III/b. Tecniche pittoriche: la natura morta, psicologia dell'artista

la tecnica

il pensiero

 


 

  1. pittura ad acquerello

  1. pittura a tempera
  1. pittura ad olio

introduzione

 

Il disegno come abbiamo detto è l'inizio dell'opera, può essere un bozzetto più o meno definito a seconda di come lo si voglia portare avanti. Questo dipende dal gusto, e dall'ispirazione dell'artista.

Per risvegliare il "senso del disegno" e scoprire con quali forme e linee desideriamo costruire le nostre opere possiamo eseguire degli esercizi.  Si inizierà con la riproduzione di solidi geometrici per capire il concetto di misura, volume e chiaroscuro.

Attraverso varie tecniche come la grafite, il carboncino, la china e i pastelli colorati su varie superfici; si prenderà coscienza della propria gestualità creativa nella composizione del segno.

Infine la rielaborazione dell'oggetto porterà a concepire il rapporto duale che esiste nella realtà col mondo spirituale. Infatti dobbiamo sempre immaginare il pensiero come la luce, ed essere coscienti del suo uscire nello spazio, mentre il volere come la tenebra, è il rientrare nello spazio. Questi due fenomeni si alternano continuamente nella nostra vita e dobbiamo imparare ad allargare la nostra mente in queste due direzioni che formano un'unità.

La vera arte è una ricerca della relazione fra l'uomo e lo spirito, sia lo spirito verso cui si aspira quando con l'anima si esce dal corpo, sia lo spirito che si vorrebbe conservare nel ricordo quando ci si immerge nel corpo, sia lo spirito col quale ci si sente affini. Ci si sente nello spirito quando si è nel mondo dei colori, quando cessano l'interno e l'esterno, quando l'anima ondeggia e nuota nel cosmo, sentendo nel colore la propria vita nel cosmo, quando può essere dappertutto grazie al colore. Oppure quando l'anima sente ancora nel mondo fisico la sua affinità col cosmo animico-spirituale, come per la musica.

R. Steiner, "La missione universale dell'arte".

Questo è il fine dell'arte, il raggiungimento della "grande opera".

 

FORMATI: misure standard più comuni

 

Misure standard più comuni per supporti in:

 

- tela

- tavola lignea

- carta o cartone

 

 

dimensioni cm

17,5

25

35

50

50

70

70

100

100

140

100x70

50x70

 

50x35

 

25x17,5

 

 

Questi formati seguono la regola della sezione aurea.

 

SOGGETTO: individuazione di un soggetto da rappresentare

 

Siamo partiti dalla rappresentazione di una natura morta composta da solidi geometrici per spiegare come qualsiasi oggetto è inscrivibile in una figura geometrica, perché è da essa che nasce. In seguito abbiamo visto come possiamo scegliere due vie, la prima porta verso la pittura formale vicina al realismo, mentre l'altra va all'informale e si avvicina ad una forma di arte che trae dall' "automatismo psichico", che può portare all'astrazione. 

Ora consci di questo dobbiamo continuare ad approfondire la conoscenza di queste forme d'arte attraverso la tecnica pittorica dell'acquerello, della tempera e dell'olio. Già a questo punto la scelta del soggetto deve essere individuale, ma in base a cosa scegliamo il soggetto da rappresentare?

Come abbiamo detto l'essenza del bello è che esso non si nasconde, ma porta la sua interiorità alla forma esteriore. Il brutto invece è al contrario ciò che non appare, si nasconde, che trattiene la sua essenza nel suo involucro. Il bello dunque è oggettivo, mentre se parliamo del brutto, è qualcosa che si nasconde, diventa soggettivo. Quindi il bello artistico inteso in modo oggettivo è sempre qualcosa di spirituale che si manifesta. E' compito dell'arte afferrare l'apparenza, irradiare lo spirituale nel mondo. Ogni vera arte anche se vuole manifestare il brutto, lo sgradevole, cerca lo spirito, in questo caso manifesta lo spirito che annuncia il suo essere nello sgradevole dei sensi. Il brutto può diventare il bello se lo spirito si manifesta.

