Francesco Zardo – Le cose inutili 

Giugno 2003

Rieccolo!
È tornato, sul web e in libreria

Sì, in libreria, miei cari lettori, per i tipi del colosso editoriale Castelvecchi, sarà a breve disponibile, finalmente, dopo sei-sette tentativi, Francesco Zardo, Il Libro. S'intitola Come sopravvivere ai francesi, titolo editoriale cui personalmente mi sono abituato, considerando che io avrei scelto un titolo come La vita parigina del vecchio Za', o anche Uno a premessa di decine di volumi che avrei poi battezzato ordinatamente Due, Tre, ecc., tipo gli album dei Led Zeppelin. Comunque anche Come sopravvivere... esordisce col parlare della Francia e di Parigi, ma poi dilaga nel dirompente flusso della mia biografia: dopo aver gettato un po' di sabbia negli occhi di critica e pubblico non preoccupatevi, si parla decisamente del sottoscritto. E anche di Lei, che forse lo leggerà, sentirà salire una lacrima di commozione e tornerà per sempre dal suo Fra', espiando il giovanile errore e accingendosi a una vita felice e ordinata insieme, ovunque ciò debba accadere. Meno male che ho scritto questo volumetto, il cui capitolo uno del resto si può leggere in parte anche su queste care pagine informatiche che tornano così in vita dopo lunghi mesi.

Altre cose... Ho cambiato lavoro, e ora sono impiegato come giornalista sportivo presso una grande agenzia stampa di cui non faccio il nome, ma sì lo faccio, tanto è scritto sulla maglia della foto: Chilometri, dove mi occupo di calcio e, da un po', anche di tennis.
Non è malaccio scrivere di calcio, e ho del resto inaugurato un blog personale che descrive la mia attività di cronista nel mondo del football. Che altro... Tale blog – non che la stesura del libro, giusto – ha assorbito un po' del tempo che dedicavo a queste care pagine, e mi sono perso un bel po' di eventi da commentare mediaticamente, ho trascurato la posta del cuore e tutto il resto. Ma ora rieccomi, sul web, in libreria, e presto sul grande schermo. Bentornati qui, cari lettori miei, cari amici miei, e grazie di voler cacare i nove euro per il bel libro che state per andare a comprare in tutte le librerie d'Europa.

Piangerete, riderete, dopo averlo letto non sarete più gli stessi... Ecco il libro che ha commosso le biblioteche e le bibliotecarie del mondo intero, Francia compresa. Questo libro ha un autore: il suo autore è Francesco Zardo.


Ottobre 2002 - Maggio 2003

L'apparenza inganna
La globalizzazione non sussiste.
Sul piano fisico


La Terra è piatta. La provocatoria teoria di un mondo approssimativamente sferico, che ha dominato per diverse centinaia di anni le convinzioni e le speculazioni di pensatori, filosofi e comuni cittadini, è frutto di un'illusione percettiva, basata più che altro sulla prova sensibile che si può "raggiungere l'Oriente navigando verso Occidente" (anche volando, per chi non ama navigare o ritiene il jet un mezzo più pratico). Il modello geoidale, per quanto riposante, ha dato vita a una serie di lemmi non del tutto chiari come per esempio la teoria gravitazionale, secondo la quale un corpo di massa consistente tende ad attrarre verso di sé altri corpi, o ancora la teoria della relatività, di certo affascinante ma anche piuttosto confusa e complessivamente poco intelligibile alle masse.

