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Dopo la pioggia

Un’occhiata del sole,
respirando l’aria,
umida.
Un rivolo sull’asfalto,
trasportando una foglia
imperlata.
Le mie ciglia, umide di lacrime,
che si illuminano in un sorriso.
Ma nel cielo
e nei miei occhi
un velo opaco.
 

 

[Senza titolo]

Vorrei che le mie parole fossero azzurre
e bianche,
come i tuoi occhi di torrente
Vorrei che i miei pensieri fossero
complicate volute,
misteriosa ragione
che s’inanella in sabbia
d’ombra ambrata,
solo scompigliata dal primo pomeriggio,
ma che sempre si riaggrega
se lasciata al suo ordine:
come i tuoi capelli
Vorrei che la mia volontà
fosse coraggiosa e serena,
seria e sorridente:
come le tue parole,
come la tua bocca
Vorrei avere memoria perfetta,
perché allora saprei
di poterti amare
 

 

1.

Dolcemente ricordo
allora quando
mi ostinavo a non ascoltare i suoi passi,
in quei tempi quando
piano si faceva strada,
non riconosciuto
nel rumore della mia anima.
Ora,
invece,
cammina per le strade del mio
spirito
e della mia
mente,
non più non sentito:
i colpi dei suoi passi,
in una strada vuota,
fiancheggiata da alti
muri,
mi lacerano il cuore
Se non me ne dolessi,
non vivrei.
 

 

227. Un attore

Hai spaccato voragini azzurre
aride come la luna,
mentre le tue mani le accarezzavano
sfiorandole con uno sguardo infinito,
rispettoso.
Per giorni hai ritratto dal tempo
lenitore
reti di forza
come dimenticate,
nascoste da alghe sfinite
come un corpo che si ridesti
perché le ali dei suoi angeli
gli donano frescura.
Hai dato forma alla morte
e alla follia
e alla follia e alla vita:
hanno avuto colori poveri e opachi,
immaginati e splendenti
e molte voci e una stessa voce
e tutte le vibrazioni magiche
della passione e della paura
fuse in un uomo.
Hai plasmato la curiosità e la fantasia
in tragica commedia
e in ridereccia tragedia:
in amara verità,
vissuta perché è amore.
 

 

64. Il suo cuore

Comprò due acquemarine
in una bottega di mare
Ricamò sottili alghe
di pallida sabbia,
fine e morbida
Rubò la rugosità agli scogli,
insieme alle arrampicate dei bimbi
Prese in prestito al mare
le stoccate minacciate
delle punte delle onde
Copiò in lievi fili i gorghi,
in tessuto instancabile
il semplice lavorio,
l’eterno andirivieni
e il sorriso del grande spirito
che pare vecchio
e pare bambino
Raccolse e risparse sale
con giusta e larga misura
E cristalli d’amore
gettò dove difficile e arduo
sarebbe stato ritrovarli
 

 

75.

Per te sono come il cielo di oggi:
grigio di minaccia di pioggia,
poi bianco di sole,
poi grigio:
come non vorrei:
eppure tu lo pensi
e mi temi:
temi che io t’inganni,
come il sole che risparisce;
temi che io crolli,
come il sole che si lascia sopraffare;
temi che non ti aiuti,
come il sole che scappa
dopo aver fatto capolino nemmeno un minuto

 

Il mio amore sarà indaco

Il mio amore per te sarà indaco
e verde, azzurro e arancio
e grigio e bianco:
come questo tramonto
che bagna il mare,
sfumandosi nell’aria,
che riempie le nubi
mentre il cielo le dissolve:
come l’acqua
molle di metallo
cedevole armatura
con i suoi balzi scolpiti,
mai così tepidi:
come il loro mistero:
il punto in cui trasecolano
e cadono nell’aria
e la sfiorano
e l’abbracciano,
in cui lei si lascia toccare,
coccolare, ferire: conoscere.
Il mio amore sarà come quell’aria,
che le onde sempre respirano
e forgiano
con la loro fatica
 

 

112.

