FLUMINIMAGGIORE  -  PROGETTO SARDEGNA 2000 - Corsi di alfabetizzazione Informatica

Economia

Pastorizia e Agricoltura

L'economia di Fluminimaggiore, dopo la chiusura delle miniere, si basa come un tempo sulla pastorizia e sull' agricoltura.

Contadine a Fluminimaggiore

Nel terreno collinare si coltivano in prevalenza: legumi, ortaggi, agrumi, frutta, legname.

Per quanto riguarda la pastorizia si allevano: ovini, caprini e suini. Le pecore sarde vengono allevate a triplice attitudine: carne, lana e latte. Non è molto ricercata la loro lana in quanti si presenta allo stato grezzo. Le capre a Flumini sono prevalentemente mediterranee, e scarseggia la razza africana.

Come le pecore, le capre sono allevate a più attitudini: latte,carne...
I suini risultano pochi in confronto alle pecore e alle capre. L' allevamento è finalizzato dalla produzione delle carni per gli insaccati, che per le festività sono molto richiesti (specialmente il porchetto). Anche se Fluminimaggiore ha un' economia agro-pastorale c'è una scarsa attività agraria, per le condizioni litologiche sfavorevoli e per le condizioni morfologiche e climatiche. Nei territori a sud, sud-est, sud-ovest si allevano caprini, mentre nei territori a nord, nord-est si coltivano mandorleti, uliveti e vengono utilizzati per il pascolo di ovini e bovini. Nelle dune originate dall'attività dei torrenti si coltiva la vite.


Torna su


Donne che lavano i panni nel rio Mannu



Torna su

Le mole asinarie e i mulini idraulici


Il mulino idraulico di Pistinca, uno dei tanti che ebbero un ruolo importante nell'economia del nostro paese, inserito come è nel suggestivo ambiente fluviale e collinare, col suo restauro ha acquistato lo splendore che sicuramente non conobbe nemmeno alle origini; infatti le casupole, tutte costituite da "domu e sobariu", che inizialmente sorsero indipendenti l'una dall'altra per accogliere le mole, andarono ampliandosi secondo le esigenze dei vari proprietari, raggiungendo poco per volta le dimensioni attuali.
Il fabbricato, che per secoli fu al servizio dei fluminesi per le attività molitorie, ritorna alla cittadinanza per dare risposte alla curiosità e alla cultura con la sua nuova funzione di Museo Etnografico.(...)

Risalendo la nascita di Fluminimaggiore ai primi anni del 1700, i nostri impianti di molitura idraulica non vantano origini molto lontane come lo possono tanti altri della Sardegna.
L'uso della forza dell'acqua nella macinazione dei cereali risale a tempi antichissimi: chi ha qualche reminiscenza di letteratura e di storia latina ricorda che nell'antica Roma, dove anche gli schiavi erano impiegati nelle macine, i mulini ad uso pubblico erano azionati dall'acquedotto Traiano ed operarono per molti secoli nel colle Gianicolo. Nelle province comparvero più tardi, forse perché i contadini non ne sentivano la necessità, avendo nelle proprie abitazioni la mola asinaria e la semplice ed economica "manumola", il minuscolo congegno manuale che perfino i bambini riuscivano a far funzionare.


Spetta ai monaci il merito di avere introdotto quelli idraulici in Sardegna; così nei paesi ricchi di corsi d'acqua perenne cominciò ad apparire la ruota mossa dall'acqua, che nel lavoro molitorio sostituì "su mobenti".
Cassiodoro, politico e letterato romano ritiratosi nel suo monastero di Vivarium, consigliava che gli orti murati, i "vivarium", fossero sempre vicini ai fiumi per sfruttarne l'energia a favore dei mulini.
In Sardegna quei suggerimenti furono messi in pratica dai monaci di Santa Maria di Bonarcado, che nella loro proprietà, in "s'ortu dessu mulinu", ne avevano proprio uno idraulico, citato nel loro Condaghe insieme ad altre strutture legate all'uso dell'acqua.
La stessa cosa avvenne molto più tardi a Flumini dove i primi contadini, che erano giunti dalle campagne di Terralba e che quasi certamente conoscevano le mole di quel monastero, misero a buon frutto i consigli dei monaci, imitando quelle strutture nella loro nuova residenza; infatti, trovando nella nostra vallata le condizioni favorevoli per la coltivazione di orti e di giardini, sfruttarono le acque fluviali per uso irriguo e per il funzionamento di tanti mulini.


