III/b.
Tecniche pittoriche:
la natura morta, psicologia dell'artista |
la
tecnica |
il pensiero |
-
pittura ad acquerello
-
pittura a
tempera
-
pittura ad olio
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introduzione |
Il disegno come abbiamo detto è l'inizio
dell'opera, può essere un bozzetto più o meno definito a seconda di come lo si
voglia portare avanti. Questo dipende dal gusto, e dall'ispirazione
dell'artista.
Per risvegliare il "senso del disegno" e scoprire
con quali forme e linee desideriamo costruire le nostre opere possiamo eseguire
degli esercizi. Si
inizierà con la riproduzione di solidi geometrici per capire il
concetto di misura, volume e chiaroscuro.
Attraverso varie tecniche come
la grafite, il carboncino, la china e i pastelli colorati su varie superfici; si
prenderà coscienza della propria gestualità creativa nella composizione del
segno.
Infine la rielaborazione
dell'oggetto porterà a concepire il rapporto duale che esiste nella realtà col
mondo spirituale. Infatti dobbiamo sempre immaginare il pensiero come la luce,
ed essere coscienti del suo uscire
nello spazio, mentre il volere come la tenebra, è
il rientrare nello spazio. Questi due fenomeni si alternano continuamente nella
nostra vita e dobbiamo imparare ad allargare la nostra mente in queste due
direzioni che formano un'unità.
La vera arte è una ricerca della relazione fra
l'uomo e lo spirito, sia lo spirito verso cui si aspira quando con
l'anima si esce dal corpo, sia lo spirito che si vorrebbe conservare
nel ricordo quando ci si immerge nel corpo, sia lo spirito col quale
ci si sente affini. Ci si sente nello spirito quando si è nel mondo
dei colori, quando cessano l'interno e l'esterno, quando l'anima
ondeggia e nuota nel cosmo, sentendo nel colore la propria vita nel
cosmo, quando può essere dappertutto grazie al colore. Oppure quando
l'anima sente ancora nel mondo fisico la sua affinità col cosmo
animico-spirituale, come per la musica.
R. Steiner, "La missione universale dell'arte".
Questo è il fine dell'arte, il raggiungimento della "grande
opera". |
FORMATI: misure standard più comuni |
Misure standard più comuni per supporti in:
- tela
- tavola lignea
- carta o cartone
dimensioni cm |
17,5 |
25 |
35 |
50 |
50 |
70 |
70 |
100 |
100 |
140 |
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100x70 |
50x70
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50x35
|
25x17,5 |
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Questi formati seguono la regola della sezione aurea.
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SOGGETTO: individuazione di un soggetto da rappresentare |
Siamo partiti dalla rappresentazione di
una natura morta composta da solidi geometrici per spiegare come
qualsiasi oggetto è inscrivibile in una figura geometrica, perché è da
essa che nasce. In seguito abbiamo visto come possiamo scegliere due
vie, la prima porta verso la pittura formale vicina al realismo,
mentre l'altra va all'informale e si avvicina ad una forma di arte
che trae dall' "automatismo psichico", che può portare all'astrazione.
Ora consci di questo dobbiamo continuare
ad approfondire la conoscenza di queste forme d'arte attraverso la
tecnica pittorica dell'acquerello, della tempera e dell'olio. Già a
questo punto la scelta del soggetto deve essere individuale, ma in
base a cosa scegliamo il soggetto da rappresentare?
Come abbiamo detto l'essenza del bello è
che esso non si nasconde, ma porta la sua interiorità alla forma
esteriore. Il brutto invece è al contrario ciò che non appare, si
nasconde, che trattiene la sua essenza nel suo involucro. Il bello
dunque è oggettivo, mentre se parliamo del brutto, è qualcosa che si
nasconde, diventa soggettivo. Quindi il bello artistico inteso in modo
oggettivo è sempre qualcosa di spirituale che si manifesta. E' compito
dell'arte afferrare l'apparenza, irradiare lo spirituale nel mondo.
Ogni vera arte anche se vuole manifestare il brutto, lo sgradevole,
cerca lo spirito, in questo caso manifesta lo spirito che annuncia il
suo essere nello sgradevole dei sensi. Il brutto può diventare il
bello se lo spirito si manifesta.