Non possiedo nulla
e nulla ho
Non sono nulla
e niente è in me
Forse c’è il mio corpo
che a nulla vale
perché non ho più
spirito:
ucciso, schiacciato, strappato
dissolti i suoi minimi brandelli
Rabbia, rabbia
che si sconquassa
e urla nelle lacrime che non ho più
e divora se stessa:
disgusto,
che non ha più compassione
e non deve averne:
così non osa il dolore
prendere i resti
laceri inceneriti
che soffrono di sé:
resta solo
amico agli occhi della scaltrezza
cieca meschina
il sorriso pietoso del silenzio
come il lieve rumore delle onde
che nasconde per sempre
i naufraghi incauti
e la sabbia che aiuta il sole
a soffocare gli inabili al deserto

 


45.

Quando l’aria saprà di sole,
quando saprai sentire
l’odore degli spruzzi,
che non è solo fresco salso,
quando lascerai ogni pensiero
godendo nel dimenticarti di te stesso,
di te come sei stato
e come hai desiderato,
allora mi scoprirai,
sorprendendomi in una conchiglia,
dove non mi posso addormentare:
ti lascerai affascinare,
ti immergerai in me,
giocherò fra le tue ragioni,
mi vestirò delle emozioni
variopinte,
esplorerò i tuoi sentimenti,
bussando ad ogni loro porta:
e se avranno tempo
per aprirmene anche una,
allora entrerò e indagherò
e tu d’incanto saprai
che mi sarò stabilita
anche dentro di te:
ti sentirai cantare
anche ad occhi aperti,
nella normalità del silenzio:
canterai ciò che desideri,
che è ciò che ti detterò:
sono la tua musica.

 

313. Deserto mare

 Storie di sole mie amiche,

dune che mi dissetano con sogni,

danze di sabbia sulla sabbia,

i serpenti che risuonano

con passi sinuosi silenti,

come corde magiche.

Il respiro che arde e non brucia:

brama la pace e il moto infinito

di un immenso lago di fantasia,

i nervi delle onde

che rigano il dorso del mare

e lo abbracciano per porgergli la forza:

non ha bisogno di spade,

ha già il vento

ai suoi comandi e favori.

Il vento arido del deserto

porge i suoi omaggi al mare,

che ricambia con gioielli di sabbia ed un sorriso:

il suo sorriso li lega come il laccio del mantello

che ogni giorno, all’improvviso,

scoprirà per te il mio viso.

 

 

 

295.

 

Una maschera di brace

sfrigola immergendosi

nella tua bellezza

e le sue scintille sono parole

che vorrebbero imprigionare

la memoria e il sogno

di te.

La mia maschera è il mio viso,

i miei occhi, il corpo,

e mi arde nel cuore,

dove ne custodisco

le scintille più opache:

le altre devono essere libere

di trasformare un canto

di bellezza

in un fuoco magico,

che distribuisca le emozioni luminose

delle vastità del tuo sguardo,

dell’eternità di una lingua antica,

dell’intensità

di ogni percezione del tuo splendore.

 

 

 

301.

 

La mia maschera di brace

arde della tua bellezza

e ne beve e raccoglie

ogni sereno raggio di splendore,

ogni turbato pensiero,

ogni parola misteriosa che muta la voce

rendendola eterna.

La mia maschera sarà l’eco inaspettata

e invisibile

del tuo spirito che corre

e che sente

fulmineamente

gli istanti che incalzano

e la pace che scorre negli animi.

Io vedrò, mediterò, imparerò

dalla tua bellezza nel lampo

a sentire il coraggio che sorge

in una notte di battaglia nella pioggia.

 

 

 

296.

 

Le robinie hanno scialli di sole:

vi avvolgono le spalle dorate,

vi si riscaldano

quando agosto cede l’ultimo abbraccio,

quello dolce,

alla sera che viene di buon passo

e all’autunno che pare ancora cauto.