La pittura manifesta nel colore la sua essenza spirituale, in esso vi sono sì qualità morali, ma soprattutto esso vive e vuole essere steso secondo la sua natura, si riproduce nel colore, vita, morte, anima e spirito come sono e vivono nel mondo. Quindi a seconda di come abbiniamo la forma al colore, esprimiamo sempre uno di questi quattro aspetti.

Nella natura morta dobbiamo portare in superficie lo spirituale. L'aggettivo "morta", dona alla "natura", il carattere di immagine, come il verde è l'immagine morta del vivente, perché essa contiene l'immagine morta del mondo minerale.  Può essere un vaso con fiori recisi, un contenitore, oggetti di varia natura, che appartengono al mondo minerale o che sono ritornati a quel mondo, quindi "morti".

E' l'artista che viene colpito dalla luce che in quel momento colpisce un oggetto in modo particolare che riceve l'impulso dal suo inconscio, al volerlo ritrarre, per elevare in modo artistico quell'istante portandolo oltre il tempo e lo spazio. Con la profondità e l'armonia dei colori viene elevato al mondo spirituale.

Quindi più che cercare oggetti o forme particolari da ritrarre, dobbiamo essere catturati dalla luce che colpisce un determinato oggetto e nel ritrarlo dobbiamo elevarlo al mondo spirituale.

DISEGNO: come riportare il bozzetto sul supporto

 

 

Il progetto di un'opera solitamente viene studiato precedentemente attraverso degli studi a bozzetto che poi possono essere riportati sul supporto anche attraverso scale di proporzione. Per l'esecuzione di opere a velature si possono usare matite dure 2H,  stando leggeri non lasciano troppa grafite sul supporto, che andrebbe poi a sporcare il colore durante l'applicazione.

Bisogna segnare solo le linee principali e poi tamponarle con gomma pane per alleggerire il segno.

Altrimenti se si è più esperti o si vuole adoperare una tecnica stilistica informale si può procedere direttamente segnando i contorni col colore con una tinta chiara.

 

 

PROSPETTIVA: la prospettiva dei colori

 

Oggi nel 5° periodo postatlantico, la pittura si avvicina al naturalismo, perché non si ha la comprensione verso il colore ed è una falsa comprensione scultorea. Infatti si vorrebbe dipingere l'uomo come una scultura, grazie alla prospettiva spaziale. Ma il pittore non lavora nello spazio ma sulla superficie, una volta doveva succedere perché doveva far parte della sua evoluzione, ma ora deve venire superato. Infatti si deve ritornare ad avere la prospettiva dei colori.

Nella natura noi vediamo colori su cose che possiamo misurare. Ma il colore appartiene allo spirituale, perché nel passato entità spirituali avevano creato quei colori sulle pietre e noi guardandole nel presente, le guardiamo nel passato. E' una questione di prospettiva, non possiamo vedere una pietra colorata solo nel presente. Come se guardassimo due fogli colorati muoversi, passato del tempo, se guardiamo due fogli bianchi muoversi allo stesso modo, ci ricordiamo che erano colorati in quel modo precedente. Se la fisica spiega questo con atomi che dovrebbero suscitare i colori, in realtà l'antroposofia spiega che sono entità spirituali che da tempi infiniti vivono nei colori delle pietre, ed esse suscitano un ricordo vivente nella loro precedente creazione. La stessa cosa avviene per il mondo vegetale quando lo osserviamo, ne abbiamo un ricordo cosmico. Quindi se dipingiamo una superficie di blu-viola essa la sentiamo calma e allontanarsi. Mentre se la dipingo di rosso e giallo essa la sentiremo aggressiva e che ci si avvicina. Dobbiamo riacquistare la prospettiva del colore e non quella delle linee. Fino al primo Rinascimento si sentiva nei pittori questa prospettiva del colore. Quando l'anima vive nel colore è sempre nello spirito. Nella pittura si sperimenta il libero muoversi dell'anima nel cosmo.

R. Steiner, "La missione universale dell'arte".

 

Guardando l'Assunta di Tiziano, ci si rende conto che l'opera supera l'antico principio artistico dell'esperienza vivente del colore usato da Raffaello o Leonardo. Però vive ancora una tradizione che non si distacca da tale vita del colore.