La pittura manifesta nel colore la sua
essenza spirituale, in esso vi sono sì qualità morali, ma soprattutto
esso vive e vuole essere steso secondo la sua natura, si riproduce nel
colore, vita, morte, anima e spirito come sono e vivono nel mondo.
Quindi a seconda di come abbiniamo la forma al colore, esprimiamo
sempre uno di questi quattro aspetti.
Nella natura morta dobbiamo portare in
superficie lo spirituale. L'aggettivo "morta", dona alla "natura", il
carattere di immagine, come il verde è l'immagine morta del vivente,
perché essa contiene l'immagine morta del mondo minerale. Può
essere un vaso con fiori recisi, un contenitore, oggetti di varia
natura, che appartengono al mondo minerale o che sono ritornati a
quel mondo, quindi "morti".
E' l'artista che viene colpito dalla
luce che in quel momento colpisce un oggetto in modo particolare che
riceve l'impulso dal suo inconscio, al volerlo ritrarre, per elevare
in modo artistico quell'istante portandolo oltre il tempo e lo spazio.
Con la profondità e l'armonia dei colori viene elevato al mondo
spirituale.
Quindi più che cercare oggetti o forme
particolari da ritrarre, dobbiamo essere catturati dalla luce che
colpisce un determinato oggetto e nel ritrarlo dobbiamo elevarlo al
mondo spirituale.
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DISEGNO: come riportare
il bozzetto sul supporto |
Il progetto di un'opera solitamente
viene studiato precedentemente attraverso degli studi a bozzetto che
poi possono essere riportati sul supporto anche attraverso scale di
proporzione. Per l'esecuzione di opere a velature si possono usare matite dure 2H,
stando leggeri non lasciano troppa grafite sul supporto, che andrebbe
poi a sporcare il colore durante l'applicazione.
Bisogna segnare solo le linee principali e poi tamponarle con gomma
pane per alleggerire il segno.
Altrimenti se si è più esperti o si vuole adoperare una tecnica
stilistica informale si può procedere direttamente segnando i contorni
col colore con una tinta chiara.
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PROSPETTIVA: la
prospettiva dei colori |
Oggi nel 5° periodo postatlantico, la pittura si
avvicina al naturalismo, perché non si ha la comprensione verso il
colore ed è una falsa comprensione scultorea. Infatti si vorrebbe
dipingere l'uomo come una scultura, grazie alla prospettiva spaziale.
Ma il pittore non lavora nello spazio ma sulla superficie, una volta
doveva succedere perché doveva far parte della sua evoluzione, ma ora deve
venire superato. Infatti si deve ritornare ad avere la prospettiva dei
colori.
Nella natura noi vediamo colori su
cose che possiamo misurare. Ma il colore appartiene allo spirituale,
perché nel passato entità spirituali avevano creato quei colori sulle
pietre e noi guardandole nel presente, le guardiamo nel passato. E' una
questione di prospettiva, non possiamo vedere una pietra colorata solo
nel presente. Come se guardassimo due fogli colorati muoversi, passato
del tempo, se guardiamo due fogli bianchi muoversi allo stesso modo,
ci ricordiamo che erano colorati in quel modo precedente. Se la fisica
spiega questo con atomi che dovrebbero suscitare i colori, in realtà
l'antroposofia spiega che sono entità spirituali che da tempi infiniti
vivono nei colori delle pietre, ed esse suscitano un ricordo vivente
nella loro precedente creazione. La stessa cosa avviene per il mondo
vegetale quando lo osserviamo, ne abbiamo un ricordo cosmico. Quindi
se dipingiamo una superficie di blu-viola essa la sentiamo calma e
allontanarsi. Mentre se la dipingo di rosso e giallo essa la sentiremo
aggressiva e che ci si avvicina. Dobbiamo riacquistare la prospettiva
del colore e non quella delle linee. Fino al primo Rinascimento si
sentiva nei pittori questa prospettiva del colore. Quando l'anima vive
nel colore è sempre nello spirito. Nella pittura si sperimenta il
libero muoversi dell'anima nel cosmo.
R. Steiner, "La missione universale dell'arte".
Guardando l'Assunta di Tiziano, ci
si rende conto che l'opera supera l'antico principio artistico dell'esperienza vivente del colore usato da Raffaello o
Leonardo. Però vive ancora una tradizione che non si distacca da
tale vita del colore.