Questo è il momento del riposo,

delle feste di fine estate,

beneaugurati: gli alberi si agghindano

per le serate

in cui si scambiano gli auspici

per il tempo che sarà

e per i lunghi mesi

poveri di luce;

e stormiscono i saluti

e le promesse di rivedersi e risplendere insieme

dopo il sonno

che farà tremare le gemme di paura.

 

 

 

283.

 

I soli sono scintille

nella galassia del mio amore:

non sono neppure stelle,

me li bevo,

dispersi, sciolti

nella sua immensità:

sono granelli di zucchero,

lucente, sì,

nell’enorme caffè del mio cuore,

freddo, ma immenso:

chi lo saturerà?

Tu non puoi sapere:

rabbia e visione di miseria

sono i gorghi che s’inghiottono da soli,

vorticando amari

senza sperare nell’ironia del buio:

sono persi,

nel lontano aroma dell’universo.

Ma ciascuno

ha il suo universo dentro.

 

 

 

313.

 

Se sarai con me, ti mostrerò il deserto,

i deserti, i miei:

dovrai tenere le scarpe, e grosse,

per attraversarli a piedi,

perché non ti darò alcun mezzo,

neppure una bussola.

Ma tu sai trovare le piante nei deserti

 e sai far piovere:

rinasceranno le mie sagge foglie

e tu proseguirai.

Camminerai forse sui serpenti,

se vorrai ascoltare i miei passati,

ma ti addoloreranno

senza fare alcun male:

lascia che ti trasportino traballanti

e così arriverai a quelle dune

che raccontano le mie storie di sete

e alcune storie di sole, anche mie.

Le mie oasi sono solo miraggi,

ma sai già che lì ti potrai dissetare:

ti aspettano i miei silenzi più belli.

 

 

 

308. Per la tristezza

 

 Dalle mie mani nascerà l’aurora:

questo vorrei poterti promettere,

ma non lo so fare, ahimè.

Saranno le mie mani

a tingere di rosa il cielo

o d’arancio,

perché l’alba sia simile a un tramonto,

che tu tanto ami:

questo vorrei poterti annunciare,

con già un trionfo bianco

rilucente sulle dita,

ma non lo so più fare,

né mai forse l’ho saputo.

 

I miei erano tutti sogni

e non vogliono morire:

hanno sentito i miei occhi che guardavano,

per caso, gli alberi di fine novembre

nel cielo giallo del mattino,

con le loro dolci braccia

in una striscia luminescente

appoggiata al denso grigio

di nubi che se ne andavano:

i miei pensieri erano quegli alberi,

ed erano lì, e si lasciavano guardare:

carezzavano la luce

con i loro rami di sogno,

restando in silenzio.

 

 

 

309.

 

Piangerò il mio dolore come i salici,

in umile silenzio,

chinandomi per nascondere le lacrime,

ma tutti le vedranno,

come cascate di foglie

che si prendono per mano

e si lasciano condurre

da dolci rami

verso uno specchio d’acqua:

i tuoi pensieri,

dove posso vedere riflessa ogni mia tristezza

e l’angoscia

e qualche volta la paura,

ma soprattutto il dolore.

 

 

 

[Senza titolo]

 

Piove e tu non sei qui:

non importa: ti penso.

Piove nella sera,

piove ed è notte:

come sempre, per me, dolcemente.

La tua anima migliora,

perché la sogno

come piacerebbe a me.

Sono affranta, abbattuta,

come se l’acqua fosse punizione

triste.

Vorrei che tu ci fossi, ora,

anche se non per me.

 

 

 

88.

 

Mi accompagnerà

il dolore per te:

mi stringe fino alla gola;

lo terrò con me nel mio petto

sperandolo solo mio:

e non mi concederà le lacrime

che vorrei:

finché non ti chiederò perdono.

Mi terrà sospesa,

come tu sei nei pensieri.

Mi chiedo se tu soffra

come le foglie delle betulle

strappate con l’inganno del vento

dalla mia freddezza,

o se ti abbandoni

con serenità

alla scempio del tuo tempo,

con la saggezza che sorride

e piange le miserie umane

 

 

 

157.

