III/b. Tecniche pittoriche: la natura morta, psicologia dell'artista

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il pensiero

 

  1. pittura ad olio

 

 

gli strumenti

 

Per la pittura ad olio occorrono un cavalletto, una tavolozza su cui stendere i colori che andrà posizionata su di uno sgabello a lato del cavalletto. Sulla tavolozza si ricaverà uno spazio su cui appoggiare un piccolo contenitore per l'olio di lino crudo a chiusura ermetica, che servirà per diluire i colori. Una spatola utilizzata per mescolare i vari colori sulla tavolozza, potrà servire pure per stendere il colore anche sul supporto in caso si vogliano ottenere effetti spatolati.  Per stendere la vernice di fondo occorrono pennelli piatti a setola dura, mentre per dipingere per velature o per creare altri effetti a spessore con il pennello, occorrono pennelli tondi a setola morbida e medio dura. Un canovaccio o della carta assorbente del tipo da cucina serviranno per pulire la spatola o i pennelli sul momento.

 

 

 

La pulizia degli utensili. Dopo ogni giornata di lavoro occorre pulire pennelli, spatola e tavolozza se si vuole mantenerli abili per ulteriori applicazioni. I pennelli vanno lavati con sapone e acqua in modo da mantenere pulite le setole, tenerli a mollo nell'olio di lino se non si utilizzano di continuo provoca il loro indurimento. Se non si vuole incrostare la tavolozza occorre raschiarla con la spatola, la quale poi andrà pulita con la carta. I colori che si vogliono utilizzare anche qualche giorno dopo è meglio ammucchiarli da una parte in modo che si crei una pellicola che isoli la massa interna dall'esterno, mantenendo l'interno fresco.

 

 

 

SUPPORTO: la tela e la tavola

 

Supporto. Il supporto più adatto per la pittura ad olio è la tela o la tavola di legno.
 
Tela. In commercio esistono tele già preparate sia nell'imprimitura che intelaiate.
La tela è un materiale elastico, facilmente trasportabile, che pur subendo allentamenti dovuti a cambiamenti climatici è di facile manutenzione. E' consigliabile appoggiare la tela, che non verrà appesa, sempre dal lato della pittura verso il muro affinché i rilassamenti dovuti al cambiamento di temperatura non modifichino in modo esagerato la tiratura della tela. Infatti le otto zeppette poste ai quattro angoli del telaio servono a risistemare l'assetto della tela solo per lievi flessuosità.  In altro caso occorre togliere i chiodi e tirare la tela. 
I colori stesi su una tela risultano più brillanti che ne su tavola, perché il colore su quest'ultima tende ad essere assorbito maggiormente. Le tele possono essere di puro cotone, la qualità più pregiata per eseguire dipinti a sfumato con velature, infatti per una pittura minuziosa occorrono tele a grana finissima. Mentre passando ai misti cotone e lino, canapa o iuta si ottiene una pittura più grossolana, adatta per la pittura di spessore, dove si vogliono ottenere effetti spatolati. 
 
Tavola lignea. Le tavole in legno sono da preparare. La tavola può subire delle incurvature a seconda della temperatura e umidità a cui è esposta e inoltre può essere danneggiata dalle tarme. Quindi va sempre protetta con un tarmicida e un'imprimitura a base di resine che la isolino dagli agenti atmosferici. Il materiale ligneo più usato è la tavola di compensato, che a richiesta può seguire le misure dei formati su tela. Naturalmente il formato dell'opera segue il gusto dell'artista che lo sceglierà in base alla sua ricerca artistica.
 

 

La preparazione del supporto:

 

La tavola. Il lato della tavola destinato a ricevere la pittura deve essere ben levigato con carta vetrata; si procede all'eliminazione di nodi e cavità colmandole con dello stucco. Col termine preparazione si intendono tutti gli strati intermedi fra il supporto e la pellicola pittorica. Essa può essere ottenuta in modi più o meno sofisticati: generalmente in antichità si procedeva con gesso unito ad un legante, come la colla di pelle di coniglio. Tale composto, una volta steso in vari strati, veniva levigato e lisciato. A questo punto la tavola era pronta a ricevere la pellicola pittorica. Oggi esistono delle resine sintetiche che sostituiscono il miscuglio ottenuto con la colla animale e il gesso, queste vengono applicate sopra la tavola di compensato levigata, come fondo preparatorio. E' opportuno stendere due strati di resina attendendo i tempi indicati per l'asciugatura e poi levigare ulteriormente la parte su cui si andrà a dipingere.

