso la metà di settembre, una pattuglia del Battaglione democratico cristiano, che naturalmente era all'oscuro degli accordi, catturò Rivaroli presso la casa del suo contadino al Ronchi, non lontano d. Pavullo. Allarmato, il Comitato avvertì Armando, il quale mandò invano staffette presso le sue formazioni alla ricerca del Rivaroli. Questi, portato a Benedello e mal custodito dalla pattuglia democratico-cristiana, riuscì a fuggire. E tutto finì lì. La pattuglia apparteneva alla formazione democristiana «Val Panaro» che era stata costituita nel luglio 1944 ed operava nella zona di Benedello-Castagneto, in collegamento col Battaglione Claudio. Nel febbraio del 1945 Rivaroli sollecitò un incontro con Claudio, incontro che avvenne in una villa alla periferia di Pavullo, sulla strada per Miceno: Rivaroli avanzò proposte sostanzialmente analoghe a quelle dell'agosto precedente, ma Claudio le rifiutò. Le formazioni della Brigata « Gramsci », dopo aver battuto le zone in cui tradizionalmente era abituato ad operare Armando (Rocchetta, Montespecchio, Ranocchio: e in quest'ultima località avevano avuto uno scontro coi tedeschi il 7 settembre), si erano concentrate intorno a Sassoguidano, la frazione pavullese in cui era nato Armando. Qui il 21 settembre furono attaccate dai tedeschi. I partigiani si sganciarono portandosi sulla sponda destra del Panaro, in territorio di Montese, ma per la forte presenza di tedeschi, si spostarono ancora risalendo la Valle del Leo, e arrivarono nella zona del Lago di Pratignano, in comune di Fanano.

La zona, a 1300 metri di altitudine, è impervia e quasi disabitata e la situazione si fece difficile per i partigiani. Così la descrive lo stesso Armando in un articolo: «La situazione era diventata abbastanza critica non solo per il clima rigido, ma soprattutto perché non avevamo un solo chicco di grano, né altri generi alimentari. Sostammo così in quella zona per 6-7 giorni nutrendoci di castagne bollite e di carne - quando se ne trovava - senza sale. Fummo costretti a nutrirci di carne di mulo, ma anche quella fini, Inoltre i partigiani portavano ancora gli indumenti estivi, cioè i pantaloncini corti, senza giacche, senza coperte: una situazione grave che incideva sul morale degli uomini. Si tenga conto che i partigiani erano circa 1500, e ci trovavamo in una zona pressoché disabitata, sprovvista di tutto » . A questo punto Armando e i suoi uomini si trovarono di fronte ad una difficile scelta: tentare di rientrare nella zona partigiana modenese, seguendo gli itinerari, battuti nel passato, di Ospitale-Fellicarolo-Passo del Lupo oppure di Trentine Rocchetta-Monte Penna, orientandosi eventualmente a passare temporaneamente ad ovest della via Giardini, con l'incognita della possibile presenza di truppe tedesche; oppure indirizzarsi verso l'Appennino bolognese-pistoiese, cioè verso le linee alleate. Scelsero la seconda soluzione. Da quel momento Armando scomparve dalla scena partigiana modenese. (si inseriranno nei reparti della V armata Usa in Garfagnana assieme a G.L e Matteotti)
- pag 472 …. Bisognava rendersi conto dello stato d'animo dei partigiani e dei loro capi, incalzati dagli attacchi tedeschi, spossati dalle fatiche delle lunghe marce, indeboliti dalla fame e dalle privazioni. In condizioni simili, la demoralizzazione può impadronirsi anche degli animi più forti e la tentazione di approfittare di qualsiasi spiraglio per uscire finalmente da quella vita malcerta può diventare invincibile. In fondo, la durezza della guerra partigiana non sta tanto nel pericolo obiettivo, che è certamente più grave negli assalti alla baionetta della guerra « regolare », quanto piuttosto in quel senso di insicurezza, che si accresce a dismisura e diventa ossessionante nei momenti critici degli sganciamenti, quando si cerca di filtrare fra le maglie delle forze nemiche.
È un fatto però che Armando era il Comandante della Divisione, e non della sola Brigata «Gramsci »; il grosso delle forze della Divisione non aveva abbandonato il teatro della guerra partigiana: molti pensavano che, per lo meno, Armando, sistemata la 64 Brigata oltre il fronte, avrebbe dovuto ripassare le linee per riprendere il suo posto di Comando. Inoltre, al momento di dirigersi verso la zona del fronte, egli non si era preoccupato di informare delle proprie intenzioni chi rimaneva in territorio partigiano: evidentemente la drammatica situazione in cui si trovava glielo aveva impedito. Ciò provocò una ridda di ipotesi e di notizie contraddittorie sulla sua sorte, per cui il Comando della Divisione e lo stesso CUMER rimasero a lungo nell'incertezza (smentirono il fatto parlando di propaganda ingiuriosa, provocatoria e diffamatoria) e non poterono provvedere tempestivamente a riorganizzare le forze per la sperata discesa verso Bologna. Infine, poiché alcune delle sue formazioni non lo avevano seguito nello sconfinamento, si determinò, nella Valle del Panaro, una situazione caotica, caratterizzata dalla presenza di gruppi vari e di partigiani isolati, più o meno sbandati, privi di ordini e di direttive.  A fine ottobre lo stesso Armando poneva fine alle dicerie ed assicurava di essere oltre il fronte come già si diceva fra le bande. I comandi diramarono l'ordine di esaltare la figura di Armando ma non di seguirne l'esempio.