Qualcuno eccepirà: "Prendendo un aereo posso viaggiare verso New York, Los Angeles, Hawaii e poi arrivare a Tokyo, una città che sull'atlante – e per quanto ne sappiamo – sta dall'altra parte". Questo viaggio proverebbe una circumnavigabilità
della Terra, e quindi il fatto che essa è per l'appunto un geoide, vale a dire più o meno sferica. Non è vero. Compiendo un viaggio come quello descritto si giunge in realtà in un'altra Tokyo, perfettamente uguale, salvo particolari impercettibili, a quella che sul planisfero sta, per intenderci, verso sinistra.
E proseguendo in questo bizzarro viaggio e nella stessa direzione, se siamo partiti da Roma, per esempio, arriviamo in un'altra Roma, replica di quella di partenza, dove amici e parenti sono più o meno uguali ai nostri e sono pronti a riconoscerci e ad accoglierci poiché un altro noi stesso era partito come noi verso L.A., Tokyo, ecc. spostandosi quindi a sua volta nel mondo adiacente al proprio, ecc. ecc. So che questa teoria può sembrare un po' astrusa, abituati come siamo a una concezione dell'universo simile a quello descritto da Galileo, Newton, Ticho Brahe, ecc. Tuttavia mi sembra più compatta e lineare di una teoria secondo la quale uomini, cose, abitazioni, animali ecc. stanno appiccicati a una sfera, anche nella sua parte inferiore, e non invece poggiati su una solida base pavimentale come quella su cui in questo momento poggia effettivamente la mia sedia e la vostra, cari lettori.

Era giunto il momento che io elaborassi una cosmologia un po' più moderna, sintetica ed estroversa rispetto alle complicazioni cui ci ha abituato la scienza illuminista. Ritengo sia doveroso per quanti lavorano nel mondo dell'informazione cercare di aprire gli occhi a chi, meno fortunato di noi, è costretto a fidarsi di teorie in realtà poco verificabili, specie se non ha una buona istruzione o è comunque privo di un certo senso critico.

Insomma, storicamente e personalmente è tempo di chiarire, piallare, appiattire, tranquillizzare le persone. Nessuno di voi è destinato a scivolare. La cara vecchia Terra è piatta, parola di Za', piatta come una moneta.



Luglio, agosto, settembre

L'arte del Gsm
Meglio vivere? O telefonare?

La letteratura? Cosa da donnette. Le poesie? Smancerie da ermafroditi. L'arte? La pittura? La musica? Il disegno? Il cinema? L'amore? Le foto? Il buon cibo? La conversazione? Il design? Il teatro? Il musical? La buona educazione? Tutte banali storpiature di quello che abbiamo fatto io e l'amico Pierfra ieri mattina, riuscendo a riadattare un mio vecchio telefonino francese all'uso italiano, grazie a un intervento (legittimo ma da veri pirati informatici) sul software di questo Nokia b410, un sosia evoluto del Nokia 8110, cioè un telefono di culto, usato dai buoni nel film Matrix e definito dal tizietto che mi ha venduto una batteria adatta come il massimo prodotto della tecnologia telefonica della casa finlandese.

Ci siamo. Sono finalmente regredito. Dopo aver badato a un sacco di cose per troppo tempo, fin troppo tempo, ecco che si affacciano alla mia mente rattrappita i valori più genuini della vita: telefonini, tecnologia, impianti sofisticati, cose che noi uomini possiamo capire, delle quali possiamo carpire i segreti reconditi, e le ragazze no.
Conclusione: Cos'è dunque il meglio della vita? "Cacciare il nemico; inseguirlo mentre fugge; ascoltare i lamenti delle femmine".

Ecco un bel manifestino del neofuturismo: vi è piaciuto? Eh! Sarebbe bello e spensierato fondare questo neofuturismo con i cellulari come punto d'arrivo, lasciarsi andare al fascismo che ci circonda giocando a fare il Marinetti del 2000. Con ciò va ammesso che le piccole riparazioni di tipo meccanico o tecnologico dànno una piccola, transitoria soddisfazione. Non sufficiente tuttavia per cancellare la pittura, la letteratura, l'arte, l'amore, ecc. dai nostri pensieri.