In essa vi gridano il rosso, il verde, il blu. Dal colore egli vi traeva tutti i tre mondi: in basso gli apostoli che sperimentano l'evento dell'assunzione in cielo di Maria, dipinti come creati dal colore. Essi sono legati alla terra, i colori non sono pesanti, ma scuri e nello scuro si manifesta l'essere legati alla terra.

Invece nei colori di Maria si sperimenta il regno di mezzo, in basso è legata ancora alla terra con le gambe e i piedi, e poi in alto la luce ha il sopravvento nella testa in piena luce sollevandola verso il terzo regno.

Nella pittura è necessario afferrare nel chiaroscuro e nel colore il mondo dell'apparenza raggiante, per far rilevare ciò che è materiale, per sollevare l'arte dalla sfera terrestre e materiale senza però farla arrivare allo spirito perché se no non sarebbe più apparenza, ma saggezza  quindi non più arte, la saggezza la si trova in alto nel regno informe del divino.

Nel diciassettesimo secolo al contrario interviene il materialismo, così scorci di angeli, virtuosismo, sottraggono l'elemento dell'apparenza perché predomina la riflessione e scompare l'elemento artistico, non ci si chiede più come negli altri dipinti del passato, se gli angeli siano o no nuvole, non vi è più dubbio di apparenza.

In Tiziano si vede come espressione del bello l'elemento artistico, in alto l'apparenza della saggezza, al centro la bellezza in Maria e in basso la virtù negli apostoli. Virtuoso è chi realizza in sé lo spirito con la volontà, qui rappresentata come apparenza esteriore nel contrasto col vizio.

Il colore era espressione divino-spirituale prestata alle cose terrestri. Ad esempio Maria che era la madre di un essere divino veniva rappresentata con il volto raggiante, come manifestazione dello spirito, in abito rosso che indicava le passioni terrene e mantello blu che indicava il mondo spirituale che la avvolgeva. La vergine così risulta dalla luce che muove dal rosso al blu, dal colore e dal chiaroscuro.

Quindi la vera prospettiva in pittura non si realizza in modo plastico attraverso la prospettiva lineare, ma attraverso la prospettiva del colore.

R. Steiner, "La missione universale dell'arte".

 

 

Tiziano Vecellio, "Assunzione della Vergine o Pala dell'Assunta"

- (1516-1518)  Venezia-

S.Maria Gloriosa de' Frari.

 

Paul klee (1878-1940), appartiene al movimento dell'astrattismo, appreso entrando in contatto col Blaue Reiter. Ma il suo modo di vedere l'astrattismo era concentrato sul riconoscimento qua e là di realtà riconoscibili, se pur trasformati dalla memoria.

Inoltre essendo musicista vi sente entro la pittura la sua funzione espressiva.

Il suo mondo figurativo si mantiene così al di fuori di qualsiasi corrente organizzata.

La sua pittura è legata al reale, un reale trasformato. L'oggetto che ha visto gli suggerisce, per associazione, una forma nuova che non ne è la riproduzione, ma che nasce da dentro. L'artista riceve dal mondo esterno il visibile e trasmette dall'interno l'invisibile.

Ne è prova una pittura raffinata, intellettuale, spesso allusiva e simbolica.

Dai suoi primi studi di grafico, deriva l'importanza della linea, dove il segno si articola e si coordina ad altri segni creando il motivo poetico ed unendosi indissolubilmente al colore.

 

"Strada principale e strade secondarie" è nato come ricordo di un viaggio in Egitto, si possono riscontrare le pezzature dei campi fecondati dal Nilo.

Quindi da uno spunto reale, è passato a costruire questo dipinto dove si può notare come la prospettiva sia data dal colore, violetto e blu in lontananza e rossi e gialli in vicinanza, alternati. Essi trattengono in sé una valenza calma e aggressiva unite, che donano movimento all'insieme.

E' un accordo poetico-musicale, costituito dalle varie campiture di colore racchiuse in queste linee, che donano movimento e creano la vera prospettiva del colore, infatti quando l'anima vive nel colore è sempre nello spirito.

Paul Klee, "Strada principale e strade secondarie", 1929, olio su tela, 83x67 cm. Colonia, Wallraf-Richartz Museum.

