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IL RISVOLTO DI COPERTINA

La resina è il prodotto di un dolore, una lacrima che cola dall'albero ferito. Quelle gocce giallo miele, non scappano, non scivolano via come l'acqua, non abbandonano l'albero. Rimangono incollate al tronco, per tenergli compagnia, per aiutarlo a resistere, a crescere ancora.
I ricordi sono gocce di resina che sgorgano dalle ferite della vita. Anche quelli belli diventano punture. Perchè, col tempo, si fanno tristi, sono irrimediabilmente già stati, passati, perduti per sempre.
Gocce di resina sono piccoli episodi, aneddoti minimi, spintoni che hanno contribuito a tenermi sul sentiero.
Proprio perchè indelebili sono rimasti attaccati al tronco. Come fili di resina emanano profumi, sapori, nostalgie.
Tutto quello che ci è accaduto, o che abbiamo udito raccontare ha lasciato un segno dentro di noi, un insegnamento, o, quantomeno, ci ha fatto riflettere. La vita, nel bene e nel male è maestra per tutti.

 

COME COMINCIA

UNA VISITA

Pochi, tra gli estimatori di Giovanni Comisso sono al corrente che, subito dopo la fine dell'ultima guerra, ad autunno inoltrato, il grande scrittore trevigiano trascorse un paio di giorni ad Erto che non avrebbe dimenticato mai più. Quella gita la racconta in un capitolo del suo libro "Satire italiane" edito da Longanesi nel 1961. In quelle pagine, per ovvi motivi, Comisso chiama Erto, Cimalsole, ma ne descrive tali particolari e dettagli, soprattutto il viaggio da Longarone su di un camioncino, che anche un estraneo riuscirebbe a riconoscere Erto. Un suo amico, che era stato nascosto da noi nel settembre del '43, per sfuggire ai campi di sterminio, aveva invitato lo scrittore a trascorrere qualche giorno a Erto, dove, a suo dire..."Il saluto normale di un ragazzo ad una ragazza è di stringerle con effusione le mammelle". E questo è vero, ma solo tra paesani durante il viaggio. Comisso pensava "di andare verso un paese primordiale dove i sentimenti esistessero ancora allo stato puro e innocente". Invece non fu così.


 
 
 
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