 

La tela. Sulla tela grezza viene eseguita l'imprimitura, cioè viene steso un composto a base di colla animale e gesso come per le tavole. La tela viene poi stesa su di un telaio, dopo averla bagnata e fatta asciugare. Per le tele fini è sufficiente una preparazione leggera, per quelle grosse occorrono più strati. L'imprimitura della tela, che deve rispettare l'elasticità del supporto, può mutare per diversi particolari da artista ad artista. Oggi le tele si possono trovare in commercio già pronte.

La maggior parte delle tele in commercio hanno una preparazione "universale" composta principalmente da colle sintetiche e gesso, ciò significa che possono essere utilizzate in ogni tipo di tecnica pittorica (olio, acrilico, ecc.). Tuttavia le tele di lino, utilizzate tradizionalmente per pittura ad olio, sono spesso trattate con una preparazione "grassa", composta da colla animale, che permette una migliore coesione dei colori ad olio (quindi grassi) con il supporto. Si consiglia quindi, nel caso si utilizzino colori acrilici (magri), di assicurarsi che la tela prescelta sia trattata con la preparazione "universale".

Le tele di cotone possono essere tese, una volta montate su telaio, inumidendole sul retro in modo uniforme con acqua tiepida utilizzando una spugna. Una volta asciugata, la tela sarà perfettamente tesa. Questo stesso procedimento può essere utilizzato qualora si verifichino ammaccature.

 

 

STILE: il tipo di pennellata

 

Applicazione del colore sulla superficie del supporto:   

 

La vernice di fondo. Prima di dipingere bisogna creare uno strato di medio spessore di pittura ad olio, che imbeva la tela o la tavola in modo da poter stendere più facilmente il resto del colore, che verrà applicato in seguito una volta asciutto. Questo strato preparatorio va dato con un pennello piatto a setole dure abbastanza grande. Il colore del fondo corrisponde alla tinta più chiara del soggetto da dipingere. Si procede sempre stendendo il colore dello sfondo e solo in seguito si riempie il soggetto principale. 

 

La stesura del colore nella pittura a velature. Dopo aver steso il fondo, si creerà una tinta media del soggetto da rappresentare, e si andranno a ricavare i contorni del soggetto come se si disegnasse col pastello. Per la natura morta e il corpo umano si procede stendendo prima i colori chiari che si andranno a velare con i colori scuri di mano in mano. Questo per ottenere un effetto naturale, il contrario renderebbe gessoso l'effetto del colore chiaro. Le varie campiture che di man in mano si incontrano, si andranno a sfumare incrociando le pennellate, mischiando così il colore sulla tela.

Per dipingere la vegetazione, gli alberi, invece si stendono prima i colori scuri e poi man mano si andrà a schiarire ricavando le foglie. Il colore viene sempre steso in piccole quantità, incrociando le pennellate, in questo modo viene mescolato e steso in maniera uniforme, donando quel carattere di sfumato e di leggerezza della velatura.

 

 

Nei punti 1., 2., 3., viene evidenziato il movimento ad incrocio che bisogna compiere per ottenere un effetto velatura.

Sotto ne vediamo un esempio realizzato nella pittura di Leonardo.

 

ANNUNCIAZIONE, olio e tempera grassa su tavola, Leonardo (1475-1478)
 

 

La stesura del colore nella pittura a spessore. Di seguito vedremo lo stile pittorico di vari artisti nelle varie epoche storiche, che fungeranno da esempio molto importante per chi voglia dare espressione alla pennellata.