In essa vi gridano il rosso, il
verde, il blu. Dal colore egli vi traeva tutti i tre mondi: in
basso gli apostoli che sperimentano l'evento dell'assunzione in
cielo di Maria, dipinti come creati dal colore. Essi sono
legati alla terra, i colori non sono pesanti, ma scuri e nello scuro si
manifesta l'essere legati alla terra.
Invece nei colori di Maria si sperimenta
il regno di mezzo, in basso è legata ancora alla terra con le gambe e i piedi, e
poi in alto la luce ha il sopravvento nella testa in piena luce sollevandola
verso il terzo regno.
Nella pittura è necessario afferrare nel chiaroscuro e nel
colore il mondo dell'apparenza raggiante, per far rilevare ciò che è materiale,
per sollevare l'arte dalla sfera terrestre e materiale senza però farla arrivare
allo spirito perché se no non sarebbe più apparenza, ma saggezza quindi
non più arte, la saggezza la si trova in alto nel regno informe del divino.
Nel
diciassettesimo secolo al contrario interviene il materialismo, così scorci di
angeli, virtuosismo, sottraggono l'elemento dell'apparenza perché predomina la
riflessione e scompare l'elemento artistico, non ci si chiede più come negli
altri dipinti del passato, se gli angeli siano o no nuvole, non vi è più dubbio di apparenza.
In
Tiziano si vede come espressione del bello l'elemento artistico, in alto
l'apparenza della saggezza, al centro la bellezza in Maria e in basso la virtù
negli apostoli. Virtuoso è chi realizza in sé lo spirito con la volontà, qui
rappresentata come apparenza esteriore nel contrasto col vizio.
Il colore era espressione divino-spirituale
prestata alle cose terrestri. Ad esempio Maria che era la madre
di un essere divino veniva rappresentata con il volto raggiante,
come manifestazione dello spirito, in abito rosso che indicava
le passioni terrene e mantello blu che indicava il mondo
spirituale che la avvolgeva. La vergine così risulta dalla luce
che muove dal rosso al blu, dal colore e dal chiaroscuro.
Quindi la vera prospettiva in
pittura non si realizza in modo plastico attraverso la
prospettiva lineare, ma attraverso la prospettiva del colore.
R. Steiner, "La
missione universale dell'arte". |
Tiziano
Vecellio, "Assunzione della Vergine o Pala dell'Assunta"
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(1516-1518) Venezia-
S.Maria Gloriosa de' Frari.
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Paul klee (1878-1940), appartiene
al movimento dell'astrattismo, appreso entrando in contatto col
Blaue Reiter. Ma il suo modo di vedere l'astrattismo era
concentrato sul riconoscimento qua e là di realtà riconoscibili,
se pur trasformati dalla memoria.
Inoltre essendo musicista vi sente
entro la pittura la sua funzione espressiva.
Il suo mondo figurativo si
mantiene così al di fuori di qualsiasi corrente organizzata.
La sua pittura è legata al reale,
un reale trasformato. L'oggetto che ha visto gli suggerisce, per
associazione, una forma nuova che non ne è la riproduzione, ma
che nasce da dentro. L'artista riceve dal mondo esterno il
visibile e trasmette dall'interno l'invisibile.
Ne è prova una pittura raffinata,
intellettuale, spesso allusiva e simbolica.
Dai suoi primi studi di grafico,
deriva l'importanza della linea, dove il segno si articola e si
coordina ad altri segni creando il motivo poetico ed unendosi
indissolubilmente al colore.
"Strada principale e strade
secondarie" è nato come ricordo di un viaggio in Egitto, si
possono riscontrare le pezzature dei campi fecondati dal Nilo.
Quindi da uno spunto reale, è
passato a costruire questo dipinto dove si può notare come la
prospettiva sia data dal colore, violetto e blu in lontananza e
rossi e gialli in vicinanza, alternati. Essi trattengono in sé
una valenza calma e aggressiva unite, che donano movimento
all'insieme.
E' un accordo poetico-musicale,
costituito dalle varie campiture di colore racchiuse in queste
linee, che donano movimento e creano la vera prospettiva del
colore, infatti quando l'anima vive nel colore è sempre nello
spirito. |
Paul Klee,
"Strada principale e strade secondarie", 1929, olio su tela,
83x67 cm. Colonia, Wallraf-Richartz Museum. |
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LE OMBRE:
la plastica,
individuazione delle zone luce e d’ombra |
Nel Rinascimento con la nascita della prospettiva,
l'osservazione che “il
contorno da noi percepito ogniqualvolta osserviamo un corpo è il medesimo che ne
circonda l'ombra, purché questa sia formata da una sorgente luminosa collocata
nella stessa posizione in cui si trovava l'occhio” si trova già nel manoscritto del “De Statua” di L.B.