Per concludere questo breve sproloquio di aggiornamento vorrei specificare che il telefono testé rimesso in funzione da me è un oggetto piuttosto originale e gradevole alla vista. Ma proprio tramite esso avevo ricevuto le notizie peggiori di tutta la mia vita, ai tempi. Tuttavia non credo sia dipeso dal telefono, sono uno spirito laico. Un uomo nuovo? Macché.


Aprile, maggio, giugno

Il mio occhio sinistro
Za' ha un occhio puntato sul futuro e uno sul passato. E il presente? Mah

Ci vorrebbe una piccola trovata per rassettare queste pagine ormai ferme da troppo. Avrei bisogno, però, soprattutto di qualcosa o qualcuno che smuova i miei spiriti cartesiani, sempre a rassettare le pagine e soprattutto la mia vita interiore.
E non la trovo, e non succede: "Non c'è", come dice la Pausini. Molte persone riescono a contrastare una loro condizione inerziale, prendendo delle iniziative, per esempio: non il vecchio Za', evidentemente, il quale ha un occhio fermo sul passato e l'altro fermo sul futuro. Tipo i cavalli, o le zebre o, che ne so, i cerbiatti, tutti animali che hanno un occhio da una parte e uno dall'altra della testa e, nella fattispecie, non riescono a guardarsi davanti, ma solo a destra o a sinistra. Io ho un occhio un po' più miope, come molti sanno, ed è il destro, quello puntato sul futuro. Il futuro è sfocato, quindi, e non vedo per niente il presente, che è buio pesto e invisibile come le cantine del dottor Zimmermann. Tutto questo non mi aiuta affatto a prendere buone decisioni.
L'occhio rivolto al passato è il sinistro, quello buono, quello che compensa gli altri deficit visivi che mi affliggono (mi ricordo, per esempio, in che cinema ho visto qualunque film della mia vita – e sono migliaia, compresi quelli visti in Tv e in videocassetta). Soprattutto conosco bene e so valutare il mio passato, il che dovrebbe aiutarmi. E invece no, poiché dal mio passato sono troppo attratto. Passo un mucchio di tempo a pensare alle persone che ho frequentato, a rileggere vecchie cose che ho scritto io come se fossero di qualcun altro, a dirmi "Che bravo..." E il mio occhio destro vorrebbe girarsi anche lui verso il passato, insomma, come se il difetto di quello che vede e non vede non consistesse nella sua miopia, ma fossero propriamente il presente e il futuro a non funzionare bene: le cose che succedono, non io.
È così? Ci attende una guerra termonucleare globale, e le radiazioni mortali conseguenti rendono miope il mio occhio destro? O il problema è in me, nel mio occhio?
Il presente è veramente un qualcosa di opaco e insulso rispetto a un mio passato mitologico? E allora dove vado a pescare il mio proverbiale ottimismo? Boh? Per aprile contentatevi di queste considerazioni, cari lettori, di un ulteriore flashback dunque, consistente nella memoria del pregiatissimo ristorante Réz de chaussée, in Rue Sorbier n° 10, dove si può avere un'abbondante entrée di éscargots (lumache). Dove anzi si poteva, mi rammenta come al solito il mio occhio sinistro: oggi chi sa chi ci va a mangiare. Chissà con chi ci va a mangiare, eh...

Io intanto devo affettuosamente badare al mio occhio sinistro, visto che è lo strumento migliore di cui dispongo per osservare i fatti della mia vita, e rifletterci su.