 

Portami nel deserto

e parlami,

parla al mio cuore,

al mio spirito,

alla mia mente,

alla ragione,

ai sensi, all’intelletto,

alla mia anima,

che è tutto di me:

non la conosco più:

l’ho abbandonata

per i miei desideri

umani:

troppo

avidi.

Portami nel deserto

e inondami del mare che non ha più;

portami ancora fra la gente, in una piazza,

e inondami

del silenzio del deserto:

mi annienterà,

ma forse

salverà

la libertà della mia anima.

 

 

 

Vorrei

 

Vorrei essere una foresta

che conduce a te chi vuoi amare;

vorrei essere un mare

culla e coro per il suo canto;

vorrei essere vento

per poter spiare il silenzio;

vorrei essere tempesta

perché in due

ogni pericolo

si affronta con una

luce nel cuore.

 

 

 

Se tu fossi vero

 

Se tu fossi vero,

io non avrei più notti

e non avrei più giorni:

inghiottita dai sogni,

no, dal mio destino,

che si sarebbe manifestato

orribilmente.

Se tu fossi reale,

svanirei,

perché non avrei più

di che cantare,

di che inventare

e morirebbe la mia fantasia:

difficile

e ignobile

è descrivere

ciò che gli occhi

davvero vedono,

ciò che i sensi sentono.

Se tu fossi vero,

perderei la vita,

perché solo di questo

essa è fatta:

di sogni di canzoni di tessute melodie

che nessuno

ode davvero:

inconsistenti,

belle come l’arcobaleno

bolle di sapone.

 

 

 

Una strada

 

Una strada mi attraversa l’anima:

è annodata

e io temo di chiedere dove porti;

cammino e basta,

cammino e sciolgo nodi per tentativi:

può darsi che se ne formino di più stretti

o più complicati.

Per ogni nodo dipanato

nasce un albero o punta fuori un fiore,

o un albero crolla o un fiore marcisce:

come per un fulmine scoccatogli addosso

o come in un cimitero

quando la stessa acqua è per troppo tempo

dimenticata.

Penso di aver fatto morire

più di queste creature

di quante ne abbia lasciate venire alla vita,

a costellare la mia via polverosa

con le loro verdi ombre;

il dolore è che non mi posso voltare,

per tentare di resuscitare i cadaveri

o per vedere se, a un bivio,

ci fossero meno nodi davanti

e una terra più bella, più umida

e profumata di bosco: le piante

forse

l’avrebbero amata.

 

 

 

50.

 

Ho abbracciato

un mazzo di rose

e le ho gettate

nelle cascate del tuo amore.

Sfiorando il tuo liquido viso,

ho raccolto i petali

carichi di gocce,

ammaccati e contenti

dai forti spruzzi

E le mie mani

graffiate

hanno cullato

quella morbida fragilità,

che ha confuso e guarito

il loro povero sangue.

Allora ho pianto

e mi sono seduta

sulle tue rive,

ed ho sorriso

come ad un pensiero:

alla luce del tuo sguardo,

che ha reso adulti i miei occhi

 

 

 

425.

      

Dolci i tuoi occhi: lo sguardo e le labbra,

con una strana pace

e una curiosità muta.

Nel perfetto silenzio

la tua bocca serrata

attende

una meta,

guardandosi intorno

con l’eternità negli occhi.

È come se tu sapessi

tutto dell’eternità e del tempo

e pacatamente lasciassi

lo sguardo posarsi sugli uomini:

ogni loro gesto

li preoccupa, li affanna,

li fa perdere

in pensieri inutili

che bonariamente ti divertono.

Ma ogni attesa ha una fine

e io presto dovrò volgere l’attenzione

e tornare a me stessa,

mentre tu ti stiracchi

e dentro di te te la ridi:

perché i tuoi dolori

non ho colto neanche un po’:

dolori

che tu solo puoi e dovrai

sentire per sempre.

 

 

 

La mia scelta

 

Continuo a portarti con me

Addosso

Come un fardello

Per sempre

Un fardello

Che, ahimé, ho scelto

Ormai è inutile

Che mi lamenti:

Boccheggerò solo ogni tanto

Le mie rimostranze

Come cari ricordi

Che ogni tanto si rispolverano

Dovrò accettare

Ciò che ho scelto

Prima o poi:

Chissà che così

Non mi perseguiti più.