Alberti.
Tuttavia per la cultura rinascimentale fondamentalmente antropocentrica era
difficile distinguere “la presenza, all'interno di una proiezione (la
perspectiva artificialis) di una ulteriore proiezione (quella delle ombre), cioè
la compresenza di due punti di osservazione: l'occhio dell'osservatore e la
sorgente di luce”. Occorreva infatti, per farlo, “considerare il problema delle
ombre come qualcosa di esterno alla figurazione”, slegato dal problema
dell'intersezione tra piramide visiva e quadro (De Rosa, 1997). L'osservazione esplicita che se
occhio e sorgente luminosa coincidessero le ombre non potrebbero essere
osservate, si rintraccia in Galilei (1611) e in Pietro Accolti (1624).
Non è stato semplice differenziare in modo rigoroso, in relazione agli effetti
d'ombra, sorgenti naturali e artificiali, puntiformi e non puntiformi. Prima del
XVII secolo, era molto difficile o impossibile inquadrare correttamente nella
prospettiva artificiale le proiezioni parallele (ombre solari); altre difficoltà
derivavano dalla distinzione tra ombre proprie e portate.
Esistevano numerose e svariate “pratiche di bottega” che consentivano di
inserire nelle pitture ombre realistiche delle cose o persone ritratte, anche se
non erano esatte da un punto di vista geometrico. La proiezione di griglie (o di
cartoni forati) mediante sorgenti luminose servì per dipingere immagini
illusionistiche su volte ricurve o soffitti, per costruire anamorfosi, per
tracciare reticolati su carte astronomiche e geografiche.
Occorre attendere che sia formulata una teoria
delle proiezioni più astratta (comprendente piramidi e coni con vertice
improprio) affinché la prospettiva, legata alla scienza pura e alla matematica,
meno subordinata ai problemi specifici della pittura, accolga al suo interno una
teoria delle ombre sufficientemente completa.
L'opposizione tra luci ed ombre
serve a dare l'impressione che le figure rappresentate abbiano un volume; ciò
viene realizzato attraverso la tecnica del chiaroscuro: si mescola il
colore-base della figura con le tinte più chiare e con quelle più scure, in modo
da dare la sensazione di una luce che colpisce la figura rappresentata.
Bisogna
poi distinguere tra le ombre proprie della figura e quelle portate,
cioè proiettate su altre figure o sui piani circostanti: le seconde servono a
suggerire la distanza tra le diverse figure, lo spazio che le circonda.
Ne La cacciata dal Paradiso terrestre (Masaccio, chiesa del Carmine
a Firenze, 1422-26): l'impressione della tridimensionalità delle due figure
umane è ottenuta grazie al chiaroscuro e alle loro ombre proiettate per terra
che danno il senso dello spazio; la concretezza delle due persone rende ancor più
drammatica la scena, così come drammatico è il contrasto tra il colore caldo dei
loro corpi e quello freddo del cielo.
La prospettiva spaziale qui è data dal colore, i
caldi nelle sfumature del rosso in vicinanza e gli azzurri che indicano la
lontananza.
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Le ombre proprie
L'ombra fa risaltare la
schiena di Adamo, che conserva tutto il vigore della precedente condizione
di beatitudine, ma è ora curva per il dolore e l'umiliazione.
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Le ombre portate
Non sono molto evidenti le
ombre portate, ma si intravedono quelle delle gambe di Eva, proiettate sul
terreno dietro le gambe di Adamo; le due esili tracce scure sottolineano la
fragilità della donna, completandone il ritratto psicologico tratteggiato
principalmente attraverso l'espressione
disperata, stravolta del volto.
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La contrapposizione tra luce ed ombra ha anche
valore simbolico, spesso richiamando l'opposizione tra bene e male: basti
pensare all'inizio del Vangelo di S. Giovanni, "In
principio era il Verbo, e il Verbo era presso Dio
e il Verbo era Dio. Egli era in principio presso Dio: tutto è
stato fatto per mezzo di lui, e senza di lui niente e stato fatto di
tutto ciò che esiste. In lui era la vita e la vita era la luce
degli uomini; la luce splende nelle tenebre, ma le tenebre non
l'hanno accolta. [...] Veniva nel mondo la luce vera,
quella che illumina ogni uomo.".
