Piombino, febbraio 1989: l'attacco mortale a Luciano Costanzo



Sono le 10.00 del 2 febbraio 1989, Luciano Costanzo, lavoratore della Compagnia Portuali di Piombino, 47 anni, subacqueo dilettante, si sta avviando con il suo gozzo di 6 metri, assieme al figlio Gianluca, di 19 anni e all'amico Paolo Bader, ingegnere svizzero di 64 anni, alla volta dello "Stellino", uno sperone roccioso che si protende sott'acqua per circa un miglio al largo della costa di Baratti, nelle vicinanze di Piombino, in provincia di Livorno.

carta della zona La zona è ben conosciuta dai subacquei locali perché, soprattutto quando spira il libeccio, è fondale ideale per le battute di pesca in quanto ridossata ai venti di Sud Ovest. I tre giungono in un tratto di mare segnalato da alcuni gavitelli e l’ecoscandaglio batte un fondale di circa 27 metri. Costanzo vuole immergersi per una breve battuta di pesca e poi, su richiesta dell'amico Bader, ingegnere consulente dell'ENEL, dovrà fotografare gli elettrodi di rame che fanno parte della presa di terra del grande elettrodotto sottomarino che collega il continente alla Corsica e alla Sardegna. Sono le 10.25 ed è qualche minuto che Costanzo è sott'acqua. I due ne seguono le bolle con la barca. All'improvviso il figlio Gianluca intravede una veloce sagoma scura e una grande pinna che affiora in superficie, a breve distanza dall'imbarcazione. Indica subito la "cosa" all'ingegner Bader, il quale si rende immediatamente conto che si tratta di uno squalo di grandi dimensioni. A questo punto le bolle emesse dal subacqueo si fanno più fitte, segno di una risalita molto veloce ed infine, ad una decina di metri di distanza, affiora la sagoma del sub che, terrorizzato, si è reso conto della presenza del grande squalo.

È questione di secondi e sia l’imbarcazione che l’animale si dirigono verso il punto in cui si trova il Costanzo, ma lo squalo arriva prima e inizia il suo attacco al malcapitato. Prima gli gira intorno un paio di volte, poi lo investe due volte, ma il sub riesce in un modo o nell'altro a respingere l’animale. La terza volta il subacqueo si toglie la maschera, alza il braccio e chiede disperatamente aiuto. - Questo è il momento in cui viene sferrato l’attacco mortale. I due testimoni vedono distintamente lo squalo che apre la bocca ed afferra Costanzo lateralmente nella zona dell'emitorace sinistro, trascinandolo sott' acqua. Da questo momento i due in barca non vedranno più lo sfortunato subacqueo né lo squalo.

Squalo bianco (Carcharodon carcharias) Disperati, Bader e Gianluca Costanzo cercano per un po' il sub, ma senza alcun esito. Decidono allora di rientrare in porto per avvertire le autorità del terribile incidente. Sono ormai passate due ore dal momento dell'attacco ed iniziano le ricerche. Dal porto di Piombino escono motovedette della Capitaneria di Porto, dei Carabinieri, della Guardia di Finanza. Si alza in volo anche un elicottero dei Vigili del Fuoco da Arezzo. Partono anche imbarcazioni private, pescherecci e alcuni subacquei sono pronti per im-mergersi alla ricerca almeno del corpo di Costanzo.

Il Tenente di Vascello Antonino Munafò, comandante del porto, vieta immediatamente ai sommozzatori di immergersi in quel tratto di mare, temendo che lo squalo possa ripetere ancora i suoi attacchi.

Le ricerche del corpo sono infruttuose e soltanto poco prima del tramonto vengono ritrovati alcuni brandelli della muta e parti di organi interni, sicuramente di provenienza umana. La Capitaneria di Porto invita alla prudenza e emette immediatamente il divieto di balneazione. Sembra di vivere una scena del film di Spielberg ma purtroppo non si tratta di un racconto e per di più i fatti si svolgono a casa nostra. Gli investigatori seguono comunque anche altre piste e a tratti affiora il sospetto che Costanzo potesse avere avuto un incidente mentre pescava di frodo con esplosivi. Gli esperti comunque smentiranno immediatamente questa ipotesi, non trovando sui pochi resti della muta tracce di bruciature o di residui di esplosivo.