Chissà se finalmente

Questa strategia

Sarà premiata nella guerra

Contro me stessa?

Chissà...

Io spero

E ho l’illusione

Di non arrendermi.

Già mi sarei dovuta

Lasciare il passato alle spalle

Dieci anni fa

 

 

 

429.

 

Sto  costruendo questa casa

con mattoni di acqua,

che mi si scioglieranno in mano.

Sto costruendo questa fortezza

con abbracci di mare e vento,

che vedono il sole sì e no.

Sto costruendo castelli di pietra

tenuti insieme

con il cemento dei sogni:

i tuoi sogni,

che ho rubato dalle tue parole:

con un ago sottile,

lettera per lettera ho punto

e ne ho estratto

la linfa di silenzio,

di emozione, di palpito:

quella che mi faceva

tremare e battere il cuore.

Le mie mani impolverate di aria

e di musica interiore

risvegliata da te,

le mie mani

impregnate dei tuoi baci

immaginati,

le mie mani stanno costruendo

amare sorprese fatate per te.

 

 

 

156.

 

Quando il tempo si dilata

nei rossi atri

del mio cuore

è un regalo del tuo odio,

che mi fa vivere di più.

Colonne e mura scarlatte,

come antica Creta,

godono del tuo respiro,

che non ha pace e mi dà ogni pace

E la penombra mi coccola abbracciandomi,

mi protegge, mi illumina di sole,

nelle mie vesti bianche

come spuma leggera,

che vola lieve e veloce

sotto il vento dei miei ricordi

Ti ho amato, e ti amerò,

fino a quando e dove,

ahitè, questo ancora non so

 

 

 

164.

 

Nella terra delle emozioni

i tuoi pensieri sono l’aria,

che fa brillare i colori dei sogni:

una pianta razionale

arricchisce di ossigeno puro

e non respira,

risplendendo di sole

anche nel deserto arso

dall’avidità di sentimenti

e di aiuto umano

e divino:

l’ingordigia ti attornia

e ti si avvolge addosso

con i suoi vestiti strappati laceri aridi logori,

ruvidi come insabbiati di cenere

stropicciati come occhi che mai hanno dormito:

ma tu perseveri,

esile fiorisci e inflori l’aria che respiro,

che respiriamo,

fiorisci con la tua forza

inesauribile come l’acqua

di una splendente oasi

e nulla è più donna

di un tuo gesto:

che porta sempre con sé

un miracolo dell’amore

 

 

 

171. Smeagle

 

La tua voce di serpente

mi riecheggia nell’anima,

i tuoi occhi opalescenti

strisciano in me,

come azzurri occhi di bambola,

trasparenti e bianchi

come il tuo buon animo,

grossi dai confini di noce

sulla tua pelle diafana,

che a sfiorarla soffre:

anche per un delicato spago.

Contorto collo, contorti muscoli, ritorta schiena:

per amore cacciare

i piccoli animali e i crudi pesci,

come un animaletto festoso

per un servigio reso bene.

Ti dividi

e ti flagelli e ti disperi

e ti inganni

e inganni, e forse lo sai e forse no:

fragile,

solo fragile e solo,

inascoltato e solo, non creduto e solo:

chiedi in silenzio,

fra te e te,

così nessuno ti sente, se non chi

sta quasi per morire per te

 

 

 

425.

 

Adesso, finalmente,

ho la tua testa fra le mani,

il tuo cuore fra le dita:

inaridito per un momento da me.

Sirena, per me sola ho cantato:

ora una nenia dolce

come la neve della Vigilia

cullerà il tuo capo,

che si addormenterà pian piano

su cuscini di nubi di cielo,

dimenticando

ogni fatica

e ogni cura

contro gli amori

non desiderati.

Musica di cascate

e sfrenate chitarre virtuose

si mescoleranno nei tuoi sogni:

che mi diranno, allontanandosi,

dolcemente addio.