Ovviamente in opere che non aspirano a una rappresentazione naturalistica, come
nell'arte bizantina medievale, non troveremo un uso di questa risorsa espressiva
e le figure ci appariranno piatte, bidimensionali, come nel mosaico Processione di
sante di Sant'Apollinare Nuovo a Ravenna. Alla ricchezza delle vesti fa
riscontro la postura del tutto innaturale e l'assoluta mancanza di profondità.
Perché tutto era spostato nella sfera del divino.
Le figure che risaltavano sul fondo oro si
sviluppavano come creature dello spirito.
E' l'uso del chiaroscuro che rende umane le
persone ritratte.
Nelle opere del Rinascimento italiano, invece, si fa
largo uso di queste tecniche. Leonardo da Vinci inventa la
tecnica dello sfumato, con cui si evitano i contrasti troppo marcati tra
luce ed ombra, sostituiti da passaggi molto graduali che addolciscono,
offuscandoli, i tratti somatici.
C'è da notare che qualsiasi ombra in natura
appare colorata infatti secondo Goethe, l'occhio sollecitato
dall'illuminazione colorata produce fisiologicamente il complementare
sull'ombra rischiarata dalla luce bianca.
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Luce e tenebra, leggerezza e pesantezza,
assenza di gravità e gravità, pensiero e volontà, passato e futuro nel
presente, bene e male, sono polarità e sinonimo di chiaroscuro. Sulla terra
l'una è unita all'altra in assoluto equilibrio ed oscillazione nel perdurare
del ciclo vitale.
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FORMA: lo stile - la natura morta (parte II) |
Il fiore nei dipinti assume
svariati
significati, quello biblico indica la misericordia divina, la
bellezza e la santità della Vergine, lo si può vedere in una
qualsiasi annunciazione sottoforma di giglio bianco.
In ambiente classico invece il
fiore indicava la rinascita del ciclo stagionale. Diventa
ornamento effimero dell'acconciatura femminile e simbolo del
linguaggio amoroso.
Esso diventerà addobbo
architettonico, che sfocerà nel Cinquecento con la bizzarria
della grottesca, in una commistione fantastica tra vegetale,
metamorfico e mostruoso.
Nel Cinquecento lo studio botanico
porta a rinnovare la classificazione dell'erbario medioevale con
nuovi esemplari importati dall'Oriente e dalle Americhe che
funge da precedente all'apparizione nella natura morta di fiori
recisi in un recipiente, propria del Seicento.
Possiamo notare come Brueghel, sia
abile nel riprodurre nei particolari le varie sfumature
cangianti, i piccoli insetti alla maniera fiamminga.
Il fiore più rappresentato in
questo secolo sarà il tulipano, prodotto dal forte mercato
olandese, simbolo di fragilità e brevità della bellezza e
dell'apparenza. A significare il contrasto tra l'eterna
fioritura della parola divina e la stagione limitata e fragile
del fiore.
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Jan Bruegel il Vecchio
"Bouquet di fiori in vaso di coccio"
1599-1607 olio su tavola, dimensioni 51x40 cm
Kunsthistorisches Museum, Vienna. |
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In ambiente
tedesco tutta la produzione della natura morta è permeato da un
ammonimento sulla brevità e illusorietà della bellezza. La
natura morta con il teschio e tutto quanto ad esso possa essere
collegato concettualmente, stanno a significare il terrore della
morte e la sopravvivenza nel trionfo della memoria nell'arte.
L'origine del soggetto era dovuta alla forte predicazione
rigorista calvinista, per il pericolo dei beni terreni e il
conseguente disinteresse nei confronti della salvezza
ultraterrena.
Gli oggetti sul
tavolo rappresentano la fragilità della vita: il teschio, la
clessidra, la candela che si consuma, nel tempo che scorre
inesorabile, i fiori che indicano la parte caduca e
preziosa della vita. Un cartiglio con un ammonimento verso la
gloria del mondo che passa.
Fu chiamata "Vanitas" la scuola di Leida, di gusto macabro, o
tragico appartenente al mondo barocco.
