CASILINO 900: FIGLI DI UNO STESSO PADRE - casilino900@libero.it

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Il muro nel cuore (di Don Paolo Lojudice, Direttore Spirituale Seminario Romano Maggiore e della Dott.ssa Lucia Ercoli, Responsabile Sanitario Servizio di Medicina Solidale e delle Migrazioni, Policlinico Tor Vergata)

Roma 2 agosto, sabato è tardo pomeriggio, come di consuetudine andiamo a trovare i bambini del Campo. Nel piazzale intitolato “Tutti figli dello stesso Padre”, là dove si svolgono le nostre attività con i ragazzi, l’accesso delle auto è impedito dalla presenza di alcune macchine della polizia municipale. Accosto l’auto al marciapiede, scendo e mi dirigo dritta verso i vigili per chiedere cosa sia successo.

Uno di loro mi risponde che gli è stata data disposizione “ad oltranza” di non permettere l’accesso al campo dei visitatori. Gli faccio presente di essere un medico e che da due anni seguo numerose famiglie del campo; il vigile mi autorizza ad entrare e mi chiede se voglio essere scortata. Sorridendo gli replico che dentro il campo ho solo amici e non ho bisogno di alcuna protezione. Devo però procedere a piedi, nel campo non si può entrare con l’auto, la strada è sbarrata da piloni di cemento. E’ stato innalzato un muro? ma cosa significa? Mi avvio, lungo la strada i bambini mi riconoscono e mi vengono a salutare. Ci hanno chiuso dentro- mi dicono. Siamo in prigione- dicono altri.

Ne sollevo qualcuno in braccio, gli sorrido e li tranquillizzo: ma no, state calmi non c’è nessuna prigione. I bambini insistono: non possiamo più andare a giocare nel piazzale, non possiamo più andare al mercatino con le macchine, solo a piedi. Anche per fare la spesa, per prendere l’acqua, ci hanno messo in prigione. Li prendo per mano e continuo a camminare. Anche gli adulti mi si avvicinano; ci hanno chiuso in gabbia, dicono che siamo bestie. Non ci lasciano portare dentro le macchine- Se qualcuno si sente male di notte, come lo trasportiamo in ospedale? ci sono anziani molto malati qui, donne incinte, bambini disabili. Ci hanno lasciato al buio, senz’acqua, e adesso ci chiudono anche la strada, ma perché non ci uccidono?- dice un’anziana- dicono che siamo animali- continua un’altra- e allora che ci uccidano tutti, così finisce questa storia.

Anche gli uomini prendono la parola:- Hai visto, hanno fatto il muro di Berlino! Che possiamo fare adesso? – Ma no state tranquilli, cerchiamo di capire che succede e chiediamo le ragioni di questo muro, rispondo poco convinta.

Le ragioni di questo muro, mi ripeto nella mente; realizzo in un attimo che il solo pensare queste parole è bestemmiare contro il cielo.

I miei fratelli zingari, pensano ingenuamente che il muro sia il cemento che ostruisce la strada d’accesso al campo e li rinchiude in una prigione a cielo aperto. Non vedono ancora il muro invalicabile che è cresciuto nel cuore della gente di questa città. Il muro che politici senza scrupolo, giornalisti mercenari, uomini di cultura prezzolati hanno sistematicamente costruito in questi mesi con il preciso intento di fornire all’opinione pubblica un capro espiatorio. O peggio, trovare un diversivo che aiuti la gente a distrarre l’attenzione dai problemi reali di questo paese!

Ripenso a quanto è accaduto negli ultimi 5 mesi: una follia collettiva si è scatenata contro immigrati e nomadi partendo da alcuni episodi di cronaca nera, magistralmente amplificati dai media. Il martellare dei telegiornali in prima serata sulla minaccia rappresentata da immigrati e nomadi, senza pensare agli stupri perpetuati dai branchi di nostri bravi ragazzi italiani, agli studenti universitari che si sballano in discoteca e che travolgono innocenti con le loro auto lanciate all’impazzata, violentano in gruppo una povera ragazzina, oppure ai preadolescenti italiani che incendiano scuole, filmano le sevizie da loro perpetrate a danno di un disabile, o meglio ostruiscono i binari di un treno ad alta velocità per filmarne la frenata e sghignazzare come deficienti nei loro incontri da animali senza ragione.