 

 

 

Desiderio di autoritratto

 

Le tue stelle sono irraggiungibili,

brillanti come

l’inimmaginabile,

talmente nascoste

che le loro esplosioni

di emozione

giungono a terra soltanto

in anni di luce,

come lumicini di fuoco

che l’occhio umano

non può sostenere

e ove le dita non osano

scottarsi.

Tu possiedi l’eternità della mente

e attraverso parole la specchi,

tutta la rischiari,

in dolci e scabri enigmi,

d’amore, immagini e puri suoni.

Non guardi il reale

perché temi di calcolare tutto,

ma i cronometri non ti sfuggono.

Un desiderio

può tutto su di te:

su un cuore sviato,

disperso nella delusione

di sé,

disperso nell’esplosione

delle sue stesse stelle:

quelle che arderanno per sempre,

per me.

 

 

 

Fuori e dentro

 

Inutile che io ti parli del tuo dolore.

Inutile che ti parli dell’asfalto

che ti è colato sul cuore,

sbavandosi

fuori dai binari della ragionevolezza.

Inutile che ti parli

dei tuoi occhi che si stringono di rancore,

di paura e disperazione

per te.

Inutile sprecare

passi e pensieri:

molto più fruttuoso respirare

mentre ci si guarda intorno in città,

perché essa merita

l'attenzione svagata.

Non trascurare di guardare

gli occhi di un amico fedele:

ti insegneranno

molto di ciò

che ancora non vuoi sapere.

 

 

 

436.

 

Quasi fine

di questo primo giorno:

il sollievo di te comincia

a pervadermi: sento

la frescura che mi lenisce

l’anima già martellata

da altre paure, ben più giustificate.

Ti penso già come un sogno,

a cui parlare

come

se parlassi con me stessa:

sii orgoglioso

di questo privilegio.

Penso a te

tranquillamente ormai:

e così

ti potrò raccontare

storie magiche

create su misura,

commissionate

dal mio cuore per te.

E ti potrò dedicare

parole di mare,

che mi sembrerebbero

non bastare mai;

parole di sole,

per sempre estive;

parole ventose,

gonfie di emozioni;

parole per me.

 

 

 

437. Un Sole e una Terra

 

Prendi la tua mano rovente

e con il dorso sfiora l’atmosfera:

così ardendo si dissolverà

questo velo che adorna dolcemente

il capo alla Terra.

Ora accarezza, piano,

le onde degli oceani

e dei deserti le dune

e le parole, sussurrate o gridate, dei venti:

così la Terra

ti presterà

tutta la sua attenzione.

Strappa l’acqua ai laghi nascosti,

porta via gli alberi delle foreste,

soffia sulle montagne

per abbatterle,

scosta lo scudo dal cuore della Terra.

E della Terra

rimarrà solo il nucleo:

che esploderà incandescente,

inghiottendoti

con tutta la sua passione.

 

 

 

443.

 

In cima a te

criniere incantate,

roccaforti con terrazze

sul mare,

prigioni per me

in cui non provare ad entrare.

 

In cima a te

il mio fondo.

 

Tra i tuoi rami il sole:

di ogni mia conoscenza

di te.

 

 

 

205.

 

Possa il tuo compleanno

portarti la primavera,

come tu la porti

ovunque tu sorrida

Possa questo giorno

allietarti di serenità,

come queste viole che ti ho colto

mi sorridono di tenerezza,

come i fiori che ho dipinto

sprigionano silenti la tua luce.

Possano queste viole che ti ho colto

sorriderti di tra la rugiada

che le adorna

come i tuoi occhi te;

la loro tenera forza

di splendente velluto

sia simbolo

della delicatezza del tuo spirito.

 

 

 

206.