 

- Nonostante tutto l'idea di Bologna non era ancora tramontata. Piccoli gruppi però se ne andavano e intanto i tedeschi si preparavano a colpire ancora. I partigiani concentrati in una piccola zona (Benedello) vennero circondati. Provvidenziale per loro il mitragliamento di una squadriglia Usa la domenica mattina che permise ai partigiani nella notte del 5 (novembre) di sganciarsi.

La situazione al termine della Battaglia  di Montefiorino

Riassunto, stralci e brani da "ARMANDO" di Augusto Vaccari "Regina" partigiano classe 1925  Ed. Il Fiorino sulla

permanenza dei partigiani in territorio alleato.

 Sentiva l'orgoglio per il coraggio e la combattività dimostrata da molte formazioni, ma lo sfondamento dei tedeschi a sud e a ovest e la forte pressione verso Montefiorino lo convinse che si profilava incombente il pericolo dell'accerchiamento e preparò lo sganciamento dei suoi uomini. La sua decisione, sofferta e presa col cuore pesante era inevitabile e ragionata….. Alcuni gruppi di partigiani montanari preferirono cercarsi spazi sicuri in zone impervie; qualche formazione, che era arrivata da poco a sostegno della repubblica, decise di ritornare nelle zone di provenienza; un certo numero di uomini che erano arrivati da pochi giorni in montagna, disorientati e disorganizzati, preferirono raggiungere la pianura, dove quasi tutti si inserirono nelle organizzazioni S.A.P. (Squadre d'Azione Patriottica). Non mancarono morti e feriti e pur sapendo che le perdite avversarie erano state più consistenti il rammarico restò grande. Anche perché certi eventi tragici furono causati da azioni compiute con l'assillo di portarsi in fretta fuori dalle zone pericolose, senza le precauzioni e la calma necessaria. Alcune formazioni, credendosi già fuori portata dai posti di blocco tedeschi, incapparono in agguati che con maggiore fortuna e accortezza avrebbero potuto evitare. Non mancarono critiche e defezioni anche ingiustificate. Gruppi di sbandati, che avevano abbandonato le armi e vagavano senza una direzione o un progetto, parlavano di tradimento da parte del comando, accusavano tutto e tutti, forse per cercare una giustificazione al loro comportamento. Qualche mente esaltata coltivò il progetto di attentare alla vita dei comandanti che, tra mille difficoltà, con molta calma riuscirono a tenere uniti i gruppi che avevano combattuto e che non intendevano rinunciare alla lotta.