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David Bailly, "Autoritratto", 1651
olio su tavola, 89,5 x 122 cm
Stedelijk Museum De Lakenhal, Leida. |
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In
alternativa al teschio vengono realizzate nature morte con
strumenti musicali, in quanto il suono del liuto è armonioso, ma
breve, perché ogni strumento può rompersi ed essere accantonato.
Si celebra il superamento della morte attraverso l'esercizio
delle arti liberali, dalla musica alla pittura. Le arti sono
strumenti capaci di superare l'angoscia del tempo, della
cancellazione della memoria in sé, grazie alla fama.
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Evaristo
Baschenis, "Strumenti musicali".
olio su tela, cm 75 x 108
Bergamo - Accademia Carrara. |
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Il trompe l'oeil è
un altro genere di rappresentazione della natura morta che si
sviluppa in età Barocca, per il gusto della meraviglia,
l'artificio capace di ingannare il senso della vista.
Viene spesso
adottata una vista frontale dell'architettura, da un armadio o
una mensola, pareti con chiodi infissi nel muro, spesso angoli
della stanza dello studio del pittore o del committente.
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Conelius Norbertus Gijsbrecht,
"trompe l'oeil" di lettere e stampe. |
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Césanne pur
appartenendo al movimento impressionista, invece di ricercare la
fugacità dell'impressione, studia la solidità costruttiva della
forma.
"Bisogna
trattare la natura per mezzo del cilindro, della sfera, del
cono, il tutto messo in prospettiva".
La sua
prospettiva alza il piano in modo da mostrarci in maniera
sintetica tutti gli oggetti, in tutte le posizioni, che
compongono il quadro. Quello che poi riprenderà ed accentuerà il
cubismo.
"Dipingere non
significa copiare servilmente, ma impossessarsi di un'armonia
fra vari rapporti."
Queste parole
lo accomunano a tutti gli altri impressionisti che non vogliono
cogliere la realtà così come le è data, ma costruire secondo le
regole della natura, coglierne la sostanza ed eternare quelle
impressioni o sensazioni che il pittore riceve osservandola. |
Paul Césanne,
"Natura morta", 1890-1894
tempera su tela
Parigi - Museo del Louvre. |
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Vincent Van
Gogh (1853-1890), il maggior rappresentante del periodo
post-impressionista, vive la sua
breve ed intensa vita tormentato da enormi angosce ed ansie
esistenziali, che producono come risultato un'arte altamente
soggettiva.
La sua tecnica stilistica
personale trasfigura la realtà a favore del suo io, ne è indice
la rapidità istintiva con cui modellava deformando la natura,
sia nelle forme che nel colore.
"anziché cercar
di dipingere con esattezza ciò che ho sotto gli occhi mi servo
del colore nel modo più arbitrario, per esprimermi con maggior
forza" (1888)."
Come naturale evoluzione questo
modo di dipingere porta al successivo espressionismo, dove non
si cerca più l'impressione delle cose, ma di esprimere il
proprio io interiore. Non si ricercano più le regole che
costruiscono la natura, per trascenderla ed eternarla in modo
spirituale. Al contrario, si cerca di esternare i propri
sentimenti, i propri stati d'animo interiori, attraverso il
colore e la forma.
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Vincent van Gogh,
"Natura morta con girasoli", 1889, olio su tela, cm.95x73, Rijksmuseum.
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Matisse come Fauves, non vuole
imitare la natura, ma esprimere ciò che vede e sente per mezzo della stessa
materia pittorica. Poi segue un percorso che lo porta sempre più alla sintesi e
al decorativismo.
Nella "Natura morta con melanzane"
si ripete il gioco dell'arabesco che ritroviamo nel nudo come ne "La danza".
La composizione crea l'eterno movimento della vita, sono quelle linee e quelle
curve che in un moto ordinato riproducono le forze creatrici.
Qui
la natura morta è considerata un elemento pittorico, concettuale. Le forme
interferiscono a vicenda in un decorativismo che occupa tutto lo spazio. Nelle
sue opere notiamo sempre una visione ingenua ed una iniziatica.
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Henri Matisse,
"Natura morta con melanzane", 1911. |
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Pablo Picasso
(1881-1973). La fase cubista fu un periodo di grande
sperimentazione, in cui Picasso rimise in discussione il
concetto stesso di rappresentazione artistica. Il passaggio dal
cubismo analitico al cubismo sintetico rappresentò un momento
fondamentale della sua evoluzione artistica. Il pittore appariva
sempre più interessato alla semplificazione della forma, per
giungere al segno puro che contenesse in sé la struttura della
cosa e la sua riconoscibilità concettuale.