 

C. Monet. Nell'impressionismo si cercava di cogliere il movimento mutevole della luce, che cambiava di ora in ora sul paesaggio dipinto all'aperto. A questo punto non era più importante curare il dipinto ma abbozzare quel momento con movimenti e tocchi rapidi di pennello. I colori rimanevano accesi perché non erano più mischiati insieme incrociando la pennellata ma accostandoli seguendo l'andamento dell'acqua o le linee principali che sintetizzavano la scena.

 

 REGATA AD ARGENTEUIL, olio su tela, Claude Monet (1872)

I tocchi di pennello accostati in questo modo conferivano estrema freschezza al dipinto che veniva eseguito in poche ore, e quindi non vi potevano essere ripensamenti, più adatti ad una pittura a velatura, che era studiata in più momenti. Inoltre potevano trasparire dal fondo zone in cui appariva la tela che dava ulteriormente senso di vitalità, il senso mutevole della vita.

V. Van Gogh. Post-impressionista, ha trasformato la pennellata impressionista dandogli un carattere curvilineo-spiraliforme, e donando intorno ai soggetti una sorta di aura data dai tocchi distribuiti a raggera che vanno sfumandosi seguendo il  carattere-splendore del colore. Il colore vive di un moto spirituale perpetuo.

 NOTTE STELLATA, Vincent van Gogh (1889)

 

In questo caso il dipinto veniva eseguito contornando gli oggetti con una linea nera, di tipo orientaleggiante, e poi gli spazi riempiti con questi tratti curvi che accentuano l'esasperazione e il tono drammaticamente sublime.

 

P. Césanne. Con questo maestro sempre del neoimpressionismo, si entra nello spazio, nella plastica, nel volume. La pennellata crea il volume, il suo senso dona profondità al soggetto. Ma è un volume che rispetta la prospettiva del colore: gli azzurri in lontananza e i giallo-rossi in vicinanza creano il movimento vitale.

 

LA MONTAGNA SAINTE-VICTOIRE, olio su tela, Paul Cesanne (1904-06)

Le pennellate seguono a tocchi paralleli le superfici e ne donano la solidità di una forma scultorea. Il colore si mischia in cielo e in terra, il verde sta sia sulla terra che in cielo. Il colore vive nello spazio, uno spazio geometrico.

E. Munch. L'espressionismo è un movimento in cui i colori e la linea devono ricreare il movimento interno dell'anima dell'artista, un'anima inquieta, in preda all'angoscia. La prospettiva allucinante e il cielo di fuoco, l'urlo e il vorticosismo delle linee. Pennellate mischiate seguendo la prospettiva del ponte, pennellate ondulate per le fiamme del cielo, pennellate vorticose per il mare.

  IL GRIDO, olio su tela, Edvard Munch (1893)

 

Le pennellate si allungano e si mischiano sporcando molto il colore, l'atmofera irreale è simbolica, colori molto scuri si abbinano a tonalità accese, il forte contrasto e gli accostamenti di colori complementari.

 

P. J. Pollock. Nasce l'action-painting e ne è un esempio la tecnica dripping che si applica facendo sgocciolare, a tempo di musica o seguendo un ritmo musicale danzando, il colore dal pennello sulla tela. Sgocciolature, movimento, musica, sovrapposizioni casuali, automatismo psichico.

Questa tecnica può prevedere uno sgocciolamento iniziale che si può direzionare dal supporto inclinandolo in vari modi. In seguito con dei colpi si direziona il resto del colore sulla tela dall'alto.

Naturalmente questo procedimento, segue un principio inconscio non guidato dalla ragione. La fantasia è forza naturale di crescita, trasformata in forza animica, ed essa agisce, non attraverso il pensiero vagliato dall'intelletto, ma nelle immagini che ci pervengono e danno vita alle opere artistiche. Ecco perché diamo il nome di "automatismo psichico", lasciamo che l'ispirazione venga dalla regione spirituale e ci guidi attraverso la mano.