pag 63 e segg.- a Lizzano in attesa degli Alleati - ... Giunti sul crinale che fronteggia la montagna pistoiese, Pianaccio, Monte Acuto, Gaggio, ingaggiarono l'ultimo scontro coi tedeschi che andavano a  posizionarsi su linee fortificate più a Nord che saranno la Gotica Invernale. Armando ed Ercole puntavano, ora che gli americani era vicini, alla  cobelligeranza, pur conoscendo i precedenti negativi e l'ordine tassativo alleato di disarmare i partigiani e allontanarli dal fronte per altri impieghi (come la logistica dietro le linee o il rinforzo delle unità combattenti col Regno del Sud soggette anche a frequenti diserzioni). Ad aggravare la situazione rapporti che dicevano i partigiani di Montefiorino dediti al canto di Bandiera Rossa e sfoggio di stelle rosse sui copricapi (cosa peraltro vera ISRAL IST. RESISTENZA ALESSANDRIA... Nonostante che le circolari del CVL  raccomandino di mettere da parte simboli ed emblemi di partito, vige in larga misura la volontà di distinguersi, sia con "fazzoletti" di vario colore (rosso, azzurro, verde) sia coi distintivi: stella rossa per le brigate Garibaldi, scudetto metallico con fiaccola fra le lettere G e L per i giellisti, coccarde tricolori per gli autonomi.Le divise dei nostri partigiani erano le più disparate, ma tutti noi portavamo al collo un foulard rosso e sul cappello una stella rossa, il nostro emblema (ROCCA 199: 30) "Ormai avete esaurito il vostro compito" disse un capitano con la giacca carica di nastrini e gli occhi freddi e annoiati "ora saremo noi a continuare la guerra: non è più tempo di colpi di mano." "Come pensate di utilizzare i nostri uomini?" chiese rabbuiato il Comandante. "Siamo orientati, d'accordo con il comando alleato, a mandarli nei campi di lavoro: si renderanno utili per la ricostruzione e per sistemare le strade. Verranno inquadrati nell'esercito come genieri zappatori. Avranno una giusta paga e saranno fuori da ogni pericolo." Armando guardò Ercole e sorridendo ironicamente affermò: "I partigiani, eccettuati i malati e i feriti che spero saranno curati, intendono continuare a combattere. Consegneranno le armi a guerra finita, Per ora resteremo dove siamo e se non potremo affiancarci agli alleati continueremo la guerriglia. In quanto alla buona paga non ci interessa: apprezzeremo invece munizioni, viveri e scarpe.". Un ufficiale dell'O.S.S. (Office of  Strategic (or secret)  Service)prese atto delle posizioni inconciliabili e chiuse la riunione con parole misurate: "Oggi non possiamo prendere decisioni. Informerò i miei superiori e penso ci incontreremo ancora."

Giorni dopo la proposta di unificare i comandi e mantenere in vita un piccolo reparto di non più di 350 uomini. Armando si impegnò a formare il comando unico (partigiani di tutte le tendenze) e ad evitare altre spiacevoli divergenze che emergevano a volte dalla mancata consegna di tedeschi catturati che . Gli alleati si lamentarono che le catture riguardavano elementi secondari o di etnie non tedesche ma i puri ariani delle SS quelli non arrivavano mai al comando alleato. Questo sapeva che venivano regolarmente uccisi dai partigiani con scuse diverse. Il comando "obtorto collo" si fece ed Armando li guidava. A metà ottobre  la Va armata americana era a Porretta ma di offensive in giro se ne vedevano poche, cosa che innervosiva i partigiani, di qua e di là dal fronte. Il motivo, già ripetuto decine di volte, questo era un fronte secondario e a Berlino ci si arrivava da Nord dalla Francia o per i Russi da Varsavia. Le pattuglie partigiane comunque operavano davanti agli alleati che stavano adattandosi a passare il secondo terribile inverno italiano. A questo periodo si fa ascrivere la controversa battaglia di Montebelvedere nella quale i partigiani lamentarono diversi morti con gli alleati poco più che spettatori per un improvviso ripensamento sulla tattica.

"Gli americani - affermò - hanno il loro sistema di condurre la guerra e noi dobbiamo adattarci alla loro strategia. Avremo altre occasioni per vincere battaglie, l'importante è che ci aiutino a vincere la guerra. Non dobbiamo dimenticare che anche i loro giovani rischiano la vita per liberare l'Europa dal nazifascismo. Forse i generali volevano mettere alla prova la nostra combattività e io sono orgoglioso del vostro comportamento."  Dopo pochi giorni aumentarono le forniture di viveri, armi, scarpe e divise: alcuni degli ufficiali dell'OSS, che avevano osteggiato l'inserimento dei partigiani come forza combattente, cambiarono atteggiamenti e giudizi e gli uomini della Divisione Armando vennero impiegati sempre più spesso in pattuglioni misti e in azioni di attacco al fianco di soldati americani. Su richiesta del comando della divisione brasiliana, che era stata schierata nel settore Lizzano-Vidiciatico, i partigiani fecero da guida alle pattuglie sudamericane che dimostravano il loro apprezzamento con offerta di maglioni, coperte, sigarette e viveri… Pag. 69
 