 

 

 LE OMBRE: la plastica, individuazione delle zone luce e d’ombra

 

Nel Rinascimento con la nascita della prospettiva, l'osservazione che “il contorno da noi percepito ogniqualvolta osserviamo un corpo è il medesimo che ne circonda l'ombra, purché questa sia formata da una sorgente luminosa collocata nella stessa posizione in cui si trovava l'occhio” si trova già nel manoscritto del “De Statua” di L.B. Alberti.
Tuttavia per la cultura rinascimentale fondamentalmente antropocentrica era difficile distinguere “la presenza, all'interno di una proiezione (la perspectiva artificialis) di una ulteriore proiezione (quella delle ombre), cioè la compresenza di due punti di osservazione: l'occhio dell'osservatore e la sorgente di luce”. Occorreva infatti, per farlo, “considerare il problema delle ombre come qualcosa di esterno alla figurazione”, slegato dal problema dell'intersezione tra piramide visiva e quadro (De Rosa, 1997).  L'osservazione esplicita che se occhio e sorgente luminosa coincidessero le ombre non potrebbero essere osservate, si rintraccia in Galilei (1611) e in Pietro Accolti (1624).
 

Non è stato semplice differenziare in modo rigoroso, in relazione agli effetti d'ombra, sorgenti naturali e artificiali, puntiformi e non puntiformi. Prima del XVII secolo, era molto difficile o impossibile inquadrare correttamente nella prospettiva artificiale le proiezioni parallele (ombre solari); altre difficoltà derivavano dalla distinzione tra ombre proprie e portate.
Esistevano numerose e svariate “pratiche di bottega” che consentivano di inserire nelle pitture ombre realistiche delle cose o persone ritratte, anche se non erano esatte da un punto di vista geometrico. La proiezione di griglie (o di cartoni forati) mediante sorgenti luminose servì per dipingere immagini illusionistiche su volte ricurve o soffitti, per costruire anamorfosi, per tracciare reticolati su carte astronomiche e geografiche.

Occorre attendere che sia formulata una teoria delle proiezioni più astratta (comprendente piramidi e coni con vertice improprio) affinché la prospettiva, legata alla scienza pura e alla matematica, meno subordinata ai problemi specifici della pittura, accolga al suo interno una teoria delle ombre sufficientemente completa.

 

L'opposizione tra luci ed ombre serve a dare l'impressione che le figure rappresentate abbiano un volume; ciò viene realizzato attraverso la tecnica del chiaroscuro: si mescola il colore-base della figura con le tinte più chiare e con quelle più scure, in modo da dare la sensazione di una luce che colpisce la figura rappresentata.

Bisogna poi distinguere tra le ombre proprie della figura e quelle portate, cioè proiettate su altre figure o sui piani circostanti: le seconde servono a suggerire la distanza tra le diverse figure, lo spazio che le circonda.

Ne La cacciata dal Paradiso terrestre (Masaccio, chiesa del Carmine a Firenze, 1422-26): l'impressione della tridimensionalità delle due figure umane è ottenuta grazie al chiaroscuro e alle loro ombre proiettate per terra che danno il senso dello spazio; la concretezza delle due persone rende ancor più drammatica la scena, così come drammatico è il contrasto tra il colore caldo dei loro corpi e quello freddo del cielo.

La prospettiva spaziale qui è data dal colore, i caldi nelle sfumature del rosso in vicinanza e gli azzurri che indicano la lontananza.

 

Le ombre proprie

L'ombra fa risaltare la schiena di Adamo, che conserva tutto il vigore della precedente condizione di beatitudine, ma è ora curva per il dolore e l'umiliazione.

 

   

Le ombre portate

Non sono molto evidenti le ombre portate, ma si intravedono quelle delle gambe di Eva, proiettate sul terreno dietro le gambe di Adamo; le due esili tracce scure sottolineano la fragilità della donna, completandone il ritratto psicologico tratteggiato principalmente attraverso l'espressione disperata, stravolta del volto.

 

 


 

La contrapposizione tra luce ed ombra ha anche valore simbolico, spesso richiamando l'opposizione tra bene e male: basti pensare all'inizio del Vangelo di S. Giovanni, "In principio era il Verbo, e il Verbo era presso Dio e il Verbo era Dio. Egli era in principio presso Dio: tutto è stato fatto per mezzo di lui, e senza di lui niente e stato fatto di tutto ciò che esiste. In lui era la vita e la vita era la luce degli uomini; la luce splende nelle tenebre, ma le tenebre non l'hanno accolta. [...] Veniva nel mondo la luce vera, quella che illumina ogni uomo.".