 

 TITLE NUMBER 1A, olio e smalto su tela,  Paul Jackson Pollock (1948)

 

 

J. Pollock nasce in contatto con la cultura popolare indiana e pellerossa, che resterà un riferimento importante nella sua ricerca artistica. All’attrazione per le filosofie orientali e la psicologia junghiana che lo spinse alla ricerca di archetipi, di forme primarie, comuni all’inconscio collettivo, si aggiunge inoltre quella per l’arte degli indiani d’America, in particolare le pitture di sabbia (sand painting) dei Navajo; la contiguità con le ricerche musicali più avanzate (John Cage), l’improvvisazione e la creatività immediata su un tema iniziale, tipica in quegli anni anche del Jazz e del Be bop, la ricerca di libertà nei confronti della forma che sarà in seguito carattere peculiare degli happening, fa di Pollock il più grande rappresentante dell'Action Painting e dell’Espressionismo astratto,  ponendo il mondo statunitense come nuovo centro dell’arte nella seconda metà del ‘900.

 

 

COLORE: i pigmenti e la tavolozza

 

La tavolozza. E' composta da una tavola in legno che può essere in compensato o faesite dello spessore di 0,5 mm e larga dai 50x35 ai 50x70 cm. Per mischiare i colori sulla tavolozza serve una spatola simile a quella in figura. Quindi si procede mettendo col tubetto di ogni colore un po' del medesimo iniziando dai colori chiari fino a quelli scuri nell'ordine: bianco, giallo, ocra, lacca, rosso, blu, terra. Questo perché così si crea una visione unica di tutto quello che si ha a disposizione. Di colori ne bastano pochi perché con quelli si creano tutti gli altri: bianco di titanio, giallo, rosso cadmio scuro, blu cobalto già basterebbero, ma se ne possono aggiungere altri 3 che sono: terra di Siena bruciata, ocra gialla chiara e la lacca di garanza rosa. Ora i primi 4 sono fondamentali, l'ocra e la terra sono un di più utili soprattutto per ottenere un colore scuro corposo e pastoso dove occorre molta massa, quindi più colori ci sono a formarla e più viene sodo. I colori vanno diluiti con olio di lino crudo in piccole quantità, troppo lo rende troppo fluido e troppo poco troppo secco. La tavolozza non va tenuta in mano ma appoggiata a fianco di dove si lavora. In genere si usa un essiccante o la trementina per facilitare l'essiccazione del colore che altrimenti segue ritmi molto lenti di asciugatura. Ma chi si cimenta con un metodo di pittura tradizionale può usare solo l'olio di lino, senza miscelarlo con essiccanti.

 

 

I bianchi. Dove il bianco ci appare in pittura sentiamo che lì è intenso lo spirito.

Il bianco puro come del resto il nero o qualsiasi altro colore in purezza non si danno mai, perché è risaputo che in natura i colori puri non esistono in quanto ognuno è influenzato da quello che gli sta accanto, perciò anche se si noterà una superficie il cui riflesso risulta bianco, bianco non lo si dovrà mai dipingere, ma si farà virare il bianco verso il colore di quell'oggetto. Quindi si prende con la punta della spatola una porzione di bianco abbondante e la si mette verso il centro della tavolozza e poi sempre con la spatola si prende una punta di giallo e di ocra e si inizia a mischiare, poi visto più o meno il risultato si metteranno delle piccolissime quantità di rosso, blu e terra, tutto ciò per riscaldare il bianco puro. Quando si mescola si deve incrociare sempre il colore, ma mentre nella pittura per velature il colore deve essere perfettamente mescolato, in quella a spessore, visto il risultato che si vuol ottenere, si può non incorporare bene tutti i colori, lasciando delle parti meno mescolate.

 

I neri. Dove si applica il nero si è ricondotti all'immagine spirituale di ciò che è morto.

I neri, perché al plurale? Semplice come per il bianco, o qualsiasi altro colore, in natura non ne abbiamo solo una gradazione.

I neri sono dati dalla mescolanza di tutti i colori in quantità abbondante e simile tra loro: giallo, rosso, blu, terra, verranno esclusi l'ocra gialla e il bianco perché tendono ad ingrigirli. Chiaramente per ottenere delle sfumature di grigio occorre incorporare del bianco.