Armando coi superstiti che avevano a loro volta raggiunto le loro linee

Dal sito Anpi - 5 novembre 1944: la battaglia di Benedello, nel comune di Pavullo
E' stato impegnato il "Gruppo Brigate Est" alle spalle dei tedeschi contro superiori forze nemiche. 12 ore di aspri combattimenti con ben 32 caduti. Una M.O al V.M. (Selvino Folloni) e tre medaglie d’argento (Giuliano Della Spina, Francesco Ferrari e William Lodi). ... A conclusione dell’articolo veniva però sottolineato che quella era un’altra battaglia da riscrivere non essendo ancora state approfondite le concitate fasi dello scontro fra i partigiani ed i tedeschi. In particolare veniva precisato che non è mai stato accertato come e perché intervennero in soccorso dei partigiani due aerei alleati che colpirono i mezzi corazzati tedeschi. Ad aiutarci a chiarire quei tragici avvenimenti è intervenuto un testimone oculare, Ennio Tassinari, agente dell’Ori (Organizzazione per la Resistenza Italiana, segreta), che a sua volta dipendeva dall’Oss americana, ed operava al di là delle linee nemiche. In quei giorni, Tassinari era stato mandato in missione in Appennino ed operava sul territorio di Pavullo a pochi chilometri dalla battaglia.

Chi fece intervenire gli aerei alleati?
"Li feci intervenire io per bombardare il comando tedesco che aveva sede a Pavullo nella villa del dottor Stanzani, che era il medico dei partigiani. Avevo appreso che ci sarebbe stata una riunione ad alto livello alla quale doveva partecipare (ed era partito poche ore prima) il feldmaresciallo Albert Kesselring, comandante in capo delle truppe germaniche in Italia".
Quindi, fu casuale l’intervento alleato?
"Si. Mentre veniva bombardata villa Stanzani, i due aerei alleati si resero conto che era in corso la battaglia fra tedeschi e partigiani. Decisero quindi di attaccare i tedeschi mettendo fuori uso le due autoblindo.

"Armando, Ercole, Tullio, Marfella dopo aver ascoltato la relazione di Angelo ed essersi complimentati per il comportamento dei suoi uomini discussero della nuova situazione: "Adesso dobbiamo pensare al domani - affermò Armando - è importante sapere quanti sono gli uomini in condizioni fisiche e morali per potere continuare la guerra. Noi vorremmo riuscire ad inserirne un buon numero nell'organico della Divisione: si tratta di combattenti che ci rafforzerebbero." "Abbiamo davanti lo scoglio alleato che non sarà facile superare." precisò Ercole. Armando con occhi ridenti e viso disteso: "Non dobbiamo rinunciare alle astuzie della politica: le stelle e le camicie rosse sono quasi totalmente sparite, i commissari sono diventati ufficiali combattenti e non fanno più pensare al KGB sovietico: vedrete, riusciremo a convincere gli americani che i nostri uomini, di ogni orientamento politico, pensano a combattere i tedeschi e a liberare l'Italia." Angelo osservò: "Posso confermarti che un alto ufficiale mi ha elencato i vantaggi che potrei avere staccandomi dalla Divisione Garibaldi: creando un battaglione Giustizia e Libertà che rappresentasse il mio partito sono sicuro che potremmo facilitare l'inserimento degli uomini di Benedello."  La riunione si concluse con le parole di Armando: "Credo che il professor Angelo abbia proposto una soluzione politica ben studiata; dovremo fare i passi necessari sulla strada che ci ha indicato, per raggiungere il nostro scopo tutte le iniziative vanno seguite e incoraggiate." 
Con l'appoggio di alcuni ufficiali dell' O.S.S., con piccole furberie e passaggi di uomini da questa a quella formazione, il comando riuscì a creare un battaglione guidato da Angelo inserendolo nel proprio organico. In questo modo la Divisione di Armando poteva contare su circa mille uomini collaudati ed esperti, animati da spirito unitario senza diversità politiche e ideologiche. Gli ammalati e i feriti furono ricoverati e curati presso l'ospedale di Pescia.
Il 13 novembre 1944 arrivò l'annuncio del proclama del maresciallo Alexander che, dopo elogi, riconoscimenti e ringraziamenti, avvertiva i combattenti del rinvio dell'offensiva alleata alla primavera e li consigliava di sospendere l'attività militare nascondendo le armi, ritornando a casa e entrando in letargo…
Pag. 74
A fine novembre ai partigiani si aggiunse un altra brigata, la Costrignano (250 uomini) proveniente dalle zone del massacro del marzo 1944 che alla fine venne assegnata a Vidiciatico. Nell'inverno successero varie cose compreso un misterioso attentato ad Armando. Gli alleati sempre più presi dalle loro cose (in Francia non andava bene e si capirà quando a dicembre il fronte venne sconvolto dalla offensiva tedesca delle Ardenne 16/12/1944 - 28/1/1945) non consideravano più il fronte italiano nonostante fossero a pochi chilometri da Bologna. Si perse quell'inverno "Davide" Osvaldo Poppi che si ritirava dalla lotta per motivi personali (vedi sotto). Dall'altra parte ebbero la comprensione del Generale italiano Cerica vittima egli steso del sarcasmo alleato. Da una visita a Roma alal fine di febbraio del 1945 ritornò rinfrancato anche perché i piani della offensiva primaverile erano "sbocciati". La sconfitta tedesca nelle Ardenne (ma gli americani lasciarono sul campo 19.000 morti, 47.500 feriti, 23.000 prigionieri o dispersi che non erano morti per difendere l'America ma per difendere anche l'Italia e la Gotica) e la pressione a Est facevano presagire la fine, per l'anno in corso, delle ultime difese tedesche. Ai partigiani, nonostante le proteste per un incarico maggiore, venne assegnato il lato sinistro della offensiva  a partire dalle posizioni del Monte Cimone.