 

Ovviamente in opere che non aspirano a una rappresentazione naturalistica, come nell'arte bizantina medievale, non troveremo un uso di questa risorsa espressiva e le figure ci appariranno piatte, bidimensionali, come nel mosaico Processione di sante di Sant'Apollinare Nuovo a Ravenna. Alla ricchezza delle vesti fa riscontro la postura del tutto innaturale e l'assoluta mancanza di profondità. Perché tutto era spostato nella sfera del divino. Le figure che risaltavano sul fondo oro si sviluppavano come creature dello spirito.

E' l'uso del chiaroscuro che rende umane le persone ritratte.

Nelle opere del Rinascimento italiano, invece, si fa largo uso di queste tecniche. Leonardo da Vinci inventa la tecnica dello sfumato, con cui si evitano i contrasti troppo marcati tra luce ed ombra, sostituiti da passaggi molto graduali che addolciscono, offuscandoli, i tratti somatici.

C'è da notare che qualsiasi ombra in natura appare colorata infatti secondo Goethe, l'occhio sollecitato dall'illuminazione colorata produce fisiologicamente il complementare sull'ombra rischiarata dalla luce bianca.

 

 

Luce e tenebra, leggerezza e pesantezza, assenza di gravità e gravità, pensiero e volontà, passato e futuro nel presente, bene e male, sono polarità e sinonimo di chiaroscuro. Sulla terra l'una è unita all'altra in assoluto equilibrio ed oscillazione nel perdurare del ciclo vitale.


 


 

FORMA: lo stile - la natura morta (parte II)

Il fiore nei dipinti assume svariati significati, quello biblico indica la misericordia divina, la bellezza e la santità della Vergine, lo si può vedere in una qualsiasi annunciazione sottoforma di giglio bianco.

In ambiente classico invece il fiore indicava la rinascita del ciclo stagionale. Diventa ornamento effimero dell'acconciatura femminile e simbolo del linguaggio amoroso.

Esso diventerà addobbo architettonico, che sfocerà nel Cinquecento con la bizzarria della grottesca, in una commistione fantastica tra vegetale, metamorfico e mostruoso.

Nel Cinquecento lo studio botanico porta a rinnovare la classificazione dell'erbario medioevale con nuovi esemplari importati dall'Oriente e dalle Americhe che funge da precedente all'apparizione nella natura morta di fiori recisi in un recipiente, propria del Seicento.

 

Possiamo notare come Brueghel, sia abile nel riprodurre nei particolari le varie sfumature cangianti, i piccoli insetti alla maniera fiamminga.

Il fiore più rappresentato in questo secolo sarà il tulipano, prodotto dal forte mercato olandese, simbolo di fragilità e brevità della bellezza e dell'apparenza. A significare il contrasto tra l'eterna fioritura della parola divina e la stagione limitata e fragile del fiore.

 

Jan Bruegel il Vecchio
"Bouquet di fiori in vaso di coccio"
1599-1607 olio su tavola, dimensioni 51x40 cm
Kunsthistorisches Museum, Vienna.

In ambiente tedesco tutta la produzione della natura morta è permeato da un ammonimento sulla brevità e illusorietà della bellezza. La natura morta con il teschio e tutto quanto ad esso possa essere collegato concettualmente, stanno a significare il terrore della morte e la sopravvivenza nel trionfo della memoria nell'arte. L'origine del soggetto era dovuta alla forte predicazione rigorista calvinista, per il pericolo dei beni terreni e il conseguente disinteresse nei confronti della salvezza ultraterrena.

Gli oggetti sul tavolo rappresentano la fragilità della vita: il teschio, la clessidra, la candela che si consuma, nel tempo che scorre inesorabile,  i fiori che indicano la parte caduca e preziosa della vita. Un cartiglio con un ammonimento verso la gloria del mondo che passa.

Fu chiamata "Vanitas" la scuola di Leida, di gusto macabro, o tragico appartenente al mondo barocco.

 

 

 

David Bailly, "Autoritratto", 1651
olio su tavola, 89,5 x 122 cm
Stedelijk Museum De Lakenhal, Leida.

