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Cile - Sud |
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Sabato 3 febbraio - Puerto Montt
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Una notte fantastica. Otto ore filate senza mai svegliarsi, un getto continuo.
La colazione è stata arricchita da un pezzo di torta con pan di Spagna e panna; la signora era frenetica e pimpante come sempre.
Il tempo era brutto: basse nuvole scure, qualche goccia di pioggia ed un vento freddo da sud.
La meta del giorno era il porto di Angelmò. Sono partito per Puerto Montt intorno alle 10 e sono arrivato a destinazione dopo una ventina di minuti.
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Dal centro mi sono diretto a piedi verso ovest, seguendo il tracciato della costa; il mare era calmo e grigio come il cielo ed in lontananza si scorgevano montagne scure, parzialmente coperte da nubi: la Patagonia cilena (prima o poi, meta di un viaggio) (Nota turistica: da Puerto Montt salpa una nave che, nel giro di tre giorni, arriva a Puerto Natales, passando attraverso i fiordi cileni: un'avventura che molti, oltre alla guida EDT, mi hanno consigliato).
Non ho dovuto camminare molto per raggiungere i primi negozietti del mercato artigianale. Se ne stavano tutti dallo stesso lato di una strada molto trafficata, in casette di legno uguali nella forma ma di colori diversi, una appressata all'altra. Tutte presentavano gli stessi articoli anche se c'erano quelle specializzate in prodotti lanieri e quelle in prodotti legnosi. Come nei mercati artigianali del nord, i venditori non ti pressavano e ti lasciavano vagare tranquillo tra la loro merce.
Più avanti, dove le macchine non possono arrivare, si apre il porto, con l'annesso mercato del pesce fresco, della frutta e della verdura. In mezzo al mercato, e su una costruzione di legno poco distante, sono accovacciati una quantità impressionante di cocineria tipiche. Sono minuscole, perlopiù ospitano tre o quattro tavoli lunghi e stretti, essenziali ma allo stesso tempo accoglienti; la cucina si trova spesso all'esterno, per lasciare più spazio ai clienti, e se è all'interno, è talmente piccola da non permettere la presenza contemporanea di più di due persone. Le bibite sono solo in bottiglia e sono tenute in un normalissimo frigorifero; il cibo sembra comparire dal nulla.
Ho mangiato un curanto (piatto a base di frutti di mare e carne, ormai il mio preferito) gustoso e, soprattutto, per niente costoso (8 euro, compreso un litro di birra).
Ho ricominciato a vagare per il mercato artigianale, dove ho comprato qualche regalo, e poi ho deciso di visitare il centro di Puerto Montt. Non mi è sembrato offrire nulla più di Puerto Varas, se non il traffico più caotico ed un maggior numero di edifici moderni ed antiestetici. La piazza centrale è bruttina ed il lungo mare non possiede nulla di speciale.
Non c'è voluto molto per stufarmi, e così sono tornato in riva al lago prima del previsto: mi aspettava un meritato dolce nella pasticceria tedesca scoperta il giorno prima.
Era quasi il tramonto quando, voltando lo sguardo verso est, appena uscito all'aperto, ho visto la cima del vulcano Calbuco completamente scevra da nubi. Ho accelerato il passo per raggiungere velocemente la riva del lago ed in breve ho potuto ammirare anche l'Osorno, immenso e magnifico. Se ne stava alla sinistra del Calbuco, eretto e supponente, completamente cosciente della sua perfezione; qualche nube ancora lo corteggiava, ma la cima era illuminata dal sole che, lontano, stava sparendo ad ovest.
L'ho fotografato cinque o sei volte, provando anche a risalire un versante di un colle per cercare delle prospettive diverse e più belle. Poi mi sono seduto sul molo e sono rimasto con lui fino al completo morire del giorno.
Domenica 4 febbraio - Castro
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Ho rischiato di non fare colazione. La signora Elsa si è alzata alle nove, poco prima della mia partenza. Le avevo già scritto un bigliettino con il quale la ringraziavo di tutto. Mi ha preparato velocemente una semplice colazione cilena, sgridandomi bonariamente per non averla avvertita sull'ora della partenza.
L'autobus era in perfetto orario e discretamente vuoto. Purtroppo si sono seduti vicino a me due chiassosi bambini che hanno urlato per tutte le quattro ore del viaggio fino a Castro.
Durante il viaggio abbiamo affrontato anche la traversata del canale di Chacao, mezz'ora a bordo di un traghetto molto spartano.
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L'aria era fresca e una bassa nebbia copriva entrambe le rive; due otarie hanno nuotato vicino al traghetto, ma se ne sono allontanate poco dopo.
L'isola di Chiloé mi è apparsa solo lievemente più brulla e meno antropizzata del continente, e i pascoli magri hanno continuato ad intervallarsi a fitti boschi di sempreverdi. In un campo ho intravisto due buoi trainare faticosamente un aratro: un'immagine d'altri tempi.
Il primo impatto con Castro è stato la vista delle famose case su palafitta . Se ne stavano tranquille sopra una miriade di pali bianchi infissi nel bagnasciuga, in quel momento scoperto dalle acque, di vari colori, soprattutto giallo e blu: l'alta marea avrebbe riportato l'acqua a sfiorare il pavimento delle case, restituendo un significato alla costruzione.
Quando sono sceso dall'autobus il cielo si era aperto ed un sole accecante stava investendo la città. Ho trovato facilmente da dormire in un mezzo ostello affacciato sul mare. Pur essendo domenica, molte agenzie erano aperte e non ho avuto difficoltà a prenotare un tour per il giorno successivo al Parco nazionale di Cucao.
Castro è una città carina e tranquilla, con le case di legno e lamiera tenute con più cura rispetto a quelle sul continente. Dalle rive del porto si possono ammirare visioni di colline verdeggianti, tappezzate qua e là da pascoli chiari e qualche bianca casa. La chiesa principale, che si affaccia sulla piazza, è bella e colorata (gialla e viola).
La piazza si è animata molto durante la serata, soprattutto grazie ad un gruppo musicale chilote ed una torre per arrampicare. Erano presenti svariati giovani vagabondi cileni in vacanza al sud, numerose famigliole con il nugolo urlante di bambini ed i soliti cani randagi che caracollavano tra la gente.
Ho fatto un salto in un pub per bermi una birra ed ho chiacchierato un poco con il giovane barista: c'ero solo io e ci siamo fatti compagnia a vicenda.
Sono entrato poi nella chiesa della piazza (iglesia San Francesco) e ne sono rimasto piacevolmente colpito. È rivestita tutta in legno di alerce e l'effetto è incredibilmente caldo; le due navate laterali sono costellate di statue, tra le quali spicca quella di Sant'Antonio di Padova. L'esterno è rivestito di pannelli di lamiera, colorati in giallo e lavorati per fornire una parvenza rocciosa.
Tornato all'hospedaje, l'ho trovato abbastanza tranquillo e solo pochi "inquilini" facevano capolino dalle proprie stanze. Erano le undici quando ho deciso di coricarmi.
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