... Ai mugugni e alle imprecazioni di alcuni suoi uomini il Comandante rispose con toni concilianti: "Ci hanno affidato il settore sinistro per proteggere l'avanzata del nucleo centrale; la Costrignano ci aiuterà a smantellare le posizioni avversarie in alta quota e vedrete che il compito non sarà facile. Dobbiamo compiere il nostro dovere come sempre." Masticava amaro, ma la sua concretezza lo costringeva a tenere uniti i fili della collaborazione. Quando cominciò il martellamento dell'aviazione e dei cannoni alleati le forze partigiane puntarono sugli obiettivi assegnati: gli uomini di Papa attaccarono e conquistarono Monte Spigolino e il resto della Divisione si allargò verso il Lago Patrignano e intorno al Cimone travolgendo le ultime postazioni tedesche per buttarsi su Sestola, Fanano, Gaiato e Pavullo. Intanto le forze alleate si erano imposte sul nemico ormai in fuga e la pianura era a portata di mano. I partigiani non si erano rassegnati e ambivano partecipare alla liberazione delle loro città ma, a Maranello, vennero fermati dai previsti ordini superiori. Modena era praticamente assediata dai gappisti e dagli uomini delle SAP che stavano forzando le linee di difesa tedesche con impeto, pagando un pesante prezzo di sangue.
Armando, dopo aver rivolto un commosso pensiero ai compagni caduti, diede appuntamento ai suoi uomini per la grande festa della Liberazione e, con i partigiani montanari, riprese la strada verso Pavullo. ...Il generale partigiano sarà insignito di medaglia d'oro al valore militare, diventerà deputato del rinato parlamento italiano e per molti anni sarà il sindaco di Pavullo. Curando la ricostruzione della sua città, affrontando problemi che sembravano insormontabili, aiutando i più deboli, dimostrò capacità di amministratore avveduto, impegnato per il bene della comunità. Resterà per sempre il Comandante Armando, combattente per la Libertà, per la Democrazia e per la Giustizia sociale, uomo di grande umanità e intelligenza
 pag 82

  LA VIOLENZA

Dal memoriale di Don “Carlo” Domenico Orlandini delle Fiamme Verdi.

http://digilander.libero.it/freetime1836/libri/libri81.htm

Sono i primi di gennaio. Don Poppi (fratello di Osvaldo “Davide”), mio fratello Giulio ed alcuni altri avevano raggiunto Civago per passare le linee: vi rimasero bloccati in una capanna per vari giorni. Mentre mio fratello era inviato presso il Col. Wilcockson, don Poppi andava per intercedere per suo fratello affinché venisse dimesso dal campo di concentramento (!!!). Nota del curatore del memoriale Ed.2009 Del Noce Pd - La missione di don Orlando Poppi era un' altra. Doveva portare due lettere di P. Marconi a De Gasperi e riportarne la risposta. Del resto in quei giorni Davide non aveva ancora passato il fronte. Gli Alleati comunque fermavano e chiudevano in campo di concentramento, in attesa di accertamenti sui motivi del passo, chiunque avesse passato le linee, salvo avessero chiare credenziali degli scopi della missione. La formazione «Armando» fece la stessa esperienza per qualche tempo. L’inesattezza, in cui è incorso Carlo, si deve anche al fatto che, a causa delle proibitive condizioni metereologiche, ogni collegamento con Civago e con le adiacenze del fronte era interrotto.