Nella buona stagione era facile sbarrare il fiume con rudimentali nasse per deviarne il corso in tanti canali, che, oltre ad irrigare la pianura, lungo l'abitato mettevano in funzione le mole di basalto.
Quando le chiuse fluviali, non più necessarie ai campi, venivano demolite alle prime piogge autunnali, era cura dei mugnai tenere attive le gore con quegli accorgimenti indispensabili per l'alimentazione dei loro impianti.
I mulini venivano costruiti sopra i canali principali o sulle loro derivazioni e lo stesso edificio era spesso ampliato per diventare dimora stabile del mugnaio e della sua famiglia.


L'apparato motorio era molto semplice: la ruota idraulica, alloggiata sotto il fabbricato, trasmetteva direttamente il movimento rotatorio ai palmenti sistemati all'interno del locale: tutto funzionava senza ingranaggi e con risparmio di energia: ogni giro di ruota a pale era un giro di macina.
L'innovazione tecnica segnò quindi il tramonto della mola asinaria e la messa a riposo de " su mobenti " ?
Questo avvenne in parte, perché molti impianti diradarono soltanto l'attività, mentre altri scomparvero del tutto.
Un esempio lo diede Cagliari all'inizio del secolo, quando un grosso industriale genovese , trasformando un piccolo mulino in una grande industria capace di produrre giornalmente 500 quintali di farina e 100 di crusca, " fece sparire quasi tutti i centimoli che fornivano la semola e la farina alle molte panattare " della città e dei dintorni, ma anche delle località lontane.

Tratto da"Quaderni di storia fluminese2" "Cereali e Mulini" Autore:Bruno Murtas

L’antico mulino ad acqua Licheri, situato al centro del paese, ospita il museo Etnografico. Esso rappresenta gli oltre venti mulini che sorgevano, sino alla prima metà del Novecento, lungo i due principali fiumi di Fluminimaggiore

 

Come si faceva il pane

Torna su

Artigianato

Di Gianpiero Pusceddu

Una volta florido e ricco, si è ridotto attualmente in rare e comunque apprezzabili attività anche se di scarso rilievo economico come quelle rappresentate dalla produzione dei coltelli, delle stoffe e tappeti, della falegnameria e della cestineria, nonchè del cuoiame.

Eredi di storiche botteghe artigiane dove, il fabbro, su frau, costruiva tutti gli utensili che avrebbero consentito al contadino di arare, zappare, spalare, ecc… alle persone di muoversi (era lui che modellava i lamoisi delle ruote dei carri consentendo il trasporto delle cose anche nelle strade più inpervie) non poteva mancare a un buon fabbro la capacità di saper fornire una buona forgia per costruire lame, coltelli, scuri, per gli usi più svariati.

Non meno impegnativa era l'attività delle tessitrici che dalla lana grezza producevano l'orbace e le stoffe necessarie alla preparazione dei vestiti, dei tappeti e di tutto ciò che era utile.

Altra figura indispensabile nella vita sociale della comunità era l'insostituibile opera "de su mestu 'e linna", lui costruiva e decorava tutto, spesso con figure simboliche dalla culla alla bara tutto passava nella sua buttega. Era lui che preparava l'arredo delle case, costruiva cassapanche, armadi e soprattutto il prototipo delle moderne cucine "su podestaggiu" dove la casalinga distribuiva e conservava gli attrezzi di cucina "turrasa e tallerisi". Notevole era anche l'impegno del falegname nel settore edile, porte, finestre, capriate, erano frutto del suo impegno. Di tutti poi era l'impegno nell'intrecciare giunco, olivastro, canne e asfodelo nella costruzione di cesti e cestini "crobisi e poiasa" .

Al calzolaio spettava il compito di modellare e costruire "crappittasa, ferrarasa e finisi", "cappusu, sandalusu, gutturarasa, odriagusu, seddasa e tutto quanto costruito in pelle conciata dallo stesso artigiano, era necessario.

 

Antico telaio

Torna su

Turismo

Di Gianpiero Pusceddu

Il nostro territorio è stato da sempre interessato dall'attività turistica, infatti si può dire che le ricchezze ambientali delle nostre zone, le foreste, la selvaggina, e le acque hanno portato all'arrivo di genti nuove che spesso oltre che transitare vi stazionavano.

Numerosi sono stati i viaggiatori che già dai secoli scorsi hanno parlato del nostro comune. Primeggia tra questi il La Marmora che evidenziava già da allora quelle che ancora più di oggi sono le potenzialità turistiche del paese. Si ritrova, infatti, nei suoi scritti la descrizione delle nostre foreste, del tempio di Antas della ricchezza delle nostre acque. A ciò si aggiunge la bellezza delle nostre spiagge, del nostro mare, del nostro patrimonio speleologico, paleontologico, minerario e di archeologia mineraria. Per dare il quadro di una potenzialità turistica enorme.