In alternativa al teschio vengono realizzate nature morte con strumenti musicali, in quanto il suono del liuto è armonioso, ma breve, perché ogni strumento può rompersi ed essere accantonato.  Si celebra il superamento della morte attraverso l'esercizio delle arti liberali, dalla musica alla pittura. Le arti sono strumenti capaci di superare l'angoscia del tempo, della cancellazione della memoria in sé, grazie alla fama.

 

 

 

 

 

Evaristo Baschenis, "Strumenti musicali".
olio su tela, cm 75 x 108
Bergamo - Accademia Carrara.

Il trompe l'oeil è un altro genere di rappresentazione della natura morta che si sviluppa in età Barocca, per il gusto della meraviglia, l'artificio capace di ingannare il senso della vista.

Viene spesso adottata una vista frontale dell'architettura, da un armadio o una mensola, pareti con chiodi infissi nel muro, spesso angoli della stanza dello studio del pittore o del committente.

 

 

 

 

 

Conelius Norbertus Gijsbrecht,
"trompe l'oeil" di lettere e stampe.

Césanne pur appartenendo al movimento impressionista, invece di ricercare la fugacità dell'impressione, studia la solidità costruttiva della forma.

"Bisogna trattare la natura per mezzo del cilindro, della sfera, del cono, il tutto messo in prospettiva".

La sua prospettiva alza il piano in modo da mostrarci in maniera sintetica tutti gli oggetti, in tutte le posizioni, che compongono il quadro. Quello che poi riprenderà ed accentuerà il cubismo.

"Dipingere non significa copiare servilmente, ma impossessarsi di un'armonia fra vari rapporti."

Queste parole lo accomunano a tutti gli altri impressionisti che non vogliono cogliere la realtà così come le è data, ma costruire secondo le regole della natura, coglierne la sostanza ed eternare quelle impressioni o sensazioni che il pittore riceve osservandola.

 

 

Paul Césanne, "Natura morta", 1890-1894
tempera su tela
Parigi - Museo del Louvre.

Vincent Van Gogh (1853-1890), il maggior rappresentante del periodo post-impressionista, vive la sua breve ed intensa vita tormentato da enormi angosce ed ansie esistenziali, che producono come risultato un'arte altamente soggettiva.

La sua tecnica stilistica personale trasfigura la realtà a favore del suo io, ne è indice la rapidità istintiva con cui modellava deformando la natura, sia nelle forme che nel colore.

"anziché cercar di dipingere con esattezza ciò che ho sotto gli occhi mi servo del colore nel modo più arbitrario, per esprimermi con maggior forza" (1888)."

Come naturale evoluzione questo modo di dipingere porta al successivo espressionismo, dove non si cerca più l'impressione delle cose, ma di esprimere il proprio io interiore. Non si ricercano più le regole che costruiscono la natura, per trascenderla ed eternarla in modo spirituale. Al contrario, si cerca di esternare i propri sentimenti, i propri stati d'animo interiori, attraverso il colore e la forma.

 

Vincent van Gogh, "Natura morta con girasoli", 1889, olio su tela, cm.95x73, Rijksmuseum.

Matisse come Fauves, non vuole imitare la natura, ma esprimere ciò che vede e sente per mezzo della stessa materia pittorica. Poi segue un percorso che lo porta sempre più alla sintesi e al decorativismo.

Nella "Natura morta con melanzane" si ripete il gioco dell'arabesco che ritroviamo nel nudo come ne "La danza". La composizione crea l'eterno movimento della vita, sono quelle linee e quelle curve che in un moto ordinato riproducono le forze creatrici.

Qui la natura morta  è considerata un elemento pittorico, concettuale. Le forme interferiscono a vicenda in un decorativismo che occupa tutto lo spazio. Nelle sue opere notiamo sempre una visione ingenua ed una iniziatica.

 

Henri Matisse, "Natura morta con melanzane", 1911.

Pablo Picasso (1881-1973). La fase cubista fu un periodo di grande sperimentazione, in cui Picasso rimise in discussione il concetto stesso di rappresentazione artistica. Il passaggio dal cubismo analitico al cubismo sintetico rappresentò un momento fondamentale della sua evoluzione artistica. Il pittore appariva sempre più interessato alla semplificazione della forma, per giungere al segno puro che contenesse in sé la struttura della cosa e la sua riconoscibilità concettuale.