 

Col. Davies. La riunione di Gova ebbe luogo a fine novembre (44). Presenti: Davide (Poppi), Secondo (Luigi Benedetti), Wainer (Severino Sabbatini), Lino (Paganelli), Claudio (Gorrieri) e Gianfranco (G. E Ferrari). Con la nuova direzione delle formazioni partigiane modenesi, stabilita a Civago nei primi giorni di dicembre di quel 1944, Davide non ebbe alcun incarico. Egli dice «ebbi la sensazione che di me diffidasse anche il PC ... » e decise di andarsene. (Gorrieri, o.c. pag. 511, O. Poppi, o.c. pago 112).

dal sito ANPI
Osvaldo Poppi: Nato a Reggio Emilia il 13 marzo 1908, ivi deceduto nell'aprile del 1980, proprietario terriero. Compresa la realtà sociale delle campagne reggiane, Poppi che era ufficiale della Milizia fascista e che dal 1932 era segretario del Fascio di San Bartolomeo (RE), nel 1936 entrò nella organizzazione comunista clandestina. Arrestato nel 1939, per il suo impegno antifascista è condannato a vent'anni di carcere. Dopo tre anni e mezzo di detenzione, evade e si rifugia in Svizzera. Il 3 agosto 1943 rientra clandestinamente a Reggio Emilia e, col nome di battaglia di "Davide", dopo l'armistizio è designato responsabile militare per la zona montana. Assolve all'incarico sino a che Giuseppe Alberganti non decide il suo trasferimento a Modena, come responsabile dei GAP locali. Ferito alla gola durante un'azione a Pieve Trebbio (MO), nell'aprile del 1944 "Davide" riesce a raggiungere le formazioni partigiane sull'Appennino modenese e, come commissario politico di Mario Ricci "ARMANDO", le ricompatta e le riorganizza; getta anche le basi di quella che diverrà la repubblica partigiana di Montefiorino.

Nell'autunno del 1944 "Davide", per superare problemi sorti con i partigiani delle "Brigate Italia"*, decide di attraversare le linee e di portarsi a Roma. All'indomani della Liberazione è chiamato a Milano, quale membro del comitato economico del CLNAI. Allo scioglimento di tale organismo, torna nella sua Reggio e abbandona la politica attiva.

*La Brigata Italia fu una brigata partigiana di ispirazione cattolica operante a Modena dopo l'8 settembre 1943 comandata da E. Gorrieri detto "Claudio". La Brigata Italia Montagna, comandata da Luigi Paganelli (nome di battaglia "Lino"), faceva parte della Divisione Modena Montagna. La Brigata Italia Pianura, comandata da Alfonso Bucciarelli, faceva parte della Divisione Modena Pianura. Tra gli appartenenti alla Brigata Italia, si ricordano Don Elio Monari (M.O.V.M.), Mario Allegretti (M.O.V.M.) e Don Gabriele Amorth.

   
Il 15 giugno 1944, ormai in zona partigiana, 15 ausiliari (di polizia) che avevano disertato dietro istruzioni del CLN di Modena furono fermati da Nello che decise di fucilarli sotto la falsa accusa di essere spie. I quindici poliziotti vennero immediatamente giustiziati. Cosi dal racconto della Polizia: Dal sito http://www.cadutipolizia.it/fonti/1943 -1981/1944castellari.htm  I 15 agenti avevano disertato dalla Questura di Modena per unirsi ai partigiani della zona di Montefiorino sull’Appennino, dove era stata creata una zona libera (la cosiddetta Repubblica di Montefiorino) dalla quale erano state cacciati i tedeschi e i fascisti della RSI. Il Comitato di Liberazione Nazionale modenese, l’organo che guidava la Resistenza nella provincia, munì i poliziotti di una lettera con la quale veniva garantita la loro fede democratica ed il loro desiderio di unirsi ai partigiani, ma quando gli agenti raggiunsero la zona caddero nelle mani di una formazione guidata da Nello Pini, il partigiano “Nello” , il quale decise di fucilarli sotto la falsa accusa di essere spie.