In una società come quella attuale, dove la ricchezza economica e la disponibilità di tempo libero hanno reso il turismo una delle attività economiche, il nostro territorio potrebbe come quello dei comuni limitrofi avere un futuro economico, certo vi è però la necessità di avere tutte quelle infrastrutture che consentano questa attività con tutto l'insieme di servizi necessari a soddisfare le richieste dei turisti.

Torna su


Ambiente

Storia

Miniere


Pastorizia-agricoltura

I mulini

Artigianato

Turismo


La tassa sul macinato

Lo Stato italiano nel luglio del 1868 introdusse la tassa sul macinato, che colpì indistintamente tutte le operazioni di molitura.
Il provvedimento fu impopolare e suscitò dimostrazioni, disordini, saccheggi ed incendi, specialmente in Emilia Romagna.
L'opposizione parlamentare, della quale faceva parte anche il deputato sardo Francesco Salaris, fece del suo meglio per ostacolare l'approvazione della legge istitutiva della tassa, chiamata dagli stessi deputati "tassa eminentemente affamatrice del povero".
Anche la Sardegna, pur non avendo in quel tempo industrie molitorie rilevanti, ma soltanto piccoli mulini idraulici e tanti altri a trazione animale, ebbe molti inconvenienti con gli agenti del fisco per le multe che infliggevano ai mugnai e ai contadini non rispettosi dell'impopolare legge.

Era un modo semplicistico per tassare la popolazione, nessuno escluso, perché tutti consumavano la farina quando si nutrivano di pane.
"Doveva dunque a qualunque costo riscuotersi la tassa ... e pagavano ancora la domanda e la licenza di macinare il grano, l'orzo, le ghiande ad esclusivo uso familiare ": così scriveva ancora il Salaris, evidenziando che dai mulini provenivano " anche le farine delle ghiande; e di tutte quelle farine si faceva il pane e di questo pane si nutriva la gente ... "!(...)
Non abbiamo documenti che attestino fatti clamorosi avvenuti a Flumini su questa vicenda, se non la notizia che per lungo tempo i nostri mulini idraulici rimasero chiusi, suscitando il malcontento della popolazione e la preoccupazione delle Autorità, in particolare del Sindaco che in consiglio ebbe a dire che "tale fatto potrebbe produrre qualche sinistra conseguenza....".
Per questo il Sottoprefetto di Iglesias volle sentire gli amministratori del circondario, suggerendo la requisizione di un certo numero di mulini per far fronte alla serrata dei mugnai.
Ottemperando alle indicazioni dell'alto funzionario, il sindaco Antioco Sanna il 9 Agosto del 1873 convocò la giunta per adottare l'ordinanza di requisizione di sei mulini, numero ritenuto sufficiente a soddisfare le esigenze molitorie della popolazione fluminese. (...)

Poiché in quel tempo in quasi tutta la Sardegna i cereali si quantificavano con "s'imbudu, sa cuarra e su moi", misure non contemplate dalla legge nazionale, la Giunta, per adeguarsi alle norme dello stato, decise "di acquistare per conto del Municipio una stadera" da usare nei mulini requisiti, destinando anche "... un impiegato a conto degli stessi mugnai per tenere un registro del grano che conducono alle predette macine, indicando nome e cognome dell'esercente e del vassallo col relativo peso del grano...".

La tassa sul macinato, imposta dal governo Manabrea e approvata con l'impegno che si sarebbe abrogata una volta raggiunto il pareggio finanziario, durò più del previsto, perché fu soppressa una dozzina d'anni dopo, sotto il ministero Cairoli -Depretis.
(...)

Tratto da"Quaderni di storia fluminese2" "Cereali e Mulini" Autore:Bruno Murtas


Come si lavavano gli indumenti

Biancheria, lenzuola e ogni altro capo, venivano lavati con acqua e sapone nei nostri torrenti più puliti e vicini all' abitato (Rio Bilittu, Su Delegau) dove su delle grandi pietre piatte venivano battuti gli indumenti; l'acqua era spesso gelata. Raramente il bucato veniva lavato in casa perché era una operazione che durava quasi un intera giornata.
I capi lavati nell' acqua dei torrenti venivano poi stesi direttamente negli arbusti .

Dopo il bucato