Riprende la solidità di Césanne, il sintetismo, il modo di rappresentare da diversi punti di vista l'oggetto, come in un collage. Non rappresenta il vero, ma la realtà interiore ed esteriore delle cose e delle persone, nel loro esistere nello spazio.

 

 

Pablo Picasso "Natura morta" 1912.

Morandi, basandosi su una realtà ristretta a pochi oggetti  di uso quotidiano (bottiglie, vasetti, bricchi, lucerne, cuccume), l'artista definì tutto il suo mondo poetico che accompagnò costantemente la sua coerente evoluzione pittorica.  Seguendo la solidità geometrica delle forme di Césanne, non dando prevalenza al tema, ritraendo sempre oggetti simili, e neppure al colore, basati sugli ocra e i bruni, raggiunge l'essenza, la pura forma ideale. Ne esce ordine, calma interiore, conferendovi vibrazioni atmosferiche e forte spiritualità. 

L'adesione di Giorgio Morandi alla pittura metafisica (1918-20) nulla tolse al purismo e alla essenzialità della sua visione. Non vuole descrivere come De Chirico, l'inquietudine di fronte l'enigma dell'ignoto, ma è più una ricerca per portare l'oggetto entro una forma geometrica e inserendolo in precisi rapporti con gli altri oggetti e con lo spazio.

Ad iniziare dal 1920 l'artista perseguì l'approfondimento e la maturazione del proprio stile, dapprima con una pittura a colori densi e dal tratto sommario, poi con una delicata tramatura cromatica, come stanno a dimostrare le nature morte eseguite alla fine degli anni Venti.

"Giorgio Morandi" 1919

Giorgio Morandi, "Natura morta metafisica" 1918.

René Magritte (1898-1967) è l’artista surrealista che, più di ogni altro, gioca con gli spostamenti del senso, utilizzando sia gli accostamenti inconsueti, sia le deformazioni irreali. Ciò che invece è del tutto estraneo al suo metodo è l’automatismo psichico, in quanto egli, con la sua pittura, non vuole far emergere l’inconscio dell’uomo ma vuole svelare i lati misteriosi dell’universo. Ed è proprio su questo punto che la sua poetica conserva lati molto affini con quelli della Metafisica. I suoi quadri sono realizzati in uno stile da illustratore, di evidenza quasi infantile. Volutamente le sue immagini conservano un aspetto "pittorico", senza alcuna ricerca di illusionismo fotografico.

Il rapporto tra linguaggio ed immagine, ovvero tra rappresentazioni logiche ed analogiche, è un tema sul quale Magritte gioca con grande intelligenza ed ironia.

 

In questo caso, guardando l’immagine di una pipa e leggendo la scritta sottostante che dice: "questa non è una pipa", la prima reazione è di chiedersi: "ma allora, cosa è?". Il sottile inganno si svela ben presto, se si riflette che si sta guardando solo un’immagine, non l’oggetto reale che noi chiamiamo "pipa".

Magritte, anche in questo caso, tende a giocare con la confusione tra realtà e rappresentazione, per proporci una nuova riflessione sul confine, non sempre coscientemente chiaro, tra i due termini.

 

René Magritte, "Questa non è una pipa", 1948.

Andy Warhol (1930-1987) è il rappresentante più tipico della pop art americana. La sua arte prende spunto dal cinema, dai fumetti, dalla pubblicità, come puro istante di registrazione delle immagini più note e simboliche.

In queste sue opere non vi è alcuna scelta estetica, ma neppure alcuna intenzione polemica nei confronti della società di massa: unicamente esse ci documentano quale è divenuto l’universo visivo in cui si muove quella che noi definiamo la «società dell’immagine» odierna.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Andy Warhol, "Cinque bottiglie di Coca Cola", 1962.

Siamo giunti alla registrazione dell'estremo naturalismo, il solo materialismo estetico, arte spoglia di qualsiasi contenuto spirituale o poetico. Da questo punto in poi è naturale come l'arte debba nuovamente riacquistare un valore spirituale perché l'equilibrio tra mondo materiale e spirituale possa essere ristabilito.

a cura di A. Delvecchio

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