La fine di "Nello" Pini

E' l'alba di una mattina di inizio estate: Un gruppo di 15 Poliziotti della Compagnia Ausiliaria di Modena sta marciando silenzioso tra i boschi dell'Appennino. Non sono in uniforme, però;  né hanno armi con loro: non devono eseguire alcuna missione o rastrellamento ma sono semplicemente dei ragazzini poco più che adolescenti che la guerra ha reso già uomini e  che hanno preso per il loro futuro una decisione irrevocabile: la diserzione. L'adunata è già suonata e di sicuro i loro superiori si sono già accorti della loro fuga. Se li riprendono, per loro è la fucilazione alla schiena. Hanno tutti in tasca quel pezzo di  carta firmato del CLN da presentare al capo dei partigiani locali. Basta con i rastrellamenti, basta col saluto romano, basta con il disprezzo  dei loro stessi connazionali .... i ragazzi cercano una nuova vita che li faccia davvero sentire Uomini e non burattini nelle mani di un pazzo. Non sanno però che si stanno consegnando nelle mani di un altro pazzo. L'umidità del sottobosco  intride i loro vestiti rendendo l'emozione del momento ancora più palpabile: raggiungono  il luogo designato per l'incontro con i partigiani e lì si fermano, in attesa.  Improvvisamente eccoli: sono i partigiani, sono tanti. Nessuno ci racconterà mai cosa sia successo davvero in quel bosco: vedo gli sguardi  incrociarsi tra chi credeva nella propria rinascita; vedo l'esibizione di quel salvacondotto nelle mani del loro nuovo capo, vedo il suo ghigno di scherno....E sento la sua frase, quella che deve essere suonata per tutti come una condanna a morte: “Questi sono spie, fucilateli!”

La strage di Montemolino ed altre eliminazioni sistematiche ed ingiustificate di prigionieri effettuate da parte di Nello Pini costrinsero il comando della Resistenza di Montefiorino ad arrestare il comandante partigiano, considerato un combattente valoroso ma spietato ed ormai incontrollabile. Il 31 Luglio Nello Pini venne fucilato a Montefiorino dagli stessi partigiani, insieme ad alcuni esponenti dello Stato Maggiore della sua unità.  http://www.poliziotti.it/public/polsmf/index.php?topic=14322.0

«In 'dla me lésta et gher anca tè», Gorrieri candidato ad essere il prossimo

http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/2005/02/19/gorrieri-le-ombre-nella-storia-del-pci.html

   

La Repubblica di Montefiorino

CONTINUA

si estese dal Passo delle Forbici a Roteglia di Castellarano in provincia di Reggio Emilia (ma anche Castellarano fu bruciata il 20 luglio 1944 dai nazisti per ritorsione) per 40 Km. di lunghezza e dalla S.S. n. 12 Abetone-Brennero o Giardini (Mo), alla S.S. n. 63 del Cerreto (Re) per 30 Km. di larghezza in totale zona montagnosa impervia) = 1200 Km. quadrati c.a. di superficie. Il 29 luglio 1944 i progressi nazisti sono ancora pochi ma il 30 cede la parte reggiana della Repubblica di Montefiorino. I reggiani debbono ripiegare, ma pur ritirandosi impegnano pesantemente il nemico, il quale sfoga la propria ira bruciando tutto ciò che trova ed il 30 sera, provatissimo sospende l'attacco, per portare in linea nuove forze. Il 31, superata Villa Minozzo, i tedeschi minacciano di aggiramento la V divisione che, dietro ordine del comando, si spingerà in avanti, passando fra le maglie naziste e si attesterà fuori dall'accerchiamento. A questo punto il capo della missione alleata sospende il lancio della "Nembo" (Batepiste) e fa saltare i depositi di armi e munizioni pesanti e leggere già lanciati. Armando dopo 2 mesi passa in Toscana dove si schiera fra i regolari della V armata Usa.

Ermanno Gorrieri"Claudio" ha scritto: "Chi non tiene presente la natura rivoluzionaria del PCI di allora e il duplice obiettivo che si riprometteva (liberazione e 'rivoluzione proletaria') non riesce a capire la Resistenza in tutta la sua complessità".
 «Io so che molte federazioni provinciali (comuniste) erano divise. Però spesso hanno tollerato e coperto i delitti, aiutando magari i colpevoli a fuggire all’Est (principalmente in Cecoslovacchia) e tacendo su chi era in carcere innocente. Tutti, anche chi non era d’accordo, hanno tenuto un atteggiamento per lo meno ambiguo».