Venerdì 3 febbraio: con le prime luci dell'alba, ricominciano le ricerche, affannate e con molta confusione: gente da terra scruta l’ orizzonte armata di potenti binocoli; numerosi elicotteri viaggiano in cielo, si incrociano le scie delle potenti motovedette; i pescherecci lentamente battono ogni tratto di mare, molti ami sono già stati innescati con pezzi di carne e attaccati a grossi galleggianti. Entra in funzione anche una telecamera subacquea radiocomandata dei Vigili del Fuoco, che osserva il fondale alla ricerca del corpo di Costanzo. Ma è la confusione a vincere. Se c'era qualche possibilità di avvistare nuovamente, o magari di catturare, il grande squalo, dopo questo dissennato spiegamento le speranze sono quasi scomparse. Si moltiplicano nel frattempo i falsi avvistamenti: riflessi nell'acqua, delfini e oggetti galleggianti vengono scambiati per la caratteristica pinna dorsale dello squalo. Viene stabilita, vista la descrizione fatta dai due testimoni e per la meccanica dell'accaduto, la probabile specie di squalo che ha attaccato e ucciso Luciano Costanzo. È un grande squalo bianco,
Carcharodon carcharias, di una grandezza oscillante tra i 6 e i 7 metri, la più grande tra le specie di squali pericolosi vivente nei nostri mari.

Squalo bianco (Carcharodon carcharias)

Sabato 4 febbraio: continuano ancora le ricerche del corpo e la caccia al pescecane. C'è chi dice di aver avvistato le pinne dello squalo a distanza; due galleggianti con ami innescati sono scomparsi. Ma l’eccitazione si sgonfia quando i due galleggianti vengono ritrovati a riva, con le esche intatte: erano soltanto stati male ancorati. Cresce intanto la psicosi dello squalo.I giornali occupano pagine intere con racconti, spesso imprecisi, di altri attacchi di squali nei nostri mari, si incrociano le interviste agli esperti ed anche la televisione si occupa dell'argomento dandogli molto rilievo. Squalo elefante (Cetorhinus maximus)

In Puglia vengono avvistati numerosi grandi squali, ma spesso ci si dimentica di citare che sono soltanto innocui Cetorhinus maximus (squalo elefante), che sono soliti incrociare in branchi numerosi le acque dello Jonio e dell’Adriatico.


Domenica 5 febbraio: la giornata passa tra discussioni e ricerche, ma il fantasma dello squalo è sempre presente. Molti sono infatti convinti che il pescecane si aggiri ancora in quelle acque: una lunga pinna che affiora per un attimo, una strana scia nel mare calmissimo fanno desistere chi voleva immergersi, magari all'interno di una artigianale gabbia. cintura piombiAlle tre del pomeriggio la telecamera. subacquea dei Vigili del Fuoco localizza parte dell'attrezzatura di Costanzo: le bombole, la cinta dei piombi con parte del retino portapesci e le due pinne. Due sommozzatori decidono allora di calarsi, armati di fucili subacquei, per recuperare il materiale e dopo pochi minuti tutto è a bordo della motovedetta. Come si può vedere anche dalle fotografie, le pinne sono intatte e vuote, cosa che farà discutere in molti; le bombole invece sono molto rovinate, anche se le molte abrasioni non sono necessariamente ricollegabili allo squalo. bombole

Uno dei due cinghiaggi invece è troncato di netto e la fibbia della cintola è ancora chiusa. La cintura dei piombi è anch'essa chiusa, mostra diversi strappi ed il retino portapesci ad essa fissato è quasi completamente asportato. Alcuni piombi portano profonde incisioni pro-dotte da un oggetto appuntito con un taglio di forma triangolare.
fibbia del gruppo bombole
L' analisi dei reperti fuga i pochi dubbi rimasti: Costanzo è stato ucciso da uno squalo. Si dispera di trovare il corpo o ciò che resta di esso e le ricerche continuano ancora.


Lunedì 6 febbraio: le autorità fanno fatica ad impedire che molti amici della vittima prendano il mare, decisi ad iniziare la caccia allo squalo. Bisogna mettere a punto un piano ben preciso, con la collaborazione degli studiosi, delle forze dell'ordine e dei pescatori, dice la Capitaneria. Vengono così sostituite le esche, vecchie ormai di tre giorni, con altre fresche e i pescatori, che più di tutti si sono dati da fare per cercare di catturare lo squalo, lanciano la proposta di occuparsi loro della caccia, a patto che gli vengano rimborsati i giorni di lavoro persi. Si discute della cosa e viene intanto deciso di interrompere le ricerche del corpo di Costanzo. Nel frattempo affluiscono a Piombino e lungo la costa antistante migliaia di persone, curiosi, turisti armati di binocoli e macchine fotografiche, che si assiepano lungo le spiagge nella speranza di poter scorgere la fatidica pinna scura che spunta dal pelo dell'acqua. I falsi avvistamenti si sprecano, ma nulla di sicuro viene registrato.