Se si vuole ottenere un nero caldo occorre aumentare il rosso, se si vuole ottenere un nero freddo occorre aumentare il blu. Per i marroni basta aumentare il giallo e il rosso e diminuire blu e terra.

 

Le gradazioni. Nel fior di pesco che rappresenta il colore dell'incarnato umano, abbiamo l'immagine viva dell'anima.

La pianta nel suo verdeggiare indica la vita, è costituita di minerali morti, ma essi sono permeati di vita. Le piante contengono le sostanze morte della terra, i minerali, per questo sono verdi. Il verde quindi è l'immagine morta della vita.

Il vivente si vuole manifestare attivo quando ci viene incontro col rosso, esso è lo splendore del vivente.

Se lo spirito vuole rivelarsi non nell'astratta uniformità nel bianco, ma parlarci con intensità nell'intimo, per l'anima nostra esso rispenderà come giallo, esso è lo splendore dello spirito.

Se l'anima vuole raccogliersi nell'intimo, racchiudersi in se stessa, lo farà nel mite azzurro, esso è lo splendore della sfera animica.

Le tinte che si andranno a creare in genere per l'incarnato o per il cielo o per il verde dell'erba vanno create seguendo una gradazione. Si parte costruendo un colore base medio e poi si andrà a creare una tinta sempre con quel colore più chiara e una più scura, in modo da avere a disposizione già tutte le variazioni da stendere e poi da mischiare sulla tela.

I colori da mescolare sono per tutte le gradazioni quelli che troviamo sulla tavolozza, naturalmente se si vuol far del verde occorre togliere il bianco, aumentare il giallo e diminuire i neri, mentre per l'incarnato occorre aumentare il bianco e diminuire i neri, per il cielo aumentare il bianco e diminuire il giallo e i neri.

 

Le lacche. Creano il carattere splendore, servono per donare un effetto atmosferico che rende viva animicamente o spirituale l'opera.

Sul cielo che di solito è un azzurro che tende al violetto, appunto per dare questo carattere rossastro trasparente si stende un velo di lacca di garanza. Mentre sui prati e quindi sul verde si stende il giallo, o il giallo mischiato alla lacca sempre per dare lo splendore.

Oppure per  l'animale si tende a velarlo con una luce azzurrognola per infondergli la vita.

Questo discorso è possibile per la pittura a velature, quando si è davanti ad una pittura a spessore, o di avanguardia, allora la lacca o il modo di creare lo splendore cambia ed è assoggettato all'intimo istinto dell'artista. La cosa più importante per ottenere questo risultato è di sentire sempre come il colore vuole essere steso, la sua essenza e rispettare la prospettiva del colore.

 

 

I tempi della pittura. Sul supporto i colori chiari asciugano più lentamente dei colori scuri, che in uno o due giorni solidificano, per gli altri occorrono da quattro a sei giorni, naturalmente se poi si usano degli oli essiccanti i tempi si accorciano. Occorre programmarsi il lavoro seguendo un ordine giornaliero in modo da non andare ad intaccare le parti di colore ancora fresche.

Questo per quando riguarda la pittura per velature, ma per la pittura a spessore ed informale è la rapidità dell'esecuzione, la freschezza, l'immediatezza, la sintesi che conta; l'invenzione di un proprio modo, di uno stile in cui esprimere se stessi in un contatto fortemente materico col colore.

Solitamente i quadri ad olio vengono protetti con vernici finali brillanti, lucide od opache a proprio gusto che si possono stendere a pennello o spray. Si può comunque ricordare l'importanza della polvere come elemento protettivo naturale, che con la sua patina superficiale conserva le opere d'arte da secoli.