BENEDELLO Molte case furono bruciate per rappresaglia. Da Montespecchio il grosso del Gruppo Brigate Est prosegui verso il fronte, che varcò il 10 novembre, prendendo contatto a Lizzano in Belvedere con le forze di Armando. Nessuna sorpresa suscitò la notizia dello sconfinamento del II Corpo di spedizione partigiana per Bologna: da quello di Armando era passato un mese e mezzo, durante il quale la situazione era profondamente mutata. Il 10 novembre si sapeva ormai che la liberazione era rinviata alla primavera del 1945 e la tendenza a riparare oltre il fronte era generale. Del resto Angelo e Guido avevano ricevuto da Davide precise direttive in proposito: «Se le Brigate si verranno a trovare nelle condizioni di essere annientate dai tedeschi o disciolte dalle difficoltà e privazioni, sarà preferibile riparare entro le linee alleate pur di mantenere una organicità militare che ci conquisti il riconoscimento dei Comandi alleati ». Con la scomparsa del Gruppo Brigate Est, cessò ogni attività partigiana organizzata (e su vasta scala) nella Valle del Panaro: rimasero solo alcuni piccoli gruppi locali, operanti senza alcun collegamento. Più avanti, dalla fusione di questi nascerà la « Brigata Matteotti », di cui si parlerà in seguito. Ma d'ora in poi la Valle del Panaro giocherà un ruolo del tutto marginale nelle vicende partigiane, rispetto al "teatro principale rappresentato dalla Valle del Secchia.
 
Da RSI .it… Una relazione di un agente italiano dell'OSS ("Mario Santini" al secolo Ennio Tassinari di cui verrà in futuro pubblicata l'opera) descriveva con dovizia di particolari i retroscena della "Repubblica di Montefiorino" di cui fu protagonista il comunista Mario Ricci ("Armando" Pavullo 1908/1989 Oro al V.M. nel 1953, deputato del PCI nel dopoguerra) comandante della "Garibaldi/Modena", autonominatosi governatore di tale repubblica proclamata il 18 giugno 1944, dopo l'abbandono della zona dai presidi italiani della GNR per l'esiguità delle forze contrapposte (250 legionari contro i circa 3.000 partigiani). Il Ricci, già miliziano in Spagna con le brigate comuniste, venne presentato dal "Santini" nella sua veste migliore per evidenti motivi di sicurezza personale, anche se la sua relazione venne contrapposta da un più obiettivo rapporto del Magg. Stephan Rossetti dell'OSS, che riconduceva ad una più severa valutazione dei fatti e dei personaggi "l'epopea" di Montefiorino, le gesta immorali delle cortigiane al seguito della "Garibaldi/Modena", i valori, gli oggetti preziosi e i beni trafugati alla misera popolazione terrorizzata dalle conseguenze che sarebbero derivate dall'appoggio coatto fornito ai partigiani; una serie di vessazioni continuate fino al momento in cui i garibaldini abbandonarono precipitosamente Montefiorino sotto la minaccia delle FF.AA. italo-tedesche. L'indisciplina di "Armando" per aver infranto gli accordi stipulati con gli alleati, l'aver abbandonato alla mercé dei tedeschi la popolazione senza alcun riguardo sulla sorte degli abitanti del posto, l'arbitrario abbandono di zone da controllare fatto dai partigiani per traversare le linee del fronte e portarsi immotivatamente presso gli alleati, il sostanziale fallimento dell'operazione aviotrasportata "Batepiste"* vennero evidenziati e criticati a tutto campo dalla relazione del Maggiore Rossetti (alleati), che definiva personalmente il Ricci: crudele, spietato, violento, dittatore, despota e arbitro della vita e della morte delle genti, attribuendogli numerose uccisioni di civili e militari della R.S.I. e tedeschi, da lui eliminati personalmente o per interposta persona e poi fatti passare come caduti in azioni di fuoco o per rappresaglie tedesche, "giustiziati" mentre "tentavano la fuga" e con il Ricci venivano denunciati i suoi fidati aiutanti "Ercole" e "Davide", che egualmente derubarono e depredarono la popolazione senza pietà. Criticata anche la sua pretesa combattività giudicata pura millanteria, e, per finire: incompetente come comandante militare, interessato più ai suoi beni personali che alla conduzione della guerriglia, (fuggì da Montefiorino con 5 cavalli carichi dei suoi beni) dotato di grande scaltrezza, istintivo buon senso, immediata valutazione dei fatti contingenti. "Armando" e i suoi aiutanti avevano potere di vita e di morte sui loro uomini ed abusavano per ambizione e interessi personali di tale potere. (Cfr. Petracchi - op.cit).

(*Il 19/6/1944 le autorità alleate richiesero l'impiego di un battaglione della "divisione" italiana di paracadutisti"NEMBO" per un progetto di aviolancio nell'Appennino Emiliano alle spalle dei tedeschi. Fu scelto il 185° che fu avviato dall'Aquila a S. Vito dei Normanni per un ciclo addestrativo presso la Training Battle School cui seguì l'addestramento al lancio con materiale britannico. L'operazione fu poi annullata il 1/8/'44 mentre il 185° era già pronto all'imbarco a  Brindisi),

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