La cattura di uno Squalo bianco Martedì 7 febbraio: la notizia è precedente, ma rimbalza sulle cronache italiane soltanto tre giorni dopo. Sabato 4 alcuni pescatori tunisini, al largo di Ghar El Melh, località non lontana dal porto di Biserta, avvistano un enorme squalo. Riescono, dopo molte peripezie, ad imprigionarlo nelle reti e lo catturano soltanto dopo averlo ripetutamente colpito con numerosi colpi di arpione. Lo squalo, un
Carcharodon carcharias , misurava 6 metri e 70 centimetri e pesava oltre due tonnellate.Nel frattempo a Piombino l’attesa si fa snervante: il via alla "grande caccia" non arriva, il comandante della Capitaneria Munafò ripete che le battute dovranno essere ben studiate e organizzate. Si preparano ancora gabbie, trappole, esche di tutti i tipi e continua l’affluenza di molti "esperti", ognuno con la sua prova e le sue sentenze.


Lunedì 13 febbraio: quando ormai di squalo non si parla quasi più, i sindaci dei paesi rivieraschi della zona si incontrano per un vertice in cui dovranno decidere le misure da adottare per l’avvicinarsi della stagione balneare. Si è d'accordo che la psicosi dello squalo sarebbe sicuramente deleteria per il buon andamento del turismo, ma non vengono resi noti i provvedimenti presi per combatterla. Nel frattempo, sempre come da copione, vengono ritrovate due pinne di squalo costruite in legno e fissate ad alcune tavole, opera dei soliti buontemponi toscani.

Martedì 7 marzo: dopo molti giorni di silenzio, Piombino balza di nuovo alla ribalta per la cattura di uno squalo volpe, Alopias vulpinus, da parte di alcuni pescatori. Mario Bandini e Paolo Punta, due pescatori di San Vincenzo, tirando su le proprie reti calate in nottata, si rendono conto che qualcosa non va: le reti sembrano impigliate sul fondale, profondo in quel punto circa 6 metri. Notano un grosso pesce che vi è rimasto impigliato e che si dibatte ancora, ma per morire di lì a poco. Il pesce viene faticosamente portato a riva, dove viene issato, nel porticciolo di San Vincenzo, sotto gli occhi di centinaia di curiosi. Lo squalo, inconfondibile, viene identificato come un pesce volpe di circa quattro metri di lunghezza.

Venerdì 10 marzo: senza particolari motivi, la vicenda di Piombino, ormai sepolta da tutti i giornali, viene improvvisamente riesumata e ricomincia ad occupare pagine intere di tutti i quotidiani italiani. Si parla dell'inchiesta della Magistratura ancora non chiusa, di Piombino, dove volano e si intrecciano chiacchiere di ogni tipo. Si sussurra di una o più ingenti assicurazioni sulla vita che Costanzo avrebbe stipulato; c'è chi dice di averlo visto vivo e vegeto a bordo di una barca in direzione della Corsica; chi dice che sta ai Caraibi. Altri ancora mettono in dubbio l’ipotesi squalo per tirare ancora in ballo quella di un'esplosione accidentale, o ancor peggio di un delitto. La confusione è grande ed ovviamente i giornali non possono non occuparsi nuovamente della vicenda a piene pagine. Il network televisivo privato Rete A, con il suo notiziario diretto da Emilio Fede, lancia lo scoop chiamando in causa esperti che mettono seriamente in dubbio che a provocare i segni sulle attrezzature subacquee ritrovate possa essere stato uno squalo. La palla rimbalza anche alla RAI, dove in varie trasmissioni viene tirata in ballo questa storia. Si intervistano esperti di ogni tipo e la rubrica di Mino D'Amato "Alla ricerca dell'Arca" in una puntata invita Mario Oriani, direttore di Aqua e il suo redattore Enrico Cappelletti, che pubblicizzando il numero della rivista che sta per andare in edicola, dimostrano come, a loro dire, non poteva essere assolutamente uno squalo ad aver attaccato il Costanzo, che anzi era un poco di buono e così via. Successivamente lo stesso D'Amato inviterà alla sua trasmissione l’ingegner Bader e chiederà ufficialmente scusa ai due testimoni dell'attacco per quanto riferito in precedenza. Gli stessi giornali nei giorni successivi ridimensionano lo scoop iniziale ammettendo che tutte le ipotesi diverse da quella dello squalo non sono, per il momento, suffragate da alcuna prova.