 

 

 

L'ATMOSFERA: lo sfondo, gli effetti animici

 

Lo splendore. Terminato il dipinto e lasciato asciugare, si procede stendendo un'ulteriore velatura con dei colori trasparenti come le lacche che donano il carattere splendore. Tratto da "L'essenza dei colori" di R. Steiner (1921-1924): "Nel giallo, rosso, blu abbiamo qualcosa di interiormente in movimento, di planetario... L'artista quando ha a che fare con giallo, rosso, blu, incanta nel suo quadro qualcosa che ha per se stesso un carattere interiormente attivo; invece quando lavora con verde e fior-di-pesco su nero e bianco, sa già che nel colore dà il carattere immagine. Comprendere l'essenza dei colori significa sapere riconoscere quello che il colore vuole, riconoscendo che il giallo vuole proprio essere molto carico al centro e sfumare verso i bordi, perché questa è la sua natura. Quindi se si vuole fissare il giallo in una superficie uniforme occorre fare qualcosa di diverso, in modo che in esso agisca qualcosa che tolga il suo carattere originario, la sua volontà. Il giallo deve prendere peso e introducendo qualcosa che lo appesantisca il giallo diventa colore dell'oro. Mettendo in un quadro un fondo oro, si toglie l'essenza del giallo, la sua volontà e lo si fissa in se stesso. Per questo gli antichi pittori sentivano nel giallo lo splendore dello spirito, ma volendo lo spirito sulla terra dovevano dargli pesantezza. Cimabue usava lo sfondo oro perché dava allo spirito una dimora sulla terra, rendeva presente il cielo nel quadro. Le figure che risaltavano sul fondo oro si sviluppavano come creature dello spirito. Se dunque trattiamo il giallo come colore, per sua natura occorre caricarlo al centro e poi sfumarlo, se vogliamo fissarlo come superficie uniforme dobbiamo metallizzarlo. Il colore metallizzato è colore fissato agli oggetti materiali. ...  Volendo dipingere un paesaggio con delle piante in modo che dia impressione di cosa vivente, si devono dipingere le piante più scure del reale, in tutti i loro colori. Dopo aver dipinto tutto più scuro, va ricoperto il tutto con una velatura di un giallo chiaro, che renda un effetto di atmosfera. Mettendo un chiarore sull'essere-immagine, si passa al carattere-splendore, ottenendo il carattere-splendore del colore. Gli antichi non dipingevano in questo modo, creando l'effetto atmosferico, quindi non potevano avvicinarsi al  paesaggio. Solo nella pittura del XIX secolo si osserva come si cerchi di afferrare il paesaggio, con la pittura all'aria aperta. Dove appunto si dipinge la  natura più scura e con la velatura giallognola. Solo così si arriva ad afferrare il segreto della pittura delle piante, dando l'impressione del vivente, dipingendo anche ciò che fluisce sopra le piante come espressione del cosmo risplendente. Quindi nella pittura si ha a disposizione dei supporti come la tela o la carta e su questa superficie si deve fissare figurativamente qualcosa. Se ci si trova davanti all'essenza della pianta, che non si lascia fissare figurativamente, occorre riversarvi sopra il carattere splendore. I pigmenti che sono le sostanze minerali di svariati colori, occorre comprenderli con il sentimento, non con l'intelletto. Quando si dipinge qualcosa di inorganico, vi è una necessità di comprendere in base al colore ciò che si sta dipingendo? Certo, perché gli accostamenti di certi colori provocano un sentimento estetico di piacere o disgusto. Sulla tela si può fissare soltanto ciò che già nel suo colore stesso ha carattere di immagine, in  modo che ne risulti ritratto l'inanimato quindi qualcosa di nero, o bianco, verde e fior-di-pesco. Questi quattro colori cosa permettono di fare sugli oggetti inanimati? Se si dipinge dal colore che è pura immagine come il nero, non si ha ancora l'oggetto inanimato, ma la sua immagine, non si suscita l'idea della sedia, ma l'immagine della sedia, se fosse dipinta solo di nero. Quindi occorre darvi il carattere dello splendore: il giallo, il rosso, il blu. Occorre spogliare i caratteri immagine dal loro carattere e dargli splendore. Quindi il pittore quando dipinge l'inorganico deve aver sempre presente che una certa sorgente di luce risiede nelle cose stesse. Quando dipinge l'inorganico, nell'atteggiamento dell'anima deve avere il senso che una specie di splendore stia in fondo agli oggetti, che la superficie sia trasparente ed emani luce dall'interno verso l'esterno. Così si arriva all'essenza del colore, si trasforma il colore nel suo contrario, quindi a renderlo interiormente splendente. ...  Per introdurre in un paesaggio l'animale, lo si dipinga con un colore un poco più chiaro di quanto non sia in realtà e si stenda su quel colore una leggera luce azzurrognola. Là dove l'animale incontra il vegetale stendere il velo di luce gialla in quello di luce azzurrognola. In questo modo l'animale dà l'impressione di una figura viva. Quindi per dipingere il non-vivente bisogna che esso sia totalmente splendore, deve risplendere da dentro verso fuori. Per dipingere il vivente, il vegetale, esso deve apparire come immagine-splendore. Se dipingiamo l'animato, l'animale, dobbiamo dipingere lo splendore-immagine. Quindi si parte dipingendo più chiaro per dare lo splendore e poi si inscurisce per oscurare la pura trasparenza dando così splendore-immagine. Se arriviamo all'uomo che è permeato di spirito, dobbiamo dipingere la pura immagine."