Gennaio, febbraio, marzo

Za', l'euroscettico
«Macché: sono scettico e basta», sostiene

Non è raro in questi amari tempi imbattersi in un dialogo del genere.
«Diecimila lire».
«In euro?»
«Diecimila euro... No: diegimila euro e cinguandotto centesimi. No: Settantasette eure e diginnovi. No: dieci euro. No: gingue! Gingue eure e sedici».
«Venti euro. Venti euri».
«Vendi... Venti. Venti e vendigingue».
«Quante lire?»
«In lire... Ventimila lire. Le do il resto. Venti euro e venti... Fanno due euri. Otto euro... Mi ha dato le lire o gli euri? Le lire

Eccetera, eccetera, eccetera. Siccome, poi, le persone non sanno generalmente di che parlare fra loro, ecco che questa novità dell'euro fornisce un convincente argomento di censura rispetto a cose più interessanti. Ecco per esempio di cosa vorrei parlare io, se potessi parlare: di niente, se ci penso. Ho forte nostalgia di un baretto che stava a Ménilmontant, un po' sotto dove ho abitato fino al trimestre scorso, e dove si poteva comprare una birretta a dieci franchi, due per venti franchi, ecc., in una specchiata armonia tardopomeridiana. Oggi a quel baretto il padrone maghrebino si sta arrovellando per fare un'euroquadratura della birretta pression. E ogni tanto si chiederà, magari, che fine ha fatto il suo amico italiano il quale ogni tanto verso il tramonto calava giù da lui per farsi un paio di birrette, un sospiro, e una partitina a flipper.

Non sono euroscettico, ma tutto questo mio vagare per l'Europa non fa che alimentare, mi sembra, un sentimento di saudade, come se vagassi in Brasile, per intenderci. La lira? La Francia? Il baretto di Ménilmontant? E tutto il resto che, per purezza, non nomino? Eh: forse è giusto quel principio biofisico secondo il quale, in natura, nulla si crea e nulla si distrugge, ma tutto si rimpiange.

Novembre, dicembre

È tornato
Di nuovo in Italy, di nuovo online

«Non dovremmo consentire a nessuno di aggredire il nostro equilibrio», mi ha detto con parole sagge e calorose Martina R., grafica di "Internazionale", questa mattina. E si becca una nomination in apertura del buon vecchio sito di Za', che ritorna a vivere e a parlare, dopo un laconico silenzio insopportabile per i milioni di lettori. Grazie 'Tina.

Rieccoci qua, dunque: come ai vecchi tempi o quasi. L'autunno si è abbatte sull'Europa e Fra', dopo un anno e oltre di Parigi, riceve l'abbraccio del Belpaese ecc. ecc.

Poche note di commento: ansiosi di entrare in guerra (te pareva), gli italiani tutti dimenticano che questa guerra è ingiusta più di altre e si associano a combattere un paese di cui molto pochi, fra coloro che hanno deciso di spedire l'esercito laggiù, saprebbero scrivere correttamente il nome. Ma non c'è da prendersela troppo con l'Italia poiché tutto l'Occidente è stordito e incretinito dalla minaccia terroristica, compresa la Francia, dalla quale il buon Za' rientra in questi giorni. Il sentimento mio personale, inutile nasconderlo, è di malinconia: al piacere di ritrovare la città, gli amici, la lingua, si accompagna purtroppo un senso di perdita, ed è inevitabile l'accostamento all'entusiasmo che accompagnava, poco più di un anno fa, la mia partenza alla scoperta del mondo nuovo, di nuove forme di vita e nuove civiltà. Rieccoci, comunque, un po' in bilico, a far finta che la cosiddetta strage delle illusioni sia ancora di là da compiersi, mentre invece incalza giorno dopo giorno, mentre giorno dopo giorno, lei, non c'è: o aggredisce il mio equilibrio.

Un gioco al massacro, insomma: godetevi qualche novità, cari lettori.

Settembre, Ottobre

Tornare a casa
A fine ottobre. Parigi addio

Non so se qualcuno di voi si è mai tolto una cisti. Io l'ho fatto questa mattina decidendo che, dopo oltre un anno di vita parigina, a tratti soddisfacente, più spesso frustrante e oscura, il mio problema era il seguente: volevo tornare in Italia, e restavo in Francia essenzialmente per ostinazione. La vita a Roma è più felice, lo dico a chi volesse seguire le mie tracce, ma forse per capire bene il valore delle cose bisogna distanziarsene per un po', magari, per un po', perderle di vista.