L'analisi del medico legale, il dottor Alessandro Bassi Luciani, su un frammento di intestino recuperato il giorno dell'incidente nei pressi dello Stellino ha concluso che il reperto apparteneva ad un uomo, con lo stesso gruppo sanguigno di Luciano Costanzo. Prosegue invece l’analisi dei frammenti di muta ritrovati da parte del colonnello di artiglieria Alfonso Celso, che dovrà stabilire se vi sono tracce di esplosivi sull'equipaggiamento del subacqueo. Le analisi a tutt'oggi non sono state ancora rese note. In una delle poche interviste rilasciate, l’ingegner Bader afferma che forze più o meno occulte cercano di diffamare la sua testimonianza per screditare l’ipotesi "squalo". Accusa addirittura le industrie di attrezzature subacquee di avere interesse a escludere lo squalo per il pericolo di un crollo commerciale nella vendita dei loro prodotti. C'è invece chi ipotizza che possa esserci una sorta di "lobby" alberghiero-turistica locale che abbia fatto circolare, per ovvi motivi, alcune dicerie e false notizie sul Costanzo e sulla meccanica dell'incidente. Seguiamo comunque sempre il copione di Spielberg e si spera soltanto che, come nel film, lo squalo non si rifaccia vivo in modo cruento.

Lunedì 20 marzo: dopo un imponente battage pubblicitario sulla stampa e in televisione, finalmente giunge nelle edicole il numero della rivista Aqua, che contiene un piccolo fascicolo allegato dal titolo: "Squali - Siamo innocenti" e che afferma, prove alla mano, che non vi è mai stato alcun squalo al largo di Piombino e che Costanzo, soprannominato "il bomba", si era immerso per pescare di frodo, per rubare materiale archeologico o per eseguire un pericoloso lavoro clandestino di demolizione subacquea. Secondo i giornalisti il figlio Gianfranco e l’ingegnere svizzero Bader sono suoi complici e i reperti umani trovati appartengono a uno dei tanti cadaveri di immigrati clandestini che talvolta vanno alla deriva in quel tratto di mare. La pubblicazione di questo speciale ha un lungo strascico di polemiche che divide l’opinione pubblica tra "colpevolisti" ed "innocentisti". Il caso è lungi dall'essere concluso e sicuramente altre notizie si aggiun-geranno ancora a questo travagliato caso.


Valutazione sull'attacco di Squali.org.

Al contrario di altre notizie di attacchi sulle quali non esprimiamo la nostra valutazione, in questo caso ci sembra doveroso a distanza di oltre dieci anni esprimere un parere il più possibile distaccato ed obiettivo sull'accaduto, nel rispetto della vittima e di chi ne ha sofferto la scomparsa.

Non riscontriamo elementi per dubitare delle testimonianze rese dal figlio della vittima e dall'Ing. Bader; la dinamica dell'attacco nel loro racconto coincide con le numerose testimonianze rese da altre vittime sopravvissute ad attacchi di squali bianchi (Australia, California e Sud Africa). In particolare ci sembra di rilievo la descrizione dell'attacco finale dove si sottolinea il fatto che lo squalo si sia quasi piegato su un fianco per afferrare la vittima all'emitorace (operazione necessaria allo squalo bianco per serrare tra le mascelle una grossa preda).

Questo fondamentale passo della testimonianza spiegherebbe come il Costanzo abbia perso la cintura dei piombi (con la fibbia serrata) e il gruppo-bombole, entrambi con gli allacci tagliati quasi di netto. In relazione alle pinne, che hanno alimentato numerosi dubbi, secondo noi sono state perse dal Costanzo nel tentativo disperato di scalciare lo squalo (probabilmente nella prima fase dell'aggressione raccontata dai testimoni).

Merita inoltre una considerazione quanto successe nei giorni seguenti all'attacco; riteniamo poco condivisibile (ma forse necessaria per l'opinione pubblica) la strategia adottata per la ricerca dello squalo, con un eccessivo spiegamento di mezzi nelle zone limitrofe a Piombino.

Per concludere fu sicuramente di cattivo gusto la campagna che alcune riviste del settore intrapresero alla ricerca dello scoop sensazionalistico; è nostra opinione che lo scoop era già alla loro portata ma probabilmente scomodo e fastidioso per i loro interessi:

"Uno sfortunato subacqueo di 47 anni è stato attaccato mortalmente da uno squalo, 27 anni dopo la scomparsa di Maurizio Sarra".



Fonte: "Squali del Mediterraneo" A.Giudici - F.Fino -- ATLANTIS


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