 

Ti amo, ti amo, ti amo:

ti amo, ti amo:

stanne certo

Ti vedo e non voglio guardarti

(tanto ti ricordo!),

e ti vedo e vorrei parlarti

e ti vedo

e mi sembri più giovane,

nei capelli tagliati

che tornano al loro ordine:

come una statua scolpita nella vita

Ti amo, ti amo

e non te l’ho mai detto

ma forse lo sai:

penso che tu lo sappia

e ne sorrida,

poiché ridicolo e fatuo è il mio amore,

passionale e delicato,

d’altri tempi,

radicato e profondo,

come il mare che accarezza la terra

e ad ogni carezza si ritrae

come se non volesse averla donata,

perché dimentica

che la terra è tutte le donne del mondo,

che la terra è tutti gli uomini del mondo.

Ma, quando il mare dorme,

la terra gli ridona la sua brezza,

che è un sogno amarodolce:

tu sei la brezza che è stata donata a me.

 

 

 

207.

 

Sabbia di luce,

che il vento trasporta:

per regalarla

ai tuoi rovelli scolpiti

ed al tuo viso come di calcare:

gliel’hai chiesta

con lo sguardo del mare,

con i tuoi occhi eterni,

che si nutrono dell’ardore del sale

e poi nutrono la tua voce

di echi da equilibrista

che cammini su una corda di roccia

e afferri funi di sabbia.

Dune staccate di netto dalla roccia

con colpi abili taglienti,

che liberano frammenti di tempo

senza linee scavate.

Serpenti scolpiti

riposano ondeggianti,

scalpitando,

come atleti di pietra pronti allo sforzo

gareggiano

con la pomice chiara castana, color della umana carne,

per esserle più belli

e più sensuali per lo sguardo,

e insieme con essa sprizzano magia,

per ammaliare, per incantare:

come solo un angelo,

con l’aiuto divino,

può essere capace di fare.

 

 

 

241.

 

Hai fantasie immense,

come le savane di quei sogni

che danno i natali a tutti i leoni

e i ghepardi e le linci

e le gazzelle poverine

e le tigri bionde e i leopardi

e le tigri albine, da neve o no, e gli océlots

e gli elefanti, saggi e materni

e memori dei loro morti,

e le giraffe che paiono imbarazzate e fiere

sui trampoli naturali

Hai fantasie immense,

e mi porti dai miei amici

immaginati, mentre il sole

per davvero corteggia l’aria

come una donna africana

 

 

 

242.

 

I biscotti portano il sole,

portano il sole nel cuore e nella bocca,

sole caldo e fumante

come questo caffè di mare

e di città e di casa,

che arroventa le mani

dalla sua tazza di ceramica crème,

una tazza, stranezza, da tè.

 

 

 

260. Sera

 

Angeli,

angeli e materni cieli

 

E città e luci arancio opache

e rosa e bianche, stellanti e flou

e con le mezzelune blu.

 

E occhi

vicini scoccanti, imbronciati,

stanchi forse,

insieme alle mani

che li evitano appena,

per sorreggere il volto.

 

E paura

per i vecchi giorni bui,

che stringono il cuore

emergendo mezzi dimenticati,

con le mani non ancora digerite

che afferrano lo stomaco

per stritolarlo:

hanno ancora il loro dolore.

 

E gli alberi non fanno rumore

nel buio blu:

gli fanno compagnia

nel rumore

e proteggono le anime

con le loro grandi anime delicate,

dall’affetto mai frenante.

 

Paura del passato nel giorno dei ricordi:

ma il passato va pianto, non temuto,

e non va mai dimenticato.

 

 

 

261.

 

Ho alle spalle il vento,

e gonfio allegramente le mie vele;

sono pesante eppure navigo

e navigo, con la leggerezza della mente.

Laghi grandi, mari, oceani

mi sono amici,

mi sento splendere di sole:

non vedete

che il mio viso vi abbaglia?

(Per forza non lo vedete: vi abbaglia!)

È incredibile

non avere paura,

ma è il frutto

dell’aiuto ricevuto:

come averlo colto dall’albero umano,

o forse averlo ricevuto in testa,

e mangiato lentamente:

ci vogliono anni, sapete,

per accorgersi tardi di quando è maturo

per prenderlo dolcemente,

senza fargli troppo male,

o anni di probabilità ignara

per essere sotto e prenderlo addosso

o in braccio, al volo.