Di questi chi parla? Da questi chi ci difende? Sono stati dislocati vigili e soldati nelle discoteche, che vomitano ogni sera centinaia di ragazzi e ragazze ubriachi e alterati da stupefacenti che vanno poi a sfracellarsi sulle strade?

Queste sono solo alcune delle ragioni, che portano la gente a cercare capri espiatori, qualcuno su cui addossare la colpa di un mondo che ci nausea e che non siamo in grado di modificare. Questo ci costringe inconsapevolmente a costruire muri nel cuore e nella mente, per non vedere il male che ci divora dentro, che ci ha preso la mano, che ci ha deresponsabilizzato rispetto a quanto accade. Abbiamo bisogno di dare la colpa a qualcuno della nostra ignoranza, della nostra maleducazione, della nostra insensibilità, della nostra mancanza di senso morale e civile. Su chi scaricare la nostra frustrazione di genitori falliti, di educatori incapaci, di cittadini sedotti se non corrotti dal denaro facile, dai miraggi del potere. E allora cosa meglio di prendercela con chi non può difendersi perché senza diritti? Persone come i rom che non hanno diritto alla cittadinanza, alla casa, all’acqua, all’energia elettrica?

Ho letto alcuni commenti rilasciati dai romani sui nomadi e mi sono profondamente vergognata. La prima cosa che mi sono augurata è che non si trattasse di romani cristiani; che quanti dicono, scrivono o solo pensano queste cose non fossero stati battezzati. Ho ripensato a Lorenzo, diacono della prima Chiesa, responsabile in quei tremendi anni di persecuzione, del servizio ai poveri della comunità cristiana di Roma. Lorenzo, di cui ricorre la memoria il 10 agosto, si lasciò orrendamente torturare e uccidere sulla graticola per non tradire il suo servizio. All’imperatore Valeriano che gli intimava di consegnargli i tesori della Chiesa, Lorenzo si presentò con un gruppo di straccioni: ecco i tesori della Chiesa- disse semplicemente, decretando così la sua condanna a morte. I tesori della Chiesa! I poveri sono ancora oggi i tesori della Chiesa, ma i cristiani ne hanno coscienza? I cristiani sanno che in ogni povero, in ogni carcerato, in ogni malato, in ogni affamato, in ogni straniero, in ogni straccione, in ogni rom è Cristo stesso presente che viene a provocarci? I cristiani sanno che dalla risposta a questa provocazione dipende la loro salvezza?

Non il posto di lavoro, non la carriera, non il denaro, non il sesso facile, non lo sballo del sabato sera, ma la salvezza? I cristiani credono ancora alla salvezza? Perché se ci crediamo, dobbiamo svegliare la coscienza di questa città. Dobbiamo ricordare ai nostri fratelli di Roma, che sarà l’apertura del nostro cuore ad essere giudicata. Per questo è necessario ed urgente abbattere tutti i muri, quelli di cemento e quelli morali; dobbiamo rimuovere ogni barriera verso gli altri. Dobbiamo invece costruire ponti, dobbiamo spalancare porte, aprire le porte a Gesù che ci si fa accanto sotto le spoglie di ogni povero. Lo dobbiamo implorare di restare con noi perché la sera sta scendendo su questa città e rischia di immergerla in un buio che non conosce alba.

Resta con noi Signore, perché il giorno già volge al declino. Resta con noi Signore e perdonaci di non averti riconosciuto e accolto in questi fratelli nomadi. Resta con noi Signore e salvaci dal male, abbatti il muro d’ombra che acceca il nostro cuore. Resta con noi e facci testimoni audaci della carità come Lorenzo, dacci il coraggio di restare sorridenti e fermi sulla graticola dell’ignoranza, della cattiveria, del cinismo, della follia razziale. Resta con noi Signore, non ci abbandonare in questo momento della storia di Roma, rendi la nostra città cuore della cristianità, testimone esemplare della tua predilezione per i fratelli più poveri.

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 A CURA DI: NAJO ADZOVIC - DOTT.SSA LUCIA ERCOLI - DOTT.SSA LAURA CECCARELLI - DOTT. GAETANO BASILE - FOTO: DOTT. PAOLO ROBAZZA - GIOIA ONORATI