 

 

DORATURA: foglia d’oro e missione

 

Una porzione fondamentale del dipinto su tavola nel medioevo è costituita dal fondo o dalle parti decorative realizzate in oro. Le tecniche di doratura sono molteplici: la più diffusa è costituita dalla stesura di foglie d'oro. L'oro deve essere cioè steso prima dei colori sulla tavola già preparata. Per preparare il supporto a riceverlo si incide il contorno della parte da dorare, quindi, secondo la procedura canonica, si stendono su di essa quattro mani di un composto costituito da acqua, chiara d´uovo montata a neve e bolo cosiddetto ´armeno´, cioè un'argilla untuosa e rossiccia finissima. E´ quest'ultima che riaffiora comunemente in seguito alla caduta dello strato d'oro, rimanendo in vista in molti dipinti del XIII, XIV e XV secolo.
Dopo aver fatto asciugare la tavola protetta dalla polvere con un panno, si procede con la brunitura (una sorta di lucidatura) del bolo mediante pietre dure levigate (pietra d'agata) oppure con strumenti ricavati da denti di animali. Le sottili foglie d'oro zecchino, ricavate ad opera dei battiloro da una lamina battuta con un martello tra due strati di pelle, sono poste ad una ad una su un pezzo di carta e lasciate scivolare con il pennello sul bolo precedentemente inumidito. A questo punto sull'oro brunito si possono apporre decorazioni incise o impresse con dei timbri detti "punzoni", l'uso e la diffusione dei quali contribuisce non poco al risultato finale del dipinto.
Oltre alla stesura dell'oro a bolo, precedentemente descritta, la doratura di alcune parti dei dipinti medievali si ottiene anche con la tecnica a missione ed a conchiglia, generalmente riservate a zone più minute. La prima era ottenuta stendendo con un pennellino sulle parti da dorare la missione, cioè una colla fatta di olio di lino, una resina e, talvolta, un pigmento essiccante. Quando la colla cominciava a far presa vi si metteva sopra la foglia d'oro, premendola con la bambagia affinché aderisse, e quindi la si spolverava con un pennello morbido per togliere l'oro in esubero. La doratura a conchiglia era invece ottenuta mescolando la polvere d'oro con un legante come la gomma arabica e stendendola a pennello. Nei dipinti medievali si fa spesso ricorso a decorazioni a pastiglia: si tratta di decorazioni in rilievo fatte con gesso e colla proteica, oppure gesso e colla di farina, spesso estese a parti di carpenteria anche prive di figurazione, come pilastrini laterali di polittici o aureole di santi stese sulla preparazione del dipinto. Oggi in vendita nelle mesticherie si trovano dei pacchetti di foglie d'oro pronte all'uso che si incollano con una missione all'acqua sulla tavola precedentemente preparata. Si può sostituire il bolo con della pittura ad olio rossa in modo che se la foglia per qualche ragione non venisse sistemata per bene non lasci trasparire la vernice di fondo. Ad ogni modo esiste anche la vernice dorata in tubetto che si stende come un normale colore di più facile impiego ma di resa meno lucente.

 

a cura di A. Delvecchio

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