Ma la mano che lo culla

è quella che scioglie le vele

e che, tacitamente, prega l’aria

di assieparsi in vento.

È così che prende forma la gioia.

 

 

 

263.

 

Senza parole: senza vita.

Risolvi questa equazione:

sanno ricreare

le forme nascoste:

soluzione: mani d’artista;

equivalente a?

non le mie

Risolvi anche questo indovinello:

vorrebbero sorridere ma non lo sanno,

oppure se ne accorgono ma non sanno

che sognano solo di saperlo fare:

ecco: le mie mani;

spiegazione: l’hanno visto fare

da altre mani, per tutto caso

Completa con logica:

le parole sono scolpite,

la realtà imprigionata

ma bellamente sfacciata,

lugubremente fascinosa:

soluzione: è passato un artista,

ma io ho esagerato con il desiderio d’interpretazione

Riassunto: tentativo

di poesia, per stupirti e divertirti:

questo è; perché il motto

deve essere “Sperimentare!”

 

 

 

264. Inizio a filastrocca

 

Ti sfaldi, mia vita,

come una punta di matita,

sotto la lama del tempo,

piccola, ma affilata.

Il tuo legno si sfoglia

in rotondi fiori,

che si spezzano solo a guardarli,

con le corolle sottili

gialle e nere, lucide,

o bruno opache, quasi naturali.

Con quanta cautela

cerco di consumarti piano!

Eppure questo è il mio destino:

un bel giorno rimanere un moncherino

e da me stessa, forse,

essere gettata via:

dopo aver cancellato ogni mia parola.

 

 

 

Emozione

 

Torna, ti prego, torna alla tua casa come un uomo:

torna nel cuore, emozione,

torna mia per un istante,

per un secondo!

Torna a me in una chiesa,

sgorga dalle vetrate colorate

semiaperte per la vita,

dai gladioli densi rosa screziati

di bianco ai piedi della Madonna;

torna a me dalle rose scure rosse

che hanno offerto alla Donna;

torna a me

da un silenzio

che non avrò rotto.

Porta con te

la consapevolezza

del mio essere,

che mi si è rotta, che ho perso, che non ho

e che ora è umile e serena

come un giorno in lavoro.

Non mi lasciare più sola quando sono senza pensieri,

non mi lasciare per un’angoscia,

non mi abbandonare al silenzio dell’anima,

quando l’anima non sa che cosa deve fare:

torna sorridendo in un trionfo,

che lasci correre il cuore

nel sogno della speranza:

nel sogno del presente.

 

 

 

265.

 

Il mio destino è nella sera,

quando ritornano le forze

dello spirito

e calma e speranza

o concitazione di caffè, e speranza

acquietano l’anima.

Gli occhi a volte si appannano,

è normale,

però l’animo sembra vedere chiaramente.

È allora che mi sveglio,

contenta, dolcemente,

e confido nelle bellezze della notte

e l’attendo luna

e tutta per me.

Ma il mio destino è nella sera,

nel capire troppo tardi

eppure sperare che non sia tardi

per capire e fare:

per svegliarsi e, davvero,

tutti amare.

 

 

 

Preghiera per quando si è tristi

 

Ti dono la mia gioia, o Padre,

tramutata in lacrime:

Ti ringraziamo di essermi state donate,

come diamanti

Ti ringraziano mentre volano liberati

giù dagli occhi, nell’aria, sulla polvere.

Ti dono le mie mani, o Padre,

disperate e aperte come ferite:

Ti dono la sabbia d’oro che ne cade:

inclinate, la lasciano andare:

essa è il mio tempo che sfugge,

le prove e i talenti e i doni

che non ho saputo scorgere,

le occasioni di bontà che ho abbandonato.

Ti dono la mia tristezza, Signore,

e la mia solitudine e la mia stretta al cuore,

temendo che Tu non le ami:

sono poche e misere,

eppure sono mie

ed ora occupano

tutti i miei respiri

 

 

 

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