Oltretutto, a Roma, qualcuno forse mi aspetta, perlomeno è quanto mi auguro.

 


Luglio, agosto

Vita da leggenda
Continuano a venirmi idee del tutto inutili


Sapete qual è la vera ragione del (relativo) successo di Internet? Che la televisione fa schifo, ecco qua. Si badi, anche sul mitico world wide web non c'è che mondezza. Tutto quello che c'è di buono e utile è molto meglio andarlo a cercare in una fornita biblioteca, si fa un po' di moto, si va in un posto pubblico e magari c'è anche qualche biondina che vi piace, se siete uomini, e viceversa.

Comunque era tempo di cambiare aria in questa pagina di benvenuto che diventava un po' scamuffa, ed ecco che ho deciso di riportare un'idea che ha avuto a Parigi il mio amico Jason: lui e la sua fidanzata Annette devono essere stati vittime di una sorta di filtro magico male orientato poiché credono che qualunque cosa io dica o faccia sia assolutamente mitica, nel mio zoppicante francese, nel mio stentato inglese nonché in italiano, lingua che nessuno dei due comprende, il che mi favorisce nello sparare cazzate enormi che evidentemente a loro sembrano perle di saggezza: «Francesco... La legende», mi ha salutato l'altro giorno Annette quando l'ho chiamata dopo il rientro estivo qui nella cosiddetta Ville lumière.

Ora, fermo restando che io sono come i cagnolini e quindi non c'è modo migliore di una carezza per conquistarmi, è chiaro che tutto ciò mi lusinga e più i due mi continuano a incensare più mi sentirò legato a queste persone. Dirò un'altra cosa su di me: come succede coi cagnolini la strada migliore per perdermi è mollarmi un calcio in culo.

Sembra invece che Jason e Annette abbiano scelto la strada più diretta per il mio cuore, grazie amici. Jason l'altra sera se n'è uscito con questa idea: fare di me una sorta di leggenda vivente, forse proprio ispirato dalle parole di Annette. Tipo Capitan America, insomma. Una leggenda, è ovvio, senza fare niente. Cioè non è che dovrei fare l'attore o il cantante o salvare dei ragazzini. Semplicemente produrre una serie di eventi e gadget, come per es. le magliette, o le tazze, marcate Francesco Zardo, con Zardo che da qualche parte se ne sta a non fare un cazzo, un po' a fare da leggenda, in sostanza.

Ci penserò. È una bella vita, magari, questa della leggenda vivente. Meglio che sbattersi davanti alla Tv, o andare al supermarket, tutto senza che nessuno apprezzi quello che faccio. Del resto, con tutta la mondezza che ci sta su Internet, non dovrebbe essere difficile o pretenzioso diventare una leggenda, ci sto pensando.


La prima homepage

È tutto inutile
Compresa la pagina web di Francesco Zardo

Era tempo che mi chiedevo che cosa ci avrei scritto nella mia nuova homepage. Finalmente oggi ho avuto un'intuizione. «A che serve?» mi sono chiesto fra me e me. Ma... È del tutto inutile, ho intuito. Da quello, siccome è sabato sera (30 marzo 2001) e, per cambiare, non ho niente da fare se non leggere un libraccio horror, allora ho deciso di proseguire il mio discorso interiore concludendo che l'inutile è forse un po' la chiave del nostro mondo. Infatti, per dire, a che serve Internet, tutta 'sta roba qua? Quanti di voi, se non esistessero i computer, o anche certi libri, certi giornali, certi film, incomincerebbero a preoccuparsi veramente? Certo sarebbe molto più allarmante sapere che la vostra macchina ha la batteria scarica, o che i vostri calzini sono bucati. Trionfi dunque l'inutile, dunque. Senza di lei, del resto, è tutto inutile. Anche la vostra bella macchina.

Home