Riprende la
solidità di Césanne, il sintetismo, il modo di rappresentare da
diversi punti di vista l'oggetto, come in un collage. Non
rappresenta il vero, ma la realtà interiore ed esteriore delle
cose e delle persone, nel loro esistere nello spazio.
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Pablo Picasso
"Natura morta" 1912. |
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Morandi, basandosi su una realtà ristretta
a pochi oggetti di uso quotidiano (bottiglie, vasetti, bricchi, lucerne,
cuccume), l'artista definì tutto il suo mondo poetico che accompagnò
costantemente la sua coerente evoluzione pittorica. Seguendo la solidità
geometrica delle forme di Césanne, non dando prevalenza al tema, ritraendo
sempre oggetti simili, e neppure al colore, basati sugli ocra e i bruni,
raggiunge l'essenza, la pura forma ideale. Ne esce ordine, calma interiore,
conferendovi vibrazioni atmosferiche e forte spiritualità.
L'adesione di Giorgio Morandi alla
pittura metafisica (1918-20) nulla tolse al purismo e alla essenzialità della
sua visione. Non vuole descrivere come De Chirico, l'inquietudine di fronte
l'enigma dell'ignoto, ma è più una ricerca per portare l'oggetto entro una forma
geometrica e inserendolo in precisi rapporti con gli altri oggetti e con lo
spazio.
Ad iniziare dal 1920 l'artista perseguì l'approfondimento e la
maturazione del proprio stile, dapprima con una pittura a colori densi e dal
tratto sommario, poi con una delicata tramatura cromatica, come stanno a
dimostrare le nature morte eseguite alla fine degli anni Venti.
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Giorgio Morandi, "Natura morta metafisica" 1918. |
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René Magritte (1898-1967) è
l’artista surrealista che, più di ogni altro, gioca con gli
spostamenti del senso, utilizzando sia gli accostamenti
inconsueti, sia le deformazioni irreali. Ciò che invece è del
tutto estraneo al suo metodo è l’automatismo psichico, in quanto
egli, con la sua pittura, non vuole far emergere l’inconscio
dell’uomo ma vuole svelare i lati misteriosi dell’universo. Ed è
proprio su questo punto che la sua poetica conserva lati molto
affini con quelli della Metafisica. I suoi quadri sono
realizzati in uno stile da illustratore, di evidenza quasi
infantile. Volutamente le sue immagini conservano un aspetto
"pittorico", senza alcuna ricerca di illusionismo fotografico.
Il rapporto tra linguaggio ed immagine, ovvero
tra rappresentazioni logiche ed analogiche, è un tema sul quale
Magritte gioca con grande intelligenza ed ironia.
In questo caso, guardando
l’immagine di una pipa e leggendo la scritta sottostante che
dice: "questa non è una pipa", la prima reazione è di chiedersi:
"ma allora, cosa è?". Il sottile inganno si svela ben presto, se
si riflette che si sta guardando solo un’immagine, non l’oggetto
reale che noi chiamiamo "pipa".
Magritte, anche in
questo caso, tende a giocare con la confusione tra realtà e
rappresentazione, per proporci una nuova riflessione sul confine,
non sempre coscientemente chiaro, tra i due termini. |
René
Magritte, "Questa non è una pipa", 1948. |
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Andy Warhol (1930-1987) è il
rappresentante più tipico della pop art americana. La sua arte
prende spunto dal cinema, dai fumetti, dalla pubblicità, come
puro istante di registrazione delle immagini più note e
simboliche.
In queste sue opere non vi è
alcuna scelta estetica, ma neppure alcuna intenzione polemica
nei confronti della società di massa: unicamente esse ci
documentano quale è divenuto l’universo visivo in cui si muove
quella che noi definiamo la «società dell’immagine» odierna.
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Andy Warhol,
"Cinque bottiglie di Coca Cola", 1962. |
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Siamo giunti alla registrazione
dell'estremo naturalismo, il solo materialismo estetico, arte
spoglia di qualsiasi contenuto spirituale o poetico. Da questo
punto in poi è naturale come l'arte debba nuovamente
riacquistare un valore spirituale perché l'equilibrio tra mondo
materiale e spirituale possa essere ristabilito.
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a cura di A.